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Run... only run! (R)

_I pensieri di una folle_

ATTENZIONE: Se hai già letto questo capitolo non lo rileggere MAI una seconda volta. Se lo stai leggendo per la prima volta goditi il momento. Ti farà uscire fuori di testa, confondere i pensieri e correre veloce da non riuscire a capire. Ma farsi comprendere non è quello che i folli vogliono davvero. Corri, solo corri e assapora i pensieri di una folle. Liberati solo per un attimo...

Ciao, sono Alhena e credo di essere pazza. Bhe, non sempre in realtà, solo a volte, lo giuro!

Ma  in fondo la follia, rido, non è mai solo follia. È sempre qualcosa in più, c'è sempre qualcosa di più. Noi non possiamo vederlo, è ovvio, ma chi lo vive... lo sente, eccome se lo sente.

Alcuni lo definiscono istinto, altri una semplice voce che ti urla libertà.

Ma, quando ti lasci travolgere, è sempre tutto più bello.

L'aria è più fresca, i polmoni più liberi e la mente più vuota. Non esistono più le gabbie dorate della società moderna. 

Non più regole, non più condizioni a cui sottostare, non più pressioni su chi eri, su chi sei o su chi dovrai essere.

Folli in fondo sono soltanto coloro che non riescono a rimanere, lì rinchiusi in queste belle gabbie, e troppo deboli, già, per potersi ribellare.

Ma quando inizi, è impossibile smettere. Una droga, ecco cos'è! 

Invidiavo coloro che a modo loro erano riusciti ad evadere, io che continuavo a lustrarla la mia di gabbia. Loro se dovevano fare qualcosa la facevano e basta. Niente convenevoli, nessun moralismo o bon-ton d'alcun genere.

Nessuno li avrebbe guardati male, in fondo loro erano pazzi, folli, malati... poverini.

Follìa s. follia [der. di folle1]. – 1. a. Genericam., stato di alienazione, di grave malattia mentale (sinon. quindi di pazzia)

Ma alla fine molte cose possono essere definite folli a questo mondo. 

(in fondo la vita è un continuo dilemma puramente soggettivo visto da sette miliardi di punti di vista. No?)

Può essere definito pazzo quello che feci l'altra sera. Oppure, il semplice fatto di passare la notte in bianco a scrivere può essere considerato folle.

Punti di vista.

Semplici punti di vista.

Anche se così semplice non è.

Era una notte di luna piena, me lo ricordo perché l'ammirai a lungo quella sera. C'era una strada, una piccola, del paesino in cui abitavo. 

E anche dei lampioni, sì, c'erano anche loro insieme ad una vastità di case di tanti colori. Più in là ricordo le lunghe punte del bosco, immobili, attenti ad aspettare qualcosa, che cosa non saprei. Forse non se l'è chiesto mai nessuno.

Era una notte placida, quasi inquietante a dire il vero, ma io non ero sola, oh no da sola di sera non ci si deve mai andare. 

Ero con alcuni miei compagni, non tanti, abbastanza da poter animare con i nostri schiamazzi la via. Sicuramente loro mi avranno preso per pazza.

Emma però –mia compagna per una notte- mi ha assecondata, capendo e prendendone parte.

Una notte sola, il giorno dopo tutto sarebbe sparito con le ombre della notte.

Secondo me? Non era pazzia.

Ero annoiata l'attimo prima e euforica il secondo dopo.

Solo questo.

Annoiata dai discorsi dei miei coetanei, annoiata da tutto.

Stanca delle preoccupazioni, delle aspettative, delle pressioni.

Vogliosa di attenzioni, non quelle che portano all'invidia, solo attenzioni.

E poi...

C'era l'aria, fresca ed eccitante come mai era stata. Pizzicava sulla pelle e m'avvolgeva elettrizzata.

Pura libertà.

Pura euforia.

Pura adrenalina.

Mi ero semplicemente annoiata in fondo e Emma mi aveva seguito.

Solo questo.

Eppure l'attimo dopo, quando ci seguirono, un lampo passò nei nostri occhi.

Pazzia? Non lo so in realtà. Alienazione mentale? Dio, sì!

Incominciammo a camminare, sempre più veloce man mano che mettevamo distanza da loro. Non dicemmo niente a nessuno. Nessun avvertimento, nessun segno. Ci guardammo negli occhi e così come l'attimo prima eravamo ferme ad ascoltarli l'attimo dopo stavamo camminando... sempre più veloce, fino a volare.

Era bello, stavamo scappando, da cosa non lo so nemmeno ora.

Girammo l'angolo.

Iniziammo a correre.

Senza meta, senza motivo.

Solo correre, correre e ridere.

Libere, veloci, senza pensieri.

Libere.

Non c'erano motivazioni. Perché in questa vita ci deve sempre essere un movente?

Volevo stare bene. Volevo ridere.

Solo questo.

È forse un reato?

Ci nascondemmo, stavamo giocando.

Ci trovarono, scappammo di nuovo.

Ci fecimo prendere.

Chiedevano spiegazioni, ci controllarono da cima a fondo. 

Perché noi non eravamo folli e avevamo bisogno di un motivo per fare ogni singola, fottuta, cosa.

Il motivo non lo sapevo!

O forse si.

Non lo so.

Forse ero ubriaca, ubriaca fradicia di quella sensazione così inebriante.

Adrenalina.

Pazzia.

Libertà.

Non stavo facendo niente di male. 

O forse giocare con le proprie regole è male in fondo.

Incominciarono a parlare.

Di nuovo.

Noia.

Emma mi venne vicino.

«Un'ultima volta, ti prego.»

Anche lei voleva sentire di nuovo quell'ebbrezza.

Sorrisi.

Iniziai a correre.

Di nuovo.

Stavo bene.

Libera.

Con la mente vuota.

Stavo bene.

Solo questo.

Ci nascondemmo nuovamente. C'era un grande e grosso vecchio cancello e noi stavamo sedute con il fiatone, lì sotto un manto di stelle... e c'era la Luna, quella tonda tonda che illumina sempre il cielo. Avete presente?

Stavamo bene.

Stavo bene.

Guardammo le stelle in silenzio.

Erano molto belle, laggiù, irraggiungibili e bellissime.

Belle davvero.

Sembravano tanti gioielli incastonati nell'universo.

In quel momento capii quanto bello fosse tutto questo.

Risi.

Non lo so perché. Risi perché ero viva, perché respiravo ancora, perché in quel pezzo di mondo mi sentii davvero bene, mi sentii completa per una volta.

E non perché era quel posto in particolare o per la persona che affianco a me respirava affannosamente.

Mi sentii bene perché ero io. Io sola con me stessa e gli alberi della notte, placidi sul terreno nero.

Non si vedeva la fine di quelle chiome, sembravano infinite e io così piccola, come quella Luna così minuscola in quel cielo così grande. Un cielo nero, infinito manto pieno di stelle.

Tutto è infinito pensai, pure gli attimi più folli.

Tutto è bello quindi, pure la vita più infame.

Pure noi siamo allora infiniti, così belli nei nostri piccoli momenti con noi stessi.

In quel momento tutta la rabbia repressa verso la persona che volevo essere, verso la Elena che tutti conoscevano, verso quelle persone che mi odiavano, verso il mondo... scomparve. Come in una bellissima fiaba.

Allora guardai le stelle e mi chiamai Alhena.

Alhena come la stella, quella libera lassù che placida mi riempiva di luce lo sguardo.

Oh com'era bella, così libera. Volevo esserlo pure io e quando corsi lì incontro alla Luna, ballando là in quello spazio nero, finalmente lo divenni pure io. 

E ridevo, felice.

Ridevo perché stavo bene.

Sguaiatamente.

Ma stavo bene sì.

Per davvero.

Solo questo.

Solamente questo.



-Alhena

Lascari 

Estate, 2015



(Certi errori come le ripetizioni e alcune frasi non propriamente in linea con il periodo sono voluti. Volevo rendere l'idea di un testo disordinato e caotico, spero soltanto che lo sia al punto giusto da trasportarvi nella mente di una donna senza freni. 

Attenti solo a non schiantarvi, vi aspetta un altro capitolo in fondo!)

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