Epilogo - Parte 2
Canzone per il capitolo:
18 – One Direction
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Harry
La nostra è una casetta che avevo sempre visto accanto al bed and breakfast e che non era mai stata comprata da nessuno. L'abbiamo completamente ristrutturata qualche mese fa e ora i nostri amici e i genitori di Sally la vedranno per la prima volta: non è molto grande ma è su due piani, realizzata completamente in legno. Ha due camere da letto al piano di sopra e una grande sala collegata alla cucina al piano di sotto, con tanto di caminetto in pietra. Non è di certo la reggia in cui abitava Sally in California, ma a noi piace così com'è.
Tra le chiacchiere sugli ultimi aggiornamenti delle rispettive vite, con Sam che ci informa che finalmente in primavera riuscirà a laurearsi in estremo ritardo, Lewis che ha iniziato già da tempo a lavorare in ospedale e Ian che continua ad essere super impegnato nell'azienda di famiglia, concludiamo la cena della vigilia, cena che ovviamente dura ore e ore come ogni festività richiede.
Siamo così in tanti in questa piccola cucina, che ho dovuto chiedere a mio padre di portare qualche sedia in più dal ristorante per permettere a tutti di potersi sedere, e siamo comunque esageratamente stretti, tanto che Sally ha dovuto mangiare appollaiata sulle mie gambe per tutto il tempo.
Torno vicino alla cucina per tagliare la torta e noto Sam seguirmi. «Allora, con Sally come ve la passate?» domanda in tono vago arrivando al mio fianco, curiosamente fingendo di voler sparecchiare. Il fatto mi risulta altamente sospetto.
«Molto bene, grazie.»
«La tratti bene, vero?» domanda abbassando il tono.
Mi volto a guardarlo con un sopracciglio inarcato. «Ma sei ancora in fissa per lei?»
Sorride con fare sornione e si appoggia con la schiena al ripiano della cucina, le braccia incrociate e i suoi occhi puntati alla mia fidanzata, seduta al tavolo accanto a suo fratello. «Sarò sempre in fissa per lei.»
Sospiro in un mezzo brontolio. «La vuoi smettere?»
Alza le spalle sulla difensiva. «Ehi, mi assicuro soltanto che lei stia bene e che sia felice. Conosci il detto, no? Morto un papa, se ne fa un altro.»
«Io non sono un papa, e sono ancora vivo soprattutto, quindi smamma e trovatene un'altra», rispondo sbrigativo.
«Nah, credo che sceglierò la via del single fascinoso con i capelli brizzolati.»
«Sai che tu mi ricordi proprio Barney Stinson di How I met your mother?» esclamo all'improvviso, come se un'illuminazione divina mi fosse giunta dal cielo.
Sorride come se gli avessi fatto il miglior complimento possibile. «Ehi! Ma sai che non ci avevo mai pensato? Forte!»
E io, sadicamente, mi preoccupo di ridimensionare il suo entusiasmo. «Sì, ma la Robin in questione è occupata vita natural durante; quindi, te lo ripeto: smamma.»
«Ok, ho afferrato il messaggio. Mi toccherà aspettare che voi divorziate quando si accorgerà che lunga e noiosa palla al piede sei.»
Mi irrigidisco. «Non siamo mica sposati.»
Sam osserva la tavola affollata e io lo imito; vedo Sally che parla animatamente con mia madre a proposito di qualcosa che non riesco a cogliere. «Ma sì, ci avete riunito tutti qui... non sono mica cretino: fai l'annuncio e muovi le chiappe, no? Non aspettiamo che di sentirvelo dire: gioia e gaudio per i futuri sposini», cantilena fingendo un entusiasmo assente.
Scrollo la testa e lo stringo infine in un abbraccio. «Sei un coglione.»
La sua mano batte ripetutamente sulla mia schiena. «Lo so; e tu un bastardo fortunato.»
Con un sospiro chiamo Sally mentre Sam torna a sedersi al proprio posto. Provo a catturare l'attenzione della piccola folla che ha preso d'assalto la nostra nuova casa ma, essendo che la gola mi si è improvvisamente seccata per l'agitazione, il mio richiamo non sembra sortire l'effetto desiderato. Tutti continuano a parlottare fra loro, i nostri rispettivi padri, Lewis con Stefan, le effusioni di sguardi al sapor di diabete di Ian e Laurel... nessuno sembra voler prestare attenzione a noi due fino a che Sally, spazientita, sale in piedi su di una sedia e si mette a sbraitare un Hey che richiama tutti all'ordine.
Mi avvicino e le metto un braccio intorno a una gamba per assicurarmi che non cada giù. «Ehi, sorella, sai che sei alta quasi quanto Harry sulla sedia?» la schernisce Ian. «E sottolineo il quasi.»
«Fottiti, fratello.»
I richiami della madre, che le dice di moderare le parole, vengono completamente ignorati.
«Ti voglio bene anche io, sorella.»
«Allora», inizia a dire Sally con energia sicura; poi, evidentemente vergognandosi di essere su una sedia a fare un annuncio tanto importante, da brava fifona quale è, lascia a me la patata bollente. «Harry deve dirvi una cosa.»
Noto Sam e Lewis che si scambiano un'occhiata complice, ma io prendo la parola senza farci troppo caso. «Beh, non so come incominciare, a dire il vero... innanzitutto, grazie per essere venuti fino a qui e...»
«Harry, taglia corto», borbotta Sally a denti stretti.
«E dillo tu allora», ribatto prontamente.
Alza gli occhi al cielo e sbuffa. «Io e Harry ci sposiamo», annuncia così rapidamente che quasi fatichiamo a capire che cosa abbia detto.
«Come?» Ian resta di sasso.
«Ci sposiamo... sai, le persone che si sposano: chiese, fiori, musica noiosa, torte ridicole... tutte quelle stupidaggini lì», borbotta Sally, il viso viola di imbarazzo.
Lewis sbatte il pugno sul tavolo e punta Sam con l'indice. «Che palle, ti devo venti dollari.»
Quei due avevano pure scommesso sul nostro annuncio, e mi chiedo Lewis su che cosa avesse puntato per aver perso.
Mia madre scoppia a piangere in automatico e la ritrovo che si abbraccia con la madre di Sally, anch'essa in lacrime, e i minuti successivi si risolvono in una lunga serie di altri abbracci, di pianti, di sorrisi e di felicitazioni da parte di tutti; i nostri genitori commossi, i nostri amici che si congratulano, Lewis che stringe Sally sussurrandole qualcosa all'orecchio, Ian che è scoppiato letteralmente in lacrime contro ogni aspettativa e arriva a prenderci entrambi in un abbraccio tritura costole per quanto è emozionato... insomma, un caos che fatichiamo a controllare, ma tanta, tanta felicità. Anche Sam finisce nella mischia e viene a salutarci, ma non mi sembra proprio a suo agio ed entusiasta come gli altri; lo capisco in un certo senso, ma io, sinceramente, non so proprio che cosa dire...
«Ok, siamo tutti molto felici, ma vorrei precisare», si mette a dire Sally una volta tornata sulla sedia, l'indice puntato in aria con fare di avvertimento, «che io il vestito bianco non me lo metto manco morta. E che per la marcia nuziale esigo un pezzo rock, e non quella noia-musica-classica che non sopporto.»
Mia madre e Linda scattano in piedi all'improvviso. «Dovrai vedertela con noi!»
Sally le ignora e incrocia le braccia al petto. «E non metto nemmeno i tacchi.»
Le accarezzo la schiena. «Per quelli, credo proprio che sarai costretta, funghetto mio, altrimenti nelle foto non riusciranno a prenderci entrambi nell'inquadratura», la prendo in giro.
Sam resta in silenzio per tutto il resto della serata, ma di tanto in tanto dispensa i suoi soliti sorrisi e le sue battute per fingere di essere sempre il solito ragazzo perennemente di buon umore. Mi sorprende sapere che pensi ancora a Sally, e così intensamente anche dopo due anni trascorsi lontano da lei; eppure, se da un lato la questione continua a infastidirmi, non posso che dispiacermi per lui.
La cena sta quasi per terminare, la mezzanotte è appena passata e mio padre e Jason, che sembrano averci dato troppo dentro con il vino, si stanno per addormentare sulle sedie; ma è la voce di Sally a risvegliarli di soprassalto.
«Ora ci dividiamo e facciamo un po' di foto, ok?» enuncia lei lanciandomi un'occhiata e un gran sorriso felice.
Prendo la macchina fotografica di Sally e inizio a scattare qualche foto di gruppo, più seriose o spontanee a seconda dei membri più o meno giovani che si scambiano di volta in volta.
E per l'ultima foto che voglio fare, mi affido a mia madre: vogliamo una fotografia solo del nucleo originario degli amici, quindi io, Lewis, Sam e Ian. Sally è fuggita via per lasciarci soli, ma tutti noi la richiamano a gran voce per farla partecipare, e allora la prendo sottobraccio per intrappolarla contro di me.
So già che questo scatto resterà tra i miei preferiti, il ricordo di ciò che siamo, di quello che siamo stati insieme e il barlume di ciò che diventeremo ora che stiamo crescendo, ora che dovremmo essere degli uomini e delle donne, fatto di cui ancora fingiamo di non essercene accorti.
La serata finisce forse troppo presto per i miei gusti e tutti vanno ad occupare le rispettive camere nel bed and breakfast in attesa della giornata di domani, del Natale ormai arrivato a bussare alle nostre porte con il passaggio della mezzanotte. Sally chiude la porta di casa dietro Lewis e torna da me con un lungo e stanco sospiro. Risentire il silenzio nella nostra casa dopo tutto il vociare delle ore prima sembra quasi irreale.
La aspetto a braccia conserte appoggiato al tavolo sgombro della cucina; Sally ciondola placidamente fino a me, ormai che le sue energie per la serata si sono completamente esaurite, e mi accorgo subito che è stanca dai suoi occhi arrossati. Si spinge sulle punte per abbracciarmi e io mi incurvo come sempre per raggiungerla più agevolmente. Dopo essere stati tanto divisi, così come accade dopo una lunga giornata di lavoro in cui a volte riusciamo a malapena a parlarci degli ordini dei clienti, tendo a non ricordare della sensazione precisa del suo tocco, della percezione del suo corpo e del suo calore a contatto con il mio petto, e ogni volta in cui resto ad abbracciarla così a lungo mi ricordo di quanto, in fondo, lei sia piccola e fragile. Rumorosa all'inverosimile, però fragile.
La sento abbandonarsi a me, il suo peso tra le braccia e il suo profumo nel mio respiro. La sollevo per farla sedere sul tavolo ed essere così alla stessa altezza, posizionandomi tra le sue gambe divaricate. «Allora, non mi sembra sia andata male la cena, no?»
«Direi che è andata più che bene», cinguetta allegra. «Sei un cuoco provetto, lo sai.»
Le bacio la punta del naso e le sorrido. «Come stai? Sei stanca?»
«Un pochetto», mugugna, in quel modo subdolo che usa sempre per intenerirmi. E ci riesce ogni volta.
Le accarezzo delicatamente i fianchi e mi muovo fino a posare una mano poco sotto il suo ombelico. «E qui dentro, stanno tutti bene?»
La sua bocca assume la forma di una piccola e perfetta O. «Tutti? Ma che, sei scemo? Uno basta e avanza», risponde indignata, ma non riesce a trattenere quel solito sorriso che prende il possesso delle sue labbra ogni volta che affrontiamo il discorso.
«Guarda che tu e Ian siete gemelli e c'è una grandissima probabilità che lui...»
Ma lei mi corregge subito, come ogni volta. «Che lei.»
Alzo gli occhi al cielo. «Che il lui o la lei in questione, che ora è grande poco più di una polpetta, possano essere in due».
«Ti prego, no: sai che incubo?» geme abbracciandomi stretto, lasciando posare il mento sulla mia spalla. «Dici che abbiamo sbagliato a non dirlo a tutti stasera?»
«No... meglio fare un annuncio per volta. Rischieremmo di mandare entrambi i nostri genitori in ospedale per un attacco di cuore. Magari, glielo diremo al cenone dell'ultimo dell'anno.»
«Sì, hai ragione. E comunque, credo proprio che Lewis abbia capito tutto.»
«Tu dici?» domando sorpreso.
Annuisce e mi bacia fugacemente le labbra prima di riprendere a parlare. «Sì. Prima quando mi ha preso da parte per farmi gli auguri per il matrimonio, mi ha detto che intanto la scommessa è sicuro di non averla persa: aveva scommesso con Sam che l'annuncio sarebbe stato per una gravidanza e non di un matrimonio. Alla fine hanno vinto tutti e due... deve essersi accorto che non ho bevuto niente per tutta la serata.»
«E che non hai fumato», aggiungo, ricordando vagamente delle prime settimane in cui Sally aveva smesso di fumare, quando la sua irritabilità aveva raggiunto livelli stratosferici. «Occhi dolci colpisce ancora.»
«Certo che anche tu non aiuti: appena sono salita sulla sedia eri lì tutto preoccupato a tenermi. Guarda che sono incinta, mica malata», borbotta. Ma io lo so bene, invece, che le piace quando faccio il premuroso, che quando le porto la colazione a letto finge di dormire ancora quando invece intuisco subito che è già sveglia.
«Beh, ora la tua pancetta da birra riesci ancora a nasconderla sotto le felpe... ma tra un paio di mesi potresti gonfiarti a dismisura e perdere l'equilibrio in avanti», osservo vedendo quell'immagine così chiara davanti agli occhi.
Sally mugugna qualcosa a proposito del fatto che diventerà così rotonda che, bassa com'è, finirà per assomigliare a un dischetto da hockey. E nel frattempo, resta a farsi stringere tra le mie braccia, a farsi accarezzare la schiena, i suoi pensieri come i miei lontani seppur incastonati nel nostro presente. «Ti amerò lo stesso anche quando sembrerai un donut ripieno, funghetto atomico», le sussurro all'orecchio, accarezzandole piano i capelli in quella coda che si sta di nuovo sciogliendo sotto la sua iperattività.
Sally si fa un poco più indietro per guardarmi negli occhi, disfa la sua coda e si mette ad armeggiare con i miei capelli per legarmeli con il suo elastico, lasciando i suoi liberi sulle spalle; poggia infine la fronte alla mia e mi mostra le sue guance tonde appena rosate, lasciandomi rendere conto di quanto sia meravigliosa ai miei occhi, e soprattutto di quanto per me lo sarà sempre. «Dai, è quasi Natale: questa volta te lo concedo.»
Le prendo il viso tre le mie mani e le bacio la punta del naso, la fronte, entrambe le guance piene e tese dal sorriso che non riesce a nascondere, e le dico quelle parole che sento premermi nel petto con così tanta intensità che non riesco più a trattenerle. «Ti amo, amore mio.»
Il sorriso le si allarga ancora di più e Sally chiude gli occhi prima di ricambiare con un filo di voce, ma che avverto prepotente ed energico come una folata di vento. «Ti amerò sempre, amore mio.»
Non riesco a trattenere i battiti inarrestabili del mio cuore, profondamente felice per quelle parole che riesce a dirmi così raramente, ma che ogni volta sembrano sortire l'effetto della prima, del primo ti amo che mi aveva sussurrato sulle sponde del lago; è come sentire una piccola ma intensa esplosione al centro del petto che finisce per illuminare tutto quello che ho dentro e intorno.
Così la stringo di nuovo tra le mie braccia, pensando a me e a lei, pensando al nostro futuro, a quel sentiero che abbiamo deciso di intraprendere insieme e che non sappiamo dove ci porterà, una mano tesa al domani che ci sta aspettando, e uno sguardo a quel passato che ci ha fatto incontrare, e alle persone che, nonostante la lontananza che ci divide, resteranno per sempre nelle nostre vite, qualsiasi cosa accada.
Perché se il futuro a volte fa paura, se ciò che non conosciamo porta timore per l'inaspettato, l'importante è sapere con chi fare quel passo, conoscere la persona che terrai accanto durante il viaggio per superare le difficoltà; sapere che qualsiasi cosa possa mai accadere, quella persona sarà sempre al tuo fianco per sostenerti e ricordarti che ne varrai sempre la pena. Che le fatiche del viaggio percorso insieme varranno la cura e gli sforzi.
E Sally, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo affrontato nel nostro tempo, nella vita passata assieme e che ancora dobbiamo affrontare per il nostro futuro, per me ne varrà sempre la pena.
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Ci vediamo nei ringraziamenti.... :-)
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