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Capitolo 2

Riconobbi la sua voce ancor prima di girarmi. Era venuto a prendermi.

Io e Ryan ci voltammo verso di lui e mi aprii in un grosso sorriso guardandolo. Lui, invece, fissava torvo Ryan il quale era sbiancato di colpo.
Era spaventato, potevo leggerlo nel suo sguardo ma stranamente anche ammirato.

Mi sentivo quasi soddisfatta da quella sua reazione. Non era più tanto arrogante adesso.

- No, affatto - dissi. - Ryan se ne stava andando. - Lo guardai con un sorrisetto. - Non è vero, Ryan?

Mi guardò confuso passando con gli occhi da me al pugile, chiedendosi probabilmente quale fosse il legame tra noi.

Christian ricambiò lo sguardo inarcando le sopracciglia e aspettando la sua risposta.

- Si - balbettò Ryan alzando le mani in segno di difesa. Si allontanò in fretta dileguandosi tra gli altri e a quel punto restammo da soli.

Era bellissimo. Doveva essersi dato una breve risciacquata visto il viso e i capelli biondi gocciolanti e l'asciugamano che portava al collo. Era ancora a torso nudo e mi beai della visione dei sui addominali e della V che scompariva dentro i pantaloncini.

- A quanto pare non posso lasciarti neanche un attimo da sola - mormorò lui avvicinandosi a me. Le sue parole non potevano essere più che vere dopo essere intervenuto in mio soccorso due volte quella sera.
Abbassai la testa mortificata.

- Ti stava dando fastidio? - mi chiese indicando con un cenno del capo il punto in cui Ryan era appena scomparso.

- Oh no - risposi. - È tutto apposto.

- Sicura? - insistette.

Annuii. Avevo l'impressione che se gli avessi detto di no non ci avrebbe pensato due volte a rincorrere il ragazzo della mia migliore amica e dargli qualche pugno. E la cosa mi lusingava.

- Bene - disse e mi prese per mano. Spalancai i miei occhi verdi per lo stupore ma lo seguii quando cominciò a muoversi. Per qualche strano motivo mi fidavo di quel misterioso e l'avrei seguito ovunque mi avrebbe portata.

Mi piaceva che mi stringesse la mano. La sua presa era forte e la sua mano calda avvolgeva completamente la mia. Inoltre, aveva il palmo ruvido probabilmente per il fatto che si allenava molto ma apprezzavo anche questo.

Christian fece strada finché non uscimmo dall'edificio. Mi ero accorta del fatto che avessimo preso una strada diversa da quella con cui ero arrivata io. Eravamo passati per una piccola stanzetta adibita a spogliatoio dove aveva preso al volo il suo borsone. Gli fui grata. Non ci tenevo a fare un altro viaggetto in quel corridoio buio.
Non disse niente mentre camminava e io cercai di adattarmi al suo passo veloce, fortunatamente portavo un comodo paio di All-Star.

Mi sarebbe piaciuto vedere una delle ragazze lì dentro seguirlo con i suoi tacchi a spillo e la immaginai cadere rovinosamente sull'asfalto.
Dovetti coprirmi la bocca con una mano per non ridere da sola come una cretina.

Andammo verso quella che doveva essere la sua auto, una Range Rover, e fu solo quando la raggiungemmo che mi lasciò la mano per prendere le chiavi da una delle tasche del borsone.
Schiacciò il pulsante di apertura delle portiere e mi aprì quella del passeggero facendomi cenno di salire.
Acconsentii senza esitazioni.
Lui fece il giro della macchina e lo sentii aprire il portabagagli.
Mentre lo aspettavo mi resi conto di quello che stavo facendo: ero appena salita in macchina con uno sconosciuto senza battere ciglio facendo esattamente ciò che nessuna ragazza avrebbe dovuto fare nella mia situazione.
Se lo avesse scoperto, mia madre si sarebbe presa un colpo.

Eppure in quel momento non avevo la ben che minima paura.

Christian salì in macchina accanto a me.

- Perché sei venuta qui? - mi chiese una volta chiusa la sua portiera.

Perchè tutti mi facevano quella domanda? Che cosa c'era di tanto strano nel fatto che nel cuore della notte, vestita come un ladro, mi ero imbattuta in un combattimento illegale?
Mi girai verso di lui. Si era messo una maglietta, notai con disappunto.

- Ecco io, uhm..ci sono finita per caso - dissi mordendomi il labbro inferiore.

- Ci sei finita per caso? - mi scimmiottò sorridendo come a dire "Stavi facendo una passeggiata notturna in periferia (chissà perché) e sei capita proprio qui?"

Feci spallucce con aria innocente sperando di sembrare convincente.

- Dove abiti? - mi chiese allora. - Ti accompagno a casa.

Ancora senza esitazione gli diedi l'indirizzo. Ed ecco la seconda cosa che nessuna ragazza avrebbe dovuto fare incontrando uno sconosciuto. Mia madre mi avrebbe ammazzata.

Mise in moto e partì. Visto che non mi aveva chiesto alcuna indicazione immaginai che sapesse dove abitavo.

- Fai spesso questa cosa? - domandai dopo qualche minuto di silenzio.

- Fare la parte del cavaliere di splendide ragazze e prendermi la briga di accompagnarle a casa loro, intendi? No. Non lo faccio spesso - rispose con un sorrisetto. - In effetti, è la prima volta che mi capita.

Risi leggermente imbarazzata. - Intendo combattere - precisai.

- Si - disse solo riportando gli occhi sulla strada.

Il silenzio calò di nuovo nell'abitacolo. 

- Sei bravo - feci poco dopo.

Fece spallucce. - Una delle poche cose che so fare bene.

Se fosse stato un altro ragazzo l'avrei giudicato troppo arrogante ma dopo averlo visto in azione con i miei occhi dovevo dargli ragione. Non aveva alcun motivo di essere modesto.

- Quello che hai visto - cominciò diventando improvvisamente serio - non ne devi parlare con nessuno.
Mi guardò. Lo guardai.

- Promesso.

Mi sorrise esattamente come la prima volta, facendo scintillare i suoi occhi color miele.

- Brava bambina - disse riportando lo sguardo di nuovo di fronte a sé. Qualcosa dentro di me si agitò al pensiero di averlo compiaciuto.
Che stupida.

- Da quanto combatti? - gli chiesi per evitare di analizzare ciò che stavo provando.

- Otto anni.

Lo fissai incuriosita. Eppure mi sembrava così giovane. Non poteva avere che un paio d'anni in più di me.

- Scusa, ma quanti anni hai?

- Ventiquattro.

Sgranai gli occhi. Facendo un rapido calcolo doveva aver cominciato a sedici anni. Ma come..

- E tu? - mi chiese di rimando.

- Ventidue. Come mai hai iniziato a combattere così presto?

- Da dove vengo io o sai difenderti o puoi dire addio alla tua vita - mi rispose tenendo gli occhi fissi sulla strada.

Mi immaginai un ragazzino di sedici anni che invece di vivere un'adolescenza spensierata
doveva pensare a guardarsi le spalle da tutti.
Il mio cuore si riempì di tristezza. Chissà cosa doveva aver passato.

Non dissi niente. Qualunque cosa mi sembrava inappropriata e lui non mi dava l'impressione di voler essere compatito con un misero mi dispiace.

Senza riuscire ad impedirmelo, fui di nuovo attratta dal suo viso. Ricalcai con gli occhi i contorni del suo viso e mi soffermai sulle labbra rosee e sottili, il naso dritto e gli occhi color miele che mi piacevano tanto; le guance erano coperte da un leggerissimo velo di barba chiara. I capelli color grano maturo ancora bagnati erano tirati all'indietro.
Mi morsi il labbro. Non avevo mai visto nessuno di tanto sexy.

Christian mi guardò con la coda dell'occhio e sorrise. Arrossii e distolsi lo sguardo colpevole.

- Scusa - mormorai imbarazzata. Sembrava che non riuscissi ad evitare di fare brutte figure con lui.

- E di che? Se devo essere sincero, io non mi sono fatto alcuno scrupolo a guardarti prima - ammise.

Oh. Si riferiva a quando mi aveva appoggiata alla cattedra.

Che cosa aveva pensato? Mi aveva trovata bella almeno la metà di quanto io trovavo bello lui?

Ero così tentata di chiederglielo. Mi importava molto sapere quale fosse il suo parere su di me.
Socchiusi le labbra ma non dissi niente. Fu lui a parlare.

- Siamo arrivati - annunciò  accostando vicino al marciapiede. Vidi casa mia dal finestrino.

Alzai lo sguardo verso di lui e gli sussurrai un grazie mentre aprivo la portiera.

- Di niente.

Ero ancora un po' imbarazzata e feci per scendere.
Ma poi tenendo in mano la maniglia, la strinsi e presi coraggio. La richiusi. Il pugile mi guardò confuso.

- Quando combatti la prossima volta? - domandai tutto d'un fiato.

- Non so, dolcezza, non sono io che decido - ammise sorridendomi. - Loro mi chiamano, mi dicono l'ora e il posto e io mi presento - mi spiegò.

Mi piaceva che mi avesse chiamata dolcezza. Anche se, molto probabilmente, l'aveva fatto solo perché non sapeva il mio nome.

Mi morsi il labbro inferiore. Non ero pronta a lasciarlo senza sapere che l'avrei rivisto.
Il mio sguardo si posò sul cellulare poggiato sulle sue gambe. Non l'avevo notato prima perché essendo nero si mimetizzava con i pantaloncini. Mi allungai e lo presi, stando ben attenta a non toccare niente di compromettente, sotto il suo sguardo divertito.

Sbloccai lo schermo dell'iPhone e pigiai per aprire la tastiera numerica. Composi il mio numero e lo salvai.
Poi, il tutto senza guardarlo, lo riappoggiai sulle sue gambe.

- Chiamami se sai qualcosa - dissi in fretta, senza aspettare una possibile risposta. Aprii la portiera e mi catapultai fuori.
Non mi girai mai ma ero sicura che stesse sorridendo facendo illuminare i suoi occhi ammalianti.

Entrai in casa e salii le scale per andare nella mia camera. Una volta dentro mi cambiai velocemente e mi distesi sul letto.

Presi il mio cellulare e controllai i messaggi.

Blair:
Allora che succede? Rispondimi!

E ce n'erano altri quattro che dicevano la stessa cosa con parole diverse.
Pensai a qualcosa da raccontarle per non dirle dove ero stata davvero.
Avevo promesso a Christian che ne avrei parlato con nessuno. E purtroppo dovevo tenerlo nascosto anche a lei.
Rimasi un paio di minuti con i pollici davanti allo schermo pensando a cosa scrivere. Ancora una volta dimostravo la mia incapacità a inventare scuse. Ma alla fine mi decisi a digitare.

Io:
Niente di che. Si è fatto qualche canna con i suoi amici.

La risposta come sempre mi arrivo dopo qualche secondo.

Blair:
Tutto qui? Faceva tanto il misterioso per una cosa del genere?!

Beh almeno se l'era bevuta, mi dissi.

Io:
A quanto pare.. Scusami, B ma sto per crollare. Buonanotte.

Inviai e spensi il telefono.
Poi mi rannicchiai sotto le coperte, finalmente.

Ripensai a tutto ciò che mi era successo. A quell'assurda serata e ovviamente a Christian.
Non riuscivo ancora a credere di essere stata così audace. Speravo mi chiamasse, volevo seriamente rivederlo e se fare da spettatrice ad un altro combattimento era la mia unica possibilità, andava bene. Non mi dispiaceva l'idea di osservarlo di nuovo sul ring. E la prossima volta avrei tifato per lui.

Stranamente era tutto merito di Blair se l'avevo incontrato. Potevo togliere qualche anno di schiavitù.

Mi addormentai con il sorriso sulle labbra.

Era ufficiale. Io adoravo Blair Kallighan.

Una settimana.

Era passata una settimana dall'incontro e lui non mi aveva ancora né chiamata né mandato un messaggio. Lo sapevo perché controllavo le notifiche sul mio cellulare praticamente ogni secondo. Per sette giorni non avevo perso di vista il mio apparecchio telefonico. Non volevo rischiare di perdermi una sua chiamata.

Una chiamata che non era mai arrivata.

Ero arrabbiata e confusa. E non facevo altro che chiedermi il perché. Gli avevo promesso che avrei tenuto la bocca chiusa e avevo mantenuto la promessa non parlandone neppure con Blair, quindi non ritenevo giusto il suo comportamento. La sua mancanza di fiducia in qualche modo mi feriva perché io mi ero fidata di lui, lasciando che mi accompagnasse in macchina fino a casa quando avrei potuto rischiare che mi rapisse o peggio. Mentre lui non aveva nemmeno avuto la decenza di cercare il mio numero tra i suoi contatti e schiacciare il tasto verde.

Ma forse si era già dimenticato di me. Per lui dovevo solo una dei tanti spettatori che assistevano al suo incontro e di cui si era scordato il nome dopo due minuti e non contava il fatto che avessimo chiacchierato per un quarto d'ora; aveva fatto un gesto carino scortandomi a casa e basta. Il suo gesto buono del giorno. Fine della storia.

Storia che non era mai iniziata.

Non l'avrei più rivisto, ne ero quasi certa nonostante io smaniassi per rivedere i suoi ipnotici occhi miele.
Li avevo sognati ogni notte da quella sera.
E avevo sognato anche lui e nei miei sogni lui non se ne andava dopo avermi lasciata alla porta ma entrava il casa con me. E non ci limitavamo a scambiare qualche parola. O meglio qualcosa scambiavamo ma non erano di certo parole..

Arrossi e scossi la testa.
Che stupida.

Fantasticavo su un ragazzo che avevo visto una volta e di cui a stento sapevo tre cose. Anzi solo due: nome e età.
E, adesso che ci riflettevo meglio, lui non era nemmeno a conoscenza del mio di nome. Perché non gliel'avevo detto e lui non me l'aveva chiesto.
Il fatto che non lo sapesse era un problema visto che io mi ero salvata come Thia nella sua rubrica ed era possibile che lui avesse altre mille Thia salvate ~ non che il mio nome fosse molto diffuso ~ e che quindi non sapesse quale fosse il mio numero.
Doveva essere andata così, decisamente. Altrimenti mi avrebbe già chiamata, no?

È così snervante, pensai.

Sdraiata di schiena sul letto guardai il mio cellulare sperando di vederlo illuminarsi e poi sbuffai dopo gli ennesimi cinque minuti di attesa.

Fissai il soffitto panna della mia camera. Che cosa fare?

Da quella sera non riuscivo più a concentrarmi su niente. Lui era diventato un chiodo talmente fisso nella mia testa che sapevo che se non avessi avuto sue notizie sarei impazzita. Forse si trattava solo di questo, avevo bisogno di vederlo ancora una volta e poi non ci avrei più pensato e, finalmente sarei riuscita a concentrarmi su altro.
Per cui non potevo arrendermi e trovare un altro modo per contattarlo.

Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.

Mi alzai di scatto facendo ricadere le lenzuola ai piedi del letto. Mossi pochi passi verso la mia scrivania e afferrai il mio PC.
Avrei dovuto pensarci subito. La migliore fonte per trovare una persona era decisamente internet: tutti in qualche modo stavano sul web. Mi sarebbe bastato scrivere il suo nome nella speranza di vedere comparire qualche risultato soddisfacente, la sua iscrizione su un social, un video o una foto.
Accesi il computer e aspettai impaziente che fosse finalmente funzionante poi cercai il nome Christian Parker su Google. Ero stata fortunata ad arrivare proprio al momento delle presentazioni per venire a conoscenza del suo nome e cognome. In pochi secondi la pagina di riempì di link e scorsi con il mouse cercando lui. Saltai la pagina di un attore famoso di cui non avevo visto nemmeno un film e anche quella di uno scrittore.

Selezionai altre pagine credendo che fossero quelle giuste ma mi sbagliai per cinque o sei volte. Avevo davvero creduto che sarebbe stato facile..

Dopo dieci minuti di ricerche finalmente trovai qualcosa. Il sito di una palestra nelle vicinanze. Quella doveva essere decisamente la pista giusta.

- Bingo! - esclamai quando vidi una foto dei trainer. Christian guardava dritto nell'obiettivo, lo sguardo serio e le braccia incrociate al petto. La maglietta bianca con il logo della palestra gli fasciava i muscoli dell'addome che io avevo avuto la fortuna di ammirare.
Il mio cuore cominciò a battere forte al pensiero che finalmente l'avessi trovato. Stavo per rivederlo.
Da quello che diceva la sua descrizione insegnava boxe da circa tre anni e da quello che avevo potuto vedere io non dubitavo che fosse un ottimo insegnante.

Presi un foglietto già scritto e lo voltai dall'altro lato. Annotai l'indirizzo della palestra. Da casa mia calcolai che ci voleva circa di una ventina di minuti a piedi, a passo sostenuto ce ne avrei messi ancora di meno.
Sarei andata da lui quel giorno stesso. Mi ero accertata di avere abbastanza tempo per prepararmi prima che la sua ultima lezione del giorno finisse.

Così andai in bagno e mi feci una doccia veloce e mi vestii in tutta fretta. La sera si alzava sempre una leggera brezza per cui mi misi un maglioncino col crema e un paio di jeans.
Mi piazzai di fronte allo specchio e mi sistemai i capelli color caramello in una crocchia da cui come sempre spuntavano delle ciocche.
Dai miei occhi verdi era così evidente la mia eccitazione per quell'incontro. 

Non mi era mai, proprio mai capitato di sentirmi così all'idea di incontrare un ragazzo. Nessun ragazzo era mai riuscito a colpirmi tanto da rimanere impresso nella mia mente e da occupare i miei pensieri spingendomi a fare cette pazzie.

Sospirai uscendo di casa e mi chiusi la porta alle spalle.

Mi piaceva camminare e fare passeggiate nella mia città e ancora di più se potevo godermi il tramonto, probaibilmente era il momento della giornata che preferivo di più. Adoravo i modo in cui il cielo si colorava di rosa, rosso e arancione, con i colori che si mescolavano dando vita a sfumature straordinarie. Se fossi stata brava in arte mi sarebbe piaciuto dipingere un panorama così suggestivo.

Più mi avvicinavo alla palestra più mi sentivo nervosa. Cominciavo a chiedermi se fosse stata effettivamente una buona idea prendere l'iniziativa ed andare da lui. Si, volevo vederlo.. ma allo stesso tempo mi dicevo che se Christian non mi aveva chiamata forse non era quello che voleva anche lui. Avrei solo fatto la figura della stupida se vedendomi non mi avrebbe riconosciuta o peggio se mi avrebbe addirittura cacciata via. Dio, sarebbe stato così imbarazzante se mi avesse detto: - Sai quando un ragazzo non ti richiama, in genere vuol dire che non vuole avere niente a che fare con te. Figuriamoci poi se dovrei uscire con una che pedina i ragazzi delle proprie amiche..

Anche se ques'ultima frase sarebbe stato improbabile che me la dicesse visto che non conosceva il reale motivo per cui mi trovavo lì ma, ovviamente, dopo avermi tirato fuori d'impaccio con Ryan era ovvio che sospettasse che non mi ero ritrovata in quello scantinato perchè volevo assistere al suo incontro.

Non avrei nemmeno dovuto venirne a conoscenza né tanto meno conoscere lui e, invece, gli ero persino caduta addosso.. al ricordo delle sue braccia forti che mi avevano circondata, avampai. Le mie guance, già rosse a causa del vento che le sferzava, presero ancora più colore. Non potevo non ammettere che mi era piaciuto essere stretta nel suo abbraccio, mi ero sentita protetta e cullata; mi chiesi come sarebbe stato dormire tra le sue braccia, essere avvolta dal suo calore e dal suo profumo tutta la notte..

Accidenti, lo stavo facendo di nuovo. Stavo fantasticando ad occhi aperti su di lui.

E per poco non mi accorsi di aver superato la palestra. Tornai indietro e mi fermai di fronte all'entrata esitando nell'afferare la maniglia. Tirai un profondo respiro.

Ero arrivata fino a lì per cui.. provare non mi sarebbe costato nulla (a parte la mia dignità).

Alla fine, mi decisi ad aprire e ad entrare.

L'ingresso era esattamente il tipico ingresso della tipica palestra per soli uomini. Con rosso, nero e grigio come colori predominanti e tutto che urlava "Io uomo, io Tarzan", dall'insegna nera IRON FIST alla reception dello stesso colore dietro la quale mi stupii di trovare una ragazza. Mi avvicinai e lei mi accolse con un sorriso.

- Ciao, benvenuta all'Iron Fist. Io sono Camille - si presentò. -Posso esserti utile per qualcosa? - mi chiese mantenendo il suo sorriso.
Persino la sua voce era troppo dolce per quel posto. Mi chiesi cosa ci facesse una come lei, con quel viso così grazioso dai grandi occhi verdi e circondato da capelli corvini a caschetto, a lavorare lì.

- Ecco io.. volevo incontrare uno dei vostri allenatori.. Christian Parker.

- Vuoi iscriverti e avere Christian come personal trainer?

- No. Io vorrei incontrarlo adesso se possibile, sono.. un'amica.

Mi guardò con una strana espressione e non la biasimai visto che nemmeno io credevo alle mie parole ma alla fine, inaspettatamente, mi rivolse un altro sorriso.
Controllò qualcosa sul computer e poi mi guardò nuovamente.

- Dovrebbe aver finito proprio adesso quindi se vai da quella parte- mi indicò la porta a vetri bordata di rosso alla fine del corridoio. - dovresti trovarlo.

- Ti ringrazio - le dissi.

- Non c'é di che - mi rispose guardandomi esattamente come   faceva Blair ogni volta che cercava di spingermi a chiedere il numero di telefono a qualche ragazzo.

Perfetto. Non volevo sapere quale idea si fosse messa in testa a proposito di noi due.

Davanti alla porta presi un altro profondo respiro e la spinsi ritrovandomi nel vero centro della palestra. Diversi attrezzi, pesi, tapis roulant e altre cose a cui non avrei saputo dare un nome; due ring si ergevano al centro, apparentemente più sicuri di quelli dello scantinato dell'altra sera. L'aria era carica del sudore e del testosterone dei ragazzi intenti ad allenarsi e che sembravano non essersi accorti della mia presenza. Il che era un bene visto che non amavo essere al centro dell'attenzione e tanto meno di quella di una cinquantina di ragazzi grandi e grossi.

Mi avvicinai ai ring e fu allora che lo vidi. Con le braccai portate in avanti a parare i colpi, i muscoli che guizzavano ogni volta che si muoveva di scatto e le sue labbra che si muovevano impartendo ordini e incoraggiamenti. Il sudore che gli aveva bagnato leggermente i capelli, scendeva a goccioline sulla sua fronte e sul resto del suo viso tracciando il profilo dei suoi lineamenti. Gli occhi color miele fissi e concentrati sul suo avversario. Ancora una volta rimasi ipnotizzata guardandolo e pensando a quanto fosse il ragazzo più sexy che avessi mai incontrato nei miei ventidue anni. E, soprattutto, mi convinsi ancora di più di aver fatto la scelta giusta decidendo di cercarlo: volevo davvero conoscere di più quell'affascinante ragazzo che era venuto in mio aiuto per ben due volte.

Rimasi a osservarlo per i successivi cinque minuti, né lui né l'altro ragazzo che stava allenando diedero segno di avermi notata. Fu solo quando Christian abbasso le braccia e disse: - Per oggi basta così, che Caleb (così l'aveva chiamato durante l'allenamento) mi notò appoggiandosi alle corde del ring proprio di fronte a me.

- Mi passi quella? - mi chiese facendo cenno con la testa verso una delle due bottigliette d'acqua appoggiate a terra proprio accanto ai miei piedi. Aggrottai la fronte mentre mi abbassavo per prenderla, stupendomi di non averle notate e gliela passai mentre si sfilava i guantoni.
Lui mi sorrise prima di  prendere una lunga sorsata. Lo osservai dal basso della mia posizione: anche lui era piuttosto atletico, un po' meno robusto di Christian e tatuaggi sparsi qua e là sulle braccia; aveva i capelli ricci e castani, abbastanza lunghi da sfiorargli le spalle e gli occhi castano scuro. Finì di bere e mi guardò facendomi l'occhiolino.

- Grazie.. - cominciò aspettandosi che completassi la frase.

- Thia - finii per lui.

- Grazie Thia - ripeté di nuovo.

- Io sono Caleb e..

-.. E te ne stavi andando.

Una voce dietro di lui terminò la frase aggiungendosi alla conversazione. Riconobbi immediatamente quel timbro roco.
Christian si affiancò a Caleb guardandomi con i suoi occhi color miele.

- Ciao - dissi esitante spostando la mia attenzione verso di lui.

- Ciao Thia - mi rispose. Pronunciò il mio nome lentamente, per la prima volta e io non potei fare a meno di notare quando suonasse bene detto da lui.
Che stupida.

Caleb sbuffò uscendo dal quadrato attraverso le corde e disse qualcosa tipo: - Dovevo immaginarlo che era venuta qui per te.

Quel commento che mi fece domandare se fossero molte le ragazze che frequentassero la  palestra per starlo a guardare mentre si allenava o per allenarsi con lui (vista anche la domanda che mi aveva posto con disinvoltura Camille). Non potevo certo biasimarle dato che osservare Christian impegnato a fare quello che gli riusciva meglio era uno spettacolo per gli occhi ma allo stesso tempo trovavo fastidioso che altre gli girassero attorno.

- Che cosa ci fai qui, dolcezza? - mi domandò usando questa volta il nomignolo di quella sera.

Arrossi leggermente. - Beh, tu non mi chiamavi, così..

Scosse la testa e si prese il labbro inferiore tra i denti per evitare di sorridere. Ovviamente, quel gesto catturò immediatamente il mio sguardo sulla sua bocca e avvampai immaginandola sulla mia, a mordere il mio labbro.

- Vieni - mi disse prendendomi per mano.

E io, ancora una volta lo seguii.

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