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2.31 Promessa

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sono maiaiam88!

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Sally

Nonostante la musica e il vociare continuo dei presenti, riesco a sentire il grugnire infastidito di Harry anche dall'altra parte del tavolino che ci divide. «Che ti prende?»

«Certo che quel coglione poteva trovarsi un'altra sistemazione», sbotta scrollando la testa, ma senza volermi guardare. «Mai una volta che riesca a tenerselo nelle mutande.»

Il suo sguardo cade rapido all'ora sul suo orologio da polso e ripete lo stesso verso spazientito. «In pratica, fino alle tre è meglio non rientrare in casa.»

Ammetto di essere parecchio infastidita all'idea di non poter tornare nel mio appartamento perché occupato da altri, ma alla fine mi rendo conto che sia giusto così e che, in fondo, sono felice per Sam e per Julie. Anche se... «Non gliela darà mai», commento bevendo un sorso di birra, che finisce per bagnarmi tutto il labbro superiore con la sua schiuma. «Julie gliela farà solo annusare.»

«Lo sa anche lui, ma dice che gli va bene così», il commento di Harry si perde davanti a lui: continua a fingersi incuriosito dalla coppia appena salita sul palco che sta cantando un vecchio duetto tra Ricky Martin e Christina Aguilera. Mi sembra quasi di essere tornati al punto di partenza, a quando stasera, durante la passeggiata al Luna Park, Harry si ostinava a starmi lontano e a non toccarmi nemmeno per sbaglio.

Poi, come se un pensiero gli fosse improvvisamente arrivato alla mente, si volta a guardarmi negli occhi e alza un sopracciglio con aria sospettosa. «Ti dà per caso fastidio?»

Scrollo subito la testa, completamente a disagio da quella domanda a bruciapelo. «No, perché mai dovrebbe?»

«Lasciamo perdere...» mormora prima di chiamare la cameriera.

«Vuoi ordinare ancora?»

«Sì, se dobbiamo aspettare per tornare a casa, almeno bevo qualcosa.»

Purtroppo, la domanda improvvisa che Harry non è riuscito a trattenere ci lascia a disagio e in quasi completo silenzio per tutto il tempo seguente. Provo a raccontargli qualcosa di ciò che io e Julie ci siamo dette mentre loro erano fuori a fumare, tento in tutti i modi di strappargli una risata con qualche battuta, ma alla fine ogni tentativo di conversazione si conclude con il suo parziale mutismo. Non ne sono del tutto certa, ma il fatto che Sam abbia intenzione di portarsi a letto una ragazza deve avergli fatto nascere strani pensieri in testa... e io non so che cosa fare per riportarlo qui con me. Harry sembra essersene già andato via.

Usciamo dal pub un'ora più tardi, quando il più dei presenti aveva deciso di andarsene e i camerieri avevano iniziato a pulire i tavoli e a ribaltarvi le sedie sopra: chiaro e lampante segno di stiamo chiudendo, levatevi dalle palle.

Arrivati davanti alla mia macchina, Harry insiste per guidarla, così lo lascio fare per evitare inutili discussioni. Una volta all'interno, sono costretta a fermarlo prima che giri la chiave nel quadro. «Harry, è ancora presto per tornare. Potremmo aspettare qui un pochino, cosa ne dici?»

Controlla l'ora all'orologio da polso con impazienza. Sembra che non veda l'ora di fuggire da me. «Ok...» sbuffa appoggiandosi al sedile con tutto il peso.

È un acuto gracchiare quello che mi esce dalla gola quando tento di schiarire la mia voce: un modo come un altro per ovviare all'imbarazzo. «Ti va di ascoltare un po' di musica?» propongo speranzosa, aggrappandomi con le unghie e con i denti all'idea di una positiva risoluzione per questa serata. Nonostante i modi di Harry, voglio ancora riuscire nel mio intento di riconquistarlo.

Annuisce annoiato e io gli porgo il mio porta cd, custodito gelosamente nel cruscotto. «Scegli tu quello che vuoi.»

«Quale onore...» borbotta sarcastico, «prima non mi facevi mai toccare i tuoi cd.»

«Io toccavo sempre i tuoi: mi sembra giusto ricambiare.»

L'aria tra di noi non sembra ancora essersi distesa del tutto e il silenzio a disagio non scema in alcun modo. «Tu li toccavi e li riempivi di impronte. Io sono molto più preciso e ordinato.»

Gli faccio il verso. «E pure petulante, sai?»

Mi ignora e continua a sbirciare tra i cd presenti, scrollando di tanto in tanto la testa quando qualcosa non incontra affatto il suo gusto. «Senti, non lo so che cosa voglio ascoltare... non sono molto dell'umore. Scegli tu.»

«The sound of silence?» propongo con prontezza, così come il progetto per la serata avrebbe richiesto: noi due, chiusi in macchina in un parcheggio, a ricordare i vecchi tempi. «Ho il greatest hits degli anni '60-'70.»

Ma lui rifiuta subito. «Quella, no. Dopo che me ne sono andato di casa, la ascoltavo di continuo, soprattutto quando stavo fuori per controllarti senza che tu mi vedessi. Non la voglio sentire ora.»

Non mi guarda nemmeno; Harry fissa insistentemente il fusto del lampione davanti all'auto come se non gli interessasse in alcun modo della mia presenza accanto a lui. Mi chiedo quando finirà tutta questa situazione, quando smetterò di pagare per i miei errori. Mi chiedo se il dolore che provo a immaginarlo chiuso in macchina, fuori dalla nostra casa, che nonostante tutto cerca ancora di salvarmi dopo tutto la sofferenza che gli avevo provocato con i miei gesti... questo maledettissimo dolore non potrebbe essere sufficiente per espiare le mie colpe?

C'è di nuovo silenzio in questo angusto spazio metallico che, nonostante le esigue dimensioni, la distanza che Harry ha messo tra di noi sta trasformando in un enorme bolla di vuoto. Copro meglio con la manica del vestito le cicatrici che ancora sono troppo visibili sulla pelle dell'avambraccio; me ne vergogno ogni giorno di più.

Sfoglio ancora le pagine del porta cd, ancora ci provo a salvare la serata e a farla finire come avevo programmato io, e quando trovo il cd adeguato, alla fine tento il tutto e per tutto. Se anche questa musica non gli farà alcun effetto, credo proprio che il mio cuore deciderà di dare forfait per un bel po' di tempo.

Inserisco nello stereo il cd con la collezione di tutte le mie colonne sonore preferite e lascio partire la prima. La più bella. La mia preferita.

La mano di Harry è ancorata al volante e quando riconosce il pianoforte protagonista della colonna sonora di American Beauty, noto le sue nocche schiarirsi per la stretta in aumento. Lo sento sospirare, ma non commenta nulla.

«Harry?»

«Mmm?»

«Te la ricordi? L'avevamo ascoltata quella sera quando eravamo usciti proprio da questo locale...»

Annuisce soltanto, ma non mi guarda. Il suo sguardo vaga nel parcheggio buio che ci circonda, la fronte aggrottata e le labbra premute tra loro con forza. «Io ti... ti amo, Harry.»

Ancora non mi guarda. «Anche io.»

Ma quelle parole sono fredde, mi fanno male come spine di ghiaccio conficcate nel cuore. «Guardami, ti prego.»

Non lo fa e sono costretta a spingermi verso di lui per fargli voltare la testa con una mano premuta sulla sua guancia. Sono i suoi occhi lucidi che ritrovo inaspettatamente. Resto così sorpresa come non credevo potesse accadermi. «Che succede, Harry?»

Torna bruscamente a guardare dalla parte opposta con una mano a coprirgli il viso. Sta piangendo e non vuole mostrarmelo, così mi spingo allora verso di lui e finisco per sedermi sulle sue gambe. «Harry... che ti succede? Che cosa ho fatto questa volta? Cosa ho sbagliato?»

Si ostina a nascondere i suoi occhi, così fatico non poco a togliere quella maledettissima mano dalla sua faccia. Sta piangendo sempre di più; il suo respiro è addirittura spezzato e una grossa lacrima finisce per cadere in picchiata sulla mia gamba.

«Non hai fatto niente...»

Gli prendo il viso tra le mani, ma gli occhi rossi che incontro fanno inumidire anche i miei. «Parlami Harry; non tenerti tutto dentro.»

I muscoli del viso sono contratti nel dolore; prova a tenere le labbra serrate, ma alla fine riesco a convincerlo a parlare. «Io ero... io ero così felice, Sally. A Natale pensavo solo al matrimonio, alla nostra casa, al fottutissimo mutuo per aggiustarla... pensavo al lavoro e... ero così felice per il bambino.»

Immobile e scioccata, resto ad ascoltarlo in completo silenzio, la bocca riarsa per le parole inaspettatamente svanite.

«Ho cercato di essere forte, volevo esserlo per entrambi perché... perché è così che si comporta un uomo. Ma quando abbiamo perso il bambino, mi è crollato il mondo addosso.

Ero così contento prima: avevo persino comprato una maglietta dei Lakers minuscola da potergli regalare. Volevo fartela vedere, ma...» la vergogna, che palesa mentre i singhiozzi si fanno più insistenti e lui cerca di nascondersi da me, forse è la parte peggiore di tutto il resto: ancor più delle lacrime.

Un'altra parte del mio mondo crolla distrutta in questo preciso istante; cade inesorabilmente giù nel vedere l'uomo alla quale affiderei la mia vita, la roccia alla quale sempre mi sono aggrappata, la colonna portante della mia sicurezza, il mio piccolo Nord personale verso il quale convergere sempre... debole, a terra, solo. Non posso fare altro che stringerlo forte, un poco piangendo alla fine insieme a lui... nella speranza di non essere più soli.

«Mi dispiace così tanto, Harry. Non avevo idea che anche tu stessi così male.»

Tiene la testa nascosta contro di me e, quando torna a parlare non senza difficoltà, sento il suo respiro caldo penetrare attraverso la stoffa dell'abito, poco sopra al mio seno. «Tu eri così fragile in quei momenti. Non ti ho detto nulla perché non volevo farti stare ancora più male. Ho cercato di tenere duro più che potevo ma, dopo aver perso il bambino, ti avevo vista andare sempre più giù a picco; avevo il terrore di perdere anche te.»

Mi stringe forte Harry, così io cerco ora di essere più forte solo per lui, di dargli l'affetto di cui necessita ora che si sta sfogando di tutto quello che abbiamo passato, del dolore che si è sempre tenuto dentro a causa mia.

«Mia madre era così felice; lo erano anche papà e mia sorella, e anche io ero contento. Mi ero illuso così tanto; ci avevo creduto davvero, e poi...»

«Harry, possiamo riprovarci.»

«E se succede di nuovo?» Alza di scatto la testa ora che riesce a controllare il respiro. «E se tu torni esattamente come prima? Non ce la farei a ricominciare tutto un'altra volta.»

Lo guardo negli occhi; ormai il senso di colpa per tutti i miei errori è così grande che non so più come gestirlo: pare aver occupato ogni misero anfratto del mio corpo. Nel suo sguardo umido e annientato, io rivedo tutto ciò che gli ho inflitto, tutto il dolore che avevo ignorato in lui, pensando solo a me stessa. «Non ti fidi più di me, vero?»

«Non lo so... non lo so più.»

Potrei quasi sentire il rumore che il mio cuore emana mentre si spezza a metà; quello che sento, invece, è solo dolore al centro del petto, ma in un punto che non riesco a individuare con precisione. Forse è meglio così, perché se quel punto preciso io riuscissi a individuarlo, allora non aspetterei un attimo per estirparmelo via e non sentire più male. «Mi dispiace... credevo che avessimo fatto un passo avanti, ma», non riesco a continuare e mi muovo per tornare al mio sedile.

Le sue mani, però, me lo impediscono. «Dove stai andando?»

«Ho capito quello che mi stai dicendo.»

«E cosa ti starei dicendo?»

«Non ti fidi più di me. Non vuoi più riprovarci e mi... mi vuoi lasciare», tolgo un'ultima lacrima con gesto nervoso, arrabbiata solamente con me stessa.

«Sei veramente stupida forte, eh.»

«Smettila, ti prego.»

Mi abbraccia quando mi trova in lacrime, anche se io questa volta non riesco più a fare un movimento per stringerlo di rimando. «Mi hai fatto male, Sally... ma anche io ne ho fatto a te.»

Cerco di muovere piano la testa per cercare i suoi occhi. «Tu ti fidi di me dopo quello che ti ho fatto?» domanda.

Tiro su con il naso. «Sì, tu non hai colpe.»

«E invece ne ho», afferma con sicurezza. «Non avrei dovuto lasciarti sola in un momento del genere. È come se... se ci fossimo lasciati a vicenda. Abbiamo sbagliato entrambi.»

Resto in silenzio, il viso nascosto di nuovo contro il suo petto.

«Amore mio... io non so che cosa fare. Sono confuso», sussurra al mio orecchio.

Mi rannicchio contro di lui per lasciarmi abbracciare. Harry mi accarezza la testa, la schiena, le braccia, l'anima, e tutto ora pare un poco diverso. È tornata la mia isola felice. Insieme a lui, si è ravvivata la sensazione di luce, la luminosità che sembra farmi sperare che, prima o poi, le cose si aggiusteranno. Forse non sarà questa sera, forse i miei piani non troveranno compimento, ma probabilmente è anche giusto così. Nonostante Sam mi sia stato vicino - e nemmeno lui sa quanto mi abbia fatto bene, quanto gli sarò per sempre grata per tutto -, è adesso che sento di poter guardare di nuovo avanti, a lungo termine.

È adesso che sento di poter avere ancora un futuro felice.

Prendo delicatamente la sua mano destra e la porto sulla mia guancia, calda e protettiva, e mi sollevo di nuovo per guardarlo negli occhi. «Abbiamo avuto un intoppo. Credevo che i veri problemi sarebbero arrivati più avanti con il tempo, e invece no. Però... io ho sperato che potessimo aggiustarli insieme.»

Sta per parlare, ma io lo interrompo prima. «Lo so che ti ho deluso, ti ho ferito e ho capito che ora non ti fidi più di me. In fondo, non ti biasimo: nemmeno io mi fido di me stessa.»

«In un rapporto ci vuole fiducia.»

«Lo so, ma la fiducia non si regala. Si deve costruire. Lo so che ho rotto qualcosa, ma sto cercando di rimediare nei pochi modi che conosco. Io ti giuro che cercherò con tutte le mie forze di guadagnarmi di nuovo la tua fiducia. Se faccio qualche sbaglio, se ti lascio da parte, se faccio qualsiasi cosa che possa farti soffrire, allora dimmelo e io cambierò.»

Cerco di mantenere i miei occhi nei suoi per far acquisire più sicurezza alle mie parole. «Non posso prometterti che saremo sempre felici e che non ci saranno nuovi problemi, ma posso giurarti che io ti starò vicino e che... che potrai contare sempre su di me. Non ti lascerò più solo.»

Guarda il mio viso, la sua mano ancora sulla mia guancia, ed è quella mano che mi fa avvicinare a lui con un singolo e fluente movimento delicato, naturale, ovvia conseguenza ma comunque sorprendente. Harry è titubante all'inizio e le sue labbra morbide quasi sembrano estranee sulle mie: sia nella consistenza, sia nei movimenti. Ma quella sensazione svanisce presto mentre riesco a posizionarmi meglio sopra di lui e tra le sue braccia, quasi come due fluidi che, liberati delle costrizioni, trovano immediatamente il modo per riadattarsi l'un l'altro.

Ci baciamo a lungo, così come non facevamo da tanto tempo: solo per restare vicini, solo per ritrovare la nostra familiarità in parte perduta. Harry non mi sfiora quasi se non con il viso e le sue labbra, o cerca le mie mani per intrecciarle alle sue: io non chiedo nulla di più, e lui nemmeno.

In cuor mio, credo proprio che questo valga molto di più delle mie parole per sancire la mia promessa.

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Spazio Dory:

Capitolo credo pesantuccio a livello emotivo... ma ci stava. È difficile trovare uomini che riescono a liberare il pianto con serenità, senza sentirsi in colpa o provare vergogna. Se ci pensiamo, noi donne dobbiamo combattere quotidianamente contro gli stereotipi di genere e tutta una valanga di pregiudizi nei nostri confronti... ma abbiamo mai pensato a quanto anche gli uomini si sentano bloccati? Quanto vengono giudicati quando si mostrano più sensibili, quando piangono?

Se la società sembra imporci di essere tutte deboli e sottomesse agli uomini, allo stesso modo obbliga gli uomini a fingersi sempre forti, duri come rocce e freddi come il ghiaccio... ma per fortuna non tutti gli uomini sono così... e Harry in questa storia è una patata bollita dolcissima *.*

Fatemi sapere che cosa ne pensate... e nel frattempo, vi aspetto numerosissimi su SECRETLY

A presto!

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