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Rosa

Wattpad la settimana scorsa, come sempre, ha dato problemi. So che alcuni non hanno ricevuto la notifica dell'aggiornamento. Prima di questo capitolo, ho pubblicato il capitolo "Blu."

Grazie sempre a chi mi legge e mi accompagna in questo viaggio. Sabry.

*


2 novembre.

È trascorsa un'altra settimana da quella notte insieme.

Non mi sembra ancora vero quello che sta succedendo tutto dentro queste mura. Io che apro il mio cuore a un'altra persona, a una persona che non è come tutte le altre, no. È speciale, in ogni cosa che fa. È un'anima pura, una di quelle che non vorresti mai sporcare, ma che ti attrae, perché lui è lì che mi tenta ogni qualvolta che io voglia tirarmi indietro dal casino nel quale siamo caduti.

Perché lui un giorno non molto lontano andrà via, mentre io probabilmente no.

Lui avrà modo di riprendere in mano la sua vita, laurearsi, uscire con gli amici, magari troverà anche un'altra persona e costruirà la sua famiglia.

Una persona che non sono io.

Perché per quanto lui dica che non sia vero, io non ci credo che lui potrà aspettarmi per molto.

Eppure, quando sto con lui mi sento così bene, che ogni passo falso che faccio non mi sembra poi così sbagliato. E allora ho deciso di vivermela giornalmente, perché altro non posso fare.

Voglio che lui sia libero, nonostante tutto. Voglio che esca da qua come la persona pulita che è, che la giustizia faccia il suo corso.

Anche se questo significa continuare la sua vita senza di me.


Quella mattina mi sono svegliato sereno, tra le sue braccia. Lui dormiva tranquillamente e io sono rimasto ad osservarlo e ho colto ogni suo piccolo particolare che prima non avevo notato. Non avevo mai avuto la possibilità di ammirare il suo volto da vicino. Mi sono reso conto che amo vederlo dormire, se avessi avuto un telefono, o una macchina fotografica con me, gli avrei scattato una foto per quanto era bello con le guance rosa, il naso schiacciato sul mio petto e i capelli in disordine che gli cadevano sulla fronte. Non so dove ho trovato la forza per alzarmi prima dell'ora del risveglio e tornare nel mio letto per evitare di rincorrere in sanzioni e punizioni se ci avessero trovato insieme. Il mio letto però era troppo vuoto, troppo freddo e non sono riuscito più a chiudere più gli occhi.

Da quel giorno tutto è cambiato tra di noi. Anche se non abbiamo parlato più di sentimenti, ci siamo sorrisi sempre, siamo stati gentile l'uno con l'altro, ci siamo aiutati, abbiamo trascorso parecchio tempo insieme. Io lo so che lui aspetta ancora una risposta da me, una risposta ben precisa.

"E io? Non valgo la pena di lottare per la tua libertà?"

Mi aveva chiesto quella sera, e sì, gli direi di sì oggi e sempre, ma io valgo la pena per lui?

E questi pensieri che non mi hanno lasciato scampo per tutte le notti successivi. Non abbiamo più dormito insieme, ci sono stati giorni in cui neanche l'ho sfiorato, altri invece dove l'ho divorato di baci in ogni occasione libera.

Quelle labbra sono peccaminose. Su quelle labbra io ci morirei.

Ma è il suo sorriso quello che mi incatena, che mi annienta, che mi fa capire che devo fare di tutto per rendere il resto della sua permanenza qui dentro piacevole.

Lo guardo un'altra volta anche questa mattina, mentre si alza dal letto, si stiracchia e io sorrido. Va in bagno e io continuo a fingere di dormire. Resto in ascolto, fino a quando non ritorna vicino ai letti.

E come fa ogni mattina sale la scaletta di legno, si piega su me e mi bacia la fronte.

Un buon giorno, una carezza, un bacio, Claudio.


*


«C'è una bella giornata oggi, andiamo a correre nel campetto invece di andare in palestra.» Propone Claudio, esultando come un bambino. Saltella da una parte a un'altra, perché lui no, non può camminare tranquillamente come una persona normale. Sorrido, perché è davvero tanto infantile alle volte, ma è proprio quella sua ingenuità che lo contraddistingue e mi piace.

«Sì, andiamo. Però non ti mettere a correre veloce come l'altra volta, perché io non ce la faccio.» lo avverto, sentendo già il fiatone prima ancora di iniziare la corsa.

«Sei un pappamolle. Sembri quasi mio nonno.» mi prende in giro lui ridendo, e inizia a correre fuori, superandomi col tentativo di vincere.

Sorrido anch'io e inizio a rincorrerlo prima di urlargli «Te lo faccio vedere io chi è un pappamolle!»

Anche se è già autunno, il sole oggi sopra Roma è caldo. Alzo gli occhi al cielo e mi perdo ad osservarlo. Smetto di correre. Mi beo dei suoi teneri raggi, chiudo gli occhi e mi sembra quasi di essere libero, ti poter correre tra i campi e respirare all'aria aperta. E la malinconia si impossessa prepotentemente in me, e il sole che prima mi aveva fatto spuntare un sorriso, adesso diventa una punizione per ricordarmi di quanta illusione c'è nella mia vita.

La mano di Claudio si appoggia sul mio fianco. Faccio un respiro profondo, apro gli occhi e ritorno alla realtà.

«Va tutto bene?» mi chiede lui apprensivo, e stringe tra le dita la mia maglietta.

«Sì. Dammi solo un momento.» sussurro, acquisendo nuovamente lucidità.

È proprio in quel momento che arriva lui, insieme a quei quattro idioti che si trascina dietro. I miei sensi si accendono, e adesso la mia priorità non è più la mia vita da schifo o i miei ricordi che erano emersi a galla, ma proteggere quella persona. Mi volto giusto in tempo e mi posiziono davanti a Claudio come da fargli da scudo.

Dario ci guarda e ride.

Non ha ancora capito niente, non ha ancora capito che deve tenersi lontano da me e da lui. Non ha imparato la lezione che gli ho dato un mese fa in mensa, quando solo ha provato a stuzzicare Claudio. Lui non ha capito ancora nulla.

"Non finisce qua." Mi aveva minacciato quella volta, e io lo so che non era finita quel giorno ma non finirà neanche oggi, non davanti a Claudio.

«Quindi il morettino ha trovato davvero il suo cagnolino.» sghignazza Dario, facendo un passo verso di me.

Sorriso, tenendo gli occhi puntati su di lui, mentre dietro di me Claudio si irrigidisce. Dario si avvicina e mi passa una mano sul viso. «Sbaglio o avevamo un conto in sospeso io e te 881329?» mi sfiata a un centimetro dalla mia faccia.

Ritiro indietro la testa e rido stando al suo gioco. «E ci hai pensato un mese prima di venire qua con quei quattro cretini, per mettermi paura?» rispondo a tono e questa volta è lui ad indietreggiare, mentre anche gli altri iniziano a infastidirsi.

«Cosa è? Claudio adesso ti tiene la coda?» continua lui, attaccando adesso il mio compagno di cella, e deridendolo con altri commenti poco carini insieme al resto del gruppo.

La rabbia inizia a circolare in tutto il mio corpo e giuro che se non fosse che l'altra mia mano sta tenendo stretta la maglia di Claudio dietro di me, e se non fosse che non vorrei dare spettacolo, lo avrei già picchiato.

«In effetti sì.» rispondo invece, giocando al suo stesso gioco.

Sento Claudio sospirare e aprire la bocca per parlare, ma non glielo permetto. Così girandomi di scatto verso di lui, lo fulmino con lo sguardo e «Devi stare zitto.» e non so se sia per il mio tono di voce forse troppo duro, o per i miei occhi che non ammettono replica, che abbassa il capo e fa un passo indietro.

«Allora è vero. Lo tieni proprio come tuo schiavetto.» ride ancora Dario, e una risata amara esce anche dalla mia bocca.

«Già. Devo dire che è molto bravo a lavarmi i vestiti, rifarmi il letto, portarmi da mangiare. È comodo.» confermo

«Un bel giocattolino. Magari un giorno me lo presti.»

«Lo sai come sono, Dario. Mi stanco facilmente delle cose. Probabilmente domani non piacerà più e te lo passo.» alzo un sopracciglio e punto i miei pozzi neri, in quelli del mio avversario. «Ma fin quando sta con me, è roba mia. È una cosa mia. E lo sai quanto odio che qualcun altro tocchi ciò che mi appartiene.» scandisco a una a una tutte le sillabe, ottenendo l'effetto desiderato. Dario esordisce con un «Andiamo amico, ci mancherebbe» e seguito a ruota dagli altri si allontanano da noi.

Torno a respirare solamente quando rimango nuovamente solo con Claudio, ma il mio sollievo di spezza quando sento un singhiozzo provenire da lui.

Mi volto per capire cosa sta succedendo e quando lui alza il volto, sta piangendo.

«Clau-»

«No. Sei uno stronzo. Sei un fottuto stronzo.» e se ne va correndo lontano da me, senza darmi il tempo di parlare, di capire, di aiutarlo. Si allontana lasciandomi a bocca aperta e immobile in quel campo da calcio.

Se ne va da me e mi lascia proprio come era accaduto nei peggiori dei miei incubi.

*

Claudio era scappato da me probabilmente per qualcosa che involontariamente avevo fatto o detto, invece tutto ciò che io riesco a pensare è a quanto vorrei spaccare la testa a quel coglione di merda che ha rovinato la nostra giornata. Solo adesso mi rendo conto di aver sviluppato un so che di protettivo nei confronti di quel ragazzo, che non si ferma solo alla compassione per una situazione nella quale si trova, ma va oltre. E sono fregato, tanto vale scavarmi per bene la fossa e seminare questo mio cuore.

Dopo aver fatto l'interminabile fila per la doccia, sono ritornato in cella. Ma lui non c'è. Sospiro, non manca molto all'orario di entrata, quindi so che è solo questione di minuti. Mi siedo sul mio letto e prendo in mano il mio diario. Mentre sfoglio le pagine che si stanno ingiallendo col tempo, mi capita davanti proprio quello che stavo cercando. Un sorriso si dipinge sul mio volto, mentre dentro di me nasce sempre di più la consapevolezza di un nuovo sentimento.

Alle 19:20, a dieci minuti della chiusura dei cancelli per questa giornata, fa il suo rientro e senza degnarmi di uno sguardo, si accascia sul suo letto.

Silenziosamente, aspetto che le guardie passino con la cena e la prendo per entrambi.

«Cla'. Dai è pronto, alzati.» lo chiamo, mentre sistemo i due piatti sul piccolo tavolinetto che possediamo.

Ma non abbiamo sedie, siamo sempre costretti a cenare o seduti per terra o suoi materassi.

«Claudio.» lo chiamo spazientito ancora, e lui sbuffa, mettendosi seduto.

«Non ho fame.» mi risponde, tornando nuovamente a darmi le spalle.

«Non dire assurdità. Tu hai sempre fame.» e dopo questo ennesimo richiamo, allunga un braccio e prende il suo piatto.

Ceniamo in silenzio. Io seduto sul pavimento che guardo lui, lui con gli occhi fissi sul piatto che non profila una parola. Quando finisce la sua cena, si alza, sistema il piatto, va in bagno, si cambia ed è di nuovo sul punto di infilarsi sotto le coperte se io non lo avessi fermato.

«Dobbiamo parlare.» gli sussurro stringendogli il braccio con la mia mano.

«Non abbiamo niente da dirci.» ribatte, ma io lo strattono di nuovo e lui. «Cosa vuoi, Mario.»

Un sorriso fa capolinea sul mio volto, perché so già che ho vinto. Gli faccio segno in silenzio di seguirmi e ci sediamo tutte e due sul mio letto. Ma lui ancora non mi guarda. Appoggia le spalle al muro e i piedi a penzoloni, mentre tieni gli occhi fissi davanti a sé.

«Io vorrei capire cosa è successo oggi pomeriggio.» inizio imbarazzato e lui scatta come se lo avesse punto qualcosa.

«Cosa è successo? Te lo chiedi davvero?»

«Shhh. Abbassa la voce» lo ammonisco e anche lui si ricompone.

Sospira, alza gli occhi al cielo e poi si siede con le gambe incrociati di fronte a me. Finalmente punta i suoi smeraldi su di me.

«C'è che mi sento usato, Mario. Ti dico che mi piaci, che voglio conoscere tutto di te, che mi interessi, e tu niente, non hai detto niente.» mi accusa e ci leggo dentro quei occhi tutto il suo dispiacere. «E poi dai corda a quello, confermi le sue parole. Quindi è vero. Non sono niente per te. Sono solo uno di passaggio, un giocattolo che quando non ti servirà più cambierai. Forse è per questo che hai fatto andare via tutti i tuoi compagni di cella, tu... tu-»

«No, Claudio, no!» Interrompo esausto quel monologo senza senso. «Non capisci proprio niente, eh? Ho risposto in quel modo a Dario solo perché è l'unica soluzione per tenerlo lontano da te. lo vuoi capire o no?»

«E allora cosa sono per te, Mario. Cosa sono? E poi hai anche il coraggio di dire che sarò io a dimenticarmi di te una volta usciti da qua, quando probabilmente tu non vedi l'ora di-»

«E' che ho paura.» esclamo alla fine. «Ho paura ad aprire il mio cuore perché ho paura che tu possa ferirmi, però nello stesso momento odio chiunque possa avvicinarti e farti del male. Nei tuoi confronti mi sento protettivo, mi sento come non mi sono mai sentito con nessuno. E non sei uno qualunque, sei di più, anche troppo e mi fai paura.» gli confesso, sussurrandogli il fiume delle mie parole che mi ha investito. Mi faccio più vicino a lui e appoggio la mia fronte alla sua.

Deve capire, deve fissarselo nella testa che sto morendo al solo pensiero di prenderlo.

«Sei tu. Sei solo tu.» gli sfiato sulle labbra e lui cede, premendo la sua bocca sulla mia. Mi bacia e mi riempie con le sue carezze e la sua dolcezza.

Col la lingua traccia i contorni delle mie labbra, e morde il labbro inferiore per chiedere di più. E io non glielo nego. Gli lascio libero accesso alla mia bocca, alla sua lingua che corre ad assaggiare la mia, mentre si nutrono insieme e si dissetano.

Ritorno a respirare.

«Scusami.» mi mormora allora lui «Non volevo essere così brusco.»

«Me lo sono meritato.» gli rispondo invece. E lo trascino su me, mentre mi sdraio sul materasso, portando la sua testa sul mio petto.

E restiamo così per un tempo indecifrabile a scambiarci baci pigri ma dolci, a coccolarci sotto le coperte e sorridere ogni volta che ci becchiamo a fissarci.

«Devo darti una cosa.» gli dico poi, e riprendo in mano il mio diario. Tiro fuori un bracciale di cuoio con dentro inciso una parola in color rosa.

"Forza".

Glielo mostro e «Forza.» ripeto, mentre gli prendo la mano e lego il bracciale al polso. «E' un regalo di mia sorella, ma voglio che lo abbia tu, per ricordarti che non devi arrenderti mai e che io ci sono.»

Claudio lo guarda e con gli occhi chiusi passa il dito sul fiore di pesco disegnato sul cinturino.

«Lo sai che significato ha il colore rosa?» domando, tornando ad accarezzargli i capelli. Lui ancora troppo commosso per il regalo ricevuto, fa segno di no col capo.

Sorriso e lo porto di nuovo vicino a me, col la sua testa tra il mio collo e la spalla.

«E' un colore emozionale. Ha influenza sui sentimenti convertendoli in gentili, soavi e profondi. Ci trasmette affetto, amore e protezione. Ci allontana dalla solitudine e ci trasforma in persone sensibili.» gli spiego, non smettendo un secondo di accarezzargli la schiena, le braccia, i capelli e di lasciargli baci sul tutto viso. «Il rosa è il simbolo della speranza. Si tratta quindi di un colore positivo che incute un certo senso di sicurezza e di ottimismo vero il futuro. Un colore che calma gli istinti primitivi, attenua i sentimenti di rabbia e l'aggressività, ma anche il senso di abbandono e la voglia di vendetta verso gli altri. In pratica è tutto ciò che io sono diventato con te. Tu, Claudio hai la capacità di calmarmi, di rendermi una persona migliore. Hai attenuato la mia sete di vendetta e la mia aggressività, e mi hai dato la speranza di un futuro migliore fuori da qua. Per questo io ti dico "Forza" ed è inciso in rosa per farti capire che io a te ci tengo, più di quanto, tu testa di cazzo, credi.» e gli bacio il naso, il mento, le labbra.

Voglio imprimere in lui tutto ciò che sento, tutto ciò che ho dentro.

«E il fiore di pesco, invece?» ricambiando i miei baci e le mie carezze.

«E' il fiore della rinascita, e di una vita nuova che sta per iniziare.» sussurro nuovamente.

Mi abbraccia, e mi ringrazia dicendomi che non lo toglierà mai, e io ci credo mentre lo stringo tra le mie braccia così forte per non farlo andare via mai.

«Ma c'è anche un altro significato del rosa, lo sai?» mi prende in contropiede lui, mentre io credevo che stesse già dormendo.

Mi giro su un fianco per essere davanti a lui e sussurro un «Quale?» anche se già so la risposta.

«Esprime anche un amore appena nato. È consegna totale all'altra persona mentre e insieme al fiore di pesco indica...»

«L'amore infinito» completo al suo posto la frase, vedendole davvero in difficoltà con le parole e le guance rosse.

«Quindi è l'inizio di un amore.» continua ancora, come se volesse pormi una domanda.

E di tutta risposta io avvicino il mio volto al suo e sussurro. «L'inizio di noi

Labbra.

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