PROLOGO
Beta. La città centrale, la città dove vivono i giovani omega fin quando un alfa non decide di portarne uno o di più nel paese della sua tribù.
Perché si chiama Beta, se ci vivono solo omega, esclusi ovviamente gli alfa che svolgono i lavori necessari a mandare avanti la città?
Semplice: perché nella teoria, Beta dovrebbe essere un rifugio, un luogo dove gli omega, i membri della società destinati a essere sottomessi, possano girare tranquillamente senza paura di essere attaccati all'improvviso per strada da qualcuno che si diverte a prendere il controllo della loro vita.
Ma nella pratica, gli alfa girano per Beta come se niente fosse, distruggendo la vita di giovani ragazzi che vorrebbero solo avere l'opportunità di essere felici prima di vivere la loro vita a servire qualcun altro.
A Beta gli omega vengono educati per diventare perfetti succubi degli alfa: non importa che siano maschi, femmine, grandi o piccoli. Dal momento in cui diventano capaci di procreare, viene insegnato loro che la loro vita si basa su un solo fattore: la sottomissione agli alfa. Viene insegnato a ubbidire loro, a fare tutto ciò che gli dicono, a non ribellarsi, perché la legge impone che debbano essere gli alfa, la razza forte, ad avere il controllo su tutto.
Mentre loro vivono nelle città esterne e si godono la loro potenza, gli omega vengono usati come semplici mezzi di riproduzione o di divertimento. Non possono svolgere lavori con troppa influenza, ne compiere decisioni per conto loro: devono solo fare ciò che l'alfa decise per loro.
Un alfa può avere tanti omega, ma un omega può avere un solo alfa: una volta morso, ubbidisce solamente a lui e non ha alcun modo per ribellarsi, qualsiasi sia l'ordine che gli viene impartito. I loro sentimenti vengono completamente ignorati: alla società non importa nulla degli omega, l'unica cosa che conta è preservare il potere degli alfa. Sono stati eliminati i soppressori, i casi di omicidi e stupri di omega sono considerati normali, a nessuno importa come vengono trattati. Come se anche gli omega non fossero una parte importante della società.
E come se non bastasse, è nata la Partita: ogni tre anni, i ragazzi già maggiorenni del Liceo Beta che ancora non hanno un alfa vengono chiusi in una palestra insieme a tutti gli alfa di quell'età che hanno voglia di trovarsi un nuovo omega.
Quando sei piccolo ti fanno credere che quella sia la tua grande possibilità per trovare il tuo alfa; ma la verità è che loro si divertono a prendere in giro gli omega, a marchiarli per il divertimento di averli completamente come loro succubi. Gli omega sono terrorizzati dalla Partita, perché sanno che significherà solo avere un'alta possibilità di essere morsi e stuprati da degli alfa in branco a cui non importa niente di loro.
Il morso dovrebbe essere un atto d'amore con cui un alfa rende suo un omega; quando è vero, rimane per sempre. Eppure, fin troppi ormai lo usano solo come un divertimento.
È vero, gli alfa sono più forti, e la società non può cambiare radicalmente da un giorno all'altro. Ma vi chiedo: è giusto che i giovani omega siano obbligati a sopportare tutto questo? È giusta la Partita? Gli omega non dovrebbero essere tutelati tanto quanto gli alfa?
Siamo tutti persone in fondo. Forse non potranno essere eliminate le differenze tra di noi, ma almeno abbiamo il potere di comportarci in modo uguale per tutti.
Se ci riuscissimo, potremmo davvero vivere in un mondo felice.
Quando finì di leggere, il moro sollevò gli occhi marroni, puntandoli sul marito, che gli stava dando la schiena mentre era intento a pulire il bancone del bar.
- Cosa ne pensi?- gli chiese, appoggiando il giornale sul tavolo di fronte a lui.
Si accomodó meglio sulla sedia e continuò a fissare il ragazzo dai capelli argentati.
L'altro sospirò in modo sconsolato.
- Lo sai che ha ragione. Ma sappiamo entrambi che non riuscirà a cambiare niente... La Partita si terrà anche quest'anno- mormorò, puntando gli occhi marroni sul bancone di fronte a lui.
Il ragazzo si alzò e si avvicinò al marito, circondandogli la vita con le braccia.
- Stiamo facendo del nostro meglio, lo sai. Ma per poterli aiutare davvero non possiamo esporci troppo- gli ricordó.
- Lo so Daichi, lo so. Ma è dura; noi... Insomma, io sono stato fortunato. Ti ho conosciuto prima della Partita e anche se siamo giovani ormai siamo sposati da due anni. Ma so che la maggior parte degli omega non hanno la fortuna di trovare qualcuno da amare prima di dover affrontare qualche tipo di "tortura" o umiliazione. Anzi, molti non lo trovano mai...-.
Daichi scostò leggermente il colletto della maglietta del marito, lasciandogli un bacio sul morso che gli aveva fatto più di due anni prima, e che era ancora più che evidente sulla sua pelle.
- Lo so Koushi, lo so. Per questo abbiamo aperto questo posto no? Però da soli non possiamo fare molto, non senza rischiare. Ma è inutile rischiare se siamo solo noi a farlo: dobbiamo aspettare che altri siano pronti al cambiamento-.
Koushi appoggiò la testa sulla spalla del marito.
- Sei fin troppo saggio- mormorò.
- Sono solo realista. A dire la verità, preferisco la tua visione più positiva del mondo... Ma purtroppo, devo essere io a tenerci con i piedi per terra- commentò Daichi.
- Per questo sei perfetto per me no?-.
Daichi sorrise e si chinò lievemente per baciarlo.
Daichi Sawamura e Koushi Sugawara erano un alfa e un omega che si erano conosciuti a quindici anni, e un anno dopo avevano deciso di sposarsi.
Insieme erano felici, ma purtroppo la maggior parte dei loro coetanei omega erano bloccati in una scuola che non avrebbe dato loro alcuna prospettiva di un futuro, mentre agli alfa veniva insegnato il modo migliore per ottenere sempre più potere sugli altri.
Loro due avevano la fortuna di amarsi, ma sapevano bene che non per tutti era così.
Nonostante la felicità che avevano trovato, avevano un cuore troppo buono per godersela appieno in quel mondo così ingiusto.
Di solito dopo un matrimonio la coppia si traferiva nella città della famiglia dell'alfa, ma loro avevano deciso di vivere in una zona periferica di Beta, per poter aiutare le persone a modo loro.
Uno strano rumore proveniente dal cellulare di Daichi interruppe quel momento magico.
- Devi andare?- mormorò Koushi, anche se sapeva bene la risposta.
- È solo un giro veloce. Torno presto, va bene?- lo rassicurò.
Koushi annuì e gli diede un ultimo bacio, prima di seguirlo verso la porta.
Lo osservò mettersi le scarpe e lo aiutó a indossare il giubbotto.
- Stai attento, mi raccomando- mormorò l'argentato.
- Non preoccuparti; tu chiuditi dentro e fai attenzione, va bene?- si raccomandò Daichi.
In realtà, Koushi non correva grossi rischi di suo: gli apparteneva, quindi nessun altro alfa poteva dargli ordini, tranne ovviamente la polizia o simili.
Ma Daichi aveva comunque un certo timore a lasciarlo da solo, sapendo bene quanto suo marito fosse terrorizzato dal pensiero di essere abbandonato.
- Io starò bene se tornerai presto- affermò Koushi, assumendo un'espressione da "se sarò in pensiero sarà tutta colpa tua, quindi torna presto da me".
Daichi sorrise e gli diede un altro bacio.
- Tornerò presto- affermó prima di uscire dalla porta.
Koushi chiuse velocemente a chiavie e tutti i chiavistelli, prima di affacciarsi alla finestra in tempo per vedere la figura del marito svanire nella notte.
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