Capitolo 30
Al Distretto, Camila era intenta a visionare insieme ad altri Agenti i video della sorveglianza dello Shopping Center Dolphin Mall, cercando qualche prova o indizio. "È come se un campo magnetico avesse spento tutte le telecamere vicino al negozio dei giocattoli. Sono andate in cortocircuito in contemporanea," disse Joe.
"Ma come è possibile che la sicurezza non se ne sia accorta?" chiese Camila, rimanendo in piedi dietro di lui con lo sguardo fisso sul monitor.
"Perché l'assassino ha bloccato solamente l'immagine. Generalmente, se qualcosa va storto, il monitor si spegne completamente o tutti si bloccano, il nostro uomo invece ha fatto in modo che si fermasse solo l'immagine, così da agire senza essere visto." continuò a spiegare il ragazzo, spostando lo sguardo di tanto in tanto dallo schermo e gesticolando con un braccio per enfatizzare il discorso. "Solo con degli strumenti speciali si ottiene un tale risultato e l'assassino non poteva averli addosso."
Camila piegò leggermente il viso da un lato, mentre nella sua testa si creavano delle ipotetiche situazioni per dare una risposta a quello che era successo. "Potrebbe aver parcheggiato un auto con questo tipo di attrezzatura abbastanza vicino all'entrata del centro commerciale?" ipotizzò, staccando una mano dalla seduta del ragazzo alla quale era appoggiata.
Joe alzò leggermente le spalle, annuendo poi di poco con il capo. "Beh...è probabile," mormorò incerto, incominciando a digitare sul monitor e il video della sorveglianza si chiuse. "Posso provare a visionare il video del parcheggio, ti faccio sapere se trovo qualche anomalia o indizio. Comunque, penso che sarà alquanto difficile, perché, se ha pensato---" il discorso del ragazzo venne interrotto dalla porta della stanza che si spalancò velocemente.
"Detective Cabello," esclamò Scott, puntando subito lo sguardo sulla ragazza. "Sono arrivate le famiglie delle due vittime. La moglie di Elijah Burns e i genitori di Doroty Torres."
La Detective si lasciò sfuggire dalle labbra un piccolo sospiro, per poi annuire con il capo e socchiuse gli occhi. "Grazie Scott. Fai accomodare la Famiglia Torres nella sala degli interrogatori e potresti chiedere a Lauren se, per favore, può pensarci lei?" chiese, incominciando ad avvicinarsi alla porta.
Scott mormorò un piccolo "Certo," e percorrendo il corridoio, eseguì gli ordini che gli erano stati dati.
Camila, arrivata nel suo ufficio, incominciò a sistemare il fascicolo con le prove e si preparò psicologicamente. Quando poi la porta si aprì ed entrò, scortata da due Agenti, la moglie di Elijah Burns, la Detective le strinse la mano, facendola accomodare. "Mi dispiace molto, per la sua perdita. Grazie per aver accettato di venire fino a qui, ha fatto un buon viaggio?"
"Non mi dia del lei, probabilmente abbiamo la stessa età," le rispose la ragazza, accennando una piccola risata amara. "Il volo è stato molto lungo, ma fortunatamente è andato tutto bene," continuò, e dopo alcune domande, Camila le chiese di spiegarle se sapeva qualcosa della motivazione del viaggio di suo marito. "Mi chiamo Anne Mueller. Io ed Elijah ci siamo sposati molto giovani, avevamo appena 22 anni," i suoi occhi luccicavano nel mentre che raccontava. "L'ho conosciuto molto prima che entrasse a far parte della Hooker FC. Amava il suo lavoro, ma amava anche tanto la sua famiglia," le sue parole furono interrotte da un piccolo singhiozzo e la ragazza si portò una mano sulle labbra.
"Ne sono sicura," le disse Camila per tranquillizzarla, rivolgendole un piccolo sorriso, che Anne ricambiò.
"Mio marito mi disse che doveva tornare qui a Miami per lavoro. Eravamo a tavola e ha ricevuto una chiamata dalla Hooker, che lo informava di tornare qui per una probabile riunione per discutere su dei bilanci...non ne sono sicura," mormorò, con tono di voce spezzato. "I biglietti erano già stati fatti, lui doveva solo prendere l'aereo, ma adesso vorrei davvero che non lo avesse fatto."
Camila sentì il cuore stringersi a quelle parole e scosse di poco la testa. "Sono sinceramente dispiaciuta per quello che è capitato. Ti prometto che Elijah avrà la giustizia che merita," Camila fu distratta da alcune risatine di due bimbe e dopo aver alzato la testa, dalle tendine vide due bimbe giocare con un pupazzo. Erano molto piccole. Avranno avuto sì e no 3/4 anni. A quella visione, la Detective sorrise, per poi focalizzare l'attenzione nuovamente sulla ragazza. "Sono sicura che Elijah era un padre meraviglioso, le vostre bimbe sono fantastiche."
"Grazie," rispose Anne, asciugandosi con le mani il viso. "Quando potrò avere indietro il corpo di mio marito? Vorrei tornare a casa e fargli un degno funerale,"
La Detective si morse di poco la lingua, sapendo che le sue successive parole non avrebbero fatto piacere alla ragazza. "Mi dispiace," incominciò, schiarendosi la voce. "Il corpo di Elijah rappresenta una prova del nostro caso, non possiamo lasciarlo finché non sarà chiuso."
Anne annuì con il capo lentamente, nel frattempo che si alzava dalla sedia. "Capisco," fu tutto ciò che riuscì a dire. "Posso almeno vederlo?" aggiunse dopo pochi attimi di silenzio.
"Emh, posso chiedere, ma non le assicuro nulla," le rispose Camila, incerta. Non si era mai trovata in una situazione del genere e non sapeva come gestirla. Dopo poco le due si congedarono e la Detective rimase a guardare Anne, che prese per mano le due bimbe e lentamente lasciò il distretto. Non osava neanche immaginare cosa provasse la ragazza in quel momento. Quello che provavano tutte le famiglie delle vittime, in realtà. Rabbia, rancore, tristezza, voglia di vendetta, bisogno di scoprire la verità. Camila sentiva le stesse cose, ma soprattutto voleva chiudere al più presto la faccenda. Nessuno meritava un destino del genere. Nessuno.
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Intanto Lauren, nella sala interrogatori, parlava con la famiglia Torres. "Mia figlia lavorava in quel museo solo da pochi mesi," spiegò la madre della ragazza, Amanda. La Detective poté notare che la figlia era la sua fotocopia esatta, sembravano quasi gemelle. "Ci diceva spesso che aveva problemi con i suoi colleghi. Vede, Dorothy, pur avendo frequentato un liceo di arti figurative, l'Howard DMM School, non voleva lavorare all'interno dei musei, ma per il cinema. Aveva scelto il Museo degli Americani solo per racimolare qualche soldo," Lauren annuì con il capo, segnando velocemente nel suo taccuino le informazioni.
Ormai la voce 'Stesso liceo' era sempre e comunque sbarrata.
"Mi parli dei suoi colleghi. Sua figlia ha mai fatto riferimento a qualche situazione spiacevole?" la Detective appoggiò la penna sul tavolo, osservando poi la donna davanti a sé. Il marito stava in silenzio al suo fianco, tenendole stretta la mano per confortarla, mentre dietro la coppia stava seduto il figlio, nonché fratello di Dorothy.
Amanda fece qualche minuto di silenzio, corrugando le sopracciglia in un espressione confusa nel mentre che cercava di ricordare. "Dunque, era scontenta del clima generale che si era creato. Ci ha detto che molti suoi colleghi parlavano male di lei anche in sua presenza, screditandola spesso anche di fronte ai clienti e a tutti quelli che andavano a visitare il museo,"
Lauren osservò la lista con tutti i nomi dei dipendenti del Museo, che avevano ricevuto proprio qualche minuto prima dell'interrogatorio. "Si ricorda qualche nome in particolare?"
Sia la donna, che il marito, scossero la testa velocemente. "Tommy Dhosom," disse il fratello della vittima, con un tono duro e freddo. Delle lacrime incominciarono a formarsi nei suoi occhi, nel mentre che stringeva la mascella. "Dorothy mi parlava sempre di lui. Una volta l'aveva chiusa nei bagni dei dipendenti e lasciata lì per ore. Si prendeva sempre gioco di lei," mormorò con rabbia.
"E perché non ne ha mai parlato con noi?" chiese il padre, rivolgendosi al figlio.
Lauren, nel mentre, cercò con lo sguardo il nome detto dal ragazzo, alzando poi la mano per interrompere l'inizio di una discussione tra la famiglia Torres e richiamare l'attenzione su di lei. "Scusatemi, ma non c'è tempo per questo," osservò il ragazzo dritto negli occhi, rilasciando un piccolo sospiro. "Tua sorella ti ha detto altro? Ho visto che non mi hai parlato subito di questo Tommy. C'è qualcosa che stai nascondendo per proteggerla? Qualche segreto che ti ha chiesto di mantenere?" il ragazzo scosse la testa. Indossava l'uniforme di una squadra di baseball, probabilmente era pronto ad andare agli allenamenti una volta finita la deposizione, così Lauren lesse il nome che era ricamato sulla maglietta. "Manuel, ti prego. Voglio aiutare tua sorella ad avere la giustizia che merita."
"Non mi ha detto nulla, davvero," farfugliò il ragazzo.
Lauren annuì di poco, tamburellando leggermente le mani sul tavolo. "Va bene," sospirò.
Lasciò libera la famiglia e quando uscì dalla stanza notò che anche Camila aveva finito. Gli sguardi delle due ragazze si incrociarono, entrambe scossero la testa, segnalando che non c'era nessuna novità, e sospirarono. Quando Camila le si avvicinò, aveva un'espressione triste e allo stesso tempo frustrata.
"Dobbiamo parlare con Conrad Wolf, sento che non ci ha detto proprio tutta la verità,"
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Due ore più tardi, le due Detective insieme a Lopez si ritrovarono nella sala delle riunioni, in videoconferenza con Wolf.
"Detective, pensavo di essere stato chiaro, noi non abbiamo nulla a che fare con la morte di Elijah," disse l'uomo, seduto in quella preziosa poltrona del suo ufficio.
Lopez fu il primo che parlò. "Senti Conrad, abbiamo le prove che la chiamata è partita dai vostri uffici e che i biglietti pareri sono stati prenotati e pagati dall'azienda, quindi smettila di negare l'evidenza,"
"Non si organizza nulla senza il mio permesso. Perché dovrei mentirvi? Che cosa ho da nascondere?" esclamò Wolf, ridacchiando poi rumorosamente.
Camila si voltò verso gli altri due presenti nella stanza. "Qualcosa ci sarebbe," mormorò.
"Mi dispiace, ho delle faccende da sbrigare," disse Conrad, sistemandosi la cravatta intorno al collo, in modo tale da stringere il nodo. "Questa perdita ha lasciato un grande vuoto nella mia azienda. Vi pregherei di indagare su chi è davvero colpevole,"
"Non dirci come fare il nostro lavoro, Conrad," esclamò Lopez, ma l'uomo aveva già chiuso la videochiamata.
Lauren sospirò rumorosamente, battendo un pugno contro il grande tavolo. "Non lo sopporto," borbottò rumorosamente. "Che cosa facciamo adesso?" chiese, alzando di poco lo sguardo verso la sua collega.
"Continuiamo con le indagini, osserviamo che non ci sia sfuggito nulla e cerchiamo chi c'è dietro tutto questo," disse Camila, gesticolando di poco con le mani.
"Pensi che sia qualcuno all'interno dell'azienda?" chiese Lauren.
Camila stava per rispondere, ma Dinah entrò nella stanza, tenendo il computer portatile tra le braccia. "A questo posso rispondere io," disse, appoggiandolo poi proprio di fronte a Lauren e fece cenno a Camila e Lopez di avvicinarsi. "Conrad aveva ragione, apparentemente sembra che la chiamata sia partita dalla Hooker Furniture Corporation, ma ho fatto delle ricerche e ho capito che il nostro assassino si è semplicemente appoggiato alla linea telefonica della Hooker,"
"Puoi rintracciarlo?" chiese Camila, appoggiandosi contro la sedia dove stava seduta Lauren.
"No, ha utilizzato un indirizzo IP che non riesco a identificare," rispose Dinah. "Ma, i biglietti aerei sono stati pagati online e non solo ho trovato la carta d'identità usata, ma anche l'Internet Point che in quell'ora esatta si è collegato al sito della compagnia aerea,"
"Aah, sei un genio!" disse Lauren, sorridendo largamente. "Riusciamo ad andare lì prima che chiuda?"
Camila scosse la testa, segnandosi nel telefono la strada. "Ci andrò io domani mattina."
"Chi è il proprietario della carta?" chiese Lauren, staccando lo sguardo dal computer e puntandolo verso quello di Dinah.
"Una certa Rose Weiter, non è schedata, però dai suoi conti bancari non ho trovato nulla di strano. Nessun prelievo eccessivo, niente che ci possa segnalare qualcosa di anomalo. Ho il suo indirizzo civico," disse Dinah con un tono di voce basso.
Lopez si alzò dalla sedia. Per qualche secondo le ragazze si erano dimenticate della sua presenza. "Sospendiamo le indagini. Domani mattina riprenderemo da qui," mormorò, sistemandosi la giacca. "Ottimo lavoro squadra."
Camila portò Lauren a casa e il viaggio fu lunghissimo a causa del traffico. Quando finalmente le due arrivarono a destinazione Lauren si stiracchiò, allungando tutti i muscoli delle braccia e delle gambe.
"Grazie per il passaggio, Mila," disse. "In bocca al lupo per domani, ammettilo che ti mancherò,"
"Sai che sono abituata a interrogare dei sospettati da sola, sì?" le rispose la ragazza in tono scherzoso, nel mentre che la sua collega apriva la portiera dell'auto ridacchiando.
Lauren si voltò verso di lei, facendole la linguaccia. "Sì, sì. Dicono tutti così," cantilenò. "Speriamo almeno che sia una buona pista," aggiunse poi, arricciando il naso e si appoggiò contro la portiera appena chiusa, abbassandosi per guardare Camila dal finestrino.
"Lo sarà,"
"Mamma mia," borbottò Lauren strofinando più volte le mani sulle braccia. "Si congela qui! Io me ne vado, buonanotte Detective,"
Camila rise, osservando la sua partner aprire la porta di casa prima di mettere in moto e sfrecciare via.
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