2.6 Resterò finché mi vorrai
«Che... che cosa?» riesco soltanto a balbettare.
Solo adesso alza lo sguardo per guardarmi negli occhi, e trovo la sua espressione confusa. «Sì... Lewis non te lo ha detto? Mi aveva detto di averlo fatto.»
Devo appoggiarmi allo schienale della sedia per tenermi seduto in posizione quantomeno eretta, il mio cuore che all'improvviso sembra aver smesso di battere alla notizia. «Io...», mi sembra di boccheggiare. «No... Lewis non me lo ha detto.»
Sally si fa più avanti per ricercare la mia mano posata sul tavolo. «Sam... io...», scrolla la testa, nascondendosi infine il viso tra le mani. «Tu sei mio amico e io avrei dovuto... Scusami, sono una persona orribile.»
Cerco di riprendermi velocemente e mi avvicino a lei, anche se sono così sconvolto che non so che cosa dire se non: «Perché non me lo hai detto?»
Oramai è scoppiata in lacrime e non riesce più a fermarsi, così riesco a prenderla e a portarla sulle mie gambe; Sally si stringe a me, ma il mio abbraccio questa volta è più debole, stanco, nuovamente sconfitto. «Perché non me lo hai detto, Sally? Avresti dovuto dirmelo.»
Asciuga un poco gli occhi con la manica della felpa stretta nei pugni, ma non riesce ancora a guardarmi. «Io avrei voluto ma... è successo tutto così in fretta... la scoperta del bambino, il matrimonio che abbiamo deciso all'improvviso, la cena di Natale e... avrei voluto dirtelo io stessa, ma non ne ho avuto il coraggio. Credevo che ci saresti rimasto male e... non lo so nemmeno io. Lewis mi aveva assicurato di avertelo detto.
Sono solo una codarda, in questo non sono mai cambiata... perdonami.»
Irrigidisco la mascella e, anche se il fatto di esserne rimasto all'oscuro per tutto questo tempo, il fatto che tutti sapessero tranne me, e soprattutto che Lewis, il mio amico, mi abbia voltato le spalle e nascosto una verità del genere... nonostante tutto questo mi faccia male, io adesso guardo Sally tra le mie braccia e non riesco ad arrabbiarmi con lei; nonostante io lo voglia con tutte le mie forze, perché questa verità è l'ennesima pugnalata al mio cuore già tramortito.
E solo ora, molti degli indizi che mi erano balzati alla vista la sera della vigilia di Natale iniziano ad acquisire un senso: il modo in cui Harry teneva Sally con cura mentre lei era in piedi sulla sedia ad annunciare il matrimonio, il fatto che Sally non avesse bevuto quasi nulla per tutta la cena e che non avesse nemmeno fumato una sigaretta...
«E di...», non so nemmeno che cosa dire in questi casi, «di quanti mesi sei?»
Scrolla la testa, presa dallo sconforto. «Io l'ho perso... ho perso il bambino, Sam.»
Ormai il livello del mio sconcerto non può fare altro che salire ma, nonostante tutto, queste ultime parole non mi sorprendono di certo, visto lo stato in cui si trova ora. «Quando è successo?»
«Più o meno un mese fa... il dieci di febbraio», mormora premendo con forza le labbra tra loro fino a farle sbiancare.
Ecco il pezzo del puzzle che mi mancava; da Natale sono passati tre mesi e, se già allora sapeva di aspettare il bambino, a quest'ora la pancia immagino che avrebbe dovuto vedersi, e di certo non avrei dovuto trovare Sally così magra e provata. Ripenso a quando ha smesso di chiamare, a quando i messaggi che Harry e Sally mandavano periodicamente si sono interrotti, sia con me che con Lewis.
«Vuoi parlarne?» provo a dirle.
Tira su con il naso. «Non c'è molto da dire. Ho seguito tutte le sue indicazioni, per filo e per segno: mangiavo quello che mi diceva di mangiare, ho smesso di fumare, non ho bevuto nemmeno per il brindisi a Capodanno... io... io non so che cosa sia successo. Ho avuto delle perdite e sono andata in ospedale per un controllo e...», ma scrolla la testa e riprende a parlare. «Era morto da quasi un giorno intero e io non me ne ero nemmeno accorta.»
«Mi dispiace, Sally... se io lo avessi saputo...», mormoro, senza sapere come proseguire.
«Non avresti potuto fare nulla...»
E io ci ho provato. Giuro che ci ho provato a trattenermi, a restare calmo, a non pensare a tutto questo... ma non ce la faccio più e mi ritrovo ad alzare la voce senza nemmeno volerlo. «Come cazzo ha fatto Harry a lasciarti in un momento del genere?! Che cazzo gli è saltato in mente?!»
Ma lei scrolla subito la testa, affrettandosi a zittirmi. «Non è stata colpa sua... è stata solo colpa mia», geme mentre le lacrime riprendono a scorrere sul suo viso. «È sempre e soltanto colpa mia.»
Forse dovrei essere più delicato nel vederla così fragile, ma non ci riesco; sono furioso oltre ogni modo all'idea che Harry abbia potuto lasciarla in un momento del genere. «Non è colpa tua, cazzo. Lui non può averti lasciato così, è senza cuore e... e...», ma le mie parole si spezzettano all'improvviso quando la vedo aprire la bocca e portare una mano alla gola prima di iniziare a inspirare a fatica, come se improvvisamente le mancasse l'aria.
«Sally... ehi, cosa ti prende?» mi affretto a dire, preoccupato e spiazzato.
I suoi occhi sono sbarrati, impauriti, il respiro irregolare sembra non riuscire a darle aria a sufficienza...
Si alza lentamente in piedi e arriva ad appoggiarsi al lavandino. «Che ti succede, Sally?!»
Cerca di deglutire e socchiude gli occhi, ricercando dei respiri lenti e profondi. «Niente... ora... mi... passa», riesce appena a esalare tra un respiro e l'altro.
«Cosa devo fare?»
Mi sento inerme e continuo a starle accanto senza poter fare nulla, senza sapere se posso toccarla o meno. Aspetto, e aspetto ancora, e mentre Sally artiglia con forza il lavandino ricercando dei respiri esageratamente profondi, io sono quasi tentato di chiamare qualcuno, persino l'ambulanza; ma quando mi vede prendere il telefono, Sally mi fa cenno di no, di aspettare. Resto allora accanto a lei, a fissarla con attenzione in silenzio, trovando il mio stesso respiro che cerca di regolarizzarsi a specchio del suo, nemmeno potessi darle un po' della mia aria per farla stare meglio.
E infine, all'improvviso, quando penso che ormai il pericolo sia passato e che lei stia ritornando alla normalità, eccola che perde le forze e la guardo accasciarsi sempre più giù, prima che io riesca ad afferrarla a pochi centimetri dal pavimento. «Sally», la chiamo allarmato.
I suoi occhi sono aperti e le palpebre sbattono rapidamente. «Non è niente», mormora confusa. «Sono solo stanca».
Cerco di rimetterla in piedi, ma sembra non avere nemmeno le forze per reggersi sulle sue gambe, così la carico sulle mie braccia e la riporto a letto, nella speranza che possa riposare. La lascio andare delicatamente sul materasso e la copro con il lenzuolo.
«Cosa ti è successo? Mi hai fatto spaventare da morire», ammetto.
Appoggia la testa al cuscino e socchiude gli occhi. «Si chiama attacco di panico... sai che cos'è?»
«Sì, più o meno... ma ora stai bene? Devo portarti in ospedale o... non lo so, chiamare un dottore?»
Lei scrolla la testa, i capelli biondi sparsi sul mio cuscino e gli occhi socchiusi, come fosse sul punto di addormentarsi; mi prende la mano nella sua mentre resto seduto sul letto accanto a lei. «No, ora sto meglio; dura qualche minuto, poi mi passa... solo che mi lascia stanca.»
«Ian mi aveva fatto cenno a qualcosa del genere, ma... non so, pensavo ti fossero passati. Diceva che da quando eri andata nel Montana stavi meglio.»
Prende un respiro più profondo, anche se è tremolante. «Sono tornati da quando ho perso il bambino. E sono più forti.»
«E che cosa senti quando ti succede?»
«Non sono uguali per tutte le persone. Io sento che mi manca improvvisamente il fiato, come se la gola si restringesse davvero, il cuore batte fortissimo e... non so, c'è quella sensazione strana che mi fa paura... come se stessi per morire da un momento all'altro.»
Le passo una mano tra i capelli lunghi appena sotto le spalle, lisci e morbidi tra le mie dita, e lei chiude gli occhi prima di girarsi su un fianco e mettere fine al discorso.
Decido di lasciarla riposare, nella speranza che nei prossimi giorni possa riprendersi e tornare la ragazza che conoscevo, la Sally solare e sempre allegra di cui mi ero innamorato. Perché sono certo che quella ragazza c'è ancora; ha soltanto bisogno di stare bene, ha soltanto bisogno di riprendersi...
Mi avvicino alla sedia ricolma come sempre dei miei vestiti e mi cambio rapidamente, indossando soltanto un paio di pantaloni della tuta. Quando sto per uscire dalla stanza, pensando già di dover dormire sullo scomodissimo divano - visto che ormai le altre stanze, che un tempo erano degli altri ragazzi, ora sono completamente vuote -, la debole voce di Sally mi lascia con la mano appoggiata alla maniglia della porta.
«Sam?»
Mi volto e la ritrovo con gli occhi chiusi, ma voltata verso di me.
«Dimmi, Sally.»
«Potresti restare qui con me?» quasi sussurra mentre la sua mano si muove cauta sul mio cuscino. «Non mi lasciare dormire sola, ti prego.»
Se mai avessi avuto l'intenzione di dirle di no, cosa davvero poco probabile, sentire il tono di supplica che infonde nella sua richiesta mi fa rendere conto che posso risponderle solo in un unico modo. Annuisco e, un istante dopo, sono nel letto accanto a lei, accogliendola tra le mie braccia non appena lei si fa più vicina. Mi assicuro di coprirci entrambi e finiamo per condividere di nuovo lo stesso letto, le stesse lenzuola che ormai hanno assorbito tutto il suo odore, lo stesso cuscino che ci accoglie entrambi, viso contro viso, respiro contro respiro.
«Resterò finché mi vorrai.»
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Spazio Dory
ok... ora sapete qualcosa in più su quello che è successo con Harry. Ovviamente, visto che sono cattivella nel profondo, vi lascerò scoprire le cose pian piano eheheh ma state tranquilli che nei prossimi capitoli riuscirete ad avere le vostre risposte.
So che vi manca Harry, ma anche lui comparirà più avanti... non disperate e accontentatevi di Sam :-)
Vi avverto che ci saranno anche POV di Harry di Sally... ma non ancora, è troppo presto.
Al prossimo capitolo!
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