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Capitolo 14

Fu come se non ne avessino mai discusso.

Era passata poco più di una settimana da quando ci eravamo riuniti nel soggiorno di Christian e avevamo delineato il piano per smantellare l'organizzazione del Boss.

Due giorno dopo Christian aveva partecipato ad un incontro (una volta che Jessie ne era venuta a conoscenza aveva fatto di tutto per venire e Ty l'aveva accontenta senza obiezioni, quel ragazzo era veramente perso per la sua ragazza e anche Jessie non era da meno nonostante il carattere di Tyler..beh, alla Tyler), i ragazzi avevano dato inizio all'operazione spargendo la voce tra gli spettatori che KAYO voleva parlare con il Boss, nella speranza che qualche suo uomo presente avrebbe riferito il messaggio.
A distanza di cinque giorni, dall'altra parte era silenzio radio.

Probabilmente avrei dovuto sentirmi frustrata almeno quanto si sentisse Christian ma non lo ero. Dio, ero addirittura sollevata che il Boss non volesse parlare con lui e che forse non avrebbe mai voluto parlargli perché questo significava che il mio pugile non avrebbe corso alcun rischio e non si sarebbe lanciato in questa missione suicida.

E allo stesso tempo mi sentivo la persona più spregevole del mondo, visto che ero stata io a spronarlo a ribellarsi e cambiare la sua condizione e poi nella mia testa tifavo per il contrario. Ma almeno sarebbe rimasto vivo.

Comunque non avevo parlato con lui del conflitto che si agitava dentro di me. Lui sembrava così determinato e io non riuscivo a sostenerlo come avrei voluto. Continuavo a pensare solo che se davvero il piano A fosse stato messo in atto, lui avrebbe potuto finire sottoterra (o nella peggiore delle ipotesi in un fiume, in un cassonetto o in un bagagliaio ricoperto di sangue. Come diavolo era il protocollo delle organizzazioni criminali per sbarazzarsi dei corpi? Non volevo nemmeno pensarci) e non l'avrei più rivisto. E al diavolo la sua libertà, la sua carriera come professionista e un possibile futuro insieme.

Avevo solo paura di perderlo da un momento all'altro.

- Parlami, dolcezza.

La voce di Christian penetrò nella nebbia dei miei pensieri riportandomi alla realtà e allentai la presa delle mie braccia intorno al suo petto. Avevo cominciato a stritolarlo involontariamente come per timore che mi potesse lasciasse sul serio proprio in quell'istante..
Spostai lontano da lui la gamba che avevo incastrato tra le sue subito dopo aver fatto sesso nella sua camera da letto. Era la nostra seconda volta ed era stato bello, non avevo ancora raggiunto l'orgasmo ma non avevo provato né fastidio né dolore a seguito della penetrazione e il resto era stato molto molto piacevole (Christian mi aveva fatta venire due volte prima di entrare dentro di me).

Christian mi prese il mento tra le dita e lo sollevò in modo che lo guardassi nei suoi fantastici occhi color miele. - Ultimamente la tua dolce testolina sta lavorando il doppio.

- Non è..niente - feci. - Io..

- Qual è il problema? - insisté sfiorandomi la guancia.

- Non farlo - sussurrai.

Christian sospirò. - Thia, è..

- È troppo pericoloso - lo interruppi dando finalmente voce ai miei dubbi.

Christian smise di accarezzarmi il viso. - Merda - sbottò. - Credi che non lo sappia? Ho promesso di tenerti al sicuro e con ogni probabilità tu non lo sarai.

Perché cavolo si preoccupava per me quando era lui quello che ci avrebbe rimesso la vita?
E perché cavolo ero quasi sul punto di piangere?

- Chi se ne frega di me, Christian - ribattei. Dio, cominciavo ad arrabbiarmi e avrei davvero preferito non litigare, non dopo essere appena stati insieme. - È troppo pericoloso per te, ti rendi conto che non sei invincibile?

Christian grugnì e cercò di dire qualcosa prima che lo interrompessi di nuovo. - Siamo ancora in tempo per andare dalla polizia visto che lui non si è comunque fatto vedere e..

- Thia.

Il modo in cui mi chiamò mi spavento a morte. Passò qualche secondo di silenzio dopo che pronunciò il mio nome, in cui nessuno dei due disse niente.

No, no, pensai sentendolo irrigidirsi al mio fianco, le labbra strette in una linea dura, prima che chiudessi gli occhi cercando di mantenere il controllo.

- No - dissi ad alta voce e mi sollevai di scatto allontanandomi dal suo corpo nudo. - Odio quando mi chiami così.

- È il tuo nome - replicò confuso alzando un sopracciglio e lasciando cadere il braccio sul materasso.

- Si, ma di solito mi chiami nursy o dolcezza. Mi chiami per nome solo quando sei arrabbiato con me, stai per lasciarmi o dirmi qualcosa che non mi piacerà.

Le sue sopracciglia si arrampicarono sulle sue fronte. - Davvero?

Annuii. - Si, Christian.

- Immagino che sia così visto che sto per dirti qualcosa che non ti piacerà - rifletté ad alta voce prima di guardarmi dritta negli occhi e dire: - Parlerò con lui domani sera.

- Era esattamente di questo che parlavo - dissi e mi resi conto di avere già le lacrime agli occhi. Mi districai in fretta dall'abbraccio e scesi dal letto dandogli le spalle, raccolsi la mia maglietta da terra e me la infilai con gesti bruschi.

- Thia - mi chiamò di nuovo Christian. Sentivo che si muoveva tra le lenzuola ma lo ignorai e continuai la mia ricerca delle mutandine.

Non so perché reagii in quel modo. Avevamo evitato di parlarne tutta la settimana e avevo quasi cominciato a sperare che il Boss non avrebbe accolto la richiesta di Christian e avremmo potuto trovare un altro modo, uno che non comprendesse che lui si buttasse in mezzo al pericolo e che rischiasse la vita. Avevo cercato di non pensarci ma ora..ora tutto questo mi stava piombando addosso come un macigno. E non ero pronta. Non lo ero.

- Da quanto lo sai? - gli chiesi con voce rotta incrociando le braccia al petto.

- Uno dei suoi uomini ha chiesto di me in palestra questa mattina - disse lentamente.

Dio. Espirai a fondo.

Uno dei suoi uomini aveva chiesto di lui quella mattina in palestra ed io lo venivo a sapere solo ora. E io lo venivo a sapere soltanto ora. E, per di più, lo disse con un tono così tranquillo, come se non fosse il dannato segnale che aspettavamo da giorni per dare inizio a quel piano suicida.

E no, non mi stavo arrabbiando.

- Thia, vieni qui - mi disse mentre mi infilavo il perizoma bianco. - Vieni qui, nursy.

Mi voltai verso di lui strattonando le mutandine su per le gambe ma rimasi dove ero e mi pulii le lacrime con forza.  - Odio tutto questo. Lo odio.

- Lo so, piccola - mormorò e la sua espressione si fece più dolce, come se stesse cercando di calmare un cane rabbioso o un bambino imbronciato, cosa che riuscì a farmi incazzare di più.

- Perché devi farlo per forza? - domandai asciugandomi le lacrime con rabbia. - Perché non lasciare fare alla polizia?

Christian allungò il busto sporgendosi dalle coperte e mi prese per il polso prima che potessi allontanarmi. Mi tirò fino a che non mi trovai a cavalcioni sulle sue gambe, con lui appoggiato di schiena alla testiera del letto.

- Adesso, ascoltami - ordinò poggiandomi le mani suo fianchi. - Non so come andranno le cose dopo domani sera, il piano potrebbe non funzionare e tutto potrebbe andare a puttane. A quel punto mi ucciderebbero senza battere ciglio.

- Sta zitto! - inveii. Ormai stavo raggiungendo il punto limite, ne ero certa.

Lui accennò un sorriso ambiguo di fronte alla mia reazione e strinse la presa sulla mia vita. - Ma sai una cosa, dolcezza? Mi andrebbe bene anche morire così.

Il cuore mi sprofondò nel petto e mi venne da vomitare.

Oh mio Dio, come può parlare così?

- Smettila! - urlai mentre mi divincolavo per sfuggire alla sua stretta che si faceva sempre più serrata.
E come se non bastasse non riuscivo a fermare quelle stupide lacrime.

- Ho odiato me stesso tutta la vita per essere diventato il suo burattino, per aver fatto del male alle persone a cui tenevo e per aver permesso che qualcun altro facesse loro del male - ammise. - So che pensi che non sia colpa mia ma ne ho bisogno. Questa è la mia possibilità di riscatto e non posso starmene semplicemente fermo in un angolo a guardare altri risolvere il casino che ho combinato io. 

- Basta, Christian - singhiozzai guardando il suo bel volto completamente impassibile all'idea di un fallimento. - Sta zitto!

Non mi resi nemmeno conto di stare sbattendo i pugni contro il suo petto nudo finché non mi agguantò i polsi tra le sue mani grandi.

- Non ho mai capito realmente quanto volessi lottare finché la mia piccola e dolce Thia mi è caduta tra le braccia mentre stavo per salire a battermi sul ring e mi chiedevo perché cazzo lo stessi facendo di nuovo.
È stata lei a darmi una vera motivazione.
Il mio motivo sei tu.
Tu, Thia Harrison, ne vali la pena - pronunciò con enfasi. - Questo potrebbe essere il mio ultimo incontro ma per la prima volta combatterei per qualcosa, combatterei per la ragazza che amo e, vincitore o perdente, ne sarei orgoglioso - dichiarò. - E, comunque - aggiunse con un ghigno - c'è un motivo se mi chiamano KAYO e non perdo mai un incontro, dolcezza: io sono fottutamente bravo.

- Non mi sembra proprio il momento di parlare per metafore e scherzare quando stiamo parlando della tua morte - lo rimproverai con le lacrime agli occhi.

- Mi hai chiesto di crederci - replicò. Lasciò i miei polsi e portò le mani a circondarmi il collo, tirandomi la testa in avanti in modo che le nostre fronti si toccassero e i nostri occhi fossero allineati. - Ora ci credo.

Guardai dentro quei profondi buchi color miele e allora lo capii. Per lui era davvero importante farlo, forse era l'unico modo perché finalmente si liberasse del peso del suo passato.
E adesso che ci credeva veramente, non potevo fargli mancare il mio sostegno.

- Ti amo - sussurrai ad un soffio dalle sue labbra.

Christian sorrise e mi accarezzò la guancia asciugando una lacrima. - Allora adesso smettila di piangere e fa l'amore con me. Ho bisogno di perdermi nella ragazza che amo almeno un'ultima volta.

- Non sarà l'ultima volta.

- No, non lo sarà - disse e mi baciò leggero sulle labbra.

- Dico sul serio, Christian. Vedi di tornare da me.

- Tornerò da te - promise.

E poi non dicemmo più niente perché la sua bocca catturò la mia cancellando in un attimo tutte le mie paure e preoccupazioni.

Mi ritrovai sotto di lui, con le gambe avvinghiate al suo corpo nudo, di nuovo senza i vestiti che Christian aveva provveduto a sfilarmi.

Fu bellissimo.

Christian venerò il mio corpo preparandomi a lui. Credo che gli piacesse avermi sotto di sé alla sua mercé, pronta per lui e ancora di più gli piaceva sentirmi gemere e rabbrividire ad ogni tocco delle sue dita o della sua bocca sulla mia pelle.

Quando fu abbastanza soddisfatto e mi ritenne pronta per lui, mi coprì nuovamente con il suo corpo e allineò le nostre intimità mentre mi baciava lento e bollente. Mi penetrò con altrettanta lentezza e a quel punto dimenticai tutto e mi concentrai solo sulla sensazione di averlo dentro di me. Avevamo deciso di non usare preservativi dopo la nostra prima volta e dopo che Christian aveva scoperto che prendevo la pillola già da qualche mese (precisamente da quando avevo capito che era lui che volevo). Mi fidavo di lui (mi aveva detto di essere sano e gli avevo creduto subito anche senza che mi mostrasse i fogli che lo provavano, cosa che aveva fatto) e avevo accettato senza alcuna obiezione di togliere quella barriera tra di noi.

Non seppi come spiegarlo ma sentii nel profondo che quella volta fu diversa. C'era qualcosa nel modo in cui mi guardò attraverso i suoi magnifici occhi, nel modo in cui mi accarezzò con le sue mani callose, nel modo in cui scivolò dolce e regolare nel mio corpo riempiendomi ad ogni spinta..

- Christian - ansimai mentre una forte scossa di piacere che non avevo mai provato mi attraversò tutta.

La prima volta era stata magnifica, mi ero goduta il suo piacere anche senza avere un vero e proprio orgasmo.
Quando avevamo fatto sesso meno di un'ora prima era stato altrettanto bello e piacevole.

Ma ora, ero in estasi..

Stava..
Arrivando.
Proprio in quell'istante.
Proprio in quell'istante.

- Vieni per me, dolcezza.

Un'altra scossa.

Oh mio Dio.

Mi sembrava di essere un'altleta olimpionica. Avevo salito gli scalini fino al trampolino e poi mi ero tuffata da un'altezza di cinquanta metri, con tanto di piroette e acrobazie per aria.
Solo che invece dell'acqua, io mi ero buttata in una vasca di puro piacere.

E il punteggio finale per la performance era un dieci. Medaglia d'oro, stretta di mano e standing-ovation incluse.

Il piacere fu talmente forte che non potei impedirmi di urlare il suo nome.

Lo avvertii solo distrattamente gemere e mormorare a sua volta 'Thia' finché l'orgasmo non si esaurì lasciandoci entrambi assonnati e soddisfatti. 

- Wow - sussurrai contro il suo petto sudato. Il mio corpo si rilassò contro il suo corpo, modellandosi a lui.

Christian rise roco accarezzandomi distrattamente il braccio. - Puoi dirlo forte, dolcezza.

Quando sollevai la testa verso l'alto e gli chiesi: - Posso averne uno al giorno? -, la sua risata si fece ancora più forte.

- Stai diventando una piccola sfacciata, eh? - borbottò alzando il sopracciglio.

Feci un'alzata di spalle. - Ormai sono entrata nel club.

- Nel club?

- Una cosa tra me e Blair.

Mi baciò la testa fra i capelli color caramello. - Beh, iscrizione al club o meno, vedi di restare la mia dolce e innocente Thia, okay?

- Uhm..

- Orgasmo al giorno, a parte - aggiunse con un sorriso che fece inevitabilmente sorridere anche me.

- Affare fatto - mormorai baciandogli la mascella coperta da una leggera peluria chiara e tracciando con le dita la cicatrice ormai guarita sul suo fianco. Speravo davvero che sarebbe riuscito a rimarginare tutte le sue cicatrici, interiori ed esteriori, una volta che si fosse chiuso questo brutto capitolo della sua vita.

- Nursy?

- Si? - risposi sul punto di addormenti avvolta dal suo calore.

- Ti amo.

- Ti amo anch'io.

Aprii lentamente gli occhi risvegliandomi dal sonno con il sole mattutino che illuminava la stanza. Non ero mai stata così contenta di avere un giorno libero a settimana come quella mattina. Avevo tutta l'intenzione di passarlo con Christian, ora che sapevo che quella stessa sera avrebbe dovuto incontrare il Boss e non sapevamo come sarebbe andata a finire.

Andrà tutto bene. Il bene vince sempre sul male, giusto?

Comunque volevo passare le ore che ci restava insieme e, okay, forse ero leggermente melodrammatica ma avevo davvero bisogno della sua presenza quel giorno o probabilmente sarei impazzita dall'ansia e dalla preoccupazione. Come facevano le mogli dei soldati quando partivano per la guerra ad andare avanti, sapendo che i loro uomini erano là fuori e che forse non sarebbero tornati mai più?

Ci eravamo appena detti 'ti amo'. Non potevo proprio perderlo adesso.

Ecco, stavo per avere un attacco di panico.

- I tuoi pensieri sono talmente forti che non riesco a dormire, dolcezza.

Mi rigirai nell'abbraccio di Christian e incontrai i suoi occhi guardarmi dall'alto. - Ciao - sussurrò.

- Ciao - risposi. - Scusa.

Le sue labbra si incurvarono verso l'alto. - Ero già sveglio da un po' in realtà ma, nursy, smettila di agitarti.

- Scusa - feci di nuovo sospirando. Christian grugnì e invertì le nostre posizioni portandomi sotto di sé, poggiò i gomiti ai lati del mio viso per evitare di schiacciarmi con il suo peso.

- Non devi scusarti, lo capisco - disse baciandomi. - Al di là di tutto questo, sono contento che ti preoccupi così tanto: immagino significhi che tieni molto a me. É così?

- Certo che ci tengo a te, Christian. Ti amo - ribadii quasi oltraggiata dalla sua domanda. - E mi fido di te. É solo che..

- Tornerò da te, okay?

- Okay - bisbigliai un attimo prima che le sua bocca si posasse di nuovo sulla mia.

- Bene - commentò. - Preparati.

Lo guardai scendere dal letto completamente nudo e mi ci volle qualche secondo di troppo per realizzare ciò che mi aveva appena detto senza sospirare come una dodicenne.

- Perché? - gli chiesi avvolgendomi la coperta intorno al corpo e mettendomi seduta.

- Devi conoscere mia madre.

Se non fossi stata seduta sul letto sarei sicuramente caduta di faccia.

La madre di Christian (o per meglio dire la tomba della madre di Christian) si trovava in un cimitero fuori città. Quarantacinque minuti dopo essermi fatta una doccia, lavata i denti con uno degli spazzolini puliti per gli ospiti e vestita, mi trovai di fronte ad una piccola lapide in pietra che riportava la scritta: Marianne Parker 1975 - 1999. Nient'altro, niente madre, sorella, figlia amorevole o quelle altre cose che si scrivono di solito. E non c'erano fiori ad adornare la piccola lapide.

Aveva appena l'età di Christian quando era morta. Strinsi forte la sua mano.

- Non vengo qui da quando hanno picchiato Tyler e la situazione é passata da incasinata a una merda totale - riconobbe. - Sapevo di averla delusa e non mi sentivo degno di stare qui davanti a lei.

Non dissi niente ma mi dolse il petto al pensiero che Christian fosse stato così tanto schiacciato dal senso di colpa da non riuscire ad andare a trovare sua madre. Andavo a trovare mio padre quasi tre volte al mese e mi faceva bene anche solo stare lì e basta, senza parlare perché in qualche modo sentivo che il mio papà era ancora più vicino a me in quei momenti. Sapevo che vegliava su di me proprio come la madre di Christian faceva con lui ed era così ingiusto che a causa del Boss lui si fosse allontanato dalla persona probabilmente più importante della sua vita, la persona che lo aveva cresciuto e aveva fatto l'impossibile per dargli qualsiasi cosa nonostante tutte le difficoltà. E soprattutto che lo aveva amato e aveva creduto in lui fino alla fine.

Quando si chinò, io rimasi in piedi permettendo a Christian di condividere quel momento con sua madre ma senza allontanarmi consapevole che lui mi voleva lì al suo fianco. Non lasciò mai la mia mano.

- Ehi mamma - cominciò piano ed io per poco non mi commossi anche se non aveva ancora detto praticamente niente. Gesù, stavo diventando una tale sentimentale.

- Mi dispiace di non esserti venuto a trovare in questi ultimi due anni. Immagino che questo meriti il premio per la categoria peggior figlio, eh? - continuò. - So che non é una giustificazione ma credo di non averne avuto il coraggio dopo tutto quello che é successo. Ho perso il controllo di tutto. Ho continuato a combattere anche se non volevo farlo e ho messo in pericolo le persone che amavo con le mie scelte del cazzo. Ho lasciato che quel bastardo mi rovinasse la vita. La verità é che fino ad adesso ho mandato tutta la mia vita a puttane - disse schiarendosi la gola. Ci fu qualche secondo di silenzio. Girò il viso verso di me e prima di riportare lo sguardo verso il basso. - In realtà, forse una cosa buona c'é. Si chiama Thia ma tu lo sai già se mi stai guardando da qualche parte. Non credo ci sia nemmeno bisogno di dirti quanto sia bella, dolce e adorabile e quanto la ami. Volevo fartela conoscere perché lei é il principale motivo per cui mi trovo qui oggi. Ho deciso di cambiare, mamma. Credo di aver capito cosa intendevi ogni volta che dicevi che potevo fare grandi cose. Voglio farlo. Voglio smetterla di comportarmi da stupido codardo. Voglio che sia tu che lei siate orgogliose di me. Perciò comincio da ora chiedendoti scusa e ti prometto che, se ce la dovessi fare, ti verrò a trovare più spesso e righerò dritto, okay? - concluse con un mezzo sorriso. - Ti voglio bene, mamma.

A quel punto si alzò. - Oh, e scusa per le parolacce, é colpa di Tyler.

Quell'ultima frase riuscì a strappare un sorriso anche a me nonostante le due lacrime solitarie che non ero riuscita a trattenere.

- Andiamo?

Annuii. - Solo un attimo.

Mi abbassai sulla lapide e poggiai le piccole rose rosse che avevo in mano, comprate da un fioraio sotto mia richiesta durante il tragitto. Prima non avevo capito perché non ci fossero segni di visite ma ora che Christian aveva promesso di andarla a trovare più spesso non c'era motivo per cui dovesse restare così impersonale.

- Mi prenderò cura di lui - sussurrai d'istinto mentre mi risollevavo.

Quando fummo di nuovo alla stessa altezza mi accorsi dello sguardo intenso di Christian puntato su di me. Mi morsi il labbro pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato con quel gesto e le mie parole ma poi lui mi prese dietro la nuca e mi avvicinò a sé, togliendomi letteralmente il fiato con un bacio.

- Dove sei stata tutto questo tempo? - mormorò contro le mie labbra.

Non seppi cosa rispondere ancora troppo stordita dal nostro contatto e mi lasciai portare via da lui, fuori dal cimitero. Quando rientrammo in macchina pensai che saremmo tornati a casa invece Christian fece strada fino ad un deposito.

Parcheggiò e spense il motore.
- Lasciami finire di parlare prima di dire qualsiasi cosa, va bene?

Annuii senza comprendere il motivo per cui ci trovavamo lì.

- La prima cosa che ho fatto quando ho guadagnato abbastanza soldi con gli incontri è stata dare un funerale a mia madre. Poi mi sono occupato di tutto il resto: la casa, il cibo, vestiti puliti..
Tyler ti ha detto quanto facciamo in media con i soldi degli incontri - fece una pausa. - Ho combattuto e guadagnato soldi per nove anni ma ne ho usata solo una parte. Tutto io resto è qui - disse e indicò il deposito con un cenno della testa.

- Volevo seppellire mia madre lontano dalla stessa città di quel figlio di puttana quindi ho deciso per questo posto. Qualche mese più tardi ho scoperto di un deposito nei paraggi. È come una specie di banca ma illegale e più sicura, ho nascosto tutti i miei soldi qui. Nemmeno Tyler sa niente.

Le mie labbra si socchiusero pronte a dire qualcosa.

- No, Thia, lasciami finire - mi ordinò Christian zittendomi. - Ora andremo dentro e ti presenterò un uomo, si chiama Jack, è lui che custodisce i miei soldi. Te lo dico perché, se mi dovesse succedere qualcosa, voglio che tu venga qui e prenda tutto. Dai la metà a Ty e tieni quello che rimane per te. Realizza il tuo sogno irrealizzabile o fanne quello che vuoi. 

- Darò tutto a Tyler - dissi.

- Thia, sono abbastanza soldi per..

- Sai qual'è il mio sogno, Christian? - domandai interrompendolo. Non gli diedi nemmeno il tempo di dare una risposta. - Stare con te - dichiarai. - Questo è il mio sogno, l'unica cosa che voglio veramente. Potresti darmi tutti i soldi del mondo, Christian, ma se non mi permettono di stare con te, che cosa me ne faccio?

- Dolce Thia, io.. - mormorò rilasciando un sonoro sbuffo d'aria. Allungò il braccio fino a raggiungere una ciocca dei miei capelli e scostarla dal mio viso. - Come cazzo ho fatto a meritarti?

Accettai di incontrare Jack alla fine, per Tyler. Ero sicura che avesse bisogno di quei soldi molto più di me quindi mi sembrava la cosa giusta da fare.
Rimasi stupida quando varcammo la soglia ed entrammo in un bar. Christian aveva parlato di un deposito per cui mi aspettavo un deposito o perlomeno qualcosa che ci andasse vicino. E quel bar, con tavolini e sedie di legno in stile vecchio west era tutto fuorché un deposito. Non sembrava nemmeno un posto sicuro, dava l'aria di un posto in cui persino un bambino avrebbe potuto entrare e rubare qualcosa.
Non avevano neanche qualcuno che si occupasse della sicurezza, l'unico membro del personale che si vedeva era un uomo con il pizzetto e i capelli neri, alto ma magro e non molto muscoloso, intento a pulite il bancone con uno straccio.

- Cosa ti porto? - chiese senza alzare lo sguardo dal tavolo di legno già completamente lucido. Sbattei più volte le palpebre continuando a guardarlo sorpresa. Possibile che quello fosse Jack? Davvero Christian aveva affidato i soldi a questo tizio?

- Due dita di Jack Byron senza ghiaccio con una scorza di limone e un bicchiere di latte, grazie.

Il tizio con il pizzetto alzò finalmente la testa e si raddrizzò prendendo le bretelle nere tra le mani. Guardò Christian per un attimo e lo guardai anch'io pensando che fosse diventato improvvisamente pazzo ad ordinare un drink alle undici del mattino.

Poi le labbra del barista accennarono un sorriso. - Da quella parte - disse e indicò con un movimento della testa la porta a sinistra della sala.

Oh. Ovviamente, pensai alzando gli occhi al cielo nella mia mente. Una frase in codice, probabilmente quel drink non esiste neppure. Credevo che queste cose le facessero solo nei film.

Christian sorrise al tizio con il pizzetto (quindi si conoscevano?) e mi strinse la mano avviandosi verso la porta con la scritta PRIVATO.

E io, come sempre, lo seguii perché amavo così tanto quel ragazzo che l'avrei seguito ovunque.

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