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35. Ma che...?!

Ore 3,45: occhi sbarrati puntati al soffitto.

Ci ho provato. Giuro, ci ho provato a dormire e a sperare di risvegliarmi l'anno prossimo, ma non ce l'ho fatta. Ho quasi paura che mi possa venire un infarto da un momento all'altro: il cuore continua a battere senza sosta, lento ma con tonfi pesanti che mi fanno quasi dolere la cassa toracica. E questo quando riesco a passare quattro secondi senza pensare; altrimenti, quando la mia mente torna al lavoro invece di ubbidire e riposare, allora sento pompare il sangue fin nelle orecchie. La cosa mi sta facendo ammattire.

Sono successe troppe cose oggi per poterle metabolizzare nel giro di qualche ora, per di più completamente sobrio e senza riuscire a dormire nemmeno un attimo.

Devo fumare una sigaretta.

Una volta in piedi, vado ad aprire la finestra della camera per far fuoriuscire il fumo; cerco il pacchetto sul comodino, ma non c'è... e poi ricordo di averlo lasciato sul tavolo della cucina insieme al portafogli e alle borse con i panini avanzati dalla festa. Dopo la litigata con Dakota in macchina, avevo soltanto voglia di inglobarmi nel materasso e dire addio al mondo intero.

Non l'ha presa affatto bene, come dovevo immaginare, ma ormai non è più affar mio.

Resto in boxer e trascino i piedi fino in cucina e, come un dejà vu, Sally è lì, come se mi avesse chiamato. Con la sua maglietta con lo smile fosforescente, è seduta sul tavolo, le gambe a penzoloni e una sigaretta accesa in una mano.

Stringo i pugni con forza e cerco di cancellare le immagini che mi hanno accompagnato fino ad ora, di lei in dolce compagnia del mio amico. Mi fanno sanguinare il cervello e devo mantenere la calma. Non sono un bambino, io so controllarmi.

Mi avvicino di soppiatto e mi affianco; non mi nota subito, ha i capelli sciolti che le coprono la visuale laterale ma quando mi vede, trasale all'improvviso.

«Harry!» esclama, voltandosi di scatto dalla parte opposta e passandosi con premura la mano sul viso. Sta piangendo, l'ho scoperta.

E allora, tutto il nervoso, la rabbia, la voglia di vendicarmi che ancora mi erano rimaste in corpo, scivolano improvvisamente via, come se mai le avessi conosciute.

«Che succede?» le chiedo scostandole i capelli.

Lei mi toglie la mano con un gesto delicato e noto che nell'altra tiene il mio regalo, ancora impacchettato. Non so perché, ma scommetto che la Marlboro che sta fumando non proviene dal suo pacchetto. «Mi offri una sigaretta?»

Abbassa la testa e finge di guardarsi le punte dei piedi, asciugandosi ancora le guance umide. «Era l'ultima del tuo pacchetto. Le mie le ho finite questa sera», mormora amareggiata. «Scusa.»

Gliela sfilo dalle dita e la concludo al posto suo, aspirando gli ultimi due tiri rimasti. «Non lo hai ancora aperto?» domando indicando il regalo.

Spengo la sigaretta nel posacenere e lo sposto più in là per sedermi accanto a lei. «No... stavo aspettando.»

«Che cosa?»

Scrolla le spalle. «Non lo so nemmeno io.»

«Dai, aprilo.»

Quando si volta a guardarmi, gli occhi sono ancora lucidi, ma non piange più. Si mette ad armeggiare con la carta mal arrangiata che sono riuscito a mettere insieme in macchina nel pomeriggio e non impiega molto a sfilare la stecca di Marlboro rosse.

Una risata riesce a scapparle dal respiro, e poi tira su con il naso.

«Sei una merda, lo sai?» commenta con il sorriso, ma un'ultima lacrima scende comunque.

«Sì, lo so... però mi conosci, dovresti saperlo che lo sono: non c'è bisogno di piangere per questo.»

Mi pizzica il braccio e io le prendo la mano, stringendola nella mia. È così piccola che sembra sparire all'interno.

«A dire la verità, il tuo vero regalo è nascosto in camera mia... questo era quello finto da farti aprire davanti agli altri», le spiego.

«Non dovevi farmi un regalo, Harry. Non ce n'era bisogno.»

«E io ne sentivo il bisogno, invece», ribatto con calma.

Posa la stecca dietro di lei e sfila la mano dalla mia presa. «Harry... io...», inizia a mugugnare senza senso, così la interrompo.

«Ci sei andata a letto?»

Le parole escono istintivamente dalle mie labbra, senza averle chiamate. Non vorrei sentire la risposta, eppure resto in silenzio, aspettandomi il peggio.

Resta qualche momento a bocca aperta, saggiando la mia espressione. Poi torna a guardare davanti a sé.

«No.»

E in questo preciso istante sento sciogliersi ogni cosa in me. Non so come avrei reagito se la risposta fosse stata differente... ma ora non mi importa, perché le credo. O forse, voglio semplicemente crederle, ma non ci penso.

Balzo giù dal tavolo e mi metto di fronte a lei, i palmi delle mani premuti sulla superficie fredda del tavolo, intrappolandola. «E allora perché hai fatto tutta quella sceneggiata con Sam?»

«Sono stata una stupida», sussurra con un filo di voce, a sguardo basso.

«Non ti sento», la sgrido.

«Sono stata una stupida, ok?»

La sua voce si alza appena, ma non la sua determinazione.

«Oh, bene, almeno te ne rendi conto una volta ogni tanto.»

Alza una mano per schiaffeggiarmi, ma io la catturo al volo. La avvicino al viso e le lascio un bacio sul palmo. Un bacio lento, profondo, sentito, e resto lì in attesa, guardandola intensamente come non ho mai fatto prima d'ora. Siamo alla fine, alla resa dei conti, ed esigo sapere e capire ogni cosa.

«Harry... non fare così», mi prega, gli occhi che non riescono a staccarsi dai miei, il respiro improvvisamente accelerato.

E io, invece, continuo a fare esattamente così, spostandomi con le labbra in un lento cammino verso il polso, e salendo sempre più su, godendo della pelle d'oca che vedo formarsi sul suo braccio. «Perché lo hai fatto? Voglio una spiegazione plausibile, altrimenti non mi fermo.»

I suoi occhi sono sognanti, continua a mordicchiarsi il labbro come se cercasse di trattenersi, di resistere al mio sguardo.

«Non lo so...»

Supero il polso e salgo con lenti movimenti sulla parte interna dell'avambraccio, così liscia e perfetta. La gusto e la assaporo nella disperata ricerca del mio autocontrollo, che mi costringo a mantenere ripetendo di concentrarmi sulle mie parole. «Così non va bene», la ammonisco.

Socchiude appena gli occhi dal piacere, ma riesce a racimolare un barlume di lucidità per dire: «Avevo paura, ok?»

Toglie la mano dalla mia presa e si asciuga una nuova lacrima. «Di cosa?»

«Di te.»

Sbarro gli occhi, sorpreso e preso alla sprovvista. «E perché mai?»

«Per quello che mi hai detto quando eravamo in acqua.»

Sono davvero costretto a concentrarmi per tornare a quel momento con la memoria: il costume, la sabbia negli occhi, l'arrivo di Dakota, il tuffo... «Quando ti ho detto che ti dovevo dire una cosa?»

Finalmente i suoi occhi tornano a cercarmi. «No, hai detto dopo ti devo parlare, che è ben diverso.»

Aggrotto la fronte e cerco di pensare alla differenza. «E che cosa cambierebbe?»

Sbuffa di esasperazione. «Senti, Harry, so quello che devi dirmi, quindi fallo ora e non girarci più troppo intorno. Non ne posso più.»

Resto a bocca aperta: possibile che lei abbia pensato...

«Tu hai creduto che ti avrei detto che avrei scelto di continuare a stare con Dakota?» domando completamente scioccato.

Annuisce con sicurezza. Non me lo aspettavo di certo.

«E tu pensi che io ti avrei detto una cosa del genere proprio il giorno del tuo compleanno?»

Annuisce di nuovo.

«Wow... certo che ti facevo più intelligente», è il mio unico commento.

«Smettila, Harry, non prendermi pure in giro... non sono in vena.»

Le prendo il mento tra indice e pollice e la costringo a guardarmi, con decisione e forse troppa veemenza, ma sono stanco di tutta questa situazione ed è ora che qualcuno impugni il governo della situazione. «Io ti prendo in giro quanto mi pare e piace quando ti comporti da stupida», sta per ribattere, ma io la precedo. «Tu hai pensato la cosa peggiore che io potessi farti, il giorno del tuo compleanno e davanti a tutti gli altri, come se io mai potessi farti uno sgarro del genere; e poi sei letteralmente saltata addosso a Sam davanti ai miei occhi. Hai idea di quello che ho provato a vederti lì con lui? A vederti strusciarti contro di lui come facevi con me?»

Il suo sguardo si indurisce. «Lo so. Ti ho avuto davanti agli occhi con Dakota per tutto il tempo. So che cosa significa».

Le lascio andare il viso, sento che sta alzando un muro tra di noi e non posso permetterlo.

«Sally... se ti chiedo di essere completamente sincera con me, lo farai?»

La sua espressione è combattuta, ma la risposta non vede esitazione. «Certo.»

«Che cosa provi per me?»

Il fiato le si interrompe all'improvviso. Le prendo il viso tra le mani e la guardo con tutta l'intensità di cui sono capace. «Ho bisogno di saperlo, Sally. Credo di meritarmelo.»

Le sue lacrime mi bagnano il palmo delle mani, è così bella in questo preciso istante che il cuore sembra scoppiarmi nel petto; vorrei soltanto posare le labbra sulle sue, appena umide e forse salate, e mandare al diavolo il mondo intero, perdermi dentro di lei, possederla su questo tavolo infischiandomene di quelli che dormono a pochi passi da noi.

«Non... non lo riesco a capire. Non mi è mai capitato nulla del genere», ammette con sincerità, e non senza difficoltà.

«Prova a spiegarlo», la incito.

Si aggrappa ai miei polsi come a una salvagente, restituendomi lo sguardo più vero e sincero che riconosco. «È come... esser stata scovata allo scoperto, senza più difese, nel bel mezzo di una battaglia che non sai se sia già terminata o meno. Mi sono nascosta per tutta la vita, ho fatto attenzione a non farmi scoprire, e poi sei arrivato tu, che mi hai trovata subito e hai abbattuto tutti i miei muri. È così bello sentirmi libera quando sono con te, ma... è allo stesso tempo così doloroso. Mi sento dilaniata tra la paura e il... il desiderio che provo per te. Non capisco...

Quando ti guardo vorrei, non lo so nemmeno io... quando ti vedo uscire dalla tua stanza la mattina, tutto spettinato e con gli occhi gonfi dal sonno, mi sembra che mi manchino le forze, non so come altro spiegarlo. Sentirti vicino, spiarti mentre giri per casa o quando resti sul divano a guardare le puntate delle tue serie tv, ascoltarti parlare delle tue canzoni preferite, scherzare con te... ogni giorno non penso e aspetto altro.

E poi i sogni, miseria... ti sogno tutte le notti, è un'agonia costante, e non posso dirti quello che facciamo in quei sogni perché mi prenderesti per una ninfomane», continua accennando a una risata. Non riesce a guardarmi negli occhi, che vagano intorno a me, forse alla ricerca di un appiglio che le sfugge. «Ho un disperato bisogno di guardarti quando tu non te ne accorgi; come oggi, quando sei uscito dall'acqua con la luce del tramonto alle tue spalle. Ero senza parole, avrei tanto voluto avere la mia videocamera con me per riprenderti e, ti sembrerò pazza, riguardarti poi quando non ci saresti più stato. Ti penso e mi manchi... cazzo, mi manchi come non mi è mai mancato nessun altro.

Io non so che cosa significa, Harry... non so in quale altro modo spiegartelo, ma sono stata sincera, te lo giuro.»

Mi avvicino di un passo, la sento quasi tremare tra le mie dita dall'emozione, o forse sono io che tremo e non riesco a fermarmi. «Io invece lo so cosa significa, perché è quello che provo io per te.»

I suoi occhi si aprono così tanto che potrei quasi provare il timore di essere fagocitato dall'intensità che li attraversa. «E Dakota?»

«L'ho lasciata, questa sera», le dico con calma.

«Perché?»

Prendo un respiro profondo. Ho così tanto bisogno di dirglielo che la paura e la trepidazione sono superate dalla voglia di condividerlo con lei. Il mio corpo è in subbuglio, ma le mie parole sono ferme e decise. «Perché mi sto innamorando di qualcun altro... e ora so che questa persona prova le stesse cose per me.»

L'ho presa completamente alla sprovvista, e probabilmente non si sta nemmeno accorgendo delle lacrime che le brillano tra le ciglia. «Sei... ma, Harry, tu sei...»

«Sicuro? Sono giorni che sono sicuro, per la miseria... stasera avrei voluto parlare con Dakota, e poi con te, ma non me ne hai dato l'occasione.

Voglio stare con te, Sally; non mi importa di nient'altro, di stupide promesse o di paura infondate. E adesso non voglio scuse, non voglio ostacoli, non te li posso più concedere perché potrei seriamente impazzire.

Voglio te. Voglio starti accanto, proteggerti, aiutarti quando non riuscirai a sorridere... voglio portarti fuori dal tuo buio e tenerti con me sotto il sole, alla luce. Voglio dormire con te, voglio fare l'amore con te e sentire che tu mi appartieni, come io ti appartengo. E credo di appartenerti già da molto tempo.

Sally, voglio essere la persona migliore che potrò diventare grazie a te, quella di cui hai bisogno in questo momento e che un giorno forse potrai... amare.»

Avvicino le mie labbra alle sue, fino a sfiorarle e, finalmente, la sento cedere, completamente e senza remore. Ha lasciato andare le barriere, le sue paure e i suoi timori, e si è aggrappata a me con tutte le sue forze. La stringo per tenerla accanto, ma anche per premere il mio cuore contro il suo nella speranza di calmarlo, di arginare il terremoto che lo agita; batte così forte che fa quasi male: è intenso, potente, profondo, riecheggia fin nelle viscere... non so se io abbia mai provato una felicità così grande in tutta la mia vita.

«Dimmi di sì», la supplico tra un bacio e l'altro. La mia voce è urgente, arrochita dal desiderio, spezzata dal dolore e dalla gioia. «Dammi una possibilità, ti prego.»

Lei ritorna a cercare le mie labbra, avida, cingendomi le braccia al collo e spingendomi verso di lei. «Sì... sì, Harry.»

Ogni cosa perde improvvisamente importanza con lei tra le mie braccia. Penso soltanto ad ora, a quando la porterò a letto con me, a quando domani mi sveglierò con lei accanto, sorridente, e a quando faremo di nuovo l'amore finalmente alla luce del sole. Profuma ancora di salsedine, e il suo sapore salato mi manda la testa in orbita.

E poi, tutto il nostro idillio viene improvvisamente fermato dallo scatto dell'interruttore della luce.

Riesco a fatica a mettere a fuoco la figura di Ian al bagliore artificiale del lampadario, in piedi appoggiato allo stipite del bagno con una mano, che ci fissa con gli occhi sbarrati.

«Ma che...?!»  

*********************

Spazio Dory:

ma la dolcezza... ma che cos'è???

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