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CAPITOLO XVII.

Ushijima stava per andare a dormire quando sentì bussare alla porta della sua stanza.

- Wakatoshi, stai dormendo?- gli chiese la madre, affacciandosi alla porta della camera.

- Stavo per andare. È successo qualcosa?- le chiese, vedendo che era vestita elegante.

- Alcuni alfa hanno attaccato un omega, ma pare che sia stato fatto per colpire il figlio degli Tsukishima. Il padre ha voluto indire subito una riunione straordinaria per discutere la questione; volevo solo avvisarti che esco- spiegò la donna.

- Capisco. Buon lavoro- la salutó il ragazzo.

La donna gli diede la buonanotte ed uscì dalla stanza.

Per la seconda volta, Ushijima fu interrotto mentre cercava di andare a letto, ma questa volta da un rumore contro la sua finestra.

Andò ad aprirla ed aggrottò la fronte.

- Tendou Satori. Cosa ci fai fuori da casa mia?- chiese.

- Facevo un giro, ho visto tua madre uscire e ho pensato di venire a salutarti!- esclamò il rosso.

Era già in giro da quelle parti e aveva deciso di passare di lì.

- Aspetta un attimo- Wakatoshi chiuse la finestra e si diresse alla porta d'ingresso; quando la aprí, vi trovò già il rosso davanti.

- Bel pigiama!- esclamò Satori, notando quanto l'indumento facesse risaltare il fisico scolpito dell'altro.

- Non dovresti andare in giro da solo a quest'ora della notte, è pericoloso- gli fece notare Wakatoshi, mentre si spostava leggermente per farlo entrare in casa.

- Con il casino che è un successo, dubito che stasera qualche alfa abbia voglia di attaccare- commentò il rosso.

Si guardò intorno: lui viveva praticamente in una baracca, ma anche se non fosse stato abbandonato dai suoi genitori dubitava che avrebbe mai potuto vivere in uno sfarzo simile.

- Hai saputo del caso Tsukishima?- gli chiese Wakatoshi.

- Ovviamente. Quel quattr'occhi è il pupillo dei due eredi delle famiglie Kuuro e Bokuto; dubito perderanno facilmente- commentò Satori.

- Vuoi qualcosa da bere?- chiese Wakatoshi, dirigendosi verso la cucina.

- Posso davvero?!-.

Ushijima lo guardò come a dire "è ovvio, si chiama educazione".

Tendou sorrise.

- Volentieri!-.

I due si diressero in cucina; l'alfa mise del succo in due bicchieri e ne porse uno al rosso.

Mentre si avvicinava però, notò qualcosa.

Tendou sbarró gli occhi quando vide la mano dell'altro posarsi sulla sua guancia.

- Cos'hai fatto qui?- gli chiese Wakatoshi.

- Qui dove?- chiese Satori, con una certa innocenza.

- Qui- Wakatoshi sfregò leggermente nel punto in cui l'altro aveva cercato di coprire con il fard un nuovo livido.

- Sono arrivato tardi ad un lavoro- rispose Satori.

Due sere prima era rimasto sveglio a pensare alla proposta che gli era stata fatta da Sugawara.

Potersene andare in un posto dove sarebbe stato accettato, dove anche il suo dono sarebbe stato considerato bello è utile, era quasi un sogno.

Non vedeva l'ora di viverlo.

Solo che a furia di pensarci non aveva dormito, si era svegliato tardi ed era arrivato dopo all'"appuntamento".

Non l'aveva presa bene.

- Hai messo su del ghiaccio?-.

- Non ho avuto tempo-.

Ushijima appoggiò il bicchiere e si diresse verso il frigorifero per prendere del ghiaccio.

Tendou lo osservó: era colpito dal comportamento di quel ragazzo.

Non si lasciava prendere dalle emozioni: gli bastavano poche informazioni per decidere come agire al meglio.

Mentre gli poggiava il ghiaccio sulla guancia, Tendou notò un'altra cosa: era il mio primo alfa, anzi, forse la prima persona in generale, ad usare con lui un tocco gentile.

Chi invece stava continuando a riceverne era Yamaguchi: quando riaprì gli occhi, i suoi amici aveva disinfettato i segni che aveva, sistemato la sua camera e l'avevano rivestito.

- Yamaguchi!- esclamò Shoyo, saltandogli praticamente addosso.

- Che ci fate tutti qui?- mormorò il ragazzo, leggermente confuso, mentre ricambiava la stretta dell'amico.

- Tsukishima ha chiamato Bokuto e Kuuro; siamo andati con loro e abbiamo chiamato gli altri- gli spiegò Keiji.

- Gli altri sono di sotto- aggiunse Kenma.

- Gli altri?-.

- Bokuto, Tsukishima, Asahi e anche Nishinoya, non riusciva a stare fermo- gli rispose Chikara.

- Come ti senti?-.

Yamaguchi notò in quel momento la figura di Sugawara, che gli si stava avvicinando.

- Un po' stanco- mormorò il verde, mentre l'altro gli poggiava delicatamente una mano sulla fronte.

- Non sembri avere la febbre o altro- dichiarò.

- Sugawara ha un amico dottore e ne sa qualcosa, per questo l'abbiamo chiamato- gli spiegò Shoyo.

- Ti ringrazio Sugawara, non era necessario- mormorò Tadashi.

- Per me non è un problema. L'importante è che tu stia bene- dichiarò Koushi.

Yamaguchi annuì.

La sua mente stava iniziando a tornare a ciò che era successo non molto prima e sentí i suoi occhi riempirsi di nuovo di lacrime.

- Hey, ci siamo qui noi adesso- dichiarò Shoyo, abbracciandolo.

- Grazie. Tsukki... Dov'è?- mormoró.

- Da basso. Non sapevamo se fosse il caso che stesse qui- gli spiegò Chikara.

- Posso parlarci?- chiese Tadashi.

Aveva ancora i ricordi confusi, però sentiva di avere bisogno di quella calma che solo Tsukishima riusciva a donargli.

- Certo. Però dopo riposa ancora un po', va bene?- si raccomandò Koushi.

Il verde annuì; Hinata gli diede un ultimo abbraccio, poi i ragazzi uscirono dalla stanza, dirigendosi al piano di sotto.

- Ah ma quelli se la vedranno con me! Non possono permettersi di toccare un mio amico! Non possono più farmi niente ora!-.

- Ben detto Nishinoya! Gliela faremo pagare!-.

I ragazzi potevano sentire le voci di Nishinoya e Bokuto anche dal piano superiore.

Quando entrarono in soggiorno, Asahi rivolse loro uno sguardo disperato, pregandoli con gli occhi di fare qualcosa.

- Noyassan! Non mi hai ancora fatto vedere la novità!- esclamò Shoyo, fiondandosi dall'amico.

Nishinoya fece un sorriso furbo.

- Ebbene ecco qui!- esclamò, spostandosi leggermente la maglietta e mostrando con fierezza il suo morso.

- Wow, ma è fighissimo!- esclamò Shoyo.

- Vero?-.

Intanto, Akashi si era avvicinato a Bokuto.

- Grazie per aver rimesso su la porta- gli disse.

- Un gioco da ragazzi! Ma va fatta riparare. Tu stai bene Agashi?!- gli chiese Koutaro.

- Certo-.

Ad avvicinarsi a Tsukishima ci pensò Sugawara.

Il ragazzo era seduto su una poltrona, con lo sguardo basso e le mani intrecciate tra loro

- Tsukishima- gli mise una mano sulla spalla ed il biondo alzò lo sguardo.

- Yamaguchi vorrebbe vederti. Fisicamente sta bene, ma non forzarlo troppo ok?-.

Tsukishima annuì e si alzò, diretto verso la camera del minore.

- Avete notizie degli altri?- chiese Chikara.

Dopo essersi riuniti a casa di Yamaguchi, avevano deciso di agire praticamente subito.

Kuuro era andato a parlare con il consiglio degli adulti a nome suo e dei suoi due amici; Yamamoto e Tanaka si erano occupati di portare i tre colpevoli alla polizia, facendoli incarcerare dal padre del primo, che era un poliziotto, finché non avessero avuto un riscontro definitivo con il consiglio; Daichi era andato a chiedere ad Oikawa ed Iwaizumi se sapessero qualcosa sull'attacco, e prima di essere obbligato a tornare al bar a lavorare aveva chiesto anche a Semi e Shirabu di fare qualche ricerca.

C'era qualcosa che non gli quadrava: quello era il secondo attacco in due giorni ad uno del loro gruppo.

Terzo, se si contava Nishinoya.

È vero, i loro rapporti si stavano formando in quel momento, quindi forse era normale che fosse un periodo movimentato; ma quando aveva capito che anche il suo amato marito la pensava come lui, non era più riuscito a credere al caso.

- Nessuna per ora- rispose Asahi.

- Se non che hai morso Nishinoya eh? E non solo mi sa- commentò Koushi, avvicinandosi a loro.

Asahi diventò leggermente rosso.

- È vero... L'abbiamo fatto- ammise.

- Sono felice per voi- dichiarò Chikara.

- Anche io. E anche per te, Ennoshita caro; Tanaka ci ha raccontato. Mi dispiace per ciò che è successo, ma mi sembra sia finita bene no?- commentò Koushi.

Aveva l'aria di una mamma premurosa e sempre gentile, ma i suoi amici sapevano bene quanto potesse essere terribile... E amante del gossip.

Anche Ennoshita arrossì.

- Non vogliamo affettare le cose, anche perché lui è spesso occupato, però...-.

- Però si sente bene il suo odore addosso a te- commentò Asahi.

- Senti chi parla... Quando sono entrato pensavo quasi ci fossero due Asahi. Fortuna che con la gravidanza i miei sensi sono diventati più acuti e ho capito che si trattava di Nishinoya- borbottó Koushi.

- Sarebbe stato così terribile due me...?- commentò Asahi, offeso.

- Troppa negatività- dichiarò Koushi.

- Non posso negarlo... Però ci pensa lui ad essere positivo per entrambi- affermò il maggiore, spostando l'attenzione su Nishinoya.

Il più piccolo era ancora arrabbiato per ciò che era successo a Yamaguchi, ma parlare con Hinata di ciò che aveva fatto poco prima con Asahi lo aveva fatto concentrare su altro.

Anche l'arancione stava cercando di non pensare a Kageyama.

Quel giorno, ovviamente, non l'aveva visto.

Non che lo sperasse... Forse un pochino si.

Non aveva detta ai suoi amici cosa fosse successo, non voleva che si preoccupassero per lui.

Prima voleva mettersi d'accordo con sé stesso: continuava a ripetersi di volersi allontanare da Kageyama, di non voler avere niente a che fare con lui, eppure sembrava che una parte di lui sperasse quasi di vederlo.

Ma non voleva pensarci ora: doveva essere felice per Nishinoya ed Ennoshita e preoccuparsi per Yamaguchi.

Non era il momento di pensare a sé stesso.

Kenma lo guardava da lontano: aveva capito che qualcosa non andava, ma anche che non era il momento per parlarne.

Per cui, dato che non aveva niente da fare, tirò fuori il cellulare e si mise a giocare.

Trovò una decina di messaggi di Kuuro, che stava continuando a scusarsi per averlo dovuto lasciare solo.

Gli aveva detto più volte che non era solo, ma Kuuro stava continuando a scusarsi comunque dicendo che avrebbe fatto in modo di rimediare.

Una di queste sere
ci facciamo una maratona
di videogiochi

Non ce n'era assolutamente bisogno, ma Kenma non era mai contrario ad una maratona di videogiochi.

- Hey Kenma! Puoi dire al mio bro che sono mentalmente con lui?!- esclamò Koutaro.

Kenma alzò gli occhi al cielo.

- Va be... Aspetta, come sai che è Kuuro?- chiese, confuso.

Aveva la schiena appoggiata al muro, e Bokuto era un pochino più in là, quindi era impossibile che avesse visto la chat.

- Che domande sono? Sorridevi no? Devo dire al mio Bro di essere geloso?- chiese il bicolore, confuso.

Kenma non rispose.

Stava sorridendo? Non se n'era accorto, ma in effetti aveva l'accenno di un sorriso sul volto.

- Dannato Kuuro...- borbottò, mentre gli rispondeva che gli doveva molto più di una maratona di videogiochi per ricompensarlo del fatto che stava dovendo sopportare Bokuto.

- Bokuto-san, non stuzzicarli troppo- mormoró Keiji, che però era felice di vedere che l'amico stesse iniziando ad aprirsi con Kuuro.

Non che volesse obbligarlo a fare conoscenza, ma sapeva che Kuuro era una brava persona e sembrava tenerci veramente al suo amico.

Sarebbe stato più tranquillo nel saperlo sicuro al suo fianco.

- Perché no? È palese che si vogliano bene!-.

- Lo so, ma alcuni hanno bisogno di più tempo di altri per accettarlo- rispose Keiji.

Bokuto lo fissò per un attimo.

- Agashi!!! Sei intelligente come sempre!- esclamò poi con un sorriso.

- Ti ringrazio, Bokuto-san-

- E io e te? Di quanto tempo abbiamo bisogno?-.

- Mi dispiace, Bokuto-san, ma in questo momento preferisco pensare solo all'articolo- dichiarò, voltandosi verso le scale.

Con il permesso di Yamaguchi, e senza fare il suo nome ovviamente, aveva pensato di usare una parte di quella storia per la sua critica alla società.

Sperava solo di riuscirci.

E sperava anche che i due ragazzi stessero bene.

Tsukishima camminava in una specie di stato di trans.

Non voleva pensare: se l'avesse fatto, rischiava di farsi prendere di nuovo dalla rabbia.

Non era uno che seguiva troppo le emozioni: analizzava le situazioni e agiva in modo da poter fare tutto da solo.

Era la prima volta che lasciava che lo aiutassero, perché non si sentiva in grado di fare niente.

Aveva lasciato che Kuuro andasse a parlare al consiglio anche a suo nome; aveva lasciato che fossero i suoi amici a prendersi cura di Yamaguchi; e aveva lasciato che fosse Daichi ad avviare un'indagine per scoprire cosa fosse successo.

Lui non era riuscito a fare niente.

Era andato con Kuuro all'ospedale, dove gli avevano detto che non si era fatto niente, poi il moro era andato al consiglio e l'aveva fatto riaccompagnare a casa di Yamaguchi da Tanaka, temendo che se l'avesse lasciato solo avrebbe potuto fare qualche follia.

Lui, Tsukishima Kei, che non dava mai peso alle emozioni e alle persone, che faceva follie per qualcuno.

Era ridicolo, eppure sapeva bene che sarebbe potuto accadere.

Si trovò davanti alla porta della stanza dell'omega e bussó.

- Avanti-.

Tsukishima fece una smorfia: la voce di Yamaguchi era sempre stata debole, ma in quel momento era appena udibile, e soprattutto si capiva che aveva pianto.

Tsukishima entrò e chiuse la porta alle sue spalle.

- Tsukki!- Tadashi era felice che fosse venuto, significava che non ce l'aveva con lui.

Sperava solo che non notasse che, quando era rimasto solo, qualche lacrima era sfuggita al suo controllo.

Tsukishima invece notò subito i suoi occhi rossi, ma comunque non disse niente.

- Come stai?- gli chiese, avvicinandosi.

- Bene. Scusami se ti ho disturbato, non... Sapevo a chi altro rivolgermi- ammise Tadashi.

- Non devi neanche provarci a scusarti. Anzi, dovrei farlo io. Sono arrivato in tempo ma... Era comunque troppo tardi- mormorò Kei.

Era la prima volta che si scusava in vita sua, e nonostante non fosse una delle sue sensazioni preferite, sapeva che era la cosa giusta da fare.

- Capisco. Ti ringrazio-.

Yamaguchi si sentì leggermente sollevato: non che fosse felice di ciò che era successo, ma sapere di essere ancora... Integro, in un certo senso, lo fece sentire meglio.

Non era la prima volta che affrontava situazioni simili, anche se non erano mai andati così in là; poteva superarlo anche questa volta.

- Yamaguchi ascolta...- Kei si avvicinò ancora e Yamaguchi ebbe un sussulto.

Il biondo si fermò.

- Scusami Tsukki- mormorò Tadashi.

Non sapeva cosa gli fosse preso, ma per qualche motivo preferiva non essere toccato.

Però prima con Hinata non aveva avuto problemi... Forse era perché è un omega...

- Yamaguchi-.

Il tono di Tsukishima era piuttosto severo.

Un po' timoroso, l'omega alzò lo sguardo, incontrando quello serio dell'altro.

- Sei stato tu a chiamarmi. Adesso non dirmi che hai paura di me- si avvicinò ancora.

Inizió ad emanare una lieve fragranza al limone, che come aveva immaginato calmò il verde.

- Scusami Tsukki, non so cosa mi sia preso- mormorò il verde.

- Anche se di fronte alla legge sei impotente, puoi trovare un modo per opporti, per lottare, come stanno cercando di fare i tuoi amici- Kei appoggiò le mani sul letto, avvicinando il volto a quello di Yamaguchi, che rimase immobile - ma tu sei molto più debole di loro. E non ci stai riuscendo. Ma io non ho intenzione di mettermi a combattere le tue battaglia-.

Yamaguchi abbassò lo sguardo e strinse le lenzuola: lo sapeva, sapeva bene di essere debole, e anche che non avrebbe sempre potuto contare sugli altri.

Però in quel momento non riusciva a trovare un modo.

- Lo so Tsukki, mi dispiace. Non...-.

- Tuttavia, alcuni hanno bisogno di più tempo di altri per trovare un modo. E intanto, gli serve qualcuno che dia loro una mano-.

Yamaguchi rialzò lo sguardo, rimanendo incastrato negli occhi di Tsukishima.

- Mentre cercherai il tuo modo, ci penserò io a proteggerti- dichiarò l'alfa.

Non avrebbe più lasciato che gli accadesse qualcosa di simile; l'avrebbe protetto.

Quel ragazzo aveva appena mandato a quel paese anni di menefreghismo e di voltarsi dall'altra parte per evitare i problemi e, soprattutto, le persone.

Ma sentiva che per lui poteva farlo.

Yamaguchi non riuscí a fare a meno di sorridere.

- Grazie Tsukki. Ti... Dà fastidio se ti chiamo così?-.

Si era affezionato a quel soprannome, ma l'aveva visto chiedere più volte e Kuuro e Bokuto di smetterla e temeva potesse dargli fastidio.

Tsukishima per un attimo non rispose, continuando a fissarlo.

- Se lo fai tu, non c'è problema- dichiarò il biondo.

Un'eventuale risposta di Yamaguchi fu interrotta dalla suoneria del cellulare dell'alfa.

- Pronto Kuuro? Hai novità?- chiese.

- Quei tre finiranno in prigione; Oikawa ha chiesto alla madre di appoggiarci, e la signora Ushijima era troppo stanca per rimanere tutta la notte su un caso simile. Però... Non hanno voluto indagare oltre, anche se ci sta pensando Daichi- gli spiegò Tetsuro.

- Ho capito. Grazie-.

- Puoi avvisare Kenma che sto torn...-.

- Scriviglielo tu- Kei chiuse la chiamata e tornò a guardare Yamaguchi.

- Quei tre verranno arrestati. I nostri amici stanno indagando per capire come mai ti abbiano attaccato. Ti hanno detto che è per farla pagare a me, e in effetti ho avuto degli scontri con quei tre qualche anno fa; ma dubitiamo tutti sia solo per quello-.

- Arrestati? Ma...- Tadashi era sorpreso: nessun alfa era mai stato arrestato per aver attaccato un omega.

- Te l'ho detto: adesso ti aiuterò io- dichiarò Kei.

Avrebbe salvato Tadashi.

Anche se questo avesse significato dover chiedere aiuto agli altri, anche a persone che sapeva avrebbero potuto fregarlo, come Oikawa.

- Grazie Watari; continuate pure ad indagare-.

- Certo, Oikawa-san- il ragazzo sorrise prima di uscire dalla stanza.

- Scoperto qualcosa di interessante?- chiese Hajime, mentre Oikawa tornava verso di lui.

- Pare che un po' di gente stia ricevendo proposte interessanti per attaccare omega specifici, ma non si sa altro per ora- dichiarò Toru, sedendosi sul divano al suo fianco.

Iwaizumi alzò un sopracciglio.

- Pensi di fregarmi, Shittikawa? So che Watari non stava indagando su quel caso- dichiarò.

Oikawa sorrise: non si aspettava niente di meno da lui.

- Hai ragione Iwa-chan; gli ho chiesto di tenere d'occhio Kageyama- dichiarò.

- Come mai?-.

- Pare che anche lui ultimamente stia facendo dei movimenti interessanti. Soprattutto con quel piccoletto... Mi piacerebbe proprio mettergli i bastoni tra le ruote- dichiarò il castano.

- Sei sadico oltre che stronzo... Mi dici perché ce l'hai tanto con Kageyama?- sbuffò Hajime.

Quella era l'unica cosa di Oikawa che ancora non capiva: odiava Kageyama, quando in realtà sarebbe dovuto essere l'altro ad avercela con il castano.

- Non c'è alcun motivo in particolare, Iwa-chan; semplicemente lo odio. E poi, le persone come lui...- si voltò, e come al solito Iwaizumi rimase incantato dal magnetismo oscuro che trasmettevano gli occhi dell'altro - mi piacerebbe vederle completamente in mio potere-.

Iwaizumi deglutì: quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire.

- Si, sei proprio stronzo- dichiarò.

- Ma mi ami anche per questo no?- sussurrò Toru, avvicinando la bocca alla sua.

Le loro labbra si sfiorarono, ma non poterono entrare in contatto perché vennero interrotte dalla suoneria del telefono di Iwaizumi.

- Chi è che ti chiama a quest'ora?- chiese Toru, sorpreso; saranno state si e no le otto di mattina.

- Tua madre- rispose Hajime.

Oikawa aggrottò la fronte: cosa voleva sua madre? E perché chiamava Iwaizumi?

- Pronto, signora Oikawa? Si, suo figlio è con me... Ha il telefono scarico, per questo non deve averle risposto. Certo, dica pure a me-.

Oikawa non riusciva a sentire cosa stesse dicendo la madre, per cui per capire cosa stesse succedendo osservò il volto di Iwaizumi.

Lo vide irrigidirsi, mentre i suoi occhi si riempivano di dolore.

Provò ad allungare la mano e prendere la sua, ma Iwaizumi la ritrasse per impedirglielo.

Oikawa serrò le labbra, ma aspettò che l'altro finisse di parlare per tentare altre mosse.

- Va bene. Arrivederci- Hajime chiuse la chiamata.

- Iwa-chan, che succede?- chiese Toru.

- Il tuo futuro marito è a casa tua-.

Oikawa sbarró gli occhi.

- Iwa...-.

Iwaizumi non gli diede il tempo di rispondere e si alzò.

- Vedi di riprenderti. Hai bisogno di Oikawa Toru adesso, non di me- dichiaró Hajime.

Lo sapeva bene: sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, che non avrebbero potuto cavarsela all'infinito.

Allora perché stava così male? Se già lo sapeva, perché sentiva di fare fatica anche a respirare?

Senza Oikawa, sentiva di non avere niente di importante... Eppure non aveva neanche lui.

Oikawa chiuse gli occhi: aveva capito cosa intendesse l'altro. Ma si sbagliava.

Li riaprì e si alzò, affiancando Iwaizumi.

È vero: per risolvere quella situazione improvvisa, doveva essere il grande manipolatore Oikawa Toru, che pensava solo a sé stesso e otteneva ciò che voleva.

Solo che sapeva bene che spesso a Iwaizumi sfuggiva un dettaglio: era lui che voleva.

- Io ho sempre bisogno di te- dichiarò, prima di iniziare a camminare, certo che l'altro l'avrebbe seguito.

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