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2.24 Ti chiamo stasera, promesso

Sam

«Che roba è?» domando nel veder arrivare, insieme al mio sandwich carico di tonno, un'enorme ciotola piena di insalata e cubetti bianchi che somigliano in maniera inquietante al formaggio, ma che a una prima occhiata mi risultano del tutto sconosciuti.

Julie prende il tovagliolo e lo posiziona sulle sue gambe con grazia. Lo faccio anche io. Prende la bottiglia di acqua e la versa nel bicchiere, e lo faccio anche io... imito tutti i suoi movimenti a specchio fino a quando non alza lo sguardo verso di me con aria irritata. «La vuoi piantare?»

«La vuoi piantare?» le faccio eco. I suoi occhi compiono una parabola in aria e inizia a mangiare la sua insalata senza più dire nulla.

Divertito dalla sua reazione, addento il mio panino senza toglierle gli occhi di dosso. «Allova, cof'è quella roba?»

Continua a farmi ridere il suo modo di fingersi sostenuta, di fare l'altezzosa, come se essere a pranzo con me le fosse del tutto indifferente. «Questa è un'insalata con tofu e semi di girasole. Se sai calibrare bene gli alimenti in un pasto completo, anche le diete vegetariane e vegane possono essere equilibrate.»

Mangio quando mangia lei, bevo quando beve lei... «Cosa sarebbe il tofu?»

«Il tofu è un derivato della soia. Fornisce una parte delle proteine che altrimenti verrebbero a mancare in una dieta senza carne, uova e latticini.»

Alzo le sopracciglia con aria confusa. «Tu non mangi nemmeno le uova e il latte?»

«Solo ogni tanto. Cerco di non esagerare e relegarli a una volta a settimana.»

Mi guarda studiare da vicino quel triste cubetto bianco immerso nella selva dell'insalata, così lo impala nella forchetta e me lo porge. «Vuoi assaggiare?»

Annuisco con aria titubante e lo prendo dalla sua forchetta. Mentre provo a masticare quella poltiglia insapore, lei si mette a ridere delle mie espressioni buffe. «Sembri una mucca che rumina.»

«Tu ti nutri con questa roba?»

«Il tofu è molto buono, devi solo abituarti al suo sapore», replica con aria da saputella.

«Facile: non ne ha», ribatto immediatamente, decidendo infine di prendere coraggio e ingoiarlo con un sorso di acqua, invece che sputarlo nel tovagliolo. Non credo che farei una gran figura in quel caso.

«A me piace tanto. Anche il seitan è molto buono, se lo sai cucinare.»

Riprendo a imitarla e, al nuovo sorso di acqua, eccola che se ne accorge. «Ti hanno mai detto che sei parecchio stupido?»

Le sorrido da sopra il bicchiere. «In continuazione.»

Il ristorante è parecchio affollato di studenti. Si parla di esami e di professori, di immatricolazioni e feste di laurea imminenti, e io ormai mi sento tagliato fuori dal mondo. «Insomma, mi stavi dicendo che mangi erba e robe strane derivate da altrettante robe strane. Come mai non mangi la carne? Lo fai per gli animali o per qualche altro motivo?»

«Principalmente lo faccio per gli animali. E poi, è anche una questione di salute.»

«E come mai non mangi le uova? O il formaggio? Non uccidono mica gli animali per farli.»

Dal sospiro esasperato che esce dalle sue labbra, sembra essere un discorso che ha già affrontato parecchie volte. «Non direttamente, ma fa tutto parte dello sfruttamento intensivo degli animali. Le mucche, per continuare a produrre latte, devono essere periodicamente ingravidate; poi, però, quel latte non viene riservato al vitello, che invece dovrebbe averne il diritto mentre il più delle volte viene tenuto lontano dalla sua mamma. Per di più, quando il vitello raggiunge l'età adeguata, allora viene macellato. Per le uova il discorso è diverso: certo, le uova non sono fecondate, quindi in teoria dovrebbe andare bene, no?»

«Infatti.»

«E invece, no», replica, soddisfatta di avermi colto impreparato. «Perché, quando invece bisogna sostituire la gallina che inizia a invecchiare dopo aver passato una vita a sfornare uova come una macchina a ciclo continuo, allora si prendono le uova fecondate. Tra queste, solo le femmine sopravvivono per diventare nuove produttrici di uova.»

«E i pulcini maschi?»

«Non servono. Vengono eliminati.

E poi, non hai idea delle barbarie che mettono in atto per fare il foie gras... Dio mio, è sconvolgente.»

Mando giù il blocco del mio sandiwch e mi ritrovo a guardarlo con aria afflitta. «Prima di raccontarmi quali strane cose fanno con il tonno, posso almeno finire il mio panino?»

Riprende a mangiare con gli angoli della bocca rivolti all'insù. «Con il tonno non fanno nulla, a parte una pesca così intensiva da mettere in forse il futuro dell'intero ecosistema marino. Senza contare tutto il pesce portato nei supermercati e che viene giornalmente buttato via perché resta invenduto; un'enorme percentuale di ciò che viene esposto alla fine non arriva nemmeno sulle tavole.»

«E così, tu segui la tua dieta per tutti questi motivi?»

Annuisce, ricordandosi di riportare gli occhiali al loro posto, temporaneamente scivolati sulla punta del naso. «Esatto...»

«E pensi che in quel tofu che tu mangi non ci sia lo sfruttamento di una qualche anima in giro per il mondo?» la sfido.

Non sembra toccata dalla mia domanda; anche per questa sembra essere preparata. «Giusta osservazione. Lo sfruttamento purtroppo è ovunque... io cerco di scegliere il meno peggio in maniera consapevole. Cerco di trovare un equilibrio... se il giorno della festa del Ringraziamento non mangiassi una fetta del tacchino ripieno della mamma... credo che i miei genitori potrebbero diseredarmi.»

«Quindi, ogni tanto mangi anche tu la carne?»

«Qualche volta, ma solo in occasioni di emergenza», confessa abbassando lo sguardo. «Non dovrei, ma lo faccio solo per la mamma così non si offende.»

«Ok, quindi stasera, quando verrai a cena fuori con me, mi dovrò ricordare di non portarti nel ristorante BBQ dove cucinano solo carne alla griglia», la sfido con un occhiolino acuto.

Alla parola cena, eccola che prende subito a tossire, così le allungo il bicchiere di acqua nella speranza che non soffochi qui davanti a me. «Io non vengo a cena con te.»

Sto per aprire bocca, ma mi anticipa. «E non ricominciare con quella stupida filastrocca, altrimenti me ne vado.»

«E tu allora accetta di uscire con me.»

Termina l'ultima forchettata di insalata e si pulisce la bocca con il tovagliolo. Il suo sguardo non sale verso i miei occhi. «L'ho già fatto. Sono venuta a pranzo con te e mi sembra abbastanza.»

«A me non sembra proprio», replico insoddisfatto.

«Ti ho detto che sono fidanzata.»

Mi avvicino rumorosamente con la sedia e la vedo raddrizzare la schiena sulla difensiva quando si ritrova così vicina a me. «Oh, ma dai. Vuoi venirmi a dire che quello sfigato di Richard è meglio di me?»

Prende a boccheggiare quando mi vede a pochi centimetri da lei. «Si chiama Robert, e lui è un bravissimo ragazzo, mentre tu sei... tu sei...»

La prendo per il mento e la tengo ferma a pochi centimetri dalla mia bocca. Non servirebbe nemmeno, visto che lei non si muove. «Cosa? Bello? Incredibilmente affascinante? Irresistibile?»

Toglie la mia mano con un gesto secco e volta il viso dall'altra parte del tavolo. «Sei presuntuoso.»

«Avevi detto che ero onesto, una volta, non presuntuoso.»

Resto parecchio sorpreso quando si alza di scatto dalla sedia. Dal modo in cui tiene le labbra serrate sembra davvero arrabbiata. «No, oggi sei solamente presuntuoso e vanaglorioso. Pensi che invitandomi a pranzo una volta e portandomi i tuoi stupidi fiori, io cascherò ai tuoi piedi come tutte le tue ex ragazze. Non trattarmi da ingenua: so che fai così con tutte quelle che incontri. Stefan mi aveva avvertito.»

Afferra la borsa ed esce dal locale, e io mi ricordo appena in tempo di lasciare i soldi del conto e la mancia sul tavolo. Non ha nemmeno preso i fiori.

«Julie, aspetta!»

Mi piazzo davanti a lei sul marciapiede, ma mi evita aggirandomi e riprende a camminare verso la biblioteca, così mi devo accontentare di inseguirla. «Ok, me la stai facendo pagare per come mi sono comportato. Mi va bene, me lo merito perché sono stato un cretino a uscire con te e a non averti mai più richiamato dopo.»

Lei continua a camminare determinata e non mi guarda, così mi metto di nuovo davanti a lei e prendo a camminare all'indietro, ancora il mazzo di fiori in mano davanti al suo viso; lei, però, non sembra più volerlo accettare.

«Dai, Julie... stavo solo scherzando un po'», addolcisco il tono nella speranza che si calmi.

«E a me non piacciono gli scherzi.»

«Ah già, ti piacciono i ragazzi occhialuti come George. Ti piacciono quelli che stanno con te a leggere un libro davanti al camino? Quelli che ti fanno vedere i documentari su Plutone o su qualche fottutissimo felino africano che si toglie le pulci?»

Alza il mento al cielo, ostinata a guardare qualsiasi cosa che non sia io. «Sì, mi piacciono le persone interessanti e che hanno un cervello. E comunque, LUI SI CHIAMA ROBERT!»

«Io ho un cervello» ribatto infastidito, ancora camminando all'indietro.

«Oh, ne dubito.»

«Tu mi giudichi senza nemmeno conoscermi. Dammi almeno una possibilità.»

Sbuffa e sta rallentando senza motivo. «Senti io... attento!»

Mi ritrovo a terra senza ben capire che cosa sia successo. Mentre porto una mano sul fianco dolente, sento un insulto diretto verso di me. «Idiota, guarda dove cammini!»

Metto a fuoco la figura di un ciclista che, caduto a terra dopo lo scontro con me, sale di nuovo in sella e riprende a pedalare. Ero finito sulla strada e non me ne ero accorto.

Julie si affretta a tirarmi via da terra prima che il semaforo dalla parte opposta diventi verde e le auto mi prendano in pieno. «Sam, come ti senti?»

«Dolorante», ammetto massaggiandomi il fianco, anche se credo di essermi fatto male anche al ginocchio.

«Sicuro? Ti ho visto battere la testa a terra.»

Tenendomi in equilibrio con una mano arpionata al palo del semaforo, la guardo aprendo alternativamente gli occhi; sembra sinceramente preoccupata. Colgo così la palla al balzo. «In effetti, dovresti controllare che io non abbia una commozione cerebrale.»

Mi avvicino già con le labbra in posizione, ma lei ovviamente si fa più indietro posandomi una mano sul petto. Sorride mentre riporta un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. «Sei incredibile. Ci provi pure quando sei stato a un centimetro dalla morte.»

«Se io sono presuntuoso, tu sei catastrofica. Mi ha preso una bici, non un tir con il rimorchio.»

Sento qualcosa di caldo sul ginocchio, credo che sia sangue... e immagino anche che mi rovinerà i pantaloni del completo color sabbia che ho deciso di indossare stamattina prima di girovagare a vuoto per portare i curriculum. «Ti senti bene?» domanda mentre il suo sguardo mi scruta con fare sospetto. «Vuoi sederti un attimo su quella panchina?»

«No sto bene, devo solo fare una cosa e poi sono sicuro che mi passerà tutto.»

«Che cosa ti serve? Un po' d'acqua?» la sua ingenuità mi diverte e mi intenerisce.

È così vicina e il fatto che non ci sia ancora arrivata da sola mi fa sorridere. Le prendo il mento tra indice e pollice e la avvicino. «No, questo...»

Questa volta, l'attacco è più delicato rispetto a quando eravamo in biblioteca; le accarezzo le labbra con le mie una volta con gentilezza, poi un'altra volta, e poi un'altra volta ancora. E nonostante la sua rigidità iniziale dettata dalla sorpresa, pian piano la sento sciogliersi contro di me quando la stringo, un braccio intorno alla sua vita e una mano sul suo viso. Solo all'inizio quella consistenza mi sembra estranea, solo per un istante ricordo qualcosa di diverso che forse mi manca.... Ma subito passa in secondo piano quando annullo ogni distanza tra i nostri corpi e la sento sospirare. Le è caduto qualcosa, forse la borsetta, ma non mi importa fintanto che sento le sue esili mani afferrarmi per il colletto della camicia per non lasciarmi allontanare. Siamo in una strada colma di persone, giusto all'orario della pausa pranzo e accanto a un attraversamento pedonale, e non passa molto tempo che un gruppo di ragazzi quasi ci finiscono addosso, rovinando completamente il momento.

«Io... io devo tornare a lavoro», balbetta mentre cerca di fare un passo indietro, ma io la trattengo ancora per i polsi. Le do un ultimo bacio, più veloce e rapido. «Esci con me?»

«Non lo so... ci devo pensare. E comunque di sicuro non stasera, non posso.»

Fatico a parlare, mi manca il fiato per averla così vicina. So però che devo controllarmi, ho capito che non devo spingere troppo sull'acceleratore con lei. «Posso venire a trovarti a lavoro?»

Deglutisce vistosamente. «Quando?»

Mi fingo pensieroso e la bacio ancora una volta. «Mm... tipo, tutti i giorni va bene?»

Si lascia baciare a occhi aperti, la prima volta e poi ancora la seconda. Eppure, sembra pensierosa. «Non vuoi per colpa di Carl?»

«Smettila di cambiargli nome», sorride mentre mi ammonisce. «Si chiama Robert.»

«Quello che è...»

Sembra titubante sul da farsi, poi alla fine mi guarda e prende il coraggio per dire: «Lui non... lui non è il mio ragazzo.»

Il cambio repentino della mia espressione la fa sorridere. «Ah, no?»

«Stai ridendo come il Grinch, sai?»

«Allora il Grinch vuole sapere perché non vuoi uscire con lui, visto che Christopher non è il tuo fidanzato.»

Non riesce a fare a meno di alzare gli occhi al cielo. «Perché... perché mi devo difendere dai ragazzi come te», ammette infine, non senza fatica.

«Da quelli presuntuosi?»

Afferra la borsa che le era caduta accanto ai piedi e i fiori e mi guarda da sotto in su. «Anche.»

«E che ragazzo sarei?»

La tracolla della borsa sembra essere temporaneamente presa in ostaggio dalle sue dita. «Uno di quelli che spezza il cuore alle ragazze. Mi hanno già spezzato il cuore in passato e non voglio passarci di nuovo.»

Resto colpito dalle sue parole, dalla franchezza che non credevo mi dimostrasse. Se ho sempre apprezzato una qualità nelle persone, questa è di certo la sincerità. E devo ammettere che essere dipinto nel modo in cui tutti mi hanno sempre chiamato, quel modo al quale dovrei essere ormai abituato da tempo, ora non mi piace più; non se vedo la sua espressione mutare in questo modo, come fosse rassegnata all'idea di avermi già inquadrato prima ancora di conoscermi.

Stringo allora le labbra tra loro e mi avvicino di un passo. Le accarezzo soltanto il viso e nulla di più. «Io non sono più così, Julie. Forse lo ero tempo fa, ma questo era prima che anche il mio cuore si spezzasse. Vorrei che tu potessi conoscere anche... il ragazzo che sono davvero.»

La bacio sulla guancia e tento di ricompormi prima di lasciarla davanti alla biblioteca. Non le chiedo nulla di più perché non voglio insistere oltre. «Ti chiamo stasera, promesso.»

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Spazio Dory:

oggi niente Enrico VIII, o Julie sarebbe impazzita ehehe

A presto e non dimenticate di lasciare una stellina! ;-)

Vi aspetto su INSTAGRAM (maiaiam88) e su.....

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