g e m i n i o
"duplicate"
[Revisionato]
Quel lunedì era stato noioso e grigio, proprio come le nuvole in cielo. Al dipartimento Auror di solito c'era un gran bel da fare, con tutti quei mangiamorte in giro, ma quel lunedì non v'erano altro che noiosissimi moduli da compilare. E se c'era una cosa che un tipo come James Potter detestava era la monotonia, insomma aveva scelto di diventare un Auror per non stare dietro a una scrivania a timbrare documenti e moduli: lui desiderava l'azione, l'avventura e di certo la sua dose di adrenalina giornaliera non gli dispiaceva affatto.
Dunque in quella giornata iellata, l'unica cosa che gli aveva tirato su il morale era stata la compagnia del suo migliore amico Sirius Black. Secondo molti, tra cui sua moglie -fatto di cui James andava parecchio fiero- Lily Evans, James era un uomo infantile, nostalgico cronico dei vecchi tempi passati ad Hogwarts. Lui, però, la prendeva con filosofia: cosa c'era di male nel cercare il brivido? Era davvero sbagliato voler vivere continue avventure?
In effetti all'età di trentasette anni questi discorsi potevano risultare ridicoli alle orecchie dei suoi coetanei, l'aggravante era di avere due figli da crescere, ma a James importava poco: fin da bambino adorava il pericolo e il rischio. E nonostante fosse maturato, specie durante il suo ultimo anno di Hogwarts -nel corso del quale aveva finalmente messo la testa apposto- la sua natura da amante del pericolo non si era affievolita e i suoi occhi erano sempre all'erta, come alla ricerca di qualche nuova avventura.
E tornare a casa camminando addirittura, senza nemmeno poter usare la scopa perché a detta di sua moglie dava troppo nell'occhio, era una tortura. Lui e Sirius erano passati per Diagon Alley perché Lily aveva bisogno di alcune erbe per preparare un intruglio per il gatto, James detestava quel sacco di pulci, ma non poteva nemmeno più guardarlo. Per lo meno, non dopo "l'incidente" che aveva coinvolto Sirius sotto forma di cane, il suddetto gatto e all'incirca 10 galloni di sapone di uova di Rana. James rabbrividì al ricordo della reazione della Evans.
«Allora?» fece Sirius, con aria interrogativa.
James sobbalzò, riportato alla realtà dai suoi pensieri.
«Ma dai non mi stavi ascoltando? Allora come pensi che andranno i Chudley Cannons quest'anno?» Ripeté Sirius.
«Oh. No, io- uhm, io non saprei» balbettò James concentrandosi sull'amico che lo guardava stranito.
«Tutto bene? Sembri strano».
«Non ti preoccupare, ho la testa ancora su quelle pile di fogli che abbiamo compilato oggi». James non aveva mentito, o almeno non del tutto. In parte quella marea di scartoffie lo aveva intontito, ma c'era dell'altro e sapeva che Sirius sapeva. Erano tempi duri per tutti e tenere il morale della famiglia allargata alto a casa era difficile.
«Ramoso, guardami». Sirius gli appoggiò una mano sulla spalla. «Questo schifo passerà, va bene?»
«Sono passati anni, Sirius, anni» sospirò l'altro «E se non lo sconfiggessimo? E se vincesse lui?»
«Non succederà. Sai è da un po' che ho una sensazione strana, ma in senso buono, quasi fosse speranza» Felpato guardò negli occhi l'amico e sorriso «Sento che le cose stanno per cambiare».
James fece per rispondere, ma si bloccò quando si scontrò con un individuo che non aveva visto arrivare, preso com'era dalla conversazione.
Il ragazzo sembrava intontito come loro, probabilmente anche lui era perso nei suoi pensieri.
«Scusami» fece James.
«Non si preoccupi, è colpa mia, non guardavo dove stavo andando» rispose il ragazzo.
I due si guardarono per una frazione di secondo, James fece caso a una strana cicatrice sulla fronte dell'altro visibile nonostante la scarsa luce. Poi entrambi ritornarono per la propria strada.
«Ah!» rise Sirius, quando si erano allontanati un po' «Sei diventato vecchio, quel ragazzo ti ha dato del lei».
«Oh taci, cagnaccio» replicò, facendo un gesto con la mano.
Lo stesso giorno qualche tempo prima, strade di Diagon Alley
La luce accecante che avvolgeva Harry era del tutto scomparsa.
Il ragazzo si guardò attorno spaesato: il Pensatoio e il Cappello erano scomparsi e si trovava in un vicolo buio e sudicio. Spostò poi lo sguardo verso le sue mani che, come per magia, erano pulite e curate. Intravide per terra una pozza d'acqua, ricordo di un temporale, si avvicinò specchiandosi, chiedendosi se la magia di Silente avesse funzionato. Fu quasi deluso dal vedere il suo nuovo aspetto: i capelli avevano assunto il colore del grano e un paio di occhi nocciola sostituivano i suoi verdi, mentre la cicatrice era rimasta, segno che nemmeno il Pensatoio aveva potuto cancellare quello che era il suo passato e quella grande maledizione.
Harry Potter decise di uscire dal vicolo, anche perché temeva di aver visto un topo nel cassone poco più avanti a lui. Mosse il primo passo ma si ritrovò a faccia a terra dato che era inciampato in un baule, non sapeva come l'oggetto potesse essere finito lì "un'altra magia di Silente" mormorò tra sé e sé. Si rialzò e istintivamente si portò le mani alle tasche e constatò di possedere ancora la bacchetta, la quale era stata riparata. Harry benedisse il vecchio mago poiché lui non aveva nemmeno pensato a cercare la sua bacchetta spezzata nel campo di battaglia.
Uscì dal vicolo e, quando si affacciò nella strada centrale, capì che si trovava a Diagon Alley. La via era deserta, non si vedeva anima viva in giro, e ciò lo fece pensare alla sua Diagon Alley, anch'essa disabitata dall'ascesa di Voldemort l'anno precedente. Il ragazzo constatò anche che era sera, il cielo di Londra era completamente nero, impedendo la vista delle stelle o della luna. Harry pensò che avrebbe fatto meglio a trovare un posto per alloggiare almeno la notte: il Paiolo Magico gli sembrava la soluzione più adatta.
Nonostante quel posto fosse squallido, non poteva permettersi di meglio, sperò in cuor suo che nella valigia ci fossero dei galeoni. Si diresse così verso il Paiolo trascinandosi dietro il baule; mentre camminava si guardò le braccia cercando di abituarsi al suo nuovo aspetto. Sospirò stanco, lo stomaco brontolava e avrebbe fatto di tutto per poter gustare un pasto caldo.
Durante il breve tragitto ebbe anche il tempo di scontrarsi con un paio di sconosciuti, con i quali scambiò un paio di parole. Il ragazzo, però, in parte per l'imbarazzo e in parte per la stanchezza non ci fece troppo caso e tirò dritto.
In poco tempo si ritrovò di fronte al Paiolo Magico, fissò l'entrata per diversi secondi: era terrorizzato da quella nuova avventura, ma oramai tornare indietro pareva impossibile. Decise che sarebbe stato meglio dormirci su e riflettere meglio a stomaco pieno l'indomani mattina, così entrò.
Il brusio di sottofondo persisteva, nessuno parve far caso a lui, il ragazzo ringraziò mentalmente Merlino per essere riuscito a passare inosservato e si avvicinò al bancone. Dietro ad esso un uomo basso avvolto da una veste nera attillata e lunga che gli evidenziava ancora di più l'enorme gobba sulla schiena era occupato a lucidare un calice; l'uomo alzò lo sguardo ed Harry poté osservare meglio il suo viso: le rughe gli incorniciavano gli occhi scuri e le labbra fine, la sua pelle era sporca ciò era probabilmente dovuto alla polvere che alloggiava nel locale.
Il proprietario squadrò Harry per un istante, il ragazzo trattenne il respiro e i due si studiarono.
Poi continuando a maneggiare il calice di vetro, l'uomo con la gobba gli domandò con tono indispettito: «Buona sera, desidera?»
La sua voce assomigliava molto al canto dei corvi e al cigolare di una porta, Harry decise di sorvolare e rispose cortesemente: «Volevo sapere se avevate ancora una camera libera, vorrei alloggiare qui per qualche giorno».
Il proprietario ripose definitivamente il calice, si sporse in avanti e solo allora Harry notò che non poggiava i piedi per terra ma su uno sgabello in modo da poter arrivare al bancone, poi rispose: «Ma certo, signor...»
«Gaunt, Percival Gaunt» fece prontamente Harry, l'uomo lo guardò storto per un istante, poi si riscosse e lo guidò verso una piccola camera nell'ultimo piano del palazzo. "Camera n° 394" lesse mentalmente il ragazzo, il gobbo si affrettò a dire: «Ecco la sua camera, la 394, per qualsiasi cosa basta chiedere. La colazione è servita alle 8:30, il pranzo alle 12:30, mentre la cena alle 19:15. Buona permanenza, signor Gaunt».
Il proprietario fece un cenno a Harry e il ragazzo entrò nella stanza, poi si voltò di scatto quando l'altro chiuse la porta sbattendola.
Il ragazzo ripose il baule sul letto e incuriosito lo aprì, al suo interno vi erano dei vestiti puliti, alcuni libri e testi scolastici, numerose boccette con varie pozioni: Polisucco, Veritaserum, Distillato di morte vivente (per un sonno senza sogni), qualche bezoar e molti galeoni. Harry ringraziò chiunque gli avesse donato quel baule, probabilmente Silente, sua ancora di salvezza, poi ripose tutte gli oggetti di nuovo all'interno del baule e lo appoggiò accanto al letto.
Harry si sedette e si abbandonò nel soffice materasso, troppo stanco per cambiarsi decise di non disfare il letto e semplicemente di dormire sopra alle coperte, poggiò la testa sul cuscino, ma non riuscì a prendere sonno.
Nella testa continuavano a volteggiare le immagini dei cadaveri dei suoi amici e cosa peggiore non riusciva a non pensare agli occhi rossi di Voldemort, sempre pronti ad aspettarlo quando chiudeva le palpebre. Harry si accorse di star tremando quando il suo sguardo cadde sulla sua mano, era difficile ammetterlo, ma aveva paura.
Non sapeva nulla di quel nuovo universo, dubitava che qualcuno avesse sconfitto il Signore Oscuro, eppure si chiedeva che fine aveva fatto l'Harry di quel mondo, che fosse ancora vivo? E se la risposta fosse stata sì, cosa avrebbe fatto? Si sarebbe sbarazzato di lui? E che anno era? Aveva viaggiato sia nel tempo che tra dimensioni? Era possibile?
Il mago non aveva risposte e, contrariamente alla sua situazione disperata, sorrise mestamente al ricordo di Hermione la quale era sempre stata l'unica capace di fornirgliele in ogni situazione.
La testa gli pulsava e nonostante le ferite fossero state curate, il ragazzo si sentiva ancora indolenzito, pertanto decise che al momento le sue domande avrebbero dovuto attendere e si abbandonò a un lungo sonno ristoratore, sperando l'indomani di trovare qualche risposta.
Grimmauld Place n. 12
L'atmosfera a Grimmauld Place are calda e non a causa del caminetto il cui fuoco riscaldava l'enorme casa dalla mattina, no, Grimmauld Place era abitata da tre famiglie che avevano fatto loro quell'edificio nascosto agli occhi dei babbani. Il tepore alleggiava in tutte le stanze del pian terreno. Una volta entrati dalla porta principale, si snodava uno stretto corridoio che dava sulla cucina, una stanza ampia e sviluppata soltanto in una direzione. Dalla cucina si accedeva poi a un salotto di modeste dimensioni. Sui tre piani superiori, invece, v'erano le camere, almeno una decina.
Lily Potter, o meglio Lily Evans -andava fiera del suo cognome babbano, non avrebbe mai accettato di trasferirsi con la sua famiglia in quella cupa casa sette anni prima se la guerra non avesse minacciato direttamente di portarle via gli affetti. Quando James aveva tentato di persuaderla otto anni prima, lei aveva categoricamente rifiutato. I due si erano già trasferiti sedici anni prima, successivamente a un incontro troppo ravvicinato con Lord Voldemort in persona. Lei e il marito erano stati miracolosamente risparmiati, il loro indifeso infante no.
Lily non avrebbe mai potuto dimenticare l'orrore provato la mattina del 1 Novembre quando aveva trovato il suo Harry con gli occhi sbarrati nella culla a fissare il vuoto. Aveva spalancato la bocca per urlare, ma non aveva emesso alcun suono mentre cadeva a terra sulle ginocchia. Quel tonfo aveva allarmato James dal piano inferiore ed era corso nella camera del figlio per constatare la terribile verità. Lily si ricordava poco delle giornate successive, lei e James si erano trasferiti dai Black, o meglio da Sirius, per qualche tempo e poi avevano trovato un loro posto in cui poter meditare e superare l'accaduto.
Quel cottage rappresentava l'idea di casa per la strega. Si erano sistemati da poco e lei aveva scoperto di essere nuovamente incinta. Non avrebbe potuto ricevere una notizia migliore per ricominciare a vivere e negli anni lei e James si erano ricostruiti la loro famiglia.
La casa a Grimmauld Place le ricordava i momenti bui postumi alla morte del piccolo, ecco perché per circa un anno aveva esitato a ritornarvici. Eppure quando gli attacchi dei Mangiamorte si erano spinti fino a un paio di isolati dalla loro casa, Lily non aveva avuto dubbi: proteggere la sua famiglia veniva prima di tutto.
Era passato molto tempo da quando lei aveva abbandonato il suo nido, ma la nostalgia non era ancora scomparsa. Spesso si chiudeva in camera a sfogliare gli album fotografici che ritraevano gli anni più felici della sua vita.
La strega, nonostante tutto, era molto grata a Sirius di aver offerto loro protezione. Da quando i Potter si trasferirono a Grimmauld Place, quel posto cambiò totalmente aspetto: dalla sparizione dei quadri della famiglia Black all'aggiunta di colore nelle pareti, dal rimodernamento delle camere alla solarità di cui quella casa ormai era colma.
Non passò troppo tempo che anche Remus e Dora furono costretti a trasferirsi lì. A lei faceva piacere: più persone popolavano la casa, più essa diveniva tale e inoltre sapeva che era sempre stato il sogno di James poter vivere insieme ai fidati compagni Sirius e Remus.
Anno dopo anno, la famiglia si allargava e quella casa nascosta irradiava gioia e serenità, creando come una bolla di speranza e pace dall'impetuoso e crudele mondo che la circondava. E Lily era tanto, tanto grata di poter tornare a casa dal lavoro, dopo aver visto o sentito le più atroci vicende, e potersi rilassare davanti al fuoco sentendosi al sicuro.
«Che prepari?»
La donna si accorse di essersi nuovamente persa nei suoi pensieri e di star mescolando un pentolone in cucina. Alzò il capo e rispose alla domanda di Remus: «Sto provando a fare cucina italiana per stasera».
L'uomo annuí e si sporse verso la pentola di ragù. «Il profumo è ottimo».
«Spero che lo sia anche il sapore» sorrise lei.
L'altro superò il bancone dirigendosi verso il salotto.
«Ah Remus» lo chiamò lei «Hai idea di dove siano finiti James e Sirius? Sarebbero dovuti tornare mezz'ora fa!»
Il mago scosse il capo: «Ne so quanto te, ma vedrai che si saranno incantati a guardare le scope dalle vetrine oppure il Ministro li avrà sommersi di scartoffie, non c'è motivo di preoccuparsi». Remus non era sciocco, sapeva bene che le preoccupazioni della donna non si limitavano al cuocere troppo la cena, ma erano indirizzata nel caso in cui i due non avrebbero fatto ritorno a casa perché attaccati da qualche terrorista delle schiere del Signore Oscuro.
La rossa annuí e continuò a concentrarsi sul suo ragù.
'Primo o poi ucciderò quell'uomo' pensò amaramente Lily 'lui e quell'idiota di Sirius. Perché non possono tornare a casa a un'ora decente? E quando tornano, non ho nemmeno la soddisfazione di sapere dove sono stati perché inizieranno a ridere o a parlare d'altro. Se non arrivano entro dieci minuti mando un gufo a Silente, ad Alastor, al Ministero, non mi importa, e poi vado a cercarli e se li trovo vivi..."
Lily non fece in tempo a concludere la frase che il campanello di Grimmauld Place suonò.
«Vado io!» Gridò Remus dall'altra stanza.
Lily non dovette attendere più di una decina di secondi prima di sentire le voci di James e Sirius, il suo cuore rallentò leggermente e il suo respiro si fece regolare: 'Anche questa sera non era rimasta vedova'.
«Ciao Lils» fece James entrando in cucina e sporgendosi sul bancone per scoccarle un affettuoso bacio sulla guancia.
Nonostante le maniere dolci del marito, la strega era ancora furiosa e colpendo i due ritardatari con un panno da cucina esclamò: «Dove eravate? È da mezz'ora -mezz'ora cari i miei James e Sirius- che mi domando se farete mai ritorno a casa!»
«Ah Lily» iniziò Sirius «non ti dovevi preoccupare, siamo passati per Diagon Alley».
«A tal proposito» fece James, prendendo un sacchetto dalla tasca e posandolo sul bancone «ho trovato dello stramonio, per poterci finalmente permettere di dormire la notte». James lanciò un'occhiata al gatto dal manto ramato che si strusciava contro le gambe della strega. Ultimamente, gli abitanti di Grimmauld Place avevano avuto non poche difficoltà a prendere sonno, causa i continui miagolii di Occhistorti, il gatto.
Lily fece un gesto con la mano e alzò gli occhi al cielo mentre i tre malandrini lasciavano la cucina e lei poteva finalmente finire di preparare le sue lasagne in pace.
Dopo una buona mezz'ora si riunirono a tavola per cenare, quella sera la tavola era solo apparecchiata per metà dato che Marlene McKinnon, la moglie di Sirius, e Dora Tonks, la moglie di Remus, erano fuori città e che i ragazzi dormivano da amici.
Lily sventolò la bacchetta e le porzioni di lasagne furono nei piatti dei commensali.
«Ho letto la Gazzetta del Profeta, prima, e sembrava tutto tranquillo: nessun attacco, nessun decreto, solo articoli di gossip a cura di Rita Skeeter» iniziò Remus.
«Non parlarmene nemmeno» fece Sirius deglutendo un boccone «non volava una mosca al Ministero, ci hanno messo a compilare scartoffie! È un insulto alle nostre capacità!»
«Lo so, di questi tempi l'atmosfera è troppo calma». Il tono di James lasciava trapelare preoccupazione.
«Il nuovo anno scolastico a Hogwarts inizierà tra meno di due settimane e sappiamo che Silente incute timore a Voi-sapete-chi» suggerì Lily.
Nominando la scuola di magia e stregoneria, la rossa aveva lasciato spazio ai ricordi e ben presto la conversazione slittò verso le imprese dei Malandrini che lei ascoltava volentieri. Parlare dei fatti quotidiani la rattristava e ripensare alle avventure adolescenziali era una distrazione per tutti. Ben presto la casa sarebbe rimasta vuota per mesi data la partenza per Hogwarts dei ragazzi, eppure Lily era serena, consapevole che la guerra avrebbe tentato di portarle via tutto, ma che lei avrebbe lottato per difendere coloro che amava.
L'atmosfera a Grimmauld Place era tranquilla, il fuoco scoppiettava e risata si elevavano dalla tavolata. I quattro maghi conversavano, ricordando memorie di un tempo passato, scacciando il pensiero dell'incerto futuro.
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