Vecchie conoscenze
«Dici che ci siamo?»
«Così pare»
«Ma qui non c'è niente!» protestò Ariana guardandosi attorno.
Dopo due giorni di faticosa salite e scalate, Gellert, Albus e Ariana ce l'avevano finalmente fatta: avevano raggiunto la vetta del monte. Si trovavano proprio nel luogo più alto, dove il vento era gelido e la nebbia fitta.
«C'è un potente incantesimo di protezione, Ariana, sai nel caso in cui qualche Mangiamorte decidesse di venire qui» le rispose Gellert con tono calmo.
«E qualcuno di voi due sa rompere l'incantesimo?» domandò inclinando leggermente il capo.
«Hai in mente qualcosa» fece Grindelwald guardando Albus.
«E' una domanda?» chiese l'altro guardando insistentemente un ceppo di legno poco lontano da lui.
«No, un'affermazione. L'ho capito dal tuo sguardo, socchiudi sempre gli occhi quando rifletti: dunque hai in mente qualcosa» spiegò l'altro.
Albus scosse il capo e accennò un sorriso, poi sospirò e disse: «Ho un'idea»
«Non funzionerà»
Ariana era seduta su un masso, le braccia conserte al petto, lo sguardo corrucciato; osservava il fratello intento a realizzare il suo piano.
«Grazie del sostegno» rispose Silente alla sorella. L'uomo si mise poi di fronte al tronco spalancò le braccia e rivolse i palmi verso l'oggetto, chiudendo gli occhi, si concentrò e mormorò qualche parola in una lingua antica. Non accade nulla, il tronco non si mosse, nessuno passaggio segreto comparve, tutto rimase immutato.
Poi un lieve bagliore iniziò a propagarsi dal tronco, sempre più potente fino a ricoprirlo del tutto, il tronco si trasfigurò e al suo posto vi era una sorta di pozzo.
Gellert inclinò il capo e Ariana chiese: «E ora che si fa?»
I due si avvicinarono al pozzo, Silente guardò in basso e rispose alla sorella: «Si salta di sotto»
«Credevo fosse lui quello pazzo» mormorò la bambina.
Gellert guardò Ariana con un'espressione di disapprovazione, poi alzò gli occhi al cielo e domandò a Silente: «Quindi tu ci hai appena suggerito di buttarci in un pozzo magico apparso da un tronco del quale noi non conosciamo l'uscita, sempre che ce ne sia una?»
Albus gli rifilò un'occhiataccia e Ariana disse: «Quindi voi state per morire e io di nuovo? Non c'è un altro modo? Qualcosa di più sicuro?»
«Purtroppo no, è l'unica entrata, il nostro amico è un uomo furbo» rispose il fratello.
«E chi va per primo?» fece Ariana.
I tre si guardarono negli occhi.
«Lascia che ti dia una mano» fece Gellert.
«Cosa?» domandò Ariana, ma non ebbe il tempo di finire la frase perché l'uomo la spinse giù nel pozzo.
Albus si affacciò e guardò storto Grindelwald, gridando con voce strozzata: «Gellert!»
«Che c'è? So che lo stavi pensando anche tu e poi lei è già morta» si giustificò lui per poi saltare. Silente si guardò attorno, per assicurasi che non ci fosse nessuno e saltò anche lui.
Il Dorset era sempre stato un luogo particolarmente soleggiato nell'Inghilterra meridionale, caratterizzato dalle temperature accettabili e dal clima temperato. Eppure quel giorno di inizio Marzo era particolarmente uggioso, la pioggia cadeva flebile incessantemente, ticchettava contro i tetti delle case e scivolava lungo le grondaie fino a toccare terra.
Continuava a guardare la finestra, gli occhi della donna erano intrappolati nelle gocce d'acqua che scivolavano lungo il vetro, intersecandosi e giocando tra loro. Inclinò il capo per lasciare davanti a sé sfocate le gocce e osservare la quiete della cittadina nella quale abitava da, oramai, molto tempo. Le mancava il suo paese d'origine, l'America, certo, in Inghilterra stava più che bene, ma non era casa.
Si era trasferita diversi anni fa, con suo marito, venuto a mancare quattro anni prima. Il principale motivo del trasferimento era stata la fine della guerra, dell'era di uno dei maghi più malvagi di tutti i tempi. Lei e suo marito avevano combattuto fianco a fianco, quella guerra le aveva portato via molto: la sua casa, la sua giovinezza e sua sorella.
Da poco aveva ripreso i rapporti con il marito di sua sorella, nonché migliore amico del suo di marito, avevano deciso di abbandonare i rapporti appena arrivati in Inghilterra per non destare sospetti, avevano addirittura cambiato nome e, per un po' di tempo, aspetto pur di non farsi riconoscere e avere della meritata pace.
Le sembrava impossibile che quel ventennio di pace potesse interrompersi, seguiva con passione e interesse le vicende del nuovo tiranno, Lord Voldemort, ma non aveva mai sentito veramente la sua presenza. Era meno coinvolta, meno presente, e questo non le dispiaceva per niente, non avrebbe potuto sopportare di combattere ancora, come aveva fatto quando lei e altri valorosi maghi avevano dato del filo da torcere alle armate di Gellert Grindelwald.
Era successo tutto talmente in fretta che solo in quel momento di tranquillità, guardando le gocce di pioggia, riusciva a mettere un po' d'ordine nella sua testa.
Nemmeno un paio di settimane prima stava tranquillamente passeggiando per le vie del centro di Studland, piccola città nel Dorset orientale, con lo sguardo perso fra le vetrine dei negozi, l'odore di pane caldo nell'aria e un debole tepore sulla pelle che la rilassava.
Non si sarebbe mai aspettata di udire un grido, non si sarebbe mai aspettata di sentir pronunciare un incantesimo magico, non si sarebbe mai aspettata di riconoscere quella voce tanto familiare.
Si era voltata in direzione del vicolo, se lo ricordava bene, aveva mollato le borse della spesa in mezzo alla strada e si era diretta a passi veloci verso la stradina, con timore e ansia vi si era affacciata vedendo solo due corpi di agenti babbani a terra, svenuti, ma appena in tempo per intercettare la figura che si stava smaterializzando.
Da dietro non l'aveva riconosciuto subito, anche se il bizzarro modo di vestire avrebbe potuto suggerirglielo, gli era bastato vedere che cosa reggeva in mano l'uomo per capire. Lo aveva guardata, spaventata e felice allo stesso tempo, l'aveva afferrato e si era smaterializzata via con lui. Non sapevo bene il motivo di quel gesto avventato, ma l'istinto l'aveva guidata ed esso l'aveva salvata molte volte, così aveva deciso di dargli ascolto.
La donna si era ritrovata in un appartamento angusto nella periferia dello Studland, si era staccata violentemente dall'uomo, quando erano piombati nel suo salotto, l'aveva fissato per qualche istante e aveva mormorato: «Tu?»
La strega distolse lo sguardo dalle gocce di pioggia.
Poteva ancora ricordare vivide nella sua mente le parole dell'uomo: «Meglio se preparo un the» e così aveva fatto, era un the al limone, caldo, l'uomo aveva preso anche dei biscotti secchi da inzuppare nella bevanda. Poteva quasi ancora gustarne il sapore, si ricordava che entrambi avevano taciuto per molto a lungo, poi lei gli aveva rivolto la parola e i due avevano iniziato a conversare, quasi come ai vecchi tempi.
Non si sarebbe mai aspettata di restare da lui per più di una notte, due settimane, non si sarebbe mai aspettata che lui l'avrebbe presa e legata alle sue battaglie, di nuovo, voleva solo pace e tranquillità, ma con una nuova minaccia era impossibile.
Non guardò definitivamente più la pioggia, portò le braccia al petto e si voltò piano verso il salotto, andandosi a sedere su una poltrona.
«A che pensi?» fece l'altro, intento a pianificare i dettagli della loro fuga.
«A perché ogni volta che la mia vita sembrava andare bene arrivi tu a scopiazzarla» non rispose subito, voleva trovare le parole giuste per esprimere i suoi sentimenti in un modo adeguato.
Il mago ridacchiò: «Sai che vita monotona sarebbe, altrimenti»
«Facile per te dirlo» iniziò lei sbuffando per togliersi un ciuffo biondo da davanti agli occhi «con quella tua stravagante passione che ti porti dietro da decenni, sei sempre indaffarato. Io chiedo solo un po' di tranquillità»
Lui continuò a guardare i progetti e le mappe, non la degnò di uno sguardo, disse: «Non credevo ti dispiacesse tanto tornare in America»
«Sai che non è quello» replicò lei subito dopo.
«E allora quel è il problema?» fece lui, annotando una data.
«Il problema è che» e qui gli sollevò il mento con due dita, in modo che lui la guardasse negli occhi, riprese: «Il problema è che non posso sopportare un'altra guerra: quella passata mi ha già portato via molto, troppo e non voglio perdere anche te»
«Credi che non lo sappia, ho perso mia moglie per colpa di quella dannata guerra, è inevitabile sono ormai anni che siamo in un nuovo conflitto ed è il momento di agire»
«Perché noi?» chiese soltanto.
«Abbiamo fatto la differenza quarant'anni fa, perché non possiamo farla di nuovo?» replicò lui.
Lei fece per ribadire, per dirgli che era uno stupido se pensava di poter sconfiggere un altro mago oscuro, che era un folle a credere che il mondo fosse cambiato e che non sarebbe stata disposta a vederlo morire davanti agli occhi.
Avrebbe voluto dire tutte questa cose, ma proprio quando stava per aprir bocca, un rumore li fece scattare sull'attenti.
«Che cos'è stato?» chiese lei estraendo la bacchetta.
L'uomo si affrettò a piegare la carte per metterle nella valigia, iniziò ad afferrare il giubbotto e i beni necessari, rispondendole: «Sono loro»
«Loro chi?» fece lei, prendendo tutto quello che era suo.
«Sono venuti per il Lethifold, dobbiamo andare!» si guardò attorno, fece qualche incantesimo alla porta.
«Dannazione! Credevo che l'incantesimo di disillusione ci avrebbe dato ancora un po' di tempo»
«Lo credevo anche io» concluse di fare gli incantesimi di protezione e si mise di fronte alla porta.
I rumori si facevano sempre più forti, i paesi più vicini e le voci di uomini più distinguibili, il mago disse: «Appena sfondano la porta, io li intrattengo e tu te ne vai»
«Cosa? Non se ne parla nemmeno!» ribatté lei mettendosi al suo fianco.
Un colpo fece tremare la porta.
«Fa' come ho detto!» quasi urlò lui.
«E' fuori discussione! Li affronteremo insieme e poi ce ne andremo» la porta venne scossa da un altro colpo «Come ai vecchi tempi» aggiunse poi.
«Come ai vecchi tempi» annuì lui.
La porta venne scardinata e degli uomini iniziarono ad entrare nella stanza: «Mani in alto, lasciate le bacchette!»
«Che posto è mai questo?»
Ariana si guardò intorno, lei, Grindelwald e Albus erano piombati in una grotta. Le pareti erano di roccia, qua e là c'erano dei strani segni, probabilmente antiche rune, il terreno era rivestito di una forte pavimentazione in pietra. I mobili erano disposti casualmente, accostando stili diversi tra loro: una cassettiera degli anni novanta, accanto a una cristalliera del seicento, lampade degli anni ottanta, accanto ad armature del milletrecento.
La piccola si guardò attorno gironzolando, guardava in alto con faccia stupita: si vedeva il cielo notturno. «Com'è possibile?» chiese a suo fratello.
«E' un incantesimo, non è il vero cielo» le spiegò dolcemente lui.
Lei quasi non gli prestò attenzione e andò ad osservare una criniera di leone appesa la muro.
«Sembra che non ci sia nessuno» mormorò Gellert guardandosi attorno.
I due si voltarono verso le incisione e Albus chiese all'altro: «Capisci qualcosa?»
«Poche parole frammentarie, non sembra ci sia un senso»
«Le rune antiche, materia misteriosa e affascinante» commentò Albus.
Gellert e Silente rimasero a decifrare le rune sulle pareti della grotta per diversi minuti, fino a quando il grido di Ariana li fece voltare e andare da lei.
«Ariana cosa c'è?» chiese Albus preoccupato, la frase gli morì in gola quando alzò lo sguardo e vide che cosa la bambina stava fissando.
Un uomo dall'aspetto pallido, i capelli bianchi portati con un taglio disordinato fino alle spalle, gli occhi chiari, quasi trasparenti, indosso una sorta di camice antico, l'anziano uomo sorrideva ai tre, si avvicinò con passo traballante.
«Sei un fantasma?» pigolò Ariana.
«Certo che no, sono vivo» fece lui con tono allegro, continuando ad avvicinarsi.
«Ariana lui è...» iniziò Albus, ma venne interrotto dall'uomo.
«Sono un alchimista, per questo immortale» la guardò «Piacere, Nicholas Flamel»
«Ti trovo bene» fece Gellert «Quasi non ti darei 671 anni»
Albus si riscosse dai suoi pensieri, si concentrò su Flamel, l'uomo porse ad entrambi da bere, poi disse: «Cosa vi porta fino a qui?»
Gellert e Albus si scoccarono un'occhiata d'intesa e l'ex-Preside dell'uomo prese a parlare: «Credo tu sappia di Lord Voldemort»
«Quel pazzo che va in giro brandendo la Bacchetta di Sambuco e che uccide ogni Auror gli dia fastidio? Sì, ne ho sentito parlare» fece lui ironico.
«Ci serve il tuo aiuto» tagliò corto Gellert.
Nicholas sorseggiò il liquore invecchiato di almeno cinquant'anni e fece uno sguardo perplesso.
«Quello che Gellert voleva dire» intervenì Albus dando un'occhiataccia all'amico «E' che il tuo contributo sarebbe prezioso in questa guerra»
«Sentiti Albus, sessant'anni fa a lavorare insieme, poi» e qui guardò i due «ed ora che mi domandi aiuto per sconfiggere un altro mago oscuro?»
«Non sarebbe un aiuto diretto, conosci molte persone che potrebbero essere molto utili in questa guerra» continuò Silente.
Flamel sospirò e portò lo sguardo su Ariana che se ne stava con i piedi a penzoloni su un divanetto verde limone.
«La guerra è un fiore che sboccia in tempi oscuri e come l'edera uccide gli animi puri» il suo sguardo smise di essere assente e fissò Albus: «Che cosa vi serve?»
«Nomi» fece Gellert.
«Che genere di nomi?»
«Più che nomi, contatti, dobbiamo rintracciare tutti» disse Silente
«Non starai dicendo che?» fece Flamel.
«E' l'unico modo» ribatté Albus.
«E' mezzo secolo che non parlo più con nessuno di loro» continuò l'alchimista.
«E' necessario per garantire la pace» insistette Albus «Ci devi un favore Nicholas, vogliamo solo dei contatti»
«E poi mi lascerete in pace?» domandò sarcastico.
«Sempre che tu non ti voglia unire a noi» disse Grindelwald.
«Non riuscirete mai ad riunire tutti di nuovo»
«Possiamo provarci e ci serve il tuo aiuto» continuò Albus Silente.
Flamel sospirò e fece un ampio movimento con la mano, così facendo un enorme libro comparve sul tavolo in vetro.
Iniziò a sfogliarlo e lesse: «Armando Dippet, stato: sconosciuto;
Arcturus Black III, stato: deceduto;
Queenie Goldstein, stato: sconosciuto;
Callidora Black, stato: deceduta;
Ursula Flint, stato: deceduta;
Lycoris Black, stato: viva;
Propertina Goldstein, stato: sconosciuto;
Leta Lestrange, stato: viva;
Belvina Black, stato: deceduta;
Newton Scamander, stato: sconosciuto; [*]
potrei continuare per ore, ma questi sono i più importanti»
«Di chi hai informazioni?» chiese Albus, ancora scosso nel sentire tutti quei nomi.
«Leta e Lycoris le ho sentite diversi anni fa, ma gli altri sono come morti per me, sempre che non lo siano già»
«Che mi dici di Armando Dippet?» fece Silente commemorando il precedente preside di Hogwarts.
«Si è ritirato dalla scena, più di sessant'anni fa, vive in Scozia ora»
«Lycoris?»
«Lei ha preferito la Francia, si è allontanata da tutti i Black e si è ritirata nei pressi di Lione, ora è un'erborista»
«Leta?» qui Albus fu un po' titubante.
«E' negli Stati Uniti, non se n'è mai andata, sapete dove trovarla»
«E di Newt, Tina e Queenie, non sai nulla?»
«Troverete anche loro» concluse Nicholas «Spero di sbagliarmi, ma se così non fosse, è mio compito avvertirvi: quello che state cercando di fare non va bene»
«E' necessario» fece Albus.
«Ricostituire il vecchio Ordine? Il WERSIC[**]? Sul serio Albus?» fece l'alchimista guardandolo con gli occhi ridotti ad una fessura.
«Potrebbe essere la nostra ultima speranza» concluse Gellert.
Nicholas distolse lo sguardo e i suoi occhi si persero sull'armatura medievale, passarono diversi secondi, poi ritornò a concentrarsi sui due uomini e sospirò. L'uomo si alzò sotto gli sguardi perplessi degli altri due maghi, si avvicinò ad un tavolino in legno, prese una piuma d'oca e dell'inchiostro, iniziando a scrivere frettolosamente.
Quando ebbe finito, diversi minuti dopo, si riavvicinò a Gellert e ad Albus, porse a quest ultimo la pergamena arrotolata dicendo: «Qui ci sono tutti i nomi dei membri, vivi e di stato sconosciuto, del WERSIC; troverete anche coordinate geografiche, indicazioni sul passato di ciascuno e altre informazioni utili»
Albus Silente prese la pergamena e disse: «Grazie, Nicholas» L'uomo fece poi segno ad Ariana che era arrivato il momento di andare, i tre si alzarono, poi Gellert domandò a Flamel:
«Tu invece? Verrai con noi?»
«Credo che resterò qui, è un posto sicuro e potrei esservi ancora utile per conoscenze o quant'altro, non ho più l'età per combattere» L'alchimista si avvicinò ai due maghi e strinse loro la mano, dicendo: «E' stato un piacere ricevere la vostra visita»
«Ci rivedremo, Nicholas» lo salutò Albus; mentre Gellert fece un gesto con la mano, poi i due maghi e Ariana si presero per mano, smaterializzandosi.
I dieci maghi irruppero nella stanza, l'uomo e la donna si guardarono negli occhi, pronti a scattare all'attacco.
«Lasciate le bacchette!» urlò nuovamente quello che doveva essere il capo.
«Temo di dover declinare la vostra offerta» fece il mago, alzando velocemente la sua bacchetta e sferrando un colpo ad un Auror.
Diverse urla si susseguirono, i due riuscirono a tenere testa agli altri, schiantando e ferendo, qualora fosse necessario. Gli uomini, però, si rialzavano e continuavano a combattere, era passato molto tempo da quando i due aveva combattuto per l'ultima volta.
Finalmente il mago trovò uno stratagemma, in grado di dar loro qualche secondo per afferrare le valigie e scappare, iniziò a schiantare i mobili della stanza contro gli Auror, in modo da rallentarli, mentre la strega faceva in modo che nessuno di loro stesse nei pressi della porta.
La battaglia continuò per diverso tempo, fino a quando l'uomo urlò all'altra: «Ora!»
Entrambi schiantarono gli avversari e si precipitarono verso la porta, corsero giù lungo le scale guadagnando secondi preziosi, udire delle voci segno che li stavano ancora inseguendo. Uscirono dall'edificio e subito il mago guidò l'amica in mezzo ai vicoli per fare in modo di perdere le tracce.
Corsero a perdifiato, facendosi largo tra la folla, evitando di finire schiacciati tra le bancarelle del mercato e talvolta usando della magia non verbale per creare dei varchi. Gli occhi attenti del mago lavoravano veloci, scrutando le persone da lontano e cercando dei voli in cui infiltrarsi, non smise di correre finché le voci degli Auror si dispersero in mezzo alla folla.
Si imbucò in un vicolo, appoggiò una mano sul muro ed esso iniziò a muoversi.
«Passaggio segreto?» domandò l'altra.
«Per le emergenze» rispose lui «Ci condurrà in un luogo sicuro, lontano da qui. Forza! Prima tu» la incitò lui.
La donna superò la barriera senza problemi, l'uomo fece per seguire la strega, quando una voce lo fece voltare:
«Per il buon signore!»
Un uomo, abbastanza giovane, sicuramente babbano, lo fissava ad occhi aperti.
Il mago mugugnò un'imprecazione e puntò la bacchetta contro il babbano, l'altro mise le mani in alto e iniziò a balbettare: «Non colpirmi!»
Il mago scosse il capo impercettibilmente e fissò l'altro. Quest'ultimo gli chiese: «Chi sei tu?»
Prima di pronunciare l'incantesimo di Perdita della Memoria, prima di attraversare il muro e seguire la donna, egli rispose:
«Mi chiamo Newt, Newt Scamander»
[*] = Tutti i nomi nella lista sono maghi esistiti nell'epoca contemporanea a Grindelwald e Silente; ho trovato diverse informazioni su di loro che snoderò nei capitoli successivi. Ci tenevo a precisare che appartengono solo a J.K.Rowling e che nessuno di essi è inventato.
[**] = Il nome dell'Ordine WERSIC è puramente inventato da me, nei prossimi capitoli approfondirò l'origine e il significato del termine. Per ora vi basta sapere che è il corrispettivo dell'Ordine della Fenice all'epoca di Harry.
Angolo Autrice:
Finalmente ho introdotto questi nuovi personaggi!
Questo capitolo fa un po' da cuscinetto dopo la lunga narrazione della Battaglia della Piana di Riddle Manor, mi serviva per tenere voi sulle spine e nel frattempo per far capire che cosa stessero facendo Grindelwald, Silente e Ariana; inoltre non so se vi ricordate, ma qualche capitolo fa (Lontano da Casa), avevo messo una parte bonus, forse ora potete capirla meglio.
Detto ciò, spero il capitolo vi sia piaciuto, non ci credo che siamo già all'85esimo c:
anddd... Hope you enjoy!
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