2.2 Cosa ci fai qui?
Ma devo subito ricredermi. Nonostante gli occhiali da vista, i capelli raccolti in una coda approssimativa, le spalle un poco curve e la figura dall'aspetto intimidito, individuo immediatamente la bionda che cammina poco distante. Riconosco subito, però, che non è lei, che è troppo alta per essere Sally... e quando mi rendo conto della realtà, allora sposto lo sguardo deluso dalla parte opposta.
Un rumore secco e un fruscio di carta svolazzante attirano la mia attenzione, così torno a guardare il marciapiede e trovo la ragazza di prima a terra, i libri e i fogli che teneva tra le mani ora sparsi per il marciapiede, senza che nessuno si avvicini per aiutarla.
Arrivo in fretta e l'aiuto a mettersi in ginocchio, ma lei resta con lo sguardo basso a riordinare tutti i fogli, in apprensione di vederli volare via. Le raccolgo gli occhiali scivolati poco più in là e glieli porgo.
«Tutto bene?» mi assicuro.
La sento borbottare qualcosa tra sé, probabilmente arrabbiata per tutti i suoi libri messi in disordine.
«Quel cretino mi ha dato una spallata e sono caduta e...», ma le sue parole si perdono quando alza finalmente lo sguardo contornato dagli occhiali e mi ritrova parecchi centimetri sopra di lei.
Alzo un sopracciglio e la fisso, in attesa di un continuo che mai arriverà. Beh, per lo meno faccio sempre lo stesso effetto alle ragazze, visto che dire che arrossisce è ben poca cosa.
Le porgo una mano. «Dolcezza, tirati su.»
Una volta in piedi, ecco che cerca di rimettersi in sesto come meglio può: aggiusta i pantaloni un po' larghi, riordina la camicetta con i fiori e riporta a posto gli occhiali esageratamente grandi che le sono scivolati sul naso. Insomma, una sorta di nerd formato femmina. Resto a fissarla per tutti gli istanti che impiega a riordinare i libri che tiene protetti dalle sue braccia e che, evidentemente, non potevano essere contenuti nello zaino che porta in spalla, anch'esso colmo a giudicare dal volume. Non sembra grassa o racchia, e dietro quegli enormi occhiali credo ci sia anche un viso quantomeno decente, anche se il riflesso mi impedisce di vedere il colore degli occhi con chiarezza... ma continuo a non capire perché si vesta come mia madre.
Sto già per lasciarla con un ciao, pronto per entrare nel locale e far passare a forza questo lungo pomeriggio in vista della cena che trascorrerò da solo come mio solito, quando ecco che vedo Lewis e Stefan uscire dalla porta a vetri e dirigersi verso di noi.
Ed è Stefan che saluta per primo, anche se non saluta di certo me.
«Julie! Sei in ritardo», esclama arrivando dalla ragazza-libro con le braccia spalancate.
Julie, molto giovane, sui ventuno anni circa, saluta Stefan con un cenno timido della mano, cosa che lo fa fermare nella sua avanzata. Quando Stefan si accorge della mia presenza, ecco che si rivolge finalmente a me. «Sam, tu e mia sorella vi conoscevate già?»
«Tua sorella?» domando inarcando un sopracciglio.
«Sì, oggi sarebbe dovuta venire a prendere qualcosa da bere al Lounge con noi. Lewis non te l'ha detto?»
Il Lewis in questione si schiarisce nervosamente la voce, evitando il mio sguardo. Sbircio di sfuggita la ragazza, che mi stava evidentemente fissando anche se distoglie subito lo sguardo nella speranza che io non me ne sia accorto, e torno a fissare il fratello. «No, non me lo ha detto. E comunque ci siamo appena conosciuti».
Il ragazzo alza le spalle e ci sorride con gran divertimento. «Oh, non fa niente. Ora entriamo e beviamo qualcosa».
E così dicendo li seguo dentro al locale fino al nostro tavolo; e in tutto questo camminare, sedersi, riprendere a parlare di futilità, la ragazza dei libri non fa altro che fissarmi di nascosto, e la cosa sta iniziando a irritarmi. Non è il mio tipo, è troppo timida e impacciata per cogliere la mia attenzione, è troppo silenziosa e... e non è Sally. Se devo portarmi a letto delle ragazze per divertirmi un po' e provare per qualche momento a non pensare, allora di certo non vado a scegliere una verginella: ci metterei troppo a convincerla e potrebbe sempre dirmi di no all'ultimo; e non c'è cosa peggiore per un ragazzo.
Uomo.
Non c'è cosa peggiore per un uomo. Fanculo pure alla sindrome di Peter Pan.
«Allora, Julie, che corso frequenti all'università?» domanda Lewis.
«Letteratura inglese», risponde lei con un volume della voce che fatico a sentire in mezzo al chiacchiericcio generale.
«Tipico», mormoro tra me e me.
Stefan mi chiede di ripetere, ma fingo di non aver detto nulla in mezzo a un colpo di tosse simulato.
Quando gli altri non se ne accorgono, faccio roteare gli occhi al cielo alla banalità fatta a donna: timida, impacciata, si veste male e ama i romanzi inglesi dell'Ottocento.
«E tu, Sam; cos'hai studiato all'università?» prosegue Stefan, che sa bene che cosa ho studiato ma cerca in tutti i modi di farmi conversare.
Se ne stanno seduti vicini l'un l'altro, niente abbracci o eccessive smancerie, solo le mani intrecciate e appoggiate sotto al tavolo dove nessuno può vederli. Beh, anche loro devono ancora abbattere parecchi muri...
«Economia», rispondo in tono piatto e prendendo un nuovo sorso del mio Cuba Libre, ormai diretto alla sua fine.
«E ti piace?» la voce flebile arriva di nuovo fino a me con fatica.
«No, non mi è mai piaciuta. Volevo prendere una laurea qualsiasi e poi trovarmi un lavoro, non me ne è mai fregato un cazzo di cosa studiassi.»
Lewis si schiarisce la voce e mi lancia un'occhiataccia dall'altro lato del tavolo, ma io lo ignoro e lascio che siano loro a proseguire i discorsi, a fare domande su domande alle quali io rispondo per monosillabi, mentre Julie per sussurri. Stare su questa sedia è un'agonia che sono costretto a dovermi sorbire ancora per un'ora, quando finalmente la ragazza se ne deve andare per tornare al suo appartamento e dedicarsi alle sue grandi passioni: studiare e indossare abiti orrendi.
I messaggi che Lewis mi sta inviando con lo sguardo sono palesi, ma io fingo di non accorgermene e non chiedo il numero di telefono alla ragazza; la mia è una palese ripicca perché non è la prima volta che quei due si comportano così: mi presentano ragazze su ragazze, come se fossi un disperato alla ricerca dell'anima gemella. Ma io ho ventisette anni, non sono avviato alla pensione e non me ne frega un cazzo di trovarmi una donna per la vita: io sto bene da solo. Sally è sempre stata l'unica eccezione in tutto questo, ma la mia regola è di tutt'altro avviso.
«Ti serve un passaggio, Julie?» domanda gentile Lewis una volta fuori del locale.
«No, abito qui dietro. Grazie... ciao, ragazzi.»
La bionda mi lancia un'ultima occhiata che sembra colma di delusione e dispiacere, mostra un mezzo sorriso che le colora le guance rotonde e piene, ed è in questo momento, solo in questo brevissimo istante, che mi sembra di notare qualcosa di più in lei... o forse dentro di me.
Ma è solo un attimo e, una volta saliti in macchina, ne ho già perso memoria.
«Siete due stronzi», esordisco una volta che Lewis si è immesso in strada.
«Cosa abbiamo fatto?» chiede occhi dolci con aria innocente.
«Non voglio una cazzo di ragazza, dovete piantarla di presentarmele ogni volta che usciamo.»
«Ma lei non è una ragazza comune: è mie sorella», appunta Stefan.
«Ecco, peggio ancora. Non posso nemmeno divertirmi che poi mi appendi le palle alla finestra. Come minimo, se ci esco una volta me la dovrei poi sposare.»
Stefan sogghigna dai sedili posteriori e si rimette comodo. «Sì, in effetti...»
«E poi ho smesso di uscire con le sorelle degli amici», concludo mettendomi a braccia conserte.
E lo sbuffo conseguente di Lewis è ben udibile. «Basta, Sam. Mi hai davvero stancato; hai stancato me e hai stancato tutti noi. Sally sta con Harry, si sposeranno e...», ma si interrompe a metà.
Stefan si schiarisce la voce e io aspetto un proseguo che non arriva. «E... cosa?»
Lewis appoggia entrambe le mani al volante e svolta verso destra. «Dico che si faranno una vita insieme d'ora in poi, quindi fattene una cazzo di ragione. Tempo fa me la sono fatta io, adesso è arrivato il momento anche per te. Non puoi continuare ad andare avanti così.»
Sbuffo irritato e, una volta arrivati al parcheggio davanti al mio appartamento, scendo chiudendo la portiera con veemenza senza nemmeno salutarli.
Vaffanculo a loro due, che mi sbattono continuamente in faccia il loro essere felici, come se al mondo le persone non potessero esserlo senza un fottutissimo compagno accanto.
Vaffanculo alla tipa dei libri, che mi fissava come se non avesse mai visto un ragazzo in vita sua, che ha paura pure della sua stessa ombra e del suo respiro.
Vaffanculo a Sally, la ragazza che ricerco dappertutto, in ogni momento, in ogni luogo... ma continuo a sentirla lontana.
E infine, vaffanculo a me stesso, perché vorrei soltanto tornare spensierato come un tempo, allegro e senza macigni sul petto.
Percorro il corridoio fino alla porta del mio appartamento, ripetendomi questa litania di vaffanculo mentre cerco le chiavi nella tasca dei pantaloni, ma una volta arrivato a destinazione sono costretto a interrompere il mio flusso di pensieri. Resto con le chiavi sguainate in mano, a fissare la porta dell'appartamento socchiusa.
Io chiudo sempre la porta quando esco, e la preoccupazione che adesso cresce in me è quindi d'obbligo. Sbircio dentro l'appartamento aprendo lentamente la porta, ma non vedo nulla a un primo e rapido sguardo; afferro la mazza da baseball che abbiamo sempre tenuto da anni appoggiata accanto all'entrata e faccio un passo cauto all'interno, in punta di piedi. Non sento rumori di alcun tipo all'inizio e l'appartamento porta il solito disordine in cui lo lascio puntualmente; non mi sembra di trovare nulla fuoriposto.
Poi, però, un rumore attira la mia attenzione: l'acqua della doccia sta scorrendo.
Non riesco nemmeno a crearmi nella testa delle ipotesi o minime spiegazioni, ho l'adrenalina che scorre a mille nel sangue e il povero malcapitato che ha avuto la bruttissima idea di venire a rubare nel mio appartamento ha proprio sbagliato persona da far incazzare: ho tanta di quella rabbia accumulata dentro da tempo che, con la mazza stretta con forza nelle mie mani, saprei sfogarmi per bene.
Procedo in silenzio verso la porta del bagno, trovando anch'essa socchiusa; la apro con delicatezza e sbircio attraverso il vetro della doccia, dove riesco a intravedere una figura accucciata. Sto quasi per immaginarmi che si tratti di un animale che è riuscito a introdursi dentro l'appartamento in chissà quale modo ma, quando arrivo davanti alla doccia, la mazza cade dalle mie mani e resto a fissare quella ragazza per qualche lungo istante.
È rannicchiata a terra, le ginocchia strette al petto mentre continua a piangere, l'acqua che le sbatte incessantemente sui capelli biondi e le spalle minute... e io sono scioccato, basito, il sangue sembra essersi fermato nelle vene una volta che ho la certezza di averla riconosciuta.
«Sally? Cosa ci fai qui?»
*********************
Spazio Dory:
Sì, sono molto molto cattiva... ma non disperate. Tenete duro e nei prossimi capitoli capirete ogni cosa!
A presto!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro