Giallo
7 novembre
La gelosia.
È qualcosa che non controlli.
La gelosia,
Ti scorre nelle vene, ti rapisce, ti acceca.
La gelosia è il giallo.
Gialla era la mela che Paride donò ad Afrodite, che gli aveva promesso l'amore della bella Elena, provocando l'ira e la gelosia di Era e Atena.
Giallo è il colore della bile, tradizionalmente collegata alla collera che spesso la gelosia provoca.
A dare valore a tutto ciò, in Inghilterra, per descrive una persona gelosa, si usa, guarda caso, l'espressione "indossare i calzini gialli".
Eppure, un colore così bello vivo, che ricorda il sole, l'oro, la gioia, la felicità viene associato a un sentimento così prepotente che ti toglie la facoltà di pensare di agire razionalmente.
Ma si sa, ogni colore ha un suo lato oscuro, qualcosa di misterioso, di non detto.
Come la vita.
****
Trattengo il fiato, mentre concludo il percorso ad ostacoli che l'educatore oggi si è inventato per noi. Faccio schifo nello sport, davvero. Sono in una frana in tutto tranne che nel calcio. Lì, c'è un po' della mia essenza.
Guardo davanti a me Claudio in splendida forma, a suo agio e sorrido. Quanto è bello con i raggi del sole che gli accarezzano il volto e i capelli ramati. È davvero così piccolo che vorrei proteggerlo dal mondo, anche a volte da me stesso.
Cerco di non pensarci e mi concentro di nuovo sull'esercizio prima che qualcuno mi scopra intento a fissare l'uomo che si sta insinuando nel mio cuore.
Dopo l'altra sera ho avuto una certezza, che lui davvero vuole che io mi fida di lui, che lui davvero mi sta aspettando. Non abbiamo più parlato di Pietro, è come se mi lasciasse i miei spazi anche se so che interamente vorrebbe chiedermi tutto e si sta trattenendo. Non so, se sono ancora pronto ad aprirmi completamente con lui e lui si fa bastare quel poco che ogni giorno scopre di me. Andiamo bene così, forse possiamo funzionare davvero.
Concluso l'ennesimo ciclo di addominali e poi mi sdraio esausto per terra, con le braccia aperte e l'affanno. Chiudo gli occhi e resto in ascolto, beandomi della consistenza dell'erba artificiale del campo da calcio a contatto con la mia pelle.
Ma la serenità dura poco, fino a quando una risata cristallina non arriva alle mie orecchie. Piego la testa di lato è vedo Claudio ridere come se non ci fosse un domani sempre e di nuovo con lui. Diego.
Mi concedo un secondo per calmarmi perché lo so, okay, lo so. È suo amico, c'è stato quando io non c'ero, l'ha aiutato, ma è lo stesso che gli ha detto che io non ne valgo la pena, che io non sono niente. E poi c'è Claudio che ride come con me non ride, ride come solo con lui sa ridere. E vorrei tanto alzarmi, avvicinarmi, sapere cosa c'è di così divertente, ascoltare le parole che quel coso gli ha detto.
Invece resto immobile, nel vano tentativo di calmare la rabbia. Devo controllarmi, devo resistere.
Ci riesco, riapro gli occhi e poi è un attimo. La bocca di Diego è troppo vicina al suo orecchio, gli sussurra qualcosa che lo fa piegare ancora di più dalle risate.
E no, basta.
Scatto in piedi e mi avvicino a loro. Un secondo e sono dietro di loro.
«Mi sono perso qualcosa?» Faccio il mio annuncio ed entrambi vengono presi alla sprovvista, si voltano spaventati, ma poi le labbra di Claudio vedendomi si piegano in uno di quei sorrisi stupendi che mettendo in ombra il sole.
Prontamente lo ignoro, concentrandomi sul quel altro essere di fronte a me.
«C'è qualche problema?» mi domanda Diego, con la sua solita aria da sfida.
Rido e faccio un passo verso di lui.
«Tu sei il problema» gli sputo in faccia. Chiudo le mani in due pugni per controllare l'istinto e non picchiarlo.
Diego continua a fissarmi negli occhi e «Beh io stavo parlando con Claudio mica con te»
Il solo sentire pronunciare il suo nome da labbra che non sono le mie, mi incendia dentro. Non ho mai provato certe cose, non capisco neanche cosa sia. Non so dargli nome, non lo so fermare. Mi annebbia la mente. «Claudio non è cosa tua» perché lui è mio. Ogni cosa è mia. È roba mia, e cosa mia. Sono miei i suoi sorrisi, i suoi occhi, le labbra, gli abbracci, sguardi e momenti che mai nessuno potrà capire.
«Per questo neanche tua» e stavolta lui sembra innervosirsi facendo più avanti. Siamo fronte contro fronte, pronti ad attaccare al primo passo falso dell'altro.
«Ragazzi-» Claudio interviene cercando di farci calmare ma ne io ne lui vogliamo porre fine alla discussione.
«Ah davvero? » continua lui. «Intanto è con me che ride, è con me che trascorrere il suo tempo, è con me che si confida. Te lo ha mai detto che gli fai paura? Che ha odiato dover condividere la sua stessa aria con te? Te lo ha detto?» e ogni sua parola è una coltellata in pieno petto. Indietreggiare. Allontanarsi. Questo vorrei fare.
Mi concedo di guardare Claudio un solo istante per leggere dentro la sorpresa di quella confessione segreta che ha davvero fatto e che adesso conosco. Gli mostro la delusione del mio volto, il dolore di ogni suo pensiero. Ma non mi permetto di cedere adesso. Non ho intenzione di lasciarlo andare. Non adesso che lui è tutto.
Mando giù il rospo perché adesso la mia priorità è liberarmi del pericolo.
Quindi «Sono tutte cazzate quelle che hai detto»
«Lui non è un oggetto. Non ti appartiene.»
No tesoro. Ho resistito anche troppo. Gli afferro un lembo della maglia e lo tiro verso di me.
«Tu non sai un cazzo. Tu non sai nulla» glielo ripeto con tutta la furia che ho dentro. I miei occhi sono iniettati di sangue, il controllo si è mandato a far benedire. «Tu non sai nulla di me, di lui, di noi. Non lo sai perché non puoi vederlo. Stai a tuo posto, Diego.»
Le mani caldi di Claudio mi si appoggiano sulle spalle. «Adesso basta.» mi sfiata all'orecchio. Preme le dita sulla mia pelle e io di risposta lascio andare Diego. «Forse è meglio che vai. » gli sussurra al ragazzo.
Diego scuote il capo ridendo e «Ti sta fondendo il cervello» gli risponde, prima di darci le spalle e andare.
Restiamo solo io e lui, ma io sono troppo incazzato per guardarlo.
Mi scrollo di dosso le mani di Claudio, perché si cazzo, ce l'ho pure con lui. Punto i miei pozzi neri nei suoi smeraldi, ma niente. Questa volta servirà di più di una bella parola o uno sguardo dolce per farmela passare.
Non importa quando lui abbia detto quelle cose a Diego, ma le ha dette e me lo ha confermando non sapendomi dare una spiegazione.
Ma quello che mi fa male, più male è sapere che si è fatto consolare da altre braccia e io giuro odio tutto ciò che lo circonda.
«Mario,io...»
«No. Sta zitto.» lo fermo perché davvero adesso sarei capace di scrollargli addosso le peggiori parole e non voglio ferirlo. Nonostante tutto anche se io mi senta ferito da lui, non voglio fargli del male.
Ma lui non demorde e si fa più vicino, stringendo la sua mano nella mia. E poi è un lampo. Gli occhi che mi cadono sull'orologio, l'ora di attività che sta per terminare.
Quindi «Seguimi.» gli ordino. «Sistemiamo noi gli attrezzi, oggi». Inizio a raccogliere i palloni, le corde e i cerchi utilizzati per il percorso realizzato poco prima e mi avvio dentro la palestra,con Claudio dietro di me che stranamente mi segue senza domandare.
Giro la maniglia della porta dello stanzino e tiro Claudio dentro, chiudendo la porta alle nostre spalle. Ed è un attimo, non gli do il tempo di parlare, non gli do il tempo di pensare. Le mie labbra sono già sulle sue e sono aggressive, stringono, mordono, lasciano la sua traccia.
Sento Claudio prima resistere per la sospesa e poi a poco a poco abbandonarsi a me, lasciando cadere per terra ciò che aveva in mano e stringendo le dita ai miei fianchi.
«Ma-Mmario.» si lamenta sulla mia bocca mentre io chiedo di più. Mordo il suo labbro inferiore e lo lascio andare solo per guardarlo negli occhi un secondo.
«Cinque minuti, Claudio. Abbiamo cinque minuti contati il tempo del cambio guardia. Quindi sta zitto e baciami prima che il tempo scada.»
E non se lo fa ripetere . Stavolta è lui che assale le mie labbra. La lingua che cerca accesso che non gli nego, è poi incontra la mia. È il bacio più scomposto che ci siamo scambiati fino ad ora, tutto denti, lingua e saliva. Esploro la sua bocca, mi gusto il suo sapore che sa sempre di dolce misto al tabacco. Le unghie vanno ad incastrarsi dietro il suo collo, dove tiro i capelli alla base della nuca.
Ed è di più, è molto di più. È passione che scorre nelle vene, il sapore della libertà, è un raggio di sole che ti accarezza il volto, è magia, è speranza, acqua fresca in mezzo al deserto. E continuerei a baciarlo ancora se non fosse che la mancanza d'aria ci costringe a staccarci. Alzo lo sguardo e davanti ho la visione più bella che i miei occhi abbiano mai visto. Lui, le labbra gonfie, arrossate per i miei morsi e la mia bocca, il volto sconvolto, il fiato corto, i capelli in disordine.
Dio, è magnifico.
«Devo farti ingelosire più spesso se è questo il trattamento che poi mi riservi» sussurra lui ed è come se ci accende qualcosa in me.
Gelosia, pura, via.
Eccola la parola giusta, ciò che descrive il mio stato d'animo. Ma non mi piace, non mi piace per niente provarla. Essere gelosi vuol dire avere paura di perdere quella persona, paura di restare solo. E io non voglio provare certe cose, non voglio essere geloso di qualcosa che mi appartiene.
Eppure, sono ne sono marcio, perché ho una fottuta paura di lui e quello che mi fa sentire ma lui deve capire che è mio e basta.
Per questo non rispondo al suo sorriso, anzi il mio volto è serio. Spingo il suo viso verso di me. Traccio con le labbra il contorno di quel suo profilo fino a fermarmi al suo orecchio dove «Claudio» sfiato e lui deglutisce, chiudendo gli occhi e gettando la testa all'indietro. Sorrido soddisfatto e consapevole dell'effetto che gli faccio. «Tu sei mio.» continuo, tirandogli le ciocche dei capelli e mordendo il suo lobo «Hai capito? Mio. Solo mio.»
«S-si» mormora in un gemito e poi gira la testa per incontrare di nuovo le mie labbra che non gli nego pronte a dargli un nuovo bacio.
Ed è tutto giallo, il giallo di quel sentimento che mi scorre nel sangue, è la difficoltà che ho nel fidarmi nelle persone. È giallo lui con la sua aura e la luce che porta nelle mie giornate.
Il giallo non è solo la mia gelosia morbosa nei suoi confronti, no, è legato alla luce solare e al concetto di illuminazione radiante. Il giallo è fuga, liberazione e impulso centrifugo.
Dicono che in fisica i corpi gialli sono quelli più reattivi e noi qui chiusi a chiave in uno stanzino buio, siamo metallo e calamita. E ad ogni bacio sempre più scomposto, il corpo si risveglia e l'istinto animale prevale.
Graffio, stringo, spingo il mio bacino contro il suo e mi rendo conto di non essere l'unico eccitato.
«M-mario. Per favore» mi supplica, spingendosi contro la mia gamba per cercare sollievo a quella erezione ormai formata e ingombrante.
«Cosa vuoi, Claudio?» gli chiedo provocante, mentre mi dedico a soffiare e succhiare un particolare lembo della sua pelle sul collo. Si lascia andare a un sospiro più profondo e a un gemito gutturale che mi manda letteralmente fuori di testa. «Questo? » domando ingenuamente, mentre la mia mani accarezza gli addominali al di sopra della maglia. Strizzo un capezzolo e scendo ancora un po', andando a giocherellare con l'elastico dei suoi pantaloni di tuta.
«Allora?» insisto, non avendo ottenuto nessuna risposta. Infilo la mano dentro i pantaloni e lo sento trattenere il fiato e un debole «Sì» scappa dalla sua bocca perfetta.
Appoggio la mano a palmo aperto sul suo rigonfiamento e lui si spinge contro di essa. Ritiro subito la mano e «No» lo ammonisco ridendo. «Tu, devi capire che sei mio» ritorno a sussurrargli all'orecchio e baciandogli la guancia, mentre la mano libera la sua erezione dalla stoffa dei boxer. Si libera di un gemito più acuto che catturo con la mia bocca sulla sua. «Tutto di te mi appartiene». Impugno il suo pene e lentamente accarezzo tutta la sua lunghezza, concentrandomi poi sulla punta. «Mi appartengono le tue labbra, i tuoi sorrisi, i tuoi baci» continuo la mia corsa sul suo volto mentre le dita continuano a giocare.
«Di più, ti prego di più» mi risponde completamente abbandonato ai miei tocchi. So che lo sto facendo impazzire, quindi aumento il ritmo della mia mano stabilendo sempre un andamento lento e estenuante. Lui urla sui miei baci e stringe così forte la dita sul mio fianco tanto da farmi male.
«Mi appartengono le tue mani, gli abbracci, i sorrisi» appoggia la testa sulla mia spalla e si nasconde all'angolo del mio collo. «Il tuo corpo è mio, la tua pelle è mia, il tuo tempo è mio. E si Claudio, sono fottutamente geloso e odio esserlo perché sei mio cazzo, mio. Nessuno può toccarti, nessuno può guardarti. »
«Sì.. »risponde ancora lui, muovendo i fianchi in avanti cercando di aumentare le mie carezze sulla sua pelle. Stringo il suo membro nella mia mano e inizio a muovere la mano su e giù stabilendo il ritmo che lui vuole.
«Odio vederti con lui, odio vederti con altri, odio perché io non ti merito ma ti voglio. E ti voglio così tanto» ansimo anch'io facendo scontrare anche il mio bacino contro il suo corpo. «Senti l'effetto che hai su di me? E lo stesso che io ho su di te e lo sai perché? Perché ci apparteniamo a vicenda e tu sei mio, mio, mio»
«Mario, non c'è la faccio più» aumento ancora di più il ritmo e lo sento che sta arrivando quasi al limite. Le gambe diventano più rigide, il respiro sempre più affannato. È vicino, ma voglio vederlo.
«Guardami» gli ordino, e lui lo fa. Alza la testa e solo vedere i suoi occhi colmi di piacere, muoio. Mi butto sulla sua bocca. Ci scambiamo un bacio che più che bacio è un misto di saliva e lingue che si rincorrono. Porto una mano anche alla mia di erezione che sta implorando attenzioni.
«Vieni, Claudio. Vieni per me. Vieni solo per me, amore» do le ultime stoccate e poi si aggrappa alle mie spalle prima di svuotarsi tra le mie dita. Lo accompagno per tutto il tempo e solo a vederlo perso nell'orgasmo che lo ha stravolto, vengo anche io chiamandolo per nome e cercando appiglio tra le sue braccia.
E ci ritroviamo sdraiati contro un pavimento sporco e maleodorante, stretti l'uno tra le braccia dell'altro dopo aver condiviso uno dei momenti più intensi della nostra vita.
E lui poi ad appoggiare di nuovo le sue labbra sulle mie, dove lascia un bacio a stampo, pigro ma pieno d'amore.
«Di chi altro potrei mai essere, Mario se da quando ti ho visto non so più dove finisco io e inizi tu? Sono tuo, potresti uccidermi con un battito di ciglia se vuoi. Sono tuo perché non lo ho scelto io o te. Ma l'ha scelto il cuore e contro quello non si va mai.»
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