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58. Ci siamo baciati

Sally

«Ehi, Spalla!» esclama Sam di rimando, stringendomi con energia. «Sei ingrassata», cerca di trattenermi mentre stringo le gambe intorno alla sua vita per non lasciarmi andare.

«Non è vero, sei tu che ti sei rammollito.»

Sam non mi lascia andare e mi tiene ancora qualche istante su mentre, allungando la mia mano, riesco a spettinare Lewis e a farlo sbuffare per il fastidio: odia quando gli faccio così.

«Ci credi che mi sei fin mancata?» mormora Sam con espressione sconcertata, quei denti così chiari rispetto alla sua carnagione olivastra da risultare quasi abbaglianti.

Scoppio sonoramente a ridergli in faccia e balzo giù per andare ad abbracciare Lewis. «Non ci credo nemmeno un po'.»

Lewis allunga soltanto il braccio libero dalla valigia per abbracciarmi con quel suo solito modo un po' rigido e intimidito che lo caratterizza. «Come stai?»

«Abbastanza bene», dice per poi alzare gli occhi e guardare dietro le mie spalle, dove Harry si è messo a schiarirsi rumorosamente la voce per farsi notare.

«Potresti evitare di saltare in braccio a chiunque?» mi dice in tono serio, come se fosse la prima volta che me lo vede fare.

Sbuffo e gli indico il suo amico. «Ma è soltanto Sam.»

Il Ehi! di ammonimento di Sam esce allo stesso tempo del Appunto di Harry.

«Cosa vuoi dire con è solo Sam?» dice il proprietario del suddetto nome bloccandomi la testa con il braccio e ricominciando a mettere in atto quel gesto che sa bene che non sopporto: pugno chiuso che sfrega sullo scalpo con energia.

Sento Harry che borbotta infastidito dalla confusione che io e Sam stiamo creando così, per evitare di fomentare una gelosia completamente immotivata, faccio uno sgambetto a Sam riuscendo a liberarmi dalla sua presa.

Mentre gli altri prendono a raccontare del viaggio turbolente in aereo e del tragitto percorso dentro quel vecchio autobus uscito da un varco spazio temporale dagli anni cinquanta, io tento di rimettere a posto il cespuglio che Sam è riuscito a creare sulla mia testa. Harry mi resta vicino, molto vicino, e cerca continuamente di prendermi la mano nella sua mentre sono ancora impegnata a rifarmi la coda; è buffo e tenero e, immaginando che debba dimostrare qualcosa a Sam così come a tutti gli uomini piace fare quando devono marcare il territorio, mi avvicino e mi faccio direttamente mettere un braccio sulle spalle.

Anche se nel frattempo sono successe una miriade di cose, in fondo mi rendo conto di non vedere Lewis e Sam solo da due settimane, ma devo ammettere che mi sono mancati e non poco; mi è mancata la chimica che riescono a creare quando sono tutti insieme, quando ognuno riesce a ricavarsi un piccolo spazio tutto per sé e per il proprio contributo al piccolo gruppo: Sam, che intrattiene tutti sparando battute a raffica; Ian, che di tanto in tanto gli dà manforte; Harry, che placa e dirige la vita del gruppo così come ha sempre inconsapevolmente fatto; e infine Lewis, che partecipa con il suo silenzio ma con la sua profonda capacità di ascoltare e ricordare ogni cosa. A volte sembra di potersi quasi dimenticare della sua presenza, ma resta comunque un elemento importante nel gruppo, soprattutto quando finisco per infilarmi pure io nella mischia e fomento Sam con le mie battute sconce.

Harry ci accompagna al ristorante dove i suoi genitori stanno preparando le ultime cose per la serata e stanno servendo già un paio di clienti. Presenta loro i suoi amici e, ovviamente, Steven insiste per offrire una cena sostanziosa a base di hamburger giganti e patatine in quantità tale da riuscire a riempire persino il mio stomaco senza fondo.

«Dianne, posso aiutarla?» chiedo infilandomi dietro al bancone.

Lei mi guarda di sfuggita e poi ritorna a posizionare le bibite sul vassoio. «Ehm.... Sì, porta queste ai ragazzi», spiega porgendomi il vassoio colmo.

Sto per andare al tavolo ma, visto che siamo io e lei da sole per la prima volta, ne approfitto per prendere un po' di coraggio e dirle: «Signora, la volevo ringraziare per l'ospitalità... Harry è davvero fortunato ad avere dei genitori come voi due.»

Dianne mi guarda per un lungo istante, soppesando le mie parole, e io tento di non abbassare lo sguardo mentre le sorrido, nella speranza di trovare un varco di comunicazione con lei. La vedo annuire e poi distoglie nuovamente lo sguardo senza dire nulla. Così, sconfitta, torno al tavolo per portare da bere ai ragazzi e scambiare ancora due parole con loro.

Quando torno indietro per riportare il vassoio vuoto nell'attesa che il padre di Harry termini di cuocere gli hamburger sulla griglia, Harry mi segue.

«Ehi», mormora restando dietro di me. Appoggia la testa sulla mia spalla e mi stringe appena.

«Ehi... hai visto che ormai non faccio più cadere nulla?» dico con fare altezzoso.

Mi bacia rapidamente una guancia e torna sulla mia spalla con il sorriso. Mi sembra davvero felice e questo rende più serena anche me. «Ho visto... sono fiero di te e sollevato per i bicchieri di mia madre.»

«Sei contento che sono arrivati i tuoi amichetti?» commento scherzosa.

«Sì, molto; dopo chiediamo a mamma e papà se ci accompagnano sulle altalene», risponde prontamente e poi continua, dandomi una stretta appena più intensa con le sue braccia intorno alla vita. «Posso chiederti una cosa?»

«Spara.»

«Potresti evitare di comportarti così con Sam?»

«Così come?»

«Saltargli in braccio, baciarlo sulle guance di continuo... gli stai attaccata come una cozza allo scoglio.»

«Ma è mio amico, lo abbiamo sempre fatto», ribatto in tutta tranquillità.

«Sì, ma prima non stavamo insieme», specifica.

«Che male c'è? Lo conosci e, essendo che lo abbiamo sempre fatto, lo sai anche tu che non ci sono secondi fini.»

«Beh, ma non mi va che... che lui ti tocchi. Ci sei andata a letto e quindi non è solo un amico.»

Mi metto a ridere. «Ma dai, Harry, sei serio? È Sam, è solo un amico, non è niente di più per me.»

«Lo so e ti credo, però... se io mi comportassi così con Dakota, o con qualunque altra ragazza, a te farebbe piacere? Se la abbracciassi, la baciassi di continuo...»

Il solo sentire nominare quell'arpia mi fa arrotolare le viscere all'interno; ho sempre tentato di ignorare i ricordi di lei, di quello che ha fatto a Harry, di quando ha portato Richard apposta nel locale per prenderlo a pugni davanti a tutti... ero così infuriata per Harry che avrei spaccato la faccia di quello stupido manichino contro il muro, e avrei pareggiato pure con quella cretina bionda ossigenata di Dakota. Sono piccolina e proprio per questo ho sempre seguito le lezioni di karate e per un po' di tempo ho fatto pure kick boxe... so come difendermi e dopo quello che mio zio mi ha fatto, so bene anche come tenere lontane le persone e attaccare. Nonostante io sia piccola e minuta, la forza non mi manca di certo. Basta sapere le prese giuste e il modo corretto per attaccare e far cadere l'avversario. E poi, l'essere piccola mi ha sempre fornito il vantaggio della sorpresa: nessuno si aspetterebbe mai di essere messo al tappeto dalla mini Sally.

Cerco di distrarmi da quei ricordi e penso alle parole di Harry: mi immagino un rapporto stretto di amicizia con un'altra ragazza con cui in passato è andato a letto, lo immagino abbracciarla, scherzare con lei, toccarla e...

«Ok, ok, hai ragione... non mi piacerebbe nemmeno un po'», ammetto infine. Sotto questo punto di vista non l'avevo ancora considerata.

Mi bacia sulla tempia e raddrizza la schiena con espressione soddisfatta. «Ecco... così va meglio.»

Il piccolo ristorante, con i tavoli in metallo tipici di tutti i diner esistenti da costa a costa, le fotografie appese alle pareti con le stampe anni sessanta e le luci calde che sbattono completamente rispetto all'ambiente freddo, si riempie un poco di più per il venerdì sera, anche se il più del chiasso lo facciamo noi cinque, tutti riuniti intorno al tavolo come una vecchia compagnia molto stile Happy Days, aggiungendo persino il solito giubbotto in pelle di Sam.

Restiamo a parlare e a divertirci per un po', con me ed Harry che ci alterniamo per dare una mano a servire ai tavoli e non lasciare da soli né i nostri amici, né i suoi genitori.

«Cosa ti ha chiesto la signora Darling?» mi chiede Harry una volta che riesco a tornare al loro tavolo quando il locale inizia definitivamente a svuotarsi verso le undici di sera.

«Mi ha chiesto se questa sera avrei cantato qualcosa», rispondo sedendomi sulle sue gambe.

«Qui si canta?» chiede incuriosito Lewis.

Harry annuisce. «Sì, i miei hanno voluto organizzare un angolino per il karaoke laggiù in fondo ma, a parte Sally o durante i compleanni dei bambini, non lo usa mai nessuno.»

«Tu canti Sally?» mi chiede Sam, seduto vicino a Harry e quindi a me.

«Non mi hai mai sentita urlare sotto la doccia?»

«Sally», mi rimprovera Ian ma subito, immediato come lo spostamento d'aria dopo l'esplosione, ecco che Sam non si lascia perdere l'occasione per l'ennesima battuta. «No, ti ho sentita urlare solo da altre parti», e scoppia a ridere da solo.

Cerco di non accompagnare la sua risata, ma non ce la faccio e, nello stesso tempo in cui cerco di schiaffeggiarlo, ecco che Harry mi stringe un po' di più in vita, quasi a volermi ricordare la sua presenza alle mie spalle. Allora lascio perdere Sam e lo abbraccio per rassicurarlo.

Sam riprende a parlare con mio fratello come niente fosse, mentre Harry sembra pensieroso. Capisco che gli possano dare fastidio certe battute, ma conosce anche Sam da più tempo di me... sa come è fatto.

«Harry?» mormoro al suo orecchio quando nessun'altro ci ascolta.

Mugugna qualcosa ma non apre bocca. Ok, è irritato, ma so come farlo distrarre.

«Stasera dobbiamo proprio dormire nel tuo letto?»

«E dove vorresti dormire? Sul molo?»

Mi scosto per guardarlo e gli poso una mano sulla guancia. «No, è che...», dico abbassando la voce, «è che ci sono così tante stanze vuote nel Bed and Breakfast accanto, e il tuo letto è così piccolo...»

Lui sorride quando capisce dove voglio andare a parare e, finalmente, sembra rilassarsi. «Oh, beh, hai paura che i miei ci sentano?»

«Anche...».

Si avvicina per lasciar sfiorare la punta del suo naso con la mia, poi mi lascia un bacio appena accennato sulle labbra. «Vedrò cosa riuscirò a fare.»

«Harry?» sento la voce di suo padre arrivare da dietro il bancone. «Vieni qui ad aiutarmi con questo scatolone... è da portare nella cella frigorifera e pesa una tonnellata.»

Lo lascio sfilare via da sotto di me ma, non appena Harry sparisce nel retro, Sam si fa più vicino di scatto. «Devo parlarti, Sally.»

Il suo viso sempre sorridente e spensierato è improvvisamente mutato, sembrando stranamente turbato. Se devo essere sincera, non mi va di uscire da sola con lui senza dire nulla a Harry: dopo le nostre parole di prima, potrebbe fraintendere la situazione e non voglio che si preoccupi inutilmente.

«Ok, però vorrei...» provo a dire, ma Sam mi capisce al volo.

«Tranquilla, vado io a dirgli che ti rubo per cinque minuti, così non si preoccupa che ti possa addentare la giugulare in un impeto del momento.»

Lo guardo con espressione di sufficienza. «Lo sai che ti atterrerei con un braccio solo, vero?»

Sam mi ignora e si infila dietro al bancone per andare a parlare con Harry, mentre io lo aspetto fuori della porta sul retro per non dare nell'occhio.

Una volta che mi ha raggiunta, mi offre una sigaretta che accetto più che volentieri. «Cosa ti ha detto Harry?»

«Ha detto che se ci provo con te, mi centrifuga le palle», spiega divertito.

Mimo una faccia schifata. «Immagino che debba far male.»

Accende la sigaretta e mi passa il suo accendino. «Non tanto quanto l'idea di costringermi a bere il succo ottenuto da una narice e».

«Ho capito, ho capito... Harry è stato molto chiaro. Allora, di cosa vorresti parlarmi?»

Prende una profonda boccata dalla sigaretta e il suo sguardo si fa più cupo. Il suo sguardo saetta alla porta sul retro per controllare che non ci sia nessuno e poi torna a guardarmi. «Io e Jessica ci siamo baciati».

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Spazio Dory:

Aspetto come sempre i vostri commenti e, se vi va, vi invito a leggere un'altra delle mie storie d'amore, come Secretly. È un po' particolare, leggete la trama e lo capirete... spero potrà piacervi! :-)

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