25. Dimmi cosa vuoi
«Cazzo, Frank! Mi hai fatto prendere un colpo», esclamo mentre tento di nascondere con il mio corpo la vista della camicetta mezza aperta di Sally.
Il mio capo ridacchia da dietro la porta, volgendo le spalle verso di noi per rispetto, anche se deve aver visto sicuramente tutto. «Eh, lo immagino! Quando sono arrivato a casa mi sono accorto di non averti lasciato le chiavi per chiudere il locale, così sono tornato indietro e... beh, insomma, eccole qua», dice lanciandomele. Nonostante lo spavento e... tutto il resto che stava per succedere, ho ancora abbastanza riflessi per acciuffarle al volo.
«Buon proseguimento!» si mette infine a cantilenare mentre richiude la porta dello spogliatoio.
«Che tipo bizzarro questo Frank...», osserva Sally, sinceramente divertita dall'accaduto.
E poi, mentre sto per rimettermi al lavoro per riprendere da dove avevamo lasciato, lei cosa fa?
Scivola giù dal tavolo e inizia ad abbottonarsi la camicetta. «E tu, dove pensi di andare?»
«Dovremmo andare a casa, Harry.»
Si aggiusta i capelli, legandoseli di nuovo con un elastico, riporta la gonna alla lunghezza consueta, ed eccola lì: senza più un ciuffo fuori posto.
«Io non vado da nessuna parte», dico a braccia incrociate senza muovermi di un centimetro.
Sally fa roteare gli occhi al cielo ed esce dalla porta. «Tu puoi fare quello che vuoi, ma io torno a casa. Sono molto stanca.»
Non abbandono la mia postazione e tengo ben strette le braccia conserte come se potessero darmi qualche misterioso potere per trattenerla lì con me. «E dove pensi di andare senza macchina?»
Dal corridoio fuori dalla porta mi arriva un'acuta risatina. «Oh, ma io la macchina ce l'ho eccome!»
All'inizio non capisco a cosa si stia riferendo, visto che prima mi aveva detto di aver bisogno di un passaggio. Poi, quando il dubbio mi assale, metto le mani in tasca e mi accorgo che le chiavi della mia Ford sono improvvisamente sparite.
«Stronza e ladra!» le urlo raggiungendola.
Sta già aprendo la porta sul retro, facendo roteare le chiavi della mia macchina intorno all'indice con un'espressione molto soddisfatta. Gliele sfilo velocemente dal dito, io invece alquanto innervosito. «E quando me le avresti rubate, si può sapere?»
«Qualche istante fa, quando parlavi con Frank... e direi che anche prima te le avrei potute sfilare dalla tasca in ogni momento. Eri abbastanza distratto, o mi sbaglio?» mi sfida. Lo fa sempre.
Inserisco l'allarme e chiudo a chiave la porta sul retro, mentre per quella davanti deve aver già provveduto Frank come sempre.
«E tu non mi sembravi da meno», ribatto con prontezza.
È incredibile come, dopo qualche minuto a seguito di uno dei suoi attacchi, Sally riesca a tornare allegra e solare come è lei di solito, proprio come se non fosse mai successo niente. Mi viene da chiedermi se finga un'allegria inesistente per non dover mostrare le sue paure agli altri.
Quando saliamo in macchina, sono ancora abbastanza scosso: anche se ormai il sangue ha ripreso a pulsare normalmente, la mia mente è ancora ferma a qualche minuto fa.
Sposto lo sguardo per cambiare marcia ed ecco che le vedo di nuovo entrare nel mio campo visivo: una fonte di distrazione non indifferente. «Cazzo, Sally. Tira giù i piedi dal cruscotto immediatamente.»
«Ma ho tolto le scarpe!» prende a lamentarsi.
«Dannazione a te e alle tue scarpe, Sally, ti si vedono le autoreggenti che spuntano dalla gonna.»
Resta a bocca aperta e occhi sbarrati. «E allora?!»
Non capisco se finge di fare l'ingenua e di non capire l'effetto che mi fa, o se non ci ha davvero pensato. La prima opzione mi sembra molto più probabile rispetto alla seconda, e infatti il sorriso malizioso che le sale alle labbra con qualche istante di ritardo me lo conferma.
«Non ti sembra di avermi torturato abbastanza nello spogliatoio?» le chiedo, accorgendomi di non riuscire più ad arrabbiarmi con lei come mi succedeva tempo fa.
«Guarda che hai fatto tutto da solo!» e, così dicendo, irrompe in una sonora risata.
Mi fermo al semaforo rosso e la guardo di traverso. «Ah, sì? Non mi sembrava che ti disgustasse più di tanto quello che ti facevo.»
Poso una mano sulla sua coscia e inizio lentamente a spingere la gonna verso l'inguine, senza trovare ostacoli da parte sua. Lei mi guarda divertita, mordicchiandosi piano l'unghia del pollice in un modo decisamente poco ingenuo.
«Lo stai facendo apposta?» le chiedo con voce roca, perchè so quanto le piaccia.
Impiego un lunghissimo secondo per elaborare la sua risposta, così deve ripetermela di nuovo. «Il semaforo è verde, Harry.»
Di malavoglia, riporto gli occhi sulla strada e la mano sul cambio, ma quella coscia è troppo vicina.
«Sally, smettila immediatamente di fare così e metti giù quelle gambe, oppure mi fermo a lato della strada e ti lascio fare il tragitto fino a casa a piedi. E lo sai che lo farei davvero.»
«Mi lasceresti in mezzo a una strada buia in piena notte tutta sola?» fa lei con un finto broncio.
«Piantala, che sai difenderti benissimo. Avrei più paura per il povero malcapitato che incrocerebbe il tuo cammino e proverebbe a importunarti.»
Devo cercare di concentrarmi su pensieri che siano molto lontani da questo abitacolo e da quella forza irrefrenabile che mi attira verso Sally: il campionato NBA che inizierà a breve, il meteo di domani, riordinare i cd della macchina che Sally mi ha messo in disordine l'ultima volta che ha ficcanasato tra i miei album, il cruscotto dove sono riposti, lo stesso cruscotto dove sono appoggiati i piedi di Sally, ai quali sono collegate quelle due meravigliose gam...
«Ok, la smetto altrimenti rischiamo di andare fuori strada», conclude lei vedendomi sbandare improvvisamente, così finisce per nascondere le gambe nell'ombra dell'abitacolo.
Le cose vanno un po' meglio ma... il pensiero è sempre fisso e, nonostante Sally finga indifferenza, so che anche lei sta pensando a quello che è successo tra noi poco fa. E la mia mente, attiva e reattiva al massimo, sta già architettando le prossime mosse da mettere in atto.
Piano A: provarci nel parcheggio. Non che sia il posto più romantico esistente, ma non ho tempo per andare con lei da qualche altra parte, anche perché lei si rifiuterebbe e il rapimento non credo sia l'opzione più corretta. Come scusa per trattenerla qui con me, posso provare con la musica: ho giusto, giusto comprato l'ultimo cd dei Muse... Lei non rinuncerebbe mai ai Muse.
Piano B: abitiamo nello stesso appartamento, maledizione! Posso infilarmi in camera sua stanotte senza farmi notare: sono certo che, una volta dentro, non mi caccerà fuori. O almeno spero...
Mentre allontano via dalla mente le spaventose immagini di inaspettate incursioni notturne di suo fratello, che ci scopre esattamente come ha fatto Frank poco fa, ma con conseguenze a dir poco peggiori, mi ritrovo infine a parcheggiare davanti al nostro appartamento.
«Non scendi?» mi chiede, vedendomi ancora con la cintura di sicurezza.
La tolgo lentamente e mi sporgo verso di lei per afferrare il porta cd, sfiorandole volontariamente il ginocchio. «Ho comprato l'ultimo dei Muse, ti va di ascoltarlo un po' qui con me?»
Lei si rilassa sullo schienale ma, quando penso di averla convinta, lei se ne esce con una risata e un: «E la tua collezione di farfalle dov'è? È anche quella qui nel cruscotto?»
«Cosa vuoi dire?»
Lei sospira a fondo e si mette a intrecciare e giocare con le dita in grembo. «Harry, sono letteralmente nata e cresciuta a contatto continuo con mio fratello, un maschio; ho bazzicato nelle sue compagnie maschili per tutta l'infanzia e l'adolescenza, e a volte credo di sapere cosa pensate voi ragazzi ancor meglio di quanto ve ne rendiate conto voi stessi. Hai pensato di prendermi per la gola con i Muse e convincermi a restare qui con te?
Certo, lo sai che mi piacciono molto... e devo ammettere di dovermi sforzare molto per declinare la tua offerta e starti lontana. Ma poi, cosa sarebbe successo? Battute allusive, sguardi languidi, poi una mano sul ginocchio... e Harry, io non voglio. So che con te tendo a non ragionare come dovrei, e mi dispiace di confonderti con i miei comportamenti, ma ora che ho la mente ben lucida non voglio ritrovarmi nella situazione di prima.»
«Ma quale situazione?!» la mia voce si è alzata di parecchio. Sto decisamente perdendo la calma con questi suoi cambi d'umore. «Sei tu che ti stai creando un castello di problemi, Sally, quando di problemi in realtà non ce n'è! Ti ho detto che ti voglio, cazzo, e ora ti dico che è tutto il fottuto giorno che mi ronzi in testa. Siamo andati a letto una volta e lo voglio ripetere altre cento volte; ti ho detto anche che rinuncerei a Dakota per te. Porca puttana! Non sei stata solo una scopata e basta per me!» non riesco a trattenermi e mi aggrappo al volante, scuotendolo con forza. «Cos'altro ti devo dire per convincerti, Sally?!»
Resta qualche istante in silenzio, forse a riflettere sulle mie parole, lo sguardo puntato fuori dal finestrino dove gli alberi si muovono piano nell'aria notturna. Non c'è nessuno qui nei dintorni, soltanto la placida luminescenza dei lampioni che inizia a confondersi con la lontana luce emanata dal cielo, ormai prossimo al crepuscolo prima dell'alba.
Infine si volta lentamente verso di me e, con una strana delicatezza che non le è mai appartenuta, riesce a passare oltre il freno a mano e viene a sedersi sulle mie ginocchia. «Pensi davvero tutto quello che hai detto?» sussurra a un centimetro dalle mie labbra.
Devo deglutire un paio di volte prima che io riesca a far fuoriuscire un tono di voce decente. «Certo che lo penso... ieri ti ho mentito, è vero: sapevo che dopo ieri notte non sarebbe stato più come prima ma... l'ho voluto fare lo stesso. Ti... ti desideravo troppo, Sally. Ma ora sono sincero, te lo giuro. Dammi una possibilità.»
Sospira, i nostri sguardi incatenati nella semioscurità proiettata dal tettuccio della macchina. «Io non so come... non saprei da dove incominciare, Harry. E ho una maledettissima paura», ammette infine.
«Tu non sai niente, Jon Snow», scherzo, citando la serie tv che abbiamo di tanto in tanto guardato insieme.
Il suo sorriso non arriva. «Sii serio.»
«Più serio di così?» esclamo. «Ti sto dicendo che voglio stare con te.»
«E se tu cambiassi idea? E se finissi per capire che invece volevi stare con Dakota? Che ne sarà poi di me?»
Al nome di Dakota, a quel nome che per mesi ha ronzato nella mia testa, sento che qualcosa in me vacilla all'improvviso; è soltanto un fugace istante, ma evidentemente Sally lo coglie senza difficoltà. «Tu la ami ancora, Harry. Non lo puoi nascondere, e non puoi prendere una decisione così rapidamente, senza pensarci.»
«Ci ho già pensato», borbotto immediato.
Ok, non è vero, non l'ho fatto come dovrei ma... fanculo! Le sto provando tutte!
«E quando lo avresti fatto? Mentre mi sbattevi sul tavolo nello spogliatoio?» domanda con sarcasmo. «Harry, mi sono davvero affezionata a te, così tanto da capire che non sei pronto per lasciar perdere Dakota senza nemmeno provarci. Non sarebbe giusto nei tuoi confronti.
E, poi, io ho troppo da perdere se mi buttassi a capofitto in una storia con te.»
Averla tra le braccia, a così stretto contatto con me, è un'agonia costante, soprattutto quando dalle sue labbra, da quelle labbra sulle quali mi sono ipnotizzato da parecchi minuti, escono soltanto parole di rifiuto.
«Harry, per me non è stato solo sesso ieri notte, e questa cosa mi spaventa tantissimo. Non voglio soffrire, e non voglio far soffrire te; non voglio essere la persona che si è messa tra te e la tua ex, quando magari lei potrebbe essere quella giusta; e sono troppo coinvolta per tornare a letto con te. Lo sono già ora, così tanto che una volta in più probabilmente non saprei gestirla.
Quindi, Harry, voglio chiederti un favore; anzi, ti chiedo di farmi una promessa; e soltanto dopo, potrò pensare a noi due.»
«Quale promessa?» domando cauto.
«Prometti prima», mormora posando una mano sul mio viso.
Sospiro, sinceramente stanco da tutto questo. Non mi va affatto di promettere in anticipo qualcosa che non conosco, ma se ho un'unica possibilità per avere Sally, voglio sfruttarla appieno.
«Ok, dimmi cosa vuoi.»
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