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2.11 Vedrò cosa riesco a fare

Canzone per il capitolo:

Helium – Sia ( Cinquanta sfumature di nero O.S.T.)

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«Harry...»

Con la faccia completamente affondata nel cuscino, cerco di aprire almeno un occhio per capire a che cosa sia dovuto tutto questo movimento tra le lenzuola.

Sono ormai due notti che dormo con Sally, visto che è stata lei stessa a pregarmi di non lasciarla sola per evitare che gli incubi ritornino ad assillarla... incubi che purtroppo continuano a tormentarla nonostante la mia presenza. Non so di che natura siano, lei si rifiuta di parlarmene, ma immagino che riguardino lo zio di cui Ian mi aveva parlato.

«Harry...» il tono lamentoso di Sally mi fa risvegliare del tutto, nel panico per quel nome che continua a ripetere come se fosse anche lui qui, in questa stanza. Ma è impossibile.

Il suo viso è appoggiato al cuscino su di un lato, è rannicchiata sotto le coperte con le ginocchia tirate al petto e piange anche nel sonno. Ho dovuto lasciare la luce accesa della lampada sul comodino per lei, perché dice di non riuscire a dormire bene al buio, ma ora che la vedo in questo stato mi chiedo a quanto sia servito. Cerco di svegliarmi del tutto e il più in fretta possibile che la mia scarsa lucidità mi permette, provo a non far caso a quel nome che continua a ribadire, e che a ogni ripetizione mi fa sempre più male perché non è il mio nome, perché lo invoca come fosse la sua unica salvezza... e le poso una mano sulla spalla per svegliarla.

Lei apre subito gli occhi al mio tocco delicato, con un scatto che la fa mettere subito seduta sul letto, protetta dalla coperta che stringe con forza tra le dita. Si guarda rapidamente intorno alla sua ricerca e il pianto che la coglie è immediato, energico, forte, inarrestabile nei singhiozzi che le scuotono il petto. E di nuovo, mentre si copre del tutto il viso per nascondere le lacrime che sono impossibili da non vedere e sentire, ritrovo quel nome farsi strada tra le sue labbra. Mi fa male, ogni volta in cui lo ripete, ogni sillaba che lo compone... mi fa così male che vorrei urlare di rabbia repressa perché in questi giorni in cui mi sono preso cura di lei, dopo aver dormito con lei, mangiato con lei, rimasti ore sul letto a parlarci e basta per tenerla calma, lei ora cerca un altro uomo.

Ma in fondo, non posso considerarla alla stregua di una sconfitta, perché so bene di non contare molto per lei; purtroppo ne sono consapevole, ma la delusione nel sentire che ricerca il sostegno di qualcun altro, e soprattutto da parte di quel qualcuno che le ha fatto del male, è difficile da sopportare perché io continuo a crederci. Nonostante tutto, io mantengo la speranza. Certo, non pretendo che da un giorno all'altro lei dimentichi Harry completamente... vorrei solamente che la parte di me che conta qualcosa per lei potesse farsi ogni giorno sempre più importante.

Trattengo tutto quello che sento al centro del petto, cerco di placare la delusione e concentrarmi su di lei, provando a tenere la speranza come ultima riserva... anche se questa si sta prosciugando giorno dopo giorno. So di non contare nulla di più per Sally che un semplice amico, un sostituto equivalente di suo fratello o di Lewis, impegnati entrambi nel lavoro tutto il giorno... e forse, è solamente per questo motivo che è venuta da me. Per nessun'altra ragione.

È con l'amarezza che la prendo comunque tra le braccia, che le accarezzo la schiena e i capelli nella speranza che riesca a placare i singhiozzi che le scuotono violentemente il torace... se il vecchio me potesse guardarmi in questo preciso istante, abbracciato a una donna che sa a malapena della mia esistenza, mi darebbe del patetico... e come potrei dargli torto?

Ma ormai non posso fare altrimenti, nonostante la delusione, so per certo di non avere altra scelta perché... perché la amo. Forse non nel modo in cui lei ama Harry, forse non così tanto come potrei amarla un giorno se trovassi finalmente i suoi sentimenti ricambiati, ma la forza che ancora mi tiene qui con lei a consolarla, incurante di ogni altra cosa... beh, non so in quale altro modo chiamare questo sentimento che mi lega a lei, perché io non farei questo per nessun altro al mondo. Solamente per Sally.

La lascio calmare tra le mie braccia e mi appoggio alla testiera del letto mentre continuo ad accarezzarla. «Va meglio?»

Annuisce piano e finisce per nascondere il viso contro la mia spalla. Sento le sue labbra ancora umide di lacrime che sostano socchiuse sulla mia pelle per riuscire a respirare regolarmente, e nonostante tutto non posso impedire alla mia pelle di rabbrividire profondamente a quel tocco appena accennato. «Soliti incubi?»

«Non... non proprio. Perdonami se ti ho svegliato...»

«Io mi sveglio sempre a quest'ora, ci sono abituato.»

Alza la testa con aria confusa per saggiare la mia espressione. «Ma non è vero.»

Mentre mi guarda con aria sospettosa, alzo un sopracciglio e mi ritrova ad ammiccare. Sorride. È solo un lieve movimento quello che le sue guance fanno quando si alzano, ma a me basta. «Sei scemo.»

«Se lo dici tu... vuoi raccontarmi del sogno?»

Scrolla la testa. «No, mi fa stare troppo male...»

Era su Harry, ovviamente, e forse non era affatto un incubo. Le mie dita si contraggono appena e sento i denti stridere... ma ancora una volta, mando giù il groppo che si forma in gola e vado avanti. Incasso i colpi uno dopo l'altro e provo a resistere. Non ho altra scelta, dopotutto. «Sally... due giorni fa, ti ricordi quando sono uscito con Julie?»

Annuisce, ma sento la sua schiena irrigidirsi. «Ecco... mi ha chiamato Harry sul telefono prima che rientrassi in casa.»

Si immobilizza completamente, in attesa di quella confessione sulla quale ho riflettuto tante volte se sarebbe stato il caso di fargliela. Ho creduto che tenerglielo nascosto sarebbe stata la scelta migliore, ma è giusto che lei sappia che lui l'ha cercata, e forse questo potrebbe spingerla a raccontarmi qualcosa di più a proposito di ciò che è realmente successo tra loro due. «Ian gli ha riferito che ti ho sentita al telefono e voleva sapere dove fossi, se stessi bene. Sembrava... sembrava molto preoccupato.»

Sally si stringe a me come ha imparato a fare ogni volta in cui stiamo seduti vicini, così accolgo anche le sue gambe quando si accoccola contro di me con le sue ginocchia premute sul mio petto. Così rannicchiata, sembra essere ancora più piccola e minuta, debole e indifesa. Aspetto delle parole che però non arrivano e io sono preso dalla voglia di chiedere, di osare... e alla fine lo faccio, perché non riesco più a restare in questa assurda situazione a metà. «Sally, io lo so che non hai voglia di parlarne, ma ho bisogno di sapere che cosa è successo. Anche lui mi ha detto di averti lasciata, ma io non posso credere che il mio amico abbia potuto fare una cosa del genere. Ho provato a convincermene in questi giorni, ma non riesco proprio a crederci. Deve esserci qualcosa che è successo che non riesco a capire. Tu puoi stare qui quanto ti pare», per me potresti anche stare tutta la vita, «ma devi dirmi qualcosa. Non ci credo che Harry sia cambiato così tanto negli ultimi mesi.»

«Scusami», è il sussurro iniziale quello più difficile, poi le parole sembrano sbloccarsi, anche se escono lente e con difficoltà, «ti ho messo in una situazione orrenda venendo qui e non ti ho nemmeno spiegato tutto... ma non ho molto da raccontare, in fondo, perché la colpa è tutta mia. Harry mi ha lasciata, questo è vero. Ma lo ha fatto a causa mia.»

«Cosa significa?»

Si stringe a me ancora di più. «Avevamo fatto una promessa dopo che abbiamo perso il bambino... io gli avevo fatto una promessa. Ci ho provato tanto a mantenerla, ma...» Le lacrime riprendono a bagnarmi la maglietta e mi sento incredibilmente a disagio, «non ce l'ho fatta. Ho sbagliato, ho tradito la sua fiducia tante volte e lui si è stancato di me. Alla fine, ha capito davvero come sono fatta e mi... mi ha lasciata andare. Io l'ho fatto soffrire e lui ha fatto bene a lasciarmi andare. Non valgo niente...»

«Sally... io non smetterei mai di combattere per te», le sussurro all'orecchio quando ormai si è calmata, il suo respiro che si regolarizza lentamente sotto le mie carezze, «non ti abbandonerei mai. Per niente al mondo.»

Mi abbraccia con più forza, più ancora di quella che abbia mai usato, e ritrovo qualche istante dopo il suo viso vicino al mio. Mi guarda negli occhi, sembra cercare qualcosa, e i suoi sono così stanchi da tutto il peso che si porta addosso che mi si stringe il cuore; e vederla così vicina a me, le mie labbra a un passo dalle sue... resistere è così difficile... «Davvero?» domanda con un filo di voce.

Annuisco, meravigliandomi del fatto che lei possa davvero nutrire dei dubbi sulle mie parole. «Perché sei venuta qui? Perché proprio da me?»

Spero nella sua sincerità mentre attendo la sua risposta, e io non riesco a fare altro che guardare la sua bocca nel frattempo. Perché io non la toccherei mai nemmeno con un dito, perché so che non è quello di cui adesso ha bisogno, perché so di non essere la persona che in realtà vorrebbe in questo momento ad abbracciarla... ma la spinta che sento tirarmi al centro del petto si fa sempre più insistente, e sempre più difficile da controllare.

«Non lo so, Sam... non lo so nemmeno io perché sono venuta qui da te. Perché forse, io e te siamo sempre stati così simili, so che tu puoi capirmi e...» prende un respiro profondo e distoglie appena lo sguardo per riportare il suo viso sulla mia spalla, «perché quando stavo male, sei stata la prima persona alla quale ho pensato.»

Socchiudo gli occhi mentre finiamo per tornare sotto le coperte, i visi posati sui rispettivi cuscini a guardarci negli occhi. Faccio tesoro di quelle parole in silenzio, cerco di non illudermi ma di tenerle dentro di me, pensando a un futuro che forse, un giorno, potrebbe non essere così irreale. Mi sporgo a baciarle una guancia quando si sta per addormentare, noto lo zigomo alzarsi appena in un mezzo sorriso. «Sam?»

«Dimmi.»

«Vorrei... vorrei uscire uno di questi giorni.»

Mi meraviglia la sua proposta. In questi due giorni non è voluta mai uscire e, ogni volta in cui io sono dovuto andare a consegnare nuovi curriculum, per fare la spesa o per qualsiasi altro motivo, lei ha sempre insistito per aspettarmi a casa. «E dove vorresti andare?»

Parla tenendo gli occhi chiusi e la mani nascoste sotto il cuscino. «Non lo so... vorrei dimenticarmi per una sera di tutto quello che è successo... vorrei fingere di essere la Sally spensierata che avevi conosciuto tu.»

«In pratica, vuoi uscire e ubriacarti fino a dimenticarti che fai Scott di cognome?»

Il suo sorriso si accentua. «Lo sai che io non riesco a ubriacarmi. Ho una resistenza all'alcol titanica e che odio con tutta me stessa, perché vorrei tanto poter annullare un po' di dispiaceri nell'alcol come fanno tutti... però sì. Vorrei fingere di stare bene e di non avere pensieri tristi... almeno per una sola sera.»

«Hai qualcosa in mente?»

«Non lo so. Tu eri quello che riusciva a scovare feste sempre e comunque, giusto?»

Un tempo ero così... ma ora? «Certo, dovrei avere ancora qualche contatto dei miei.»

«Potrei farti da spalla in qualche nuova conquista... non so se ci riuscirò, ho paura di stare male... però voglio provarci. Puoi aiutarmi, Sam?»

Chiudo infine gli occhi e ricerco la sua mano sotto il cuscino; e lei la prende subito nella sua, così come ha puntualmente fatto nelle ultime notti. «Vedrò cosa riesco a fare.»

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