21. Lasciarla andare
Stento a crederci. Cos'è, uno scherzo?
Quando apro la porta, mi ritrovo davanti la figura esile di Dakota. Gli occhi arrossati dal pianto, i capelli spettinati, indossa un vestito leggero a fiori e sta lentamente stritolando la tracolla della sua borsetta tra le mani.
«Dakota... che ci fai qui?» chiedo sorpreso; nemmeno nei suoi momenti peggiori l'ho mai vista così distrutta. È persino struccata, il che la dice lunga.
«Ciao, Harry. Perdonami se sono venuta fin qui a casa ma... avrei bisogno di parlarti.»
Scatto fuori dalla porta, preoccupato per cosa possa averla ridotta così. «I tuoi stanno bene? Non sarà successo qualcosa di grave?»
Lei mi sorride appena e allunga il braccio per accarezzarmi il dorso della mano; lo sfiora soltanto per tranquillizzarmi, ma quel tocco è un qualcosa di così lontano e allo stesso così intimo che riesce a mandare un brivido su fino alle spalle.
«No, Harry. Non è successo niente di quello che credi... pensi che potremmo parlare un attimo da soli? Ti andrebbe di fare una passeggiata qui fuori?»
Mi guardo il costume che ho ancora indosso e i piedi nudi. «Ti va invece di andare in camera mia per un paio di minuti? Altrimenti devo vestirmi per uscire.»
Cagnolino-cretino-Harry pronto a scodinzolare.
Annuisce prontamente. «Certo, camera tua andrà benissimo.»
I repentini rumori provenienti dalla cucina, fatti di sedie strisciate sulle piastrelle e tazze vuote riprese in mano per nascondere sguardi celati, mi fanno capire che tutti i miei amici ormai sanno perfettamente con chi stavo parlando fuori dalla porta. Ma il mio sguardo vira subito fino a Sally che, dopo aver visto entrare Dakota al mio seguito, abbassa lo sguardo, forse offesa o dispiaciuta.
«Ciao, Dakota.»
Dal tavolo si leva il coro delle voci dei miei amici, che fingono indifferenza per la presenza della mia ex, della quale hanno sparlato a più non posso dopo quello che mi aveva fatto.
«Ciao, ragazzi, come state?»
Sam si schiarisce la voce. «Benissimo». La sua voce è fredda, lo sguardo distaccato non si toglie dal fondo della sua tazza.
«Bene, Dakota, e tu?» Ian si finge cordiale, come sempre.
Dakota tenta di sistemarsi i capelli, cercando di sembrare in ordine. «Più o meno... ma ora va un po' meglio.»
«Lei è Sally, mia sorella», tenta di presentarle ma, anche se Sally alza la testa per fingere interesse, Dakota si avvicina a me.
«Ci conosciamo già», snocciola sbrigativa senza degnarla di uno sguardo. "Già, ha atterrato il manichino: certo che se la ricorda bene".
«Andiamo, Harry?» domanda prendendomi sottobraccio.
Lewis la squadra senza salutarla, uno sguardo di ghiaccio che mostra tutta l'insofferenza nei suoi confronti e che lui non cerca in alcun modo di nascondere, ma lei non se ne accorge; appena arrivati in camera, Dakota non mi lascia il tempo di chiudermi la porta alle spalle che mi si fionda addosso, abbracciandomi stretto.
«Ehi, che ti succede? Potresti spiegarmi?»
«Mi sei mancato così tanto, Harry», mormora con il viso nascosto nell'incavo del mio collo.
Ok. Non era proprio quello che mi ero immaginato di sentirmi dire in questo sabato mattina e mi sento un tantino rigido e non proprio a mio agio in questa posizione. Provo a scostarla da me per riuscire a guardarla negli occhi, e forse non avrei dovuto farlo. La rivedo così vicina come l'avevo soltanto sognata nelle ultime settimane, l'azzurro dei suoi occhi arrossati dal pianto che non cerca di trattenere, il suo profumo, la sensazione del suo corpo delicato a contatto con il mio. L'ho immaginato così tante volte che ho perso il conto.
«Io... io ti sono mancata?» prova a chiedere, notando il mio silenzio.
«Ma certo... certo che mi sei mancata», ammetto, incapace di togliermi dai suoi occhi.
Ma, nonostante quell'azzurro intenso e tutto ciò che la presenza di Dakota riesce a suscitare in me, non posso evitare di chiederle di nuovo che cosa ci faccia qui, tra le mie braccia. Certo, posso immaginarmelo, eppure glielo voglio sentir dire. Me lo deve.
«Sono venuta per chiederti scusa, Harry. Sono stata stupida e avventata, ho buttato via la nostra storia per... per una stupidaggine.»
Tempismo eccellente.
Prendo un respiro profondo e vado a sedermi sul letto, confuso e scosso dalla piega improvvisa che hanno preso gli eventi; e ora che Dakota mi segue, sedendosi sulle lenzuola di questo letto ancora sfatto dalla notte passata con Sally, sento che c'è qualcosa che stona, qualcosa che non va.
«Ti sei lasciata con Richard?» le chiedo, conoscendo già la risposta.
Lei annuisce piano, titubante della mia reazione. «L'ho lasciato qualche giorno dopo quella sera al locale; non avrebbe dovuto picchiarti, mi aveva promesso che ti avrebbe soltanto parlato, che non avrebbe alzato le mani su di te.»
«E tu lo avevi portato lì, però. Avresti dovuto immaginare che cosa volesse farmi», la accuso.
«Lo so, Harry. Hai perfettamente ragione, ho sbagliato, sono stata una stupida. Ho provato a fidarmi di lui e... ho fatto male», ammette con sincerità.
Mi osserva e ricerca la piccola cicatrice ormai guarita che è rimasta sotto al sopracciglio; la accarezza con la punta delle dita, e io non riesco a impedirmi di avvicinarmi a lei come i poli opposti di una calamita.
"Cazzo, Harry, ragiona! Non farti prendere per il culo l'ennesima volta!"
«Sono qui per chiederti di perdonarmi... perché avevi ragione; io e te avevamo costruito qualcosa insieme, e io l'ho distrutto. Ti ho fatto male e so di non meritare il tuo perdono, ma spero che potrai perdonarmi comunque... in nome di quello che abbiamo passato insieme.»
Prendo un lungo respiro, la gola che pare essersi improvvisamente seccata. «Mi hai tradito, Dakota. Mi hai lasciato per un coglione e mi hai fatto male, molto male.»
«Lo so, lo so», si affretta a dire asciugandosi una lacrima. «E tu hai tutto il diritto di farne a me. Me lo merito, così come mi merito quello che mi hai fatto ieri sera. Ma se è questo ciò che devo sopportare per riaverti, allora lo farò. Sopporterò ogni cosa pur di stare di nuovo con te.»
«Ieri sera?» domando allarmato e, per un attimo, mi chiedo come faccia a sapere della notte che ho passato con Sally, ma poi capisco quando lei chiarisce la questione.
«Quando hai ballato con quella ragazza ieri sera, alla festa in piscina; è la sorella di Ian quella in cucina, no? La bassina», mormora misurando l'altezza con un gesto veloce della mano. «Lo so che lo hai fatto per farmi ingelosire, e non ti biasimo: avevi tutte le ragioni per farlo.»
«Io non l'ho fatto per farti ingelosire», sbotto all'improvviso, innervosito dal suo modo di parlare, soprattutto nei confronti di Sally. Lei non è bassina... cioè, sì, lo è e di parecchio, ma solo io posso permettermi di dirlo. E forse anche Ian.
Lei sorride appena, forse interpretando la mia veemenza a suo favore. «Beh, non puoi negare che lei non sia esattamente il tuo tipo, quindi ho pensato...»
«E tu che ne sai di com'è il mio tipo?»
Si affretta a mettere una mano sulla mia. «Scusami, cambiamo discorso. Non volevo essere scortese con la sorella di Ian.»
Si chiama Sally, vorrei precisare, ma lei continua a parlare. «Harry, non voglio che tu decida in questo momento. Immagino che tu abbia bisogno di tempo per pensare se mi rivuoi ancora», dice alzandosi improvvisamente in piedi.
«E cosa ti fa pensare che io abbia voglia di pensarci? Che io abbia voglia di ritornare con te? Potrebbe essere stato Richard a lasciarti e ora tu te ne torni da me soltanto perché ieri sera mi hai visto ballare con una e ti ha dato fastidio che qualcun altro si sia messo a giocare con i tuoi ex giocattoli.»
«Come, scusa?» chiede senza capire il mio giro contorto di parole.
«Sto dicendo che potresti essere tornata qui semplicemente per tornaconto personale. Non sei mai riuscita a stare da sola, Dakota. Lo so io e lo sai tu: quando ci siamo messi insieme è successa la stessa cosa.»
Abbassa lo sguardo, la mano sulla maniglia. «Non sono qui per parlare di questo.»
«Hai lasciato davvero tu Richard?» le chiedo alzandomi in piedi.
"Pensa bene alla tua risposta, Dakota, o non mi vedrai mai più".
Lo sguardo fatica a ritornare su di me, è esitante, ma la risposta infine arriva. «Sì... sì, te l'ho detto. Si è comportato male, e... beh, lasciamo stare.
Harry, ti prego, pensa a quello che ti ho detto. Dammi una possibilità.»
«Dovrei fidarmi di te? Dopo tutto quello che mi hai fatto? Dopo avermi tradito e ignorato per settimane, trattandomi come l'ultimo tra le tue paia di scarpe usate?» chiedo infine, probabilmente più a me stesso che a qualcun altro.
Dakota si affretta a bloccare le mie invettive. «Ci vorrà tempo, ne sono ben consapevole, ma sono anche convinta che possiamo aggiustare tutto... se me lo permetterai», e così dicendo apre la porta, allungando una mano verso di me per chiamarmi. Per richiamarmi a lei.
Dovrei prendere quella mano? O dovrei lasciarla andare?
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