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Capitolo 15

Mi sarei aspettata qualsiasi cosa.

Non un caveau bancario di quelli che si vedono solo nei film d'azione, massima sicurezza e due energumeni armati davanti alla porta blindata con gli sguardi che intimavano anche solo a respirare nel modo sbagliato per dargli un pretesto per spararti una pallottola dritta in fronte. Dovetti dare atto che un vecchio bar era la copertura perfetta per quest'attività. Chi avrebbe mai sospettato che ci potesse essere quella zona al di sotto?

Forse la paura alterava la mia percezione ma mi sembrava di essere la protagonista di un dannatissimo film di serie scadente quel giorno. Era tutto così surreale.

E quei due uomini enormi erano davvero dei giganti. Due armadi a due ante posti ognuno ad un lato della grande porta metallica, braccia incrociate e con tanto di pistole nelle fondine ascellari e nella cintura attorno ai fianchi.

- Tranquilla - disse una voce alla nostra destra. - Sono innocui come cuccioli.

Facevo fatica a crederci. E quando la voce continuò chiedendo: - Non è vero, ragazzi?, e i ragazzi non mossero un muscolo restando stoici nelle loro espressioni minacciose, il tizio che aveva parlato perse ogni credibilità.

- Ciao, Jack.

Solo a quel punto focalizzai l'attenzione sull'uomo in questione, poco più basso di Christian, con i capelli sale e pepe e una folta barba grigiastra ma ben curata. Gli occhi azzurri sorridenti dietro la montatura rotonda. Indossava un completo blu scuro con sotto una camicia bianca e le bretelle grigie dello stesso colore del fazzoletto nel taschino.

Jack mi scrutò per una manciata di secondi sempre mantenendo il sorriso cordiale. - Non mi avevi detto che era così carina.

Christian sospirò esageratamente scuotendo la testa con finta esasperazione. - Non provarci nemmeno. Sei troppo vecchio per lei, vecchio.

Nonostante sembrasse che lo stesse insultando, nel suo tono si avvertiva l'ammirazione e il rispetto (e anche l'affetto) che provava per quell'uomo. Mi chiesi se il loro rapporto non fosse molto più stretto rispetto a quello tra un cliente e il suo..ehm..custode di denaro (proprio non sapevo come definire questa cosa).

- Attento a come parli, moccioso. Sarò anche vecchio ma so ancora come farti abbassare la cresta - replicò Jack con voce grossa, senza abbandonare il sorriso. - E presentami la bellissima ragazza al tuo fianco. Mi sembra di averti insegnato le buone maniere, maledizione.

- Jack, lei è Thia - annunciò subito e poi si rivolse a me. - Dolcezza questo è Jack, l'uomo più vicino ad un padre che abbia mai avuto.

Jack fece un passo in avanti e mi prese la mano baciandone il dorso con fare galante. - È un piacere, Thia. Questo moccioso non faceva altro che parlare di te ma non voleva che ci conoscessimo.

Sorrisi debolmente. - Spero abbia detto solo cose belle.

- Non sarebbe qui a conversare con noi se non l'avesse fatto - rispose Jack. - Quando l'ho conosciuto era un dannato ragazzino indisciplinato e sempre arrabbiato. Ho dovuto raddrizzarlo per bene e la prima regola che gli ho insegnato è il rispetto per la propria donna, sia che lei sia presente o meno.

Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più in proposito. Se quell'uomo era stato una figura paterna ed un esempio per Christian volevo davvero approfondire la sua conoscenza e farmi raccontare tutto ciò che sapeva sul mio pugile. Sarebbe stata la versione aggiornata del "lascia che ti mostri le sue foto da piccolo" delle mamme.

Ma Christian grugnì spegnendo ogni mia possibile domanda sul nascere. - D'accordo, vecchio. Smettila di parlarle male di me.

- Le sto solo facendo capire chi deve ringraziare per essersi innamorata dell'uomo che sei oggi e non di quel moccioso impulsivo di allora.

Il mio sorriso si aprì. Jack mi piaceva e mi piaceva ancora di più il modo in cui guardava con orgoglio il ragazzo al mio fianco. Ero sicura che come me, anche lui credesse in Christian e  nelle sue capacità.

Christian sbuffò. - Darò la colpa a te se deciderà di lasciarmi.

- Se deciderà di lasciarti, sarà solo perché te lo sei meritato - ribatté sistemandosi la montatura sul naso.

Strinsi la mano di Christian. - Non ti lascerò - dissi d'impulso guardandolo. Lui ricambiò la stretta e mi guardò a sua volta. In quel momento scorsi tutto l'amore che provava per me attraverso i suoi occhi color miele e il mio cuore palpitò nel petto.

- No, non lo farai perché lo ami, a tal punto da seguirlo in questo inferno - disse piano Jack improvvisamente. - Tienila stretta, Christian. È quella giusta.

- Cazzo se lo é - concordò senza staccare gli occhi dai miei.

- Non dire parolacce di fronte a Thia - lo rimproverò Jack subito incrociando le braccia al petto. - Sai una cosa, mia cara ragazza, dimentica quello che ho detto e lascialo. Trovati un vero uomo: magari uno con più esperienza e che saprà trattarti come meriti.

- Piantala vecchio, lei resta con me - ribatté Christian facendo passare un braccio intorno al mio fianco e avvicinandomi a lui per ribadire il concetto. - E non sono venuto qui perché tu cerchi di portarmela via.

Quelle ultime parole provocarono l'improvviso cambiamento nell'espressione di Jack. L'uomo abbandonò il suo sorriso cordiale e divenne improvvisamente serio mentre si portava le mani delle tasche del pantalone elegante. - Andiamo nel mio ufficio - dichiarò. Si girò alla sua sinistra e aprì una porta che prima non avevo notato, probabilmente perché si mimetizzava completamente con il muro tranne che per la maniglia che era l'unica a sporgere e dare qualche indizio della presenza di una stanza. Christian mi invitò a precederlo e ad entrare dopo Jack.

L'ufficio era nello stesso stile del bar al piano di sopra, un grande cambiamento rispetto alla sofisticatezza e all'avanguardia dello spazio in cui ci trovavamo prima. Al centro in fondo alla sala si trovava la grande scrivania e le sedie in legno scuro. C'era persino un piccolo angolo bar sulla destra e e un tavolo da biliardo su cui riposavano una stecca e qualche pallina colorata.

Jack si sedette dall'altro lato della scrivania e ci fece cenno di accomodarci, prima di appoggiare i gomiti sul tavolo e intrecciare le dita davanti a noi.

- D'accordo, Christian. Dimmi tutto.

- Ho un piano e ho bisogno che tu mi faccia due favori.

- Va avanti.

- Incontrerò il Boss questa sera - asserì. Osservai Jack per vedere la sua reazione ma l'uomo rimase fermo e in attesa che il pugile continuasse. Christian gli raccontò del mio incontro con Gwen e di tutti i dettagli del piano A che avevamo delineato con i ragazzi una settimana prima. - Cercherò di farlo parlare e mi serve qualcosa in grado di registrare la conversazione.

- L'ho sempre detto che quella ragazza portava solo guai - commentò Jack sprezzante. - Ti rendi conto dei rischi che corri? - domandò senza aspettarsi una risposta. - Mettiamo che il piano funzioni, se non muori, potrebbero decidere di farti passare qualche anno in prigione.

- Non possono farlo - esclamai. - Lui é stato costretto a lavorare per il Boss.

Gli occhi di Jack si addolcirono. - Lo so, Thia ma si chiederanno anche perché ci abbia messo così tanto a rivolgersi alla giustizia e tutti gli incontri che ha svolto in tutti questi anni sono comunque contro la legge. Un buon avvocato troverebbe un pretesto per sbatterlo facendolo passare per un suo complice.

- Ma..

Christian diede una stretta alla mia mano. - É tutto okay, dolcezza - disse calmo. - Sono pronto ad affrontare qualsiasi conseguenza ma voglio mettere la parola fine a tutto questo.

- Ti fornirò ciò di cui hai bisogno - intervenne Jack prendendo la sua decisione. - Qual é il secondo favore?

- I soldi. Se mi dovesse succedere qualcosa voglio che Thia e Tyler se li dividano.

- Solo Tyler - mi intromisi decisa. - Io non li voglio.

- Sei un uomo davvero fortunato, moccioso. - Jack sorrise e scosse la testa incredulo. - Ecco che cosa faremo: Tyler prenderà la sua parte e il resto lo lasceremo qui, deciderai in seguito che cosa farne. Nel frattempo, io e i miei uomini ci assicureremo che tu sia sempre al sicuro e protetta finché sarà necessario.

- Okay - convenni. Mi sembrava un compromesso accettabile.

- Grazie, Jack.

- Non ringraziarmi, sarò sempre dalla tua parte. E sono molto fiero di te ma non farti ammazzare.

Le labbra di Christian si incurvarono verso l'alto. - Ci proverò, vecchio.

Stare seduta ad aspettare fu una tortura.

Da più di due ore continuavo a fissare un punto indefinito sul muro davanti a me, consapevole della presenza di Blair al mio fianco che cercava di tranquillizzarmi e quella di Tyler, Caleb e Jessie sparsi per il soggiorno della casa di Christian, silenziosi e tesi. Più di due mesi prima mi ero ritrovata in una situazione simile, aspettando che il mio pugile tornasse sano e salvo dopo lo scontro contro gli amici dell'ex-ragazzo di Blair. Eppure questa volta mi sentivo infinitamente peggio.

Christian era completamente solo, pronto a scontrarsi con un uomo che in moltissimi era riuscito a mettere in piedi un impero criminale molto potente e in grado di manovrare le mosse delle persone che gli stavano intorno. In quel momento per Christian era come stare intrappolato nella rete di un grosso ragno nella speranza di riuscire a liberarsi prima di diventare la sua prossima vittima.

Ti prego, lo amo così tanto. Non portarmelo via.

Mi raggomitolai su me stessa portando le ginocchia al petto e abbracciandole con le braccia. Avevo bisogno di Christian, avevo bisogno di sentire ancora la sua voce roca chiamarmi dolcezza, avevo bisogno di sentire la sua pelle sulla mia quando dormivamo insieme o avevamo appena finito di fare l'amore, avevo bisogno che mi abbracciasse e mi stringesse a sé. Ne avevo bisogno per il resto della mia vita.

Ti prego, ti prego, ti prego. Torna da me.

Man mano che il tempo scorreva, il mio cuore si faceva sempre più pesante e faticavo a trattenere le lacrime. Non mi ero mai sentita così persa e angosciata, era come se ogni minuto che passasse da una parte qualcosa dentro di me si stringesse come una morsa aumentando la mia disperazione mentre dall'altra parte restava una piccola fiamma di speranza e queste due forze continuassero a scontrasi per prendere il sopravvento.

Erano passate soltanto tre ore. Sospirai tremante e lanciai un'occhiata all'orologio vedendo le lancette scorrere in modo penosamente lento. Avevamo stabilito che se Christian non si fosse fatto vivo entro ventiquattro ore avremmo contatta la polizia e denunciato tutto ma quelle ventiquattro ore cominciavano a sembrarmi infinite. Continuavo a pensare che avessimo dato al Boss troppo tempo a disposizione e che tutto quel tempo fosse abbastanza per far sparire ogni traccia di sé.

Il mio motivo sei tu. Tu, Thia Harrison, ne vali la pena.

Mi hai chiesto di crederci. Ora ci credo.

Un cellulare squillò. La mia testa scattò subito in direzione di Tyler, lo osservai tirarlo fuori dalla tasca del jeans sgualcito e guardare accigliato il mittente.

- Pronto?

Tyler ascoltò chiunque stesse parlando dall'altro capo della linea poi il volto del rosso sbiancò all'improvviso mentre si alzava in piedi e correva verso la porta d'ingresso. Ebbi il brutto presentimento che la chiamata avesse a che fare con Christian. E lo stesso fu per Caleb, il quale si alzò e lo rincorse.

Feci per muovermi anche io, con il cuore che mi pompava nella cassa toracica.

- No, Thia - mi fermò Caleb sulla soglia. - É meglio se stai qui, potrebbe essere pericoloso.

Così rimasi in piedi, in mezzo al corridoio, con le mani tremanti e la stretta che mi stritolava sempre più forte, in attesa.

Poi divenne tutto un incubo.

Vidi i ragazzi portare dentro il corpo inerme di Christian e la testa ciondolante, interamente ricoperto di sangue che gli macchiava i vestiti e colava a gocce sul pavimento. E non mi accorsi di stare urlando il suo nome finché Tyler non gridò a Blair di tenermi lontana per farli passare e ordinò a Caleb di portarlo nella vasca.

Registrai la voce di Jessie sussurrarmi ripetutamente: - É vivo, Thia. É vivo.

Registrai lo scrosciare dell'acqua proveniente dal bagno e le voci Tyler e Caleb che discutevano.

- Voglio andare da lui - singhiozzai forte liberandomi dalla presa di Blair e correndo verso la porta in fondo al corridoio. Camminai sulle piastrelle bianche ora macchiate di rosso e passai attraverso i ragazzi. L'acqua mi bagnò in poco tempo, appiccicandomi i capelli al viso e facendo aderire i vestiti al corpo non appena mi buttai nella vasca in cui giaceva Christian. Mi misi a cavalcioni su di lui stando attenta a non schiacciare il suo corpo.

- Christian - ansimai mentre gli prendevo il volto tumefatto tra le mani e poggiavo la fronte sulla sua.

- Ha perso i sensi - disse piano Tyler.

Lo vedevo anch'io che aveva perso i sensi. Vedevo anche la sua pelle gonfia e graffiata. Vedevo i lividi che si stavano formando dove era stato colpito particolarmente forte.

- Andatevene - sibilai senza smettere di accarezzare la faccia contusa. Non protestarono.

Quando finalmente restai sola con lui chiusi gli occhi e lo baciai leggera sulle labbra.

Che cosa ti ha fatto.

Cominciai a spogliarmi con gesti misurati. Feci lo stesso con lui, con qualche difficoltà per via dell'acqua e del peso del suo corpo, finché non ritrovammo interamente nudi con l'acqua che scorreva sui nostri corpi, lavando via il sangue. Riacquistata la lucidità, gli accarezzai il petto muscoloso e le gambe per controllare che non ci fossero fratture o ossa rotte. Con mio grande sollievo mi sembrò che fosse tutto a posto, tranne forse per qualche costola incrinata ma niente di estremamente grave. I graffi e i piccoli tagli sulla pelle sarebbero guariti in un mese al massimo, i lividi in un paio di settimane. A quel punto avrebbe avvertito solo un lieve dolore.

Questo significava che il Boss aveva voluto fargli male solo in modo superficiale, perché se così non fosse stato immaginavo che avrebbe potuto ferirlo maggiormente, addirittura ucciderlo. Non mi rimasi nemmeno a chiedermi perché. Dopotutto Christian restava sempre il suo miglior pugile.

Una volta sicura di averlo pulito abbastanza bene e l'acqua smise di assumere un colore rosata, uscii dalla vasca. Presi uno degli asciugamani appesi e mi ci avvolsi prima di avviarmi verso la porta. Chiamai i ragazzi tenendo d'occhio Christian, ancora privo di sensi.

- Potreste portarlo a letto?

Caleb e Tyler annuirono e fecero come avevo chiesto loro, senza fare una piega per il fatto che il loro amico fosse nudo. Lo adagiarono sulle coperte e poi si recarono fuori dalla camera. Tyler si chiuse la porta alle spalle.

Lasciai cadere l'asciugamano a terra ed entrai nel letto mettendomi al suo fianco. Lentamente spostai il suo busto in modo che la testa poggiasse sul mio petto accarezzandogli dolcemente i capelli.

- Ti amo - sussurrai nell'oscurità. Non so quando mi addormentai.

Il piano A era fallito.

Tutti quegli sbalzi d'umore e la preoccupazione che mi avevano accompagnata negli ultimi giorni mi lasciarono completamente stanca e spossata. Mi svegliai assonnata ma ci vollero solo un paio di secondi perché il mio cervello si riattivasse, riportandomi bruscamente alla realtà.

Nei momenti successivi mi accorsi che il corpo di Christian non si trovava più nel letto accanto al mio e che al suo posto si trovavano solo le lenzuola stropicciate e con delle macchie sbiadite di rosso. Pensai con orrore che alcuni dei graffi non avessero smesso di sanguinare durante la notte e mi rimproverai per non essere rimasta sveglia a vegliare su di lui e agire nel caso si fosse lamentato durante la notte.

Mi alzai velocemente dal letto, quasi inciampando tra le coperte, e cercai qualcosa da mettermi nella stanza. Raccolsi una maglietta rossa accasciata sulla sedia e me la misi prima di avviarmi in corridoio alla ricerca di Christian. Arrivata in cucina lo trovai seduto al bordo del bancone, il petto nudo con la pelle arrossata e livida, una mano appoggiata all'altezza delle costole e le lunghe gambe coperte da un pantalone grigio della tuta distese e incrociate. Non appena varcai la soglia mi guardò intensamente senza dire una parola.

Non badai a Tyler e Caleb mentre correvo verso di lui. Gli presi il viso tra i palmi come avevo fatto ieri sera e lo scrutai attentamente. Il gonfiore si era attenuato leggermente grazie al riposo. Quasi piansi di fronte a quegli occhi color miele che avevo temuto di non rivedere più.

Christian si chinò leggermente sfiorandomi con un bacio. - Sto bene, nursy. Sono qui.

Non dissi niente, mi limitai ad affondare il viso nell'incavo del suo collo lasciandomi andare contro di lui. Christian circondò la mia vita con un braccio stringendomi a sé e poggiando il mento sulla mia testa.

- Che cosa succederà adesso? - parlai contro la sua gola soffocando un singhiozzo.

- Dovrò combattere stanotte e dovrò perdere - rispose chiaramente. - Uccidermi ieri avrebbe destato troppi sospetti. Perdere l'incontro di stanotte equivale a porre fine alla carriera di KAYO..

- ..E a quel punto, lui non avrebbe più bisogno di te - concluse Tyler.

Dio, era orribile ciò che aveva in mente di fare. Avrebbe costretto Christian a farsi battere, che da quello che avevo capito era una delle cose peggiori che potesse capitargli. In questo modo avrebbe perso l'ammirazione e l'interesse degli spettatori che avrebbero cominciato a seguire il nuovo campione, dimenticando il vecchio. Le scommesse su Christian sarebbero crollate e lui sarebbe passato dall'essere KAYO ad essere niente. E non c'era posto per i perdenti nell'élite del Boss.

Quello gli avrebbe dato il pretesto per sbarazzarsi di lui, senza destare alcun sospetto sulla sua improvvisa scomparsa. In caso contrario, troppe persone si sarebbero domandate dove fosse finito KAYO, chiedendosi come mai avete smesso di combattere da un momento all'altro e facendo scattare un allarme. L'incontro di quella notte avrebbe reso tutto molto più semplice per quel bastardo.

- Sarò il tuo secondo - affermò Caleb.

Christian non ne aveva mai avuto bisogno prima di allora. Aveva sempre combattuto solo senza nessuno che gli facesse assistenza o che gli desse alcun consiglio ma capivo la richiesta di Caleb. Voleva restargli vicino ed essergli di supporto quella sera.

- Grazie, amico.

Avrei voluto fare lo stesso e non separarmi da lui nemmeno un secondo ma feci in tempo a passare qualche ora con lui, medicandolo e prendendomene cura, prima di dover andare al lavoro quel pomeriggio. Facemmo l'amore piano e teneramente e quando entrambi raggiungemmo l'orgasmo nello stesso momento dalle nostre labbra uscirono le parole 'ti amo' ripetute più e più volte. A malincuore mi separai da lui per farmi la doccia e indossare la divisa, che avevo lasciato in casa sua consapevole che avrei passato da lui gli ultimi giorni.

Quando arrivai in negozio Blair si trovava già lì. Era tornata a casa insieme a Jessie quella mattina, dopo essersi accertata che andasse tutto bene. La salutai e la aggiornai su ciò che sarebbe successo quella notte.

La mia amica mi abbracciò. - Andrà tutto bene. Christian é forte e se la saprà cavare.

- Mi ha promesso che sarebbe tornato da me - sussurrai senza senso. Era il pensiero a cui continuavo ad aggrapparmi per evitare di crollare.

- E lo farà - mi rassicurò convinta.

Ci mettemmo al lavoro e cercai disperatamente di non pensare a quella brutta situazione. Sforzandomi di concentrami sul servire i clienti e svolgere le mie mansioni mantenendo il sorriso. Melanie mi guardò interrogativa un paio di volte, probabilmente capendo che qualcosa non andava, ma non fece domande inopportune alle quali non avrei risposto.

Continuavo a pormi abbastanza domande da sola per riuscire a sopportare che qualcun'altro mi tormentasse. I dubbi riguardo a come ce l'avremmo fatta ad uscire da tutto questo erano un peso schiacciante più che sufficiente.

- Thia Harrison?

Il mio cuore perse di un battito nel sentire una voce maschile alle mie spalle.

- No, non voltarti - aggiunse l'uomo. - Rispondi e basta.

Presi un profondo respiro. - Si, sono io.

- Bene - continuò parlando nell'orecchio con voce nasale. - Hai una pistola puntata alla schiena per cui non fiatare e ascoltami attentamente. Adesso, andrai dal tuo capo e le dirai che hai finito per oggi e che te ne stai andando. Poi mi seguirai senza opporti. Sono stato chiaro?

Annuii muovendo piano la testa. - Il fatto é questo, c'é un altro uomo sul retro ed é armato quindi se ti metti a urlare o provi a scappare noi spariamo. E sono sicuro che non vuoi che la tua amica passi a miglior vita proprio oggi.

Oh Dio, Blair. 

Scossi la testa. - Allora, sbrigati.

Avvertii una leggera pressione nella parte bassa della schiena e capii che doveva essere la sua pistola. Mi irrigidii all'istante. Un attimo dopo la pressione sparì e allora feci come aveva detto, cogliendo il suo avvertimento.

Attraversai il negozio, vuoto visto l'orario di chiusura imminente, e mi incamminai verso il retro alla ricerca di Mel. I miei occhi guizzarono in giro fino ad incontrare la figura dell'uomo nascosto dietro gli scatoloni a meno di due metri da dove si trovava il mio capo. Quello doveva essere il secondo uomo, intuii cominciando a sudare freddo.

- Mel - la chiamai attirando la sua attenzione e cercando di atteggiare un sorriso. - Io per oggi ho finito. 

- Okay - fece. I suoi occhi assunsero un'espressione preoccupata. - Stai bene? Mi sei sembrata un po' nervosa ultimamente.

- Grazie dell'interessamento ma sto bene. Ci vediamo domani - dissi in fretta prima che potesse aggiungere altro. Uscii dal retro, salutai anche Blair, pregandola con lo sguardo di non fare niente, e me ne andai.

Quello che immaginai fosse l'uomo che mi aveva parlata, un tizio alto, pallido e vestito interamente di nero mi aprì la portiera di un furgone parcheggiato di fronte al negozio e mi fece cenno di entrare. Con il cuore in gola salii sul veicolo e lui fece lo stesso mettendosi al posto accanto al mio. Nello stesso momento si aprì la portiera sul davanti e quello che doveva esseri appostato sul retro salì occupando il posto del passeggero a fianco ad un altro uomo seduto  davanti al volante.

Il furgone partì sgommando.

Lanciai un'occhiata attraverso i vetri oscurati del finestrino chiedendomi dove fossimo diretti ma non mi azzardai ad emettere un suono. Ero spaventata, mi tremavano le mani e rischiavo di perdere i sensi proprio lì.

L'uomo alla mia destra estrasse un cellulare dalla tasca della giaccia leggera digitando un solo tasto e portandosi il l'apparecchio all'orecchio.- É qui con noi - disse. Ci fu una pausa. - No. - Un'altra paura. - D'accordo.

La conversazione si concluse. Temetti di sapere con chi stava parlando.

Per tutta la durata del viaggio tenni gli occhi bassi cercando in ogni modo di tranquillizzarmi. Formulavo pensieri tipo 'andrà tutto bene', 'verrano a prendermi' e 'non mi faranno del male'. Ovunque mi stessero portando non poteva trattenermi lì. Avevo una famiglia, degli amici, un lavoro ed ero sicura fossero consapevoli che una mia mancanza troppo lunga non sarebbe passata inosservata.

- Scendi.

Ubbidii all'ordine dell'uomo che aveva guidato. Il parcheggio sotterraneo in cui aveva fermato il furgone era buio se non per la luce fioca proveniente dal soffitto. I tre uomini mi circondarono, due ai miei lati e uno dietro di me. Mi sentii soffocare dalla loro presenza, essendo molto più alti di me e più grossi, completamente vestiti di nero mi fecero sentire come inghiottita in un buco senza via di uscita.

Cominciarono a camminare fino all'ascensore a pochi passi, provocando l'unico rumore in tutto il perimetro con i loro pesanti scarponi. Quello dietro di me schiacciò il pulsante di chiamata. Mantenni per tutto il tempo lo sguardo rivolto alle mie scarpe mentre l'ascensore saliva e poi si fermava dopo solo un piano. Alla fine le porte si aprirono.

- Benvenuta a casa mia, Thia.

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