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Tempo di risposte


Quella mattinata di primavera la luce del Sole cadeva fioca sui fili d'erba e suoi fiori dolci di pesco appena fioriti. L'enorme stella illuminava debolmente il terreno e i suoi raggi provocavano un debole tepore che con tocco leggero accarezzava i prati, i ruscelli e gli edifici quasi sfiorandoli. Una brezza leggera primaverile soffiava delicatamente facendo ondeggiare in un placido ritmo le foglie verdi degli alberi.

Ariana Silente si divertiva a correre da un albero all'altro, con un sorriso spensierato stampato in volto. L'abito azzurro della bambina svolazzava per il vento e l'orlo ricamato sfiorava l'erba, i capelli dello stesso colore del grano giocavano con la brezza leggera e gli occhi ridenti celesti si posavano sui delicati gigli candidi. 

La giovane si chinò per odorarne il profumo, il delicato aroma le inebriava le narici, chiuse le palpebre per bearsi di quella condizione di estrema calma e placidità. Il Sole le accarezzava le guance e il tepore era sufficiente per sovrastare la brezza pungente del mattino. Ariana sarebbe rimasta ore a contemplare il prato fiorito, ma un'ombra che le si posò davanti la fece scattare all'erta: aprì le palpebre e alzò il capo.

Davanti a lei c'erano cinque ragazzi, sicuramente più grandi di lei, Ariana si alzò e li guardò negli occhi, poi uno di loro disse agli altri:«Ecco la strega!» 

«Non sembra una strega» ribatté uno. 

«Sta a vedere» esclamò il primo che aveva parlato, poi si rivolse ad Ariana: «Ehi tu, sai fare le magie?»

«Non so di che cosa tu stia parlando» replicò lei.

«Lo vedremo» ghignò lui, per poi prendere un sasso e lanciarlo contro la ragazza.

Ariana strinse i pugni e il sasso deviò la sua rotta, come se una forza invisibile avesse parato il colpo.

«Cosa vi avevo detto?» fece il ragazzo; gli amici lo guardarono stupefatti, fissarono poi Ariana e iniziarono a dire all'unisono: «Strega! Strega! Strega!»

«Basta!» Li interruppe lei alzando una mano.

«Cosa c'è, strega, vuoi colpirci?» fece un ragazzo dai capelli ricci biondi, prese poi un sasso e lo scagliò contro Ariana, ma non la colpì.

«Prendetela» ordinò il primo ragazzo che aveva parlato, gli altri quattro eseguirono il suo comando, afferrarono Ariana per le braccia in modo che stesse ferma, poi il primo si avvicinò a lei.

«Vuoi uccidermi, strega?» chiese lui.

Ariana, però, non dava ascolto a nessuno, piuttosto iniziò ad urlare: «Aiuto! Basta, lasciatemi andare! Aiuto!»

I ragazzi non la mollarono, continuarono piuttosto ad aggredirla verbalmente e a lanciarle sassi, una volta uno le diede addirittura uno schiaffo in pieno viso. Ariana gridò, non per il dolore, ma per farsi sentire da Albus o da Abeforth, avrebbe voluto chiunque.

Un ragazzo, quello che prima le aveva afferrato il braccio sinistro, le si avvicinò per colpirla, ma una lampo di luce gli passò davanti alla faccia ed egli cadde indietro. «Cosa diamine...?» iniziò a dire, ma la voce di un uomo fece voltare tutti e sei.

«Giù le mani da mia figlia. Ora.» 

Ariana fu sollevata nel vedere il padre, i ragazzi allora mollarono la presa e la lasciarono cadere a terra, poi iniziarono a scappare; l'uomo, però, li rincorse e continuò a scagliare loro incantesimi non offensivi solo per spaventarli. 

La ragazza si alzò da terra, si guardò i palmi delle mani insanguinati e si affrettò a tornare a casa, durante il tragitto nella sua testa riecheggiavano ancora gli aspri insulti dei ragazzi, «Strega» l'avevano chiamata. Dapprima vedeva la magia come qualcosa di meraviglioso e fantastico, ma ora le pareva più un fardello che pochi predestinati dovevano portare, senza ricevere meriti e senza poter uscire allo scoperto.


«Ariana? Ariana, va tutto bene?»

La voce del fratello la riscosse dai suoi ricordi, nei quali oramai si rifugiava sempre di più. Essere prigioniera del limbo tra la morte e la vita, la faceva confondere e molto spesso non capiva se si trovasse negli anni venti oppure alla fine del ventesimo secolo. Era come vivere una doppia esistenza, la sua anima e la sua mente rammentavano la vita passata, ma il suo corpo era nel presente, tempo che non le apparteneva.

«Sì, va tutto bene» mentì lei con voce flebile.

«Un altro ricordo?» domandò gentilmente Albus, lei non rispose e si limitò ad annuire con il capo; poi riprese a camminare davanti al fratello e a Grindelwald.

Albus alzò il capo e rallentò il passo in modo da riavere Gellert al suo fianco, ancora non ci poteva crede che il vecchio amico fosse lì con lui. Dopo la battaglia si erano Smaterializzati a Gudric's Hollow, dove lui stesso aveva nascosto Ariana, erano andati così a prenderla e ora stavano passeggiando nel piccolo parco: avevano molto da dirsi.

All'inizio Silente non si fidava per nulla di Grindelwald, ma quando l'uomo aveva chiarito le sue intenzioni e visto la veneranda età, non poteva essere una minaccia; certo Albus rimaneva all'erta, non abbassando mai e per nessun motivo la guardia, ma sperava di fare bene a fidarsi. 

I due avevano parlato a lungo, all'inizio entrambi erano in imbarazzo, sciolto poi dal tempo. Avevano toccato molti discorsi: dalle intenzioni di Lord Voldemort, alla Bacchetta di Sambuco, ai Doni della Morte in generale, ai successi di Albus e alle lunghe giornate spese a meditare di Gellert. Ad entrambi sembrava ancora inverosimile quell'assurda situazione, ma più passavano i minuti, tanto più quello che era stato un sogno diventava realtà.

«Toglimi un dubbio, Grindelwald, chi ti ha liberato?» domandò Albus spezzando il silenzio.

«Una vecchia conoscente» replicò l'altro.

«Arabella?» provò ad indovinare l'ex Preside.

«In un certo senso sì, mi ha fatto avere una bacchetta e poi è stato facile» mentì Gellert.

«Capisco» annuì Albus «Dalle scorse ore hai appreso che c'è una guerra in atto, da che parte ti schiererai?»

«Vorrei poterti rispondere "Al tuo fianco, come ai vecchi tempi"; ma questa volta preferirei essere uno semplice spettatore»

«E quali sono le tue intenzioni?»

Grindelwald fece una pausa, il suo sguardo si posò sulla dolce Ariana che camminava davanti a loro, l'andatura bambinesca, i capelli che le brillavano alla luce del Sole, mossi da un leggero venticello. Rispose poi: «Devo concludere quello che ho iniziato diversi anni fa»

«Non hai mai rinunciato ai Doni, non è vero?»

Gellert non rispose, piuttosto domandò: «Tu invece? Non ti piacerebbe riconquistare la Bacchetta di Sambuco?»

«Anche se fosse ci mancherebbero ancora due Doni»

«Andiamo Albus, puoi smetterla di fingere, so perfettamente che hai i tuoi sospetti su come ho fatto a riportare in vita tua sorella ed entrambi sappiamo che c'è un'unica spiegazione»

«Dove l'hai trovata?»

«Un mago non svela mai i suoi trucchi, quello  che importa è che al momento sono il suo possessore; mentre il terzo dono ci serve solo per completare la triade, hai qualche idea?»

«Ci sarebbe un Auror, un giovane che ha frequentato Hogwarts diversi anni fa e che era molto bravo a non farsi scoprire durante le sue malandrinate, credo che potremmo rimediare il Mantello in modo molto facile»

«Hai visto Albus, è fatta: saremmo i Padroni della Morte»

«Dai per scontato di possedere tutti e tre i Doni, il più difficile al momento è la Bacchetta di Sambuco che si trova nelle mani di Lord Voldemort in persona; come pensi di ottenerla?»

«Semplice, sconfiggendolo»

«Molti prima di te ci hanno provato e nessuno ci è riuscito, cosa ti fa pensare che non verrai annientato anche tu?»

«Siamo i maghi più potenti viventi al mondo»

«Eravamo, Gellert, lo eravamo; ora ci sono nuovi giovani intraprendenti»

«Non hanno la nostra esperienza»

«Parli al plurale, ma cosa ti fa pensare che ti aiuterò?»

«Per prima cosa ora sei qui a parlare con me, in secondo luogo lo so e basta, entrambi vogliamo la stessa cosa e unire le forze è molto più conveniente che farci la guerra, non trovi?»

Silente rimase in silenzio, le parole veritiere del nemico gli restarono in testa per molto a lungo; solo quando anche l'ultimo eco si fu prosciugato, parlò: «Come pensi di sconfiggere Tom Riddle?»

«E' un uomo tanto potente, quanto avventato e sarò proprio questa sua natura a distruggerlo, io voglio solo accelerare le cose. Per il momento è praticamente invincibile, dispone di un enorme esercito, ha l'appoggio di tantissime famiglie rispettabili e inoltre ha il controllo sul mondo sia magico che babbano e hai ragione non c'è nessuno che possa sconfiggerlo»

«E allora come faremo?»

«Faremo?» domandò divertito Grindelwald, Albus scosse il capo e invitò l'amico a procedere.

«Dicevo, proprio perché nessuno è in grado di sconfiggerlo, lui sottovaluta il suo nemico più grande: se stesso. Prima o poi verrò consumato dalla brama di potere, dal desiderio di supremazia e si getterà nel burrone, io voglio solo accelerare i tempi»

«Geniale, ma come?»

«Facendo in modo che abbia tutto quello che vuole, più crede di essere invincibile, più diventa vulnerabile»

«Cosa dovrò dire ai miei uomini?» domandò Albus.

«Assolutamente nulla, lascia che continuino a scontrarsi, in modo che nessuno sospetti nulla»

«Finiranno per morire tutti»

«Un po' di sangue deve essere versato, non c'è altro modo» rispose secco.

Silente trasse un profondo respiro e poi concluse: «Dovrei fidarmi di te?»

«Vuoi fare un voto infrangibile?»

Albus scosse il capo e rispose: «Voglio la tua parola»

«Hai la mia parola» affermò Gellert.



Il cielo quella sera era privo di stelle, non un solo barlume illuminava l'immensità della notte, nemmeno la Luna riusciva a domare l'oscurità. Il grande astro combatteva con le nubi che tentavano di soffocarla fra le loro braccia, perdendo clamorosamente lo scontro; la luce lunare non era abbastanza forte da attraversare le tetre nuvole, per tanto quella notte senza stelle era più buia che mai.

L'omogeneità del cielo notturno faceva salire l'angoscia a chiunque levasse lo sguardo verso il cielo, era come se sopra le proprie teste alloggiasse un enorme mantello scuro pronto a cadere sulla terra e a soffocarla, uccidendola e con sé tutto ciò che le apparteneva.

Il cielo aveva rapito lo sguardo di Deneb, il ragazzo dai capelli scuri, ma non quanto quel cielo notturno, distolse il volto e fissò le assi di legno della Torre di Astronomia. Aveva udito molto bene il discorso di suo padre e anche quello di Harry, tutto stava andando secondo il suo piano e se aveva indovinato ora Gellert stava parlando con Albus Silente, credendo molto probabilmente di cogliere di sorpresa tutti.

Deneb, però, non era uno che si faceva cogliere di sorpresa tanto facilmente. Il giovane si alzò in piedi, era sicuro che Harry sarebbe arrivato, forse doveva solo attendere un altro po'; anche se c'era una parte di lui che aveva la costante paura che l'altro non si sarebbe presentato. Così non fu. 

Dopo circa una decina di minuti, Deneb udì le scale scricchiolare, segno che qualcuno lo stava raggiungendo; alzò così il capo in direzione di esse e attese che Harry si mostrasse. Non passò molto che il ragazzo dai capelli corvini e gli occhi smeraldo facesse ingresso nella Torre di Astronomia. 

I due non dissero nulla, Harry si avvicinò di più a Deneb ed entrambi si studiarono, gli sguardi attenti di ambedue i ragazzi caddero l'uno sull'altro, gli occhi chiari analizzarono i lineamenti dell'altro, quasi come per volerli leggere come fossero un libro.

Il primo a parlare fu il Prescelto che disse: «Ho fatto come mi avevi suggerito, Lord Voldemort possiede la finta Spada di Godric Grifondoro che tu hai fatto forgiare»

«Molto bene, Harry» Replicò l'altro, il Prescelto riprese a parlare:

«E' giunto il tempo delle risposte, Deneb, come sai degli Horcrux? Dove hai trovato il Diadema? E perché ci tieni tanto ad aiutarmi?»

Deneb Riddle parve meditare qualche istante, le sue iridi chiare scivolarono lungo gli anfratti delle assi in legno, poi puntò lo sguardo su Harry e gli rispose: «Durante il corso della mia fanciullezza ho avuto modo di leggere molto e di venire a contatto con numerosi manufatti antichi, in particolare diversi anni fa trovai un libro. Era rivestito solo di una semplice copertina nera, notai subito che si trattava di qualcosa di non comune, difatti per poterlo leggere era necessario superare molti indovinelli e prove, io stesso ne aggiunsi alcune quando ebbi finito di leggerlo»

«Cosa conteneva il libro?»

«Non posso svelare i suoi segreti, sono sotto giuramento, lo stesso libro sigilla un patto con il lettore per assicurarsi che non vengano infrante le regole. Ad ogni modo credo di poterti dire che il contenuto di questo libro era tanto importante quanto pericoloso se fosse caduto nelle mani sbagliate, dentro vi erano celati segreti oscuri e antiche leggende e maledizioni. Tra la moltitudine di storie e sortilegi vi era una sezione dedicata agli Horcrux, spinto dalla curiosità iniziai a leggere»

«Scoprii così come potevano essere creati, quando e dove era meglio farlo, ma soprattuto iniziai a pensare che solo maghi potenti e capaci, ma che allo stesso tempo temevano la Morte, potevano aspirare a tanto, a sacrificare così tanto per la vita eterna»

«E così pensasti a Lord Voldemort» intuì Harry.

«Esatto, iniziai poi a condurre ricerche personali e identificai i periodi più importanti della vita di Lord Voldemort, ciascuno contrassegnato da un avvenimento oscuro e che non poteva essere spiegato a pieno. Prima di mettermi alla ricerca avevo bisogno di una conferma, qualcosa che mi facesse capire che i miei sforzi non sarebbero stati vani e allora mi venne l'idea»

«Osservai Voldemort in battaglia, lo vidi che stava molto spesso sulla difensiva, che mandava i suoi avanti e poi, qualora fosse necessario, interveniva lui stesso; ciò che però mi fece scattare la scintilla fu il fatto che non si separava mai dal suo serpente, Nagini. Allora cominciai a pensare che potesse essere un Horcrux, così viaggiai molto e riuscii a collegare il Diadema con la permanenza di Tom Riddle ad Hogwarts»

«Il diadema però non era nel castello» riflette Harry.

«Hai ragione, difatti non pensai mai al castello, riflettei piuttosto sul luogo nel quale Voldemort si rifugiò dopo che Albus Silente gli aveva negato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure: l'Albania. Mi recai in quel luogo maledetto e lì trovai il Diadema, protetto da numerosi incantesimi, ma non abbastanza spietati e potenti, poiché a quel tempo non v'era nessuno Lord Voldemort, ma solo un Tom Riddle irato e pieno di rancore e progetti»

«Presi con me il Diadema di Priscilla Corvonero e tornai a Londra, nascosi l'oggetto da chiunque, ma iniziai ad insospettirmi. Mi domandai come mai Lord Voldemort non si fosse accorto che il suo prezioso Horcrux era stato preso da qualcun altro e spostato dal suo luogo d'origine, così pensai che se fosse stato l'unico Hocrux se ne sarebbe sicuramente accorto»

«Dunque capii che ce ne doveva essere più d'uno, in questo modo la sua anima era talmente frammentata da poter percepire gli Horcrux solo nel momento della creazione o della distruzione»

«Geniale» commentò Harry «Ma non capisco ancora una cosa, io cosa centro? Perché sei arrivato a me?»

«Devi sapere Harry che ho osservato a lungo le tue mosse e ho subito capito che sapessi più di quanto lasciassi trapelare. Ho immaginato che conoscessi anche tu gli Horcux e che li stessi cercando, ho pazientato a lungo, fino a quando non li avessi raccolti tutti e poi mi sono fatto avanti»

«Che significa raccolti tutti? Mi manca ancora il serpente e...» ma qui si bloccò perché aveva parlato troppo, Deneb se ne accorse così disse:

«So che tu hai il Diario, la Coppa, il Medaglione e ora anche il Diadema, ti manca solo il Serpente che però bisogna distruggere per ultimo, poiché essere vivente, Lord Voldemort si accorgerebbe prima della sua mancanza»

«Quindi sono cinque, ma questo non è un numero familiare a Voldemort» rifletté Harry.

«Ne sono a conoscenza, infatti originariamente dovevano essere sette, il numero magico per eccellenza. Tuttavia Lord Voldemort riuscì a crearne solamente sei, voleva chiudere il cerchio con la spada di Grifondoro, ma tu glielo hai impedito questa stessa notte. Per quanto riguarda il sesto Horcrux, Lord Voldemort era talmente accecato dalla sua brama di eternità che non si era accorto che aveva trovato qualcosa di molto più potente, qualcosa che poteva garantirgli molto più di un semplice Horcux»

«E che cos'è?» domandò Harry, pur sapendo di che oggetto si trattasse. 

«L'anello di Tom Riddle, appartenuto a tutti gli antenati di Voldemort, contiene la più rara e preziosa pietra di cui il mondo Magico sia a conoscenza: la Pietra della Resurrezione. Ho cercato quest'oggetto rarissimo in lungo e in largo, senza mai però trovarlo, così mi è venuta spontanea l'ipotesi che qualcuno abbia attivato la pietra, così facendo l'Horcrux creato da Riddle è andato automaticamente distrutto»

«E lui non si è accorto di nulla perché quella è una magia che va al di là del possibile immaginabile» concluse Harry.

«Strano, ma vero» annuì Deneb.

Il Prescelto non disse nulla per molto a lungo, quella conversazione aveva dato risposta a molte delle sue domanda, ma ne aveva create altrettante a cui forse mai avrebbe ricevuto risposta. Meditò sulle parole di Deneb le quali erano vere, poiché lui possedeva gli altri Horcrux; se dunque le supposizioni del ragazzo erano vere, Gellert Grindelwald aveva inconsciamente distrutto l'Horcrux, aiutando Harry senza nemmeno rendersene conto. Inoltre in questo modo Harry possedeva tutte le debolezze del Signore Oscuro, meno che il serpente, il quale, però, sapeva perfettamente come uccidere. Dopo qualche minuto parlò a Deneb:

«Non hai ancora risposto alla mia terza domanda: come mai hai deciso di aiutarmi quando potevi benissimo schierarti dalla parte di Voldemort?»

«Vedi Harry, il regno di Lord Voldemort, per quanto florido e duraturo possa essere, finirà e Tom Riddle scivolerà nel baratro con esso; inoltre il Signore Oscuro lavora da solo e tutti quelli che chiama seguaci, sono in realtà cani che si porta dietro. Io penso più in grande, la nostra generazione è nata e vissuta nel terrore, nel tormento di una guerra di cui non conosceva nemmeno la vera causa e tutto per le manie di grandezza di Voldemort.

«Di solito non sono uno che crede nel Fato o nel Destino, ma ci sono cose che vanno bel sopra il nostro volere e la prima tra esse è la Vita. Nessuno di noi due vivrà abbastanza per poter vedere come i posteri tratteranno questo mondo, non perché l'abbiamo deciso noi, ma perché così è stato scritto. Perfino Lord Voldemort, al momento immortale, non vivrà per sempre e dobbiamo accettarlo, vivendo, non sopravvivendo.

«Ci chiameranno i sopravvissuti, non perché non siamo mai morti, ma perché non abbiamo vissuto. Harry, nessuno sta vivendo, tutti quanti cerchiamo di arrancare sperando di vedere la luce alla fine di questo tunnel di terrore e paura. Io voglio fare in modo che le persone smettano di sopravvivere e inizino a vivere, non è detto che ci riuscirò con questa generazione, quasi sicuramente morirò durante questa guerra.

«Quello che sto cercando di dirti è che nessuno vince mai veramente una guerra, i caduti ci sono da entrambe le parti e così come i malcontenti, inoltre quasi sempre chi intraprende le guerre non è mai in prima linea a combattere e così sta succedendo anche adesso. Se riesco nel mio intento tra una decina di anni il nome di Lord Voldemort riecheggerà solo nelle menti dei sopravvissuti e dei libri di storia, i bambini condurranno un'infanzia normale e nessuno dovrà più uscire di casa con la paura di non poter non tornarci mai più.

«Dammi la possibilità di aiutarti Harry, sei tu l'eroe, non io, non Silente e nemmeno gli Auror. Tu puoi sconfiggere Tom Riddle, tu e tu soltanto; è già un compito abbastanza arduo, perché complicarlo ancora quando posso darti una mano?»

Harry fu impressionato dalle parole uscite dalla bocca di Deneb e si rese un momento per riflettere, poi chiese ancora: «Prima ti ho chiesto qual era il tuo pezzo e tu hai detto che ne avremmo discusso dopo, dunque credo sia venuto il momento di saldare i conti»

L'altro accennò una risata priva di gioia, poi rispose: «Il mio prezzo lo salderemo a tempo debito, quando avrò visto il corpo di Lord Voldemort cadere tra la polvere e la luce abbandonare i suoi occhi; posso solo dirti che sarà giusto, niente di più, niente di meno di quello che la Vita stessa può chiederti»

«Ora che farai?» domandò Harry dopo qualche minuto di riflessione.

«E' tempo che vada, devo sbrigare altre questioni di estrema importanza e urgenza; conto su di te Harry affinché il nostro piano vada a buon fine» rispose l'altro.

«Avremmo modo di incontrarci nuovamente?»

«Una volta un uomo mi disse: "due soldati trovano sempre il modo di incontrarsi di nuovo, ciò che conta è vedere se la prossima volta apparterranno allo stesso schieramento o alla fazione opposta". Ci rivedremo Harry Potter, stanne certo» Concluse Deneb.

Il Prescelto fissò gli occhi del ragazzo, il quale poi sparì avvolto da una nube d'ombra.

Harry Potter camminò fino al bordo della Torre, si sedette sulle assi malmesse e guardò la volta celeste priva di stelle, si perse nel contemplare il colore scuro che lo avvolse completamente e porto via con sé pensieri e preoccupazioni. Durò solo un attimo, ma durante quel millesimo di secondo ad Harry parve di vivere.

Scrollò poi le spalle e si sistemò gli occhiali, circondò le gambe con le braccia e le strinse al petto, fece scorrere il suo sguardo sulle cicatrici che erano sparse per tutto il corpo, specie sugli arti. Erano i segni di mesi e mesi di battaglie incessanti, senza mai un momento di respiro, un minuto di pausa.

Il ragazzo sospirò profondamente, diede un ultimo sguardo alle assenti pietre lucenti incastonate nel cielo, si alzò in piedi e si smaterializzò lontano da quel posto in cui i ricordi erano diventati un peso che le sue spalle non riuscivano più a sopportare; distante dall'eco dei lamenti e delle voci troppo familiari che componevano una malinconica e straziante melodia; lontano dall'odore di morte che s'insinuava sfruttando fessure e anfratti; via dal teatro di quello che era stato il periodo più bello della sua vita e che ora era divenuto il più cruento e terribile.




Angolo Autrice:

Per prima cosa grazie mille a tutti perché abbiamo da poco raggiunto ( e superato) le 40.000 visualizzazioni! Grazie di cuore a tutti! <333

In secondo luogo mi scuso per il capitolo un po' in ritardo, ma sono in vacanza e non ho avuto molto tempo per scrivere, questo capitolo è anche più lungo del solito quindi spero apprezziate. 

Detto ciò: Hope you enjoy!

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