46. Mi nascondo qui, così non mi vedi
Sally
Il letto è vuoto, lo vedo chiaramente dalla tiepida luce che illumina la stanza in arrivo dall'esterno.
E il sangue sembra essere già defluito via improvvisamente dal mio cuore quando, spostando lo sguardo, ritrovo Harry ancora qui, in piedi, affacciato alla finestra e concentrato a scrutare qualcosa.
Il tintinnio dei bicchieri di latte nel vassoio attira la sua attenzione. «Sally», esclama infine vedendomi, con una sorta di sollievo che gli ammorbidisce immediatamente i tratti del volto, a esatto specchio dei miei.
Cerco subito il mobile per lasciare il vassoio, visto che le gambe e le braccia mi tremano così violentemente che potrei far cadere tutto in questo preciso istante. Quasi mi ritrovo a correre verso di lui con le braccia aperte, scontrandomi con forza contro il suo torace. «Harry.»
Le sue mani mi stringono a sé automaticamente. «Mi hai fatto prendere un colpo quando mi sono svegliato e non ti ho trovata», bisbiglia tra i miei capelli; «ero già convinto che fossi scappata con la macchina.»
Scrollo la testa velocemente ma aspetto per rispondere, ho bisogno di riprendere controllo di me stessa e di sentire il battito del suo cuore sotto il palmo della mia mano per tranquillizzarmi. Ero così sicura di ritrovarlo a dormire nel mio letto, con l'unica preoccupazione di doverlo svegliare per chiedergli di farmi un po' di compagnia, che non vederlo più all'improvviso mi ha mandato nel panico, lasciandomi pensare che fosse partito perché stanco dei miei continui sbalzi di umore.
«Credevo...», inizio a dire, ma non so come continuare.
«Credevo?» insiste.
Respiro a fondo, ricacciando indietro le lacrime di paura che minacciano di fuoriuscire da un momento all'altro e sperando di riuscire a frenare quell'inizio di attacco di panico che la sua assenza inaspettata stava per accendere. «Credevo che fossi andato via, Harry... che... che avessi capito alla fine di non volermi più.»
Mi sento un'emerita cretina, ma non riesco a trattenere quelle parole.
Harry resta per qualche istante in silenzio, poi lo sento posare le sue labbra tra i miei capelli, vicino alla mia fronte. «Non ti ho trovata nel letto e sono andato a controllare alla finestra se riuscivo a vedere ancora la macchina di Ian. Pensavo l'avessi presa e te ne fossi andata di nuovo.
Cosa credevi? Che dopo aver dormito per terra contro una porta e avere adesso un fottutissimo male alla schiena, io me ne andassi via così?»
Alzo lo sguardo e annuisco, senza riuscire a ridere di quella semplice battuta e sentendomi soltanto piccola e patetica in confronto a lui.
Harry scrolla piano la testa e mi osserva, prendendomi il viso tra le mani. «Ti ho già detto che non me ne vado da qui; potrai cacciarmi tutte le volte che vuoi, ma io tornerò da te, ogni volta. Sempre.
Voglio aiutarti e ti starò vicino ... a meno che non te ne vada tu di nuovo, e allora mi toccherebbe seguirti fino in capo al mondo», conclude abbozzando un dolce sorriso.
Gli sorrido di rimando, ma fatico a trattenermi dal piangere di nuovo. Ma perché, perché la sua semplice presenza mi rende così piccola e debole? Perché vedere come mi guarda negli occhi, come ricambia il mio sguardo, come mi osserva con quello che sembra essere forse amore, mi fa commuovere?
«Io non me ne vado, Harry; te lo giuro, non me ne andrò più.»
La sua presa si fa appena più insistente e Harry si china, piano, guardandomi negli occhi, finendo per posare le sua labbra sulle mie. E io mi aggrappo a lui, solamente a lui, e mi lascio stringere e sollevare da terra come ha sempre fatto, in quel modo esigente ed egoista in cui amo farmi toccare e manovrare da lui; quel modo che mi toglie letteralmente la terra da sotto i piedi e mi fa sentire completamente sotto la sua protezione.
Con l'ultimo bacio ancora sulle labbra allontano il viso dal suo per osservarlo, per assicurare a me stessa che lui sia ancora qui, anche se non comprendo il motivo che lo tiene legato a me.
Sempre con me sollevata tra le sue braccia, Harry si avvicina al letto, facendomi ondeggiare i piedi nell'aria, e mi lascia delicatamente sopra, coprendomi con il lenzuolo in un gesto così dolce e premuroso da farmi sciogliere come ghiaccio al sole.
Se ho una sola certezza nella mia vita, è che io non merito questo ragazzo; nessuna donna potrebbe mai meritarlo.
«Chiudi gli occhi e non aprirli per nessuna ragione», mormora accucciandosi accanto al letto e lasciandomi un bacio sulla fronte, la barba non più rasata mi pizzica dolcemente la pelle.
Probabilmente, fino a qualche tempo fa avrei sorriso per quella richiesta, gli avrei detto di no giusto per vederlo infastidirsi, oppure avrei finto di obbedire e avrei aperto soltanto un occhio per sbirciare quando lui non se ne sarebbe accorto. Ora, invece, resto mansueta e seguo le sue direttive senza fiatare. Appoggio la schiena alla testiera del letto e ascolto i suoi passi muoversi per la stanza. Sento lo scatto della serratura e la porta aprirsi e mi irrigidisco appena prima di risentire la sua voce arrivarmi come un debole sussurro. «Non aprirli per nessuna ragione.»
Quarantasette secondi, un tempo che mi è sembrato infinito, e infine la porta cigola appena e si richiude. Il materasso si abbassa, sento tintinnare i bicchieri sul comodino accanto a me e finalmente Harry mi chiede di riaprire gli occhi. Noto solo di sfuggita un piccolo pacchetto regalo infilato tra i due bicchieri di latte, perché l'unica cosa su cui la mia mente si focalizza è la sua valigia accanto alla porta; forse era rimasta al piano di sotto mentre lui restava rannicchiato fuori dalla mia stanza, e già solo quella per me potrebbe rappresentare il regalo più bello che avrebbe mai potuto farmi. L'idea che sia partito per venire qui, da me, e che abbia portato dei vestiti con sé perché sapeva di restare, mi riempie di un senso di gioia infinita.
Così lo abbraccio, non so nemmeno io perché lo faccio; tutto a un tratto mi sembra di essere ritornata bambina, quando spargevo abbracci e baci a chiunque giusto perché non sapevo bene come arginare le emozioni che mi muovevano, e allora speravo che stringendo qualcuno o qualcosa, tutta me stessa si rimettesse in riga e in pace.
Harry è sorpreso dal mio comportamento, e a ragione; non sono mai stata esageratamente espansiva con le persone, con Harry è sempre stato diverso e dopo averlo lasciato entrare nella mia stanza questa notte, sento che qualcosa dentro di me si sta muovendo, forse tra le giunture metalliche della mia corazza. Non so ancora se sia un bene o un male, ma è di sicuro un cambiamento.
E l'artefice ne è soltanto lui.
«Ehi, ma non hai nemmeno visto il regalo», dice con il sorriso nella voce, ma accettandomi comunque e di nuovo tra le sue braccia.
«Certo che l'ho visto... sei tu il mio regalo e mi va bene così.»
Alle mie parole la sua stretta si fa così potente che potrei sentire le mie costole muoversi sotto di lui; mi stringe con ansia e forse rabbia. Quando inizia a parlare, le sue labbra sono premute con forza nell'incavo del mio collo. «Cristo santo, Sally. Non farmi mai più uno scherzo come quello di stamattina... ti supplico.»
Non riesco quasi a respirare sotto la sua forza, ma non mi lamento e penso soltanto a trattenere le lacrime che, da qualche ora a questa parte, credo abbiano trovato un varco nascosto e abbiano deciso di uscire autonomamente a ogni occasione possibile.
«Non mi odiare, Harry», mormoro con la voce spezzata dalle lacrime che fatico a contenere.
Si allontana di colpo per guardarmi negli occhi. «Perché dovrei?»
Cerco di frenare il pianto mentre ancora lui mi trattiene con le sue mani appoggiate alla mia vita, io in ginocchio sul letto e raggiungendolo in altezza solo in questo modo. «Ti ho fatto delle cose orribili... ti ho detto cose orribili. Sapevo di farti del male e... e l'ho fatto lo stesso e mi dispiace così tanto.»
Torno a guardarlo, inspirando a fondo alla ricerca di un equilibrio che, ahimè, grazie all'espressione che mi sta mostrando in questo preciso istante, non è facile da ritrovare: ha gli occhi lucidi e tiene le labbra premute insieme con forza. «Ti prego, Sally, non parliamone più, ok?»
Annuisco con energia e passo le mani sul viso un'ultima volta, pensando che alla fine Harry se ne andrà da me perché non la smetto di comportarmi in maniera così infantile. Vedo i suoi occhi muoversi intorno alla mia testa, sorride, e poi lascia andare la presa sulla mia vita per avvicinarsi. Con un gesto ormai familiare mi scioglie la coda che deve aver perso la sua forma normale di nuovo e la riaggiusta lui stesso, ancora una volta. È un piccolo atto di premura, forse insignificante a un occhio esterno, ma per me conta come l'aria che respiro.
Harry sospira infine e si volta a guardare il vassoio che avevo portato io, con latte e torta annessa, e che deve aver spostato fino al comodino mentre tenevo gli occhi chiusi. «L'ho visto sul mobile... la torta per chi è?» domanda con un sopracciglio alzato. Il cioccolato tra di noi è sempre stato il terzo incomodo.
«Tua», lo assicuro.
Annuisce soddisfatto. «Bene, allora vorrà dire che questo è tuo», dice sollevando dal mezzo dei due bicchieri di latte il piccolo pacchetto male incartato.
Me lo porge e si mette a studiare le mie espressioni.
«Per il mio compleanno?» domando cauta.
Annuisce. «Ma non ti aspettare che io ti canti tanti auguri», scherza. «Mi hai fregato quella sera al karaoke, e per i prossimi vent'anni te la sei giocata.»
"Non devo piangere di nuovo, non devo piangere di nuovo..."
«Avrei voluto dartelo ieri alla festa, ma... non volevo fartelo aprire davanti a tutti. Non è niente di che, ma non volevo che ci fossero gli altri di mezzo; non volevo che ci fosse più Dakota di mezzo», precisa posando una mano sulla mia gamba. «Avrei avuto in teoria il tempo ieri notte, ma con l'incursione improvvisa di tuo fratello...»
"Mio fratello". «Avete parlato?»
Scrolla piano la testa. «Non ancora bene... ma domani lo farò, ne sono costretto, o potrebbe decidere di uccidermi nel sonno.»
«Mi dispiace così tanto, Harry», mi affretto a dire, ma lui quasi non mi lascia terminare.
«Basta dire che ti dispiace, Sally; ora apri quel regalo e tappati quella boccaccia malefica.»
Riesco a tirarmi in un sorriso e mi occupo del pacchetto.
«Non mi dici che è incartato male? Che faccio i pacchetti come i bambini?»
Scrollo la testa. «No, è già troppo che hai pensato di farmi un regalo.»
Mi ferma la mano con la sua prima che io possa rivelare il contenuto del pacchetto. «Innanzitutto, te ne ho fatti due: la stecca di Marlboro che ti ho dato ieri notte è molto importante per me», dice con un sorriso meraviglioso, da sciogliere anche le barriere più solide, «e poi sei cambiata, Sally: fino a qualche giorno fa mi avresti preso in giro fino a farmi dannare.»
Abbasso la testa; lo so che sono cambiata nei suoi confronti, ma il fatto è che ora mi sento tremendamente in difetto; mi sembra di stare di fronte a uno dei capolavori di Stanley Kubrick a mostrare solo uno dei miei insulsi video raccolti dalla videocamera. So che non deve essere così, io non sono mai stata così accondiscendente, così debole e indifesa. La Sally che sono in questo momento non la riconosco più, e forse nemmeno lui.
Mi concentro e provo a dire qualcosa. «In effetti... è incartato proprio con i piedi, fattelo dire», borbotto tornando ad aprire il pacchetto e quando lo guardo per un istante, Harry sembra essere stranamente soddisfatto della mia risposta.
Tolgo l'incarto e ciò che mi trovo tra le mani mi fa sgranare gli occhi di stupore. «Un Gratest Hits di Johnny Cash?! Quel Gratest Hits di cui ti parlavo in macchina? L'edizione limitata con i live dalla Folsom Prison?! Ma è introvabile, Harry!»
«No, io sono riuscito a trovarlo», precisa facendomi un occhiolino. «E non ti azzardare a piangere di nuovo, altrimenti me lo riprendo e lo metto nel porta cd della mia macchina.»
Mi sporgo e torno ad abbracciarlo con rapida foga, infilando il viso tra i suoi capelli. «Allora mi nascondo qui, così non mi vedi.»
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Spazio Dory:
tranquilli che Harry è troppo patata per fuggire!
A presto e non dimenticate di lasciare un voto!
Un abbraccio!
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