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Rainbow - Epilogo

Novembre di un anno dopo – New York

«Dai, Cla' non possiamo addobbare l'albero di Natale il 10 novembre!»

«Ma perché no! A me piace tantissimo il Natale, a te no?»

Alzo lo sguardo dalla tela e punto i miei occhi nel quadro più bello che abbia mai visto in vita mia. Lo vedo mentre attentamente osserva i vari di decori di Natale e me ne innamoro un po' di più.

A New York sono già iniziati i mercati di Natale. L'accademia che frequento, mi ha chiesto di dipingere qualcosa da mettere in vendita nei vari bacchetti per la creazione di una piccola asta. Non è molto ma a poco a poco, sto iniziando a farmi conoscere e ciò che creo, stranamente, piace. Stavo proprio aiutando la signora a sistemare le varie tele, quando Claudio mi ha convinto a fare un giro per i mercatini e comprare qualcosa per decorare casa nostra.

Già casa nostra.

Sorrido ancora al solo pensiero.

Io e Claudio ci siamo trasferiti a New York subito. Dopo che lui mi ha fermato all'aeroporto impedendomi di partire, avevamo trascorso alcuni giorni a Roma per curare le ferite, mettere i cerotti suoi tagli e levigare i lividi.

«Partiamo.» mi aveva detto dal nulla, due giorni dopo. Eravamo distesi sul mio letto, dopo aver finito di fare l'amore e io ancora stentavo a crederci che lui fosse qui con me.

«Come, scusa?»

«Tu stavi andando a New York e a me va bene. Partiamo. Non voglio che tu ancora una volta metta da parte i tuoi sogni per qualcun altro.» mi aveva sussurrato e i miei occhi si erano si erano velati di lacrime. Quanto amore aveva questo ragazzo da darmi, quanto ne avevamo sprecato e quanto ancora ne dovevamo recuperare.

«Avevo trovato un'accademia interessata ai miei lavori. Avevo deciso di iniziare a studiare e poi chi lo sa, magari farmi conoscere.»

«E allora, partiamo.»

«E tu che farai?» gli avevo chiesto, mentre con una mano accarezzavo i suoi capelli. Sapevo che non voleva che io ancora una volta mettessi da parte le mie aspirazioni per qualcuno, ma io non avrei mai chiesto a lui di rinunciare ai suoi sogni per seguire me.

«In realtà in questi tre anni ho fatto delle ricerche. E a New York c'è un college dove cercano madrelingua italiani per l'insegnamento di italiano per la gente del luogo e avrei già mandato il Curriculum...»

«Tu pensavi già a noi.»

«Ho sempre pensato a noi. Partiamo, Mario. Andiamo via da qui. Andiamo in un luogo dopo la nostra fedina penale non avrà valore. Qui sarei sempre giudicato per il tuo trascorso e non voglio che tu venga messo da parte per un pregiudizio superficiale. Quindi iniziamo una vita insieme, lontano da qui.»

E così eravamo partiti. Tramite vecchie conoscenze avevamo trovato un monolocale, piccolo ma perfetto per noi. I primi mesi sono stati faticosi. Claudio ha iniziato ad insegnare, io ho usato i pochi risparmi che mi sono rimasti per pagarmi gli studi e la sera tutti e due facevamo i camerieri per un ristorante. È stata dura, ma ce l'abbiamo fatta.

Adesso Claudio non svolge più un doppio lavoro, mentre io continuo a lavorare tutti i weekend, incominciando a guadagnarmi il pane anche con la mia arte.

Stiamo bene, siamo felici.

Ci tiriamo i piatti quando litighiamo, ma quando viene la sera non ci addormentiamo prima di far pace, o semplicemente dando un bacio sula fronte all'altro che puntualmente fa finta di dormire.

Funzioniamo.

In un modo strano è così. Sapevo che Claudio sarebbe stato la mia persona, dalla prima volta che l'ho visto.

Era solo ragazzino, spaventato dalla vita, vittima di ingiustizie. Mi ha teso una mano e io l'ho stretta nella mia. Ho capito da come le nostre mani si erano sfiorate la prima volta, mentre silenziosamente gli dava conforto dal suo pianto, che in questo ragazzo c'era qualcosa che andava oltre. Qualcosa che in nessun essere umano io avevo mai visto.

Ci siamo fatti male, ma ci siamo fatti bene. Continuiamo a farcene anche adesso, ma va bene così.

Ci amiamo e va bene così. Abbiamo una vita che ci piace, lavori che ci soddisfano, anche se non possiamo permetterci ristoranti stellati o vestiti firmati, ci basta quello che abbiamo.

A me basta avere lui a fianco.

«Mario! Viene, guarda!» mi richiama ancora e io mi avvicino, alzando gli occhi al cielo.

Lo trovo con gli occhi che brillano e che batte le mani, mentre mi indica un carillon. Seguo il dito della sua mano, sorridendo perché è davvero un bambino, e scopro ciò che sta guardando con tanta gioia.

«Lo schiaccianoci.»

«Amo quella fiaba.»

«Tu ami tutto ciò che riguarda i bambini, Clà»

«Dai, è stupendo.» e in realtà è vero. Le dolci note del carillon che suonano una delle opere più belle mai scritte, sa tanto di Natale. Sa tanto di Famiglia.

Mi volto verso l'amore della mia che non ha scattato gli occhi tutto il tempo dal banchetto.

«Cla'?»

«Mmh»

«Non è che andresti a comprare due cioccolate calde? Per favore, ho freddo e devo tornare ad aiutare Bonnie.»

Mi sorride e poi mi stampa un bacio sulle labbra, prima di dirigersi verso il bar. Aspetto che si allontani prima di rivolgermi al signore dei carillon.

«Good morning, how much is the music box?*»

«Nutcracker?*»

«Yes, please.*»

Sorrido, mentre porgo i soldi all'uomo e chiedo nel mio inglese, ancora imperfetto, se può confezionarmelo.

Lo ringrazio ancora e mi allontano, nascondendo il pacchetto regalo nella tasca del mio cappotto. La neve scende a New York e dà a questa città un'aria ancora più magica. Il freddo gelido ti entra nelle ossa e io ho sempre odiato il freddo. Tranne adesso, il freddo è sopportabile se hai qualcuno da stringere la notte.

Claudio arriva dopo una manciata di minuti con due bicchieri caldi in mano.

«Io ti amo da morire, lo sai?» gli domando retoricamente, mentre prendo la mia cioccolata e mi riscaldo le mani.

«Sempre quando ti conviene.» ribatte sorridendomi.

«Non è vero lo sai che ti amo. Adesso torniamo a casa che mi ha già rotto il cazzo tutta sta di festa.»

«Sempre molto fine tu.»

«E' più forte di me.» ridiamo, mentre mi scompiglia il ciuffo e insieme torniamo a casa.

*

«Allora, decidi un po' tu. Come lo decoriamo questo albero? Dorato, argentato, rosso?» Mi chiede Claudio. Ha già montato l'albero, troppo grande per la nostra piccola casa, ma ha insistito perché "Cosa dobbiamo farci con un albero piccolo, Mario" e io ancora una volta non ho saputo dirgli di no.

«Io direi che vanno bene tutte quelle palline colorate lì dentro.» gli indico lo scatolone che ho riempito in questo mese.

Claudio si avvicina e inizia a tirarle fuori ad una a una, storcendo il naso e «Mario, fanno schifo quelle palline.»

Faccio cadere il pennello per terra e lo guardo infastidito. «Claudio Sona. Prova a insultare le mie palline, che ci sono stato un mese per dipingerle e stasera dormi sul divano al freddo. E senza plaid.» inferisco, ritornando a concentrarmi sul mio disegno.

«Ma no, amore. Sono bellissime. Ma davvero, non potevi farle, non so tutte dello stesso colore?» mi chiede con quella faccia da paraculo che ha. Sbuffo e mi alzo per affiancarlo.

Dovevamo essere molto più romantico di così, ma si sa noi con queste cose non sappiamo farle.

«Dammi qua.» lo spingo divertito e prendo la prima pallina.

«Nera?»

«Sì.»

«Perché?»

«Perché il nero sono io senza te.»

Glielo sussurro sulle labbra, mentre lui mi guarda stupito. Mi avvicino all'albero e appendo la prima pallina alla base.

«Senza di te, Claudio, la mia vita era un cielo senza stelle. Tutto aveva perso importanza. Io mi ero perso. Il nero è stato il primo capitolo della nostra storia.» continuo sottovoce.

Claudio mi abbraccia da dietro e mi bacia la guancia e poi il collo.

«Quindi ogni colore rappresenta una parte di noi?»

Ha capito.

Annuisco.

«E dopo cosa viene?» mi sussurra ancora coccolandomi.

«Il verde

Allunga la mano e tira lo scatolone vicino a noi. Si sediamo a gambe incrociate sul pavimento. Lui sempre con le mani sui miei fianchi a stringermi e a riempirmi di baci per consolarmi.

Nelle mani una nuova pallina colorata che aspetta di essere riempita di una storia dalle mie parole.

«Quando ti ho visto per la prima volta e ho visto i tuoi occhi, ho capito che sarebbero stati la mia rovina.» gli rivelo e ridiamo insieme. «Ma sono stati la mia salvezza. Nei tuoi occhi, Cla' ho ritrovato tutta la speranza che avevo perso.»

«Io ci sono sempre.» mi dice e mi bacia la spalla.

«Adesso lo so.» appendiamo anche la seconda e ne prendo un'altra, questa volta bianca.

«Bianco. Il nostro primo bacio. È stato il primo raggio di luce ho visto.»

Sorridiamo ancora e continuiamo ad appendere le palline ad una a una raccontandoci.

Acquamarina, che lui mi confessa di essere io per lui, come le acque del mare, profonde e piene di sfumature.

Arancione, come la prima volta che gli chiesi di fidarsi di me, mentre ci abbracciavamo seduti sul nostro muretto a guardare il primo tramonto insieme.

Viola, il nostro primo vero bacio. Quello vissuto, quello proibito, quello pericoloso. La consapevolezza che tra noi qualcosa stava nascendo, qualcosa di peccaminoso e vietato.

Blu, come quando sono riuscito ad aprirmi con lui e ho rivelato la mia anima malinconica.

«Rosa, il giorno che mi hai regalato questo.» mi sussurra all'orecchio mentre tira su la manica del maglione e mi fa vedere il braccialetto di cuoio. «Un amore appena nato.»

«L'amore eterno.» completo e lo bacio perché non ne posso fare a meno. E lo bacio perché adesso posso, lo bacio per recuperare tutti quei baci persi, sprecati, quelli che ci siamo dati solo con gli occhi, perché non ci erano consentiti.

Quando si stacca dal mio ennesimo bacio, Claudio recupera una nuova pallina. Ha una scritta sopra che fa lui sorridere e fa ancora a me piangere.

«Indaco, Piccola Anima. Te lo ricordi ancora?» mi chiede, mentre la osserva attentamente.

«Come posso dimenticarlo? Hai descritto la mia vita con una canzone e mi hai detto che c'eri con parole non tue e hai azzerato ogni muro.» Gli accarezzo la guancia e scaccio via quella lacrima all'angolo del suo occhio.

«Appendiamo?»

«Sì.»

E andiamo avanti col giallo, come il giorno che mi sono scoperto geloso di lui.

Col giada, come i suoi occhi.

Marrone, come la notte che lui non ce la faceva più, dove i nostri bisogni fisici si sono svegliati e dove avevamo la necessità di toccarci più affondo, di viverci un po' di più.

Vinaccia, come il giorno dove decisi di collaborare con le istituzioni dove ammisi di essermi innamorato di lui e che da quel momento tutto sarebbe cambiato.

Fucsia, come la mia anima. Tormentato dalla consapevolezza di amarlo ma di non saperlo fare. Dalla angoscia che mi dilaniava perché dovevo lasciarlo andare, non potevo sporcarlo più e lui che imperterrito nel mio casino si trovata a suo agio.

«Rosso.» sussurro. Un punto di svolta. Il cambiamento.

«La nostra uscita premio.» ricorda anche lui.

«La nostra giornata tipo.» continuo, intrecciando le mani con la sua.

«La prima volta che abbiamo fatto l'amore

Mi stringe la mano e lo amo un po' di più perché lo sa che da questo momento in poi i ricordi diventato più difficili, più triste.

Come il bianco fantasma di quando ci scoprirono e ci separarono.

Celeste, come quando sappi che lui sarebbe andato via e a me restavo dopo più di una settimana e il mio cuore, già sofferente della sua assenza, tornava a gelarsi.

Poi venne Oro, il giorno della sua partenza. Lui che sarebbe stato libero e io che sarei rimasto lì dentro ancora per un po'. Io, che chiesi a lui si splendere e si illuminarmi anche da lontano.

E poi c'è stato l'Argento, ma qui non abbiamo parlato. Non abbiamo voluto ricordare quella volta dove ci lasciammo definitivamente, dove tutto era finito tra di noi. Quello fa ancora male.

Appendiamo in silenzio la nuova pallina mentre proseguiamo con la prossima.

Di nuovo verde, il giorno che sono uscito dal carcere anche io. Il giorno che ho ripreso la mia vita in mano.

E rosso porpora quando invece rientrai prepotentemente quasi, nella sua vita il giorno della sua laurea, a chiedergli di restare e basta.

Turchese. La nostra seconda volta. Quella consapevole, quella disperato, quella che dopo un anno aveva bisogno di ossigeno. La seconda volta che non ci fece lasciare mai più.

31 palline ognuna con un colore diverso.

Ognuna con un capitolo che ha scritto il nostro cammino, che ci ha portato ad essere ciò che siamo.

«Manca l'ultima.»

«Questa rappresenta un arcobaleno?»

«Sì, perché un arcobaleno di colori è diventata la mia vita, da quando siamo qua insieme.»

E poi ci sono stati loro due uomini, abbracciati davanti a un albero di natale ancora da finire, a baciarsi sotto un ramo di vischio.

24 dicembre – Roma

Siamo tornati in Italia per trascorrere le feste. È la vigilia e mia mamma ha insistito affinché cenassimo tutti insieme. Non manca nessuno, siamo tutti riuniti intorno a un tavolo, con noi anche i genitori di Claudio. Abbiamo mangiato, bevuto, riso. Ho giocato con Amelia che ormai a quasi cinque anni ed è una signorina. Abbiamo aspettato la mezzanotte e tra brindisi e auguri, ci siamo scambiati i regali.

Adesso ci siamo solo io e Claudio, seduti davanti al Colosseo, ad ammirare le bellezze di Roma, ora che per strada non c'è ormai nessuno e si respira l'aria di festa.

«Questo è per te.» gli sussurro, mentre gli passa il mio regalo.

«Mario, avevamo detto niente regali!»

«Infatti è una cavolata.» lo incito ad aprire il primo pacchetto e lui sbuffa, prima di scartare la carta e col fare curioso.

Alla fine resta sempre un bimbo.

Anche se adesso ha 28 anni, anche se non siamo più giovani come un paio di anni fa.

«Mario, ma è lo Schiaccianoci!» sussurra, mentre gli occhi si illuminano alla vista del carillon.

«E' quello che volevi, no?» chiedo e lui si risposta mi butta le braccia al collo e inizia a riempirmi di baci tanto da farmi il solletico.

«Sì! Giuro, ti amo, ti amo, ti amo, tantissimo.» mi sussurra tra uno schiocco e un altro.

«Lo so.» rido e gli prendo il volto tra le mani per baciargli le labbra.

«Ma io non ho niente per te. Cioè, avevamo dett-»

«Non voglio niente. Il mio regalo sei tu. Insomma. Io mi ero preparato tutto un discorso ma adesso faccio anche fatica a ricordarlo. Avrei voluto regalarti un anello, ma non posso ancora permettermelo. Prometto, però che al primo stipendio serio, lo avrai. Avrei voluto chiederti di sposarmi allo scoccare della mezzanotte, ma poi davanti a tutte le nostre famiglie non ce l'ho fatta.

Non sarà facile, e lo sappiamo. Per quanto potremmo mai scappare lontano, la mia condanna mi segnerà in eterno. Io so che tu sogni una famiglia, sogni dei figli, vorresti estendere il nostro amore crescendo altre vite, ma sai anche che visti i miei precedenti, sarà difficile e quasi impossibile.

Ti sto dicendo che io ti amo, ma quando un giorno questo non ti basterà più, tu sarai libero di andare, di sposare qualcun altro, di poter mettere su la famiglia che desideri. Ma io ti prometto che lotterò con tutto me stesso, perché noi una famiglia ce la meritiamo, perché siamo cresciuti troppo soli e abbiamo bisogno di altro. Farò di tutto per renderti felice. Però se tu non te la sentirai più dimmelo, se dovessi fallire, lasciami, perché per me la tua felicità è già una vittoria.

Ma se vuoi lottare con me, se è con me che vuoi stare. Sposami. Domani, tra un mese, tra un anno, sposami e poniamo le basi per questa nostra famiglia. Vuoi farlo, Claudio? Vuoi sposarmi?»

E le sue labbra che si scontrano in bacio di lacrime salate e dolorose, un bacio che sa di un nuovo inizio e sa che sarà tutto in salita. Di un bacio che vuole comunque provarci.

«Mario.» mi prende la testa tra le mani e mi bacia tutto il volto, beve le mie lacrime, si nutre di esse e mi stringe forte al suo cuore. «Noi due siamo già una famiglia, noi due ci bastiamo già. Sì, voglio sposarti e no, non mi stancherò di te. Perché ho conosciuto tutti lati peggiori di te e mi sono innamorato ugualmente e non smetterò di farlo mai. Sì. Voglio diventare tuo marito. Sì, vorrò anche essere padre, ma se ciò non accadrà, non farà niente. C'è sempre Amelia che per te è come una figlia, e lo è anche per me, ci saranno tante altre mille cose e non ci stancheremo mai.»

E se andrà tutto bene tra di noi, questo io non so dirvelo.

Magari litigheremo domani, magari ci lasceremo perché smetteremo di amarci.

Magari cambieremo strada quando ci incontreremo.

Ma sappiate che quella sera stretti su una macchina la notte di Natale, a freddo, con un carillon come anello di fidanzamento, tutto era assolutamente perfetto.



Fine.




****

Note finali:

Ed eccoci qua, alla fine di questa storia.

Prima di tutto volevo scusarmi per il ritardo, ma non volevo proprio finirla e poi tra Natale e la sessione invernale, avevo un po' perso l'ispirazione e non volevo che questa storia avesse un finale non degno.

Vorrei ringraziarvi ad uno a uno per la pazienza che ci avete messo.

Hai imprigionato la mia anima è stato un viaggio che mi ha portato a delle soddisfazioni che non mi aspettavo.
Grazie per tutti i commenti e per tutte le stelline.

Grazie anche per chi ancora legge e per le notifiche che mi arrivano per "Ricordati di me."

E poi, per chi non lo sapesse, ho iniziato un'altra storia molto più tranquilla e molto più divertente senza molte tragedie, forse un po' drama queen, che trovate nel mio profilo col titolo di "Vieni con me", dove ho già pubblicato i primi due capitoli e presto arriva anche il terzo.

Quindi, purtroppo per voi, non vi lascio ancora.

Vi aspetto a tutti anche di là.

E grazie ancora.

Sabri.

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