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Capitolo 29

È incredibile come si possa passare da uno stato di assoluta calma, alla tempesta più devastante.

Aveva incominciato a piovere durante la notte, le gocce picchettavano sul vetro della finestra della camera di Camila talmente forte, che la ragazza si era svegliata di soprassalto, non riuscendo a identificare, in un primo momento il rumore. Poi ci fu un lampo, seguito da un rumoroso tuono. Un altro e un altro ancora. La camera da letto, come tutte le altre stanze della casa di Camila, si colorò per qualche secondo di viola, per poi ritornare buia.

La Detective, dopo aver capito che ad averla svegliata era stato il temporale, e non una qualche altra cosa misteriosa o pericolosa, si girò su un fianco e decise di riprendere il suo sonno, motivata a sfruttare al meglio le 4 ore rimanenti ancora a disposizione per dormire.

Quello che però non poteva immaginare era che nel resto della città si stava scatenando il più grande temporale di tutti i tempi.

A qualche isolato di distanza dall'appartamento di Camila, anche Lauren venne disturbata dal temporale. Un boato echeggiò tra le mura dei corridoi della casa e Lauren si rizzò a sedere sul letto, piegando di poco le gambe contro il materasso. Era andata a dormire relativamente da pochi minuti e quando i fulmini incominciarono ad intravedersi dalla finestra di fronte a lei, si lasciò scappare un rumoroso mugolio di disapprovazione. All'orizzonte si vedevano dei bagliori correre sulle nuvole nere, poi un leggero brontolio; in pochi minuti i lampi e i tuoni erano sopra la sua testa.

La ragazza afferrò i due lembi della coperta e se la portò a nascondere il viso, sdraiandosi ancora una volta sul materasso. Odiava i rumori forti, soprattutto quando non riusciva ad addormentarsi per colpa di questi. Dopo una giornata come quella che aveva affrontato, desiderava solamente riuscire a prendere un po' di sonno e dormire per tre/quattro anni di fila.

Un altro tuono rombò rumorosamente, facendo suonare numerosi allarmi e antifurto delle auto, tra le quali, probabilmente, quella di Lauren, ma la ragazza decise di non preoccuparsene.

Lauren, con la testa schiacciata contro il cuscino e gli occhi chiusi, riusciva ad intravedere comunque la luminosa luce viola che emanavano i fulmini quando, squarciando il cielo si avvicinavano al suolo.

Cercando di ignorare il rumore delle gocce che battevano fortemente contro il tetto e i vetri delle finestre, Lauren si concentrò sul suono del suo respiro, pregando silenziosamente di riuscire ad addormentarsi malgrado il temporale. Ci riuscì, con un pizzico di fortuna, solo diversi minuti dopo.

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X giorno

Mercoledì mattina. La pioggia continuava a cadere, e con le prime ore del mattino erano venuti alla luce anche tutti i danni causati dal temporale. La zona Sud di Miami era completamente senza corrente elettrica, un fulmine aveva colpito la centralina della corrente, bruciandola. Nella parte Nord, invece, molti tombini erano esplosi, aggiungendo acqua nelle strade, più di quanta ce ne fosse già.

Il tutto significava solo una cosa; traffico.

Gli automobilisti non avevano molta pazienza. Il rumore del clacson era forte e assordante, nonostante Camila avesse la radio accesa a tutto volume. Ferma, o meglio, bloccata nel traffico, la ragazza era calma e tranquilla, malgrado il contesto della situazione.

"Quando capiranno che suonare il clacson non serve a nulla, sarà tardi, troppo tardi." mormorò, sistemandosi comoda contro il sedile. Le gocce di pioggia continuavano a battere contro il vetro della sua auto. La fila si muoveva lentamente e in quella mattinata caratterizzata da nuvole scure, sembrava che il tempo non passasse mai.

Camila spense la radio, quando il su cellulare incominciò a suonare e l'insieme dei troppi rumori le stava dando alla testa. "Pronto?" rispose la Detective, sistemando il telefono contro l'orecchio e tenendo il gomito appoggiato contro il vetro del finestrino.

"Girati alla tua sinistra," disse semplicemente la voce dall'altra parte del telefono. Camila ubbidì velocemente, riconoscendo subito la proprietaria di quella voce. Lauren se ne stava seduta dentro la sua auto, nella corsia affianco a quella di Camila, con un sorriso smagliante sulle labbra, anche se la ragazza non riusciva a vedere distintamente la sua figura date le gocce della pioggia sul vetro del finestrino di entrambe le auto. "Bello il traffico eh?!" continuò Lauren, tenendo il viso rivolto verso la sua collega, una mano sul volante e l'altra contro l'orecchio per tenere saldo il telefono contro di esso.

Camila accennò una rumorosa risata, premendo di poco sull'acceleratore per avanzare leggermente con l'auto, portandosi poco più avanti rispetto a Lauren. "Adorabile," rispose velocemente, azionando il tergicristallo automatico. "Hai visto che bella giornata? Andiamo al mare dopo?" disse Camila provocando una risata alla ragazza che stava dall'atra parte del telefono.

"Ma tu non eri quella che adorava la pioggia?" chiese Lauren, con un ampio sorriso sulle labbra. Anche la sua fila si mosse di poco e la Detective si affrettò ad affiancare l'auto di Camila.

La pioggia incominciò a cadere con più forza, tanto che il tergicristallo delle auto delle due ragazza faticava a tenere una visuale libera. "Da quanto sei al mio fianco senza che io me ne accorgessi?" chiese Camila, buttando un'occhio sullo specchietto, osservando quanto fosse lunga la fila sia dietro di lei, che davanti.

Lauren continuò a tenere il busto rivolto verso Camila, appoggiando la schiena contro la portiera. "In realtà non lo so," rispose sinceramente, passandosi la mano libera tra i capelli. "Penso da qualche minuto, la mia corsia prima si stava muovendo." Improvvisamente, il telefono della ragazza vibro contro il suo orecchio. "Oh aspetta, mi è arrivato un messaggio." mormorò allontanandolo di poco.

"Anche a me," dichiarò Camila, facendo gli stessi movimenti della ragazza. "È Dinah, hanno trovato un altro corpo," disse nel mentre che continuava a leggere il messaggio.

"2500 NW 79th Avenue, dobbiamo fare inversione." esclamò Lauren, appoggiando il telefono nel sedile di fianco con l'altoparlante inserito.

"Ti seguo a ruota," le rispose velocemente Camila, inserendo la freccia e affrettandosi a seguire Lauren, uscendo dalla lunga fila di macchine presenti nelle loro corsie.

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Il Museo degli Americani rappresentava un'importante risorsa per la popolazione. La collezione comprendeva circa 400 opere, donate da artisti e collezionisti. L'edificio era grande e imponente, con le pareti esterne colorate di un giallo acceso, mentre tutte le stanze dell'interno erano bianche, rosse e blu.

Le stanze contenevano ogni singolo oggetto che aveva costituito e caratterizzato la storia degli americani, in particolare, gli abitanti di Miami. Eduardo Alvarez, Steve Aoki, Dona Drake, Elvis Dumervil, Tim Hardaway, Bill Nelson, Chris Núñez, tutti avevano un posto d'onore all'interno del museo.

Quando le due ragazze arrivarono, la pioggia cadeva ancora forte e tutto l'edificio era stato sbarrato dal nastro 'CAUTION, POLICE LINE DO NOT CROSS'.

Camila chiuse l'auto premendo il pulsante del telecomando e si incamminò velocemente verso l'entrata del museo, seguita da Lauren.

"Odio non avere l'ombrello," esordì Lauren, passandosi una mano tra i capelli leggermente bagnati.

Camila oltrepassò il nastro e lo tenne alzato così che potesse passare anche Lauren, ridacchiando per ciò che aveva appena sentito. "Perché non lo hai preso, allora, quando sei uscita stamattina?" le chiese scherzosamente ridacchiando.

Lauren la fulminò con lo sguardo, sistemandosi un ciuffo dietro l'orecchio. "Andiamo, diciamoci la verità. A Miami piove una volta ogni millennio, che me ne faccio di un ombrello?!"

"Questa me la segno," rise Camila, scuotendo velocemente la testa.

Le due Detective mostrarono il distintivo alla sicurezza che le fece poi entrare senza molti problemi. Camila si pulì le scarpe contro lo zerbino, non volendo aggiungere le sue alla lunga lista di orme lasciate sul pavimento.

"Allora John, che abbiamo qui?" chiese Lauren, rabbrividendo leggermente per lo sbalzo di temperatura. Mise entrambe le mani dentro le tasche della sua giacca in pelle, osservando l'Agente davanti a sé.

"Donna, 27-28 anni, Ally ha appena finito la sua ispezione. Dato lo strappo nella tasca anteriore dei pantaloni possiamo supporre che l'assassino le abbia portato via il portafoglio, ma siamo comunque riusciti ad identificarla. Si chiamava Dorothy Torres e lavorava qui, l'ha riconosciuta un suo collega," il giovane Agente fece una pausa, per poi condurre le due Detective verso il corpo della ragazza. "È stata uccisa ieri notte intorno alle 22 e ritrovata stamattina."

Dorothy Torres giaceva sdraiata a terra a faccia in giù, e prima che gli altri Agenti potessero coprirla con un telo, Camila notò una chiazza rossa sulla sua maglietta. "E quella?" disse la ragazza, facendo un piccolo cenno del capo ad indicare la macchia.

"Oh, Ally ha detto che è dovuta allo sparo. Il secondo colpo è stato sparato da così vicino che ha passato la ragazza da parte a parte." rispose velocemente John, sistemandosi leggermente sull'attenti.

Entrambe le Detective trasalirono leggermente. "Cavolo, Agente," disse Lauren, puntando lo sguardo verso il ragazzo e rimase a fissarlo per qualche secondo. "Ti sei fatto capire perfettamente."

"Parlando di Ally, dov'è?" chiese Camila, guardandosi intorno controllando dove fosse il medico legale. Dopo aver appurato che non era tra i gruppi di Agenti né tra quelli della Scientifica, la Detective si strinse leggermente nelle spalle.

"È andata via poco fa. Voleva aspettarvi ma aveva un impegno," disse John, sistemandosi meglio gli occhiali da vista sul naso. "Mi ha detto di dirvi che vi avrebbe aspettate all'obitorio e.." il ragazzo fece qualche passo di lato, prendendo da sopra una poltroncina ornamentale un foglio, contenuto dentro una bustina di plastica. "Mi ha dato questa per voi. L'ha trovato nel pugno chiuso della mano destra della vittima."

Lauren si allungò per afferrare la bustina, con dentro un piccolo foglio di carta tutto appallottolato e accartocciato.

' And your thoughts have taken their toll, when your mind breaks the spirit of your soul. '

Camila rilasciò un rumoroso sospiro, mentre fissava il foglio e leggeva quelle parole.

"Noi abbiamo finito qui, Detective," disse un'Agente della Scientifica, accennando un piccolo sorriso nel mentre che guardava Camila, aspettando una sua risposta.

La ragazza distolse lo sguardo dal foglio, osservando che tutti intorno a lei avevano finito di lavorare e alcuni suoi colleghi erano addirittura andati via. "Va bene, andate pure," disse in risposta. "Mandate poi in centrale tutti i risultati."

Nel mentre che la squadra della Scientifica lasciava la stanza, Lauren consegnò la busta di plastica a John. "Facciamo un giro?" chiese ora rivolta verso Camila, che annuì con il capo in risposta. "John, noi andiamo a vedere qualche altra stanza, se c'è bisogno chiamaci."

L'Agente annuì, sistemando tutte insieme le prove che avevano raccolto. "Ci sono alcuni Agenti che stanno prendendo le deposizioni delle guardie di sicurezza e del collega che ha riconosciuto e trovato la vittima,"

Le due Detective annuirono, incominciando poi a camminare verso una stanza a caso del Museo. "Cosa vuoi vedere?" chiese Lauren distrattamente, fermandosi a leggere la piantina dell'edificio.

"Non lo so, cosa stiamo cercando?" rispose Camila leggermente confusa, non sapendo bene le intenzioni di Lauren. Osservò il viso della sua collega che si illuminava, leggendo il nome di una stanza in particolare.

"Non stiamo cercando nulla, semplicemente diamo un'occhiata. Probabilmente il nostro assassino è furbo e potrebbe aver lasciato qualche indizio in qualche altra stanza," nel mentre che parlava, incominciò a camminare , seguita da Camila che manteneva ancora un'espressione confusa sul volto. "So che i nostri Agenti hanno già controllato e ispezionato tutto prima del nostro arrivo, ma un giretto qui non può far male. È dall'Accademia che non abbiamo una missione in un Museo, o sbaglio?"

Camila arricciò il naso, sistemando entrambe le mani dentro le tasche della giacca. Nonostante fosse ancora leggermente bagnata dalla pioggia non sentiva più freddo, ma quei ricordi le provocarono dei brividi lungo tutta la spina dorsale. "Già, non sbagli."

Flashback.

Quantico.

"Avete un'ora di tempo. Trovate chi ha ucciso la ragazza e avrete vinto la prova. Buon lavoro," disse il Professor Fisher, con un sorrisetto sulle labbra.

La squadra composta da Camila, Lauren, Dinah, Leo, Diego, Hannah e Sidney si sparpagliarono, dando inizio alle loro indagini. Quella volta lo scenario era cambiato. Si trovavano in una stanza che ricreava le fattezze di un museo. L'unica informazione che avevano avuto dal loro insegnate era stata quella che in quella stanza era stata uccisa una ragazza con un colpo di arma da taglio ben assestato.

"Pensi sia successo davvero?" chiese Leo a Camila, tenendo tra le mani coperte dai guanti, l'ipotetica arma del delitto ancora sporca di quello che sembrava sangue.

Camila alzò lo sguardo verso il ragazzo e si strinse nelle spalle. "Non lo so, ma non mi sorprenderei. A Quantico può succedere di tutto." La ragazza richiamò la sua squadra, battendo una volta le mani per richiamare la loro attenzione. "Dinah, hai controllato i filmati di sicurezza di questo posto?"

Dinah, che stava seduta dietro la scrivania, spostò lo sguardo dal suo computer. "Sono danneggiati. Il Server segnala che qualcuno li ha manomessi dall'esterno."

Camila socchiuse gli occhi, nel mentre che la sua testa elaborava una qualche strategia. "Sai.. riesci a capire chi è stato?" mormorò speranzosa, tenendo lo sguardo puntato sulla sua compagna di gruppo che esitò, prima di annuire con la testa. "Perfetto, cerca di farlo in venti minuti."

"Chi si sta occupando del DNA?" chiese Lauren, stando vicino alla sagoma che segnalava il punto dove era stato ritrovato il corpo della ragazza uccisa.

Appena la ragazza finì di parlare, subito Diego e Hannah risposero in coro "Io no," scuotendo la testa e ripresero a concentrarsi su un foglio di carta, dove c'erano scritti tutti i nomi di quelli che erano entrati nell'ipotetico museo.

"Siete un team, agite da team," interruppe il Professor Fisher, che continuava ad osservare la scena da poco distante picchiettando con l'indice destro sul suo orologio da polso. "Tic tac, ragazzi. Tic tac."

"Me ne occupo io," mormorò sconsolato Leo, sentendosi costretto a fare quello che gli altri scartavano.

Camila, che si trovava vicino a lui, lo ringraziò appoggiando una mano sulla sua spalla e poi si allontanò verso la scena del crimine. "Avete controllato se l'assassino si trova ancora nell'edificio?"

"L'assassino è già andato via, Agente Cabello, state perdendo tempo." rispose il Professor Fisher, interrompendo nuovamente i loro discorsi.

Camila mugolò frustrata e incominciò a comportarsi come un Agente della Scientifica, cercando impronte o qualsiasi segno che potesse aiutarla. Tutto era già stato schedato e trovato dalla squadra prima di loro, ogni cosa che vedeva e toccava era già stata analizzata da qualcun altro prima di lei. Hannah si avvicinò alla ragazza con ancora il foglio tra le mani.

"C'è un problema con gli orari. Qui dice che l'ultima visita è stata effettuata da una scolaresca verso le 10:30, dopo non è segnato nessun altro ed il corpo è stato ritrovato alle 12." disse, tenendo il foglio in mezzo tra il suo corpo e quello di Camila, così che anche lei potesse leggere chiaramente.

"Questo significa che il nostro assassino ha avuto un'ora e mezza per agire indisturbato," fece notare Lauren da dietro le due ragazze, allungandosi per leggere anche lei il contenuto del foglio.

L'attenzione di Camila si spostò verso un oggetto luccicante che proveniva da una finestra aperta a metà proprio davanti a loro. Corrugò il viso in un espressione confusa, cercando di capire che cosa fosse quell'oggetto che provocava il luccichio. Mosse qualche passo in avanti e senza rendersene conto si trovò sotto la finestra ad osservarne il cornicione. Improvvisamente le venne un idea. "Sidney, mi servono dei guanti," disse, allontanandosi per raggiungere la ragazza e afferrare un paio di guanti di plastica. Quando Camila incominciò a incamminarsi verso la porta, tutti gli occhi del suo team erano puntati su di lei. Nessuno capiva quello che stava facendo.

"Agente, la scena del crimine è qui," la rimproverò il Professor Fisher, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo.

"Lo so Signore, ma come ha detto lei, l'assassino non è più all'interno," rispose velocemente la ragazza, prima di uscire dalla porta.

Le squadre si allenavano sulla ricostruzione in uno seminterrato molto spazioso di un edificio dell'Accademia, che veniva allestito a seconda della scena del crimine che dovevano risolvere. Una volta fuori, Camila raggiunse rapidamente la finestra e si inchinò, così da poter afferrare e prendere tra le mani quell'oggetto che luccicava, colpito dai raggi del sole. Era una chiave. Una piccola chiave di metallo.

"Che cosa sospetti, Cam?" disse Lauren da dentro l'edificio, osservando la sua collega dalla finestra.

Camila non aveva le idee chiare, ma sicuramente quella chiave non era lì per caso. "Credo che l'assassino sia scappato da qui e abbia perso questa." detto ciò, ritornò velocemente verso la sua squadra che apparentemente non sembrava aver fatto progressi o trovato qualcosa.

I minuti passavano e ancora nulla. Non c'erano tracce di DNA, né nella stanza, né sulla chiave. Avevano scoperto solamente che non era stato quel coltello ad uccidere la vittima, ma uno più piccolo, ritrovato da Diego all'interno di un anfora poco distante dall'uscita principale.

"Non riesco a capire il percorso che ha fatto, non ha senso" mormorò Lauren. "Dovremmo cercare ciò che apre questa chiave."

Camila roteò gli occhi. "Perderemmo solo tempo!"

"Non abbiamo più tempo. O facciamo così, o continuiamo ad andare a caso," le rispose Lauren gesticolando con le mani.

"E perché secondo te questo non sarebbe andare a caso?" Camila alzò il tono di voce, visibilmente arrabbiata e frustrata non per l'idea di Lauren, ma per il fatto che mancavano pochi secondi e non avevano risolto il caso.

"Agenti," le interruppe il Professor Fisher, muovendosi a grandi passi dentro la stanza. Per tutto il tempo era rimasto in disparte ad osservare. "Squadra, il tempo è scaduto. Avete fallito." e senza aggiungere altro lasciò la stanza.

Fine Flashback.

"Visto?" chiese Lauren, risvegliando Camila dai suoi pensieri, nel mentre che si fermava al centro della stanza dove erano entrate.

La Detective si guardò intorno, notando i vari busti dei filosofi disposti in alcune nicchie del muro. "Oh," esclamò, incominciando a camminare. Tra ogni busto vi era incisa in una lastra di marmo e incorniciata una frase propria di quel filosofo.

Qualcosa però attirò l'attenzione di Camila. Di fianco al busto di Kant, tra la prima formula dell'imperativo categorico e la terza vi era un buco, come se fosse stato portato via quello che c'era in mezzo, ovvero la seconda legge.

Act in such a way that the maxim of your will could always hold at the same time as a principle of a universal legislation. (Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una legislazione universale.)

Always act as though you are a legislating member in the universal kingdom of ends. (La volontà in base alla massima possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice.)

La ragazza incurvò le sopracciglia, avvicinandosi di più. "Laur, manca qualcosa qui."

Lauren rimase vicino al busto di Socrate, voltando il capo verso la sua collega per ascoltare le sue parole. "Ah, non ne ho idea. Ho studiato soltanto Socrate io, all I know is that I know nothing."

Camila ridacchiò per la teoria del sapere, scuotendo più volte la testa. "Dico davvero, vedi?" disse, indicando uno spazio vuoto tra le due scritte. "Dovrebbero esserci tre incisioni qui. Kant formulò tre imperativi categorici, manca il secondo," la Detective fece qualche passo indietro. "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo." recitò, portandosi poi due dita contro il mento, corrugando le sopracciglia in un espressione confusa.

"Cam, che cosa è un imperativo categorico e perché l'assassino avrebbe dovuto toglierlo?" mormorò Lauren confusa, avvicinandosi alla sua collega.

Camila spostò la sua attenzione verso Lauren, incominciando lentamente a camminare avanti e indietro per un breve tratto della stanza dove si trovavano. "Cercherò di fartela breve e di ricordare ciò che ho studiato tanto tempo fa. Secondo Kant, la moralità può essere definita come somma ultima dei  comandamenti della ragione, o imperativi, da cui tutti derivano tutti i doveri. Definì un imperativo come una  proposizione che dichiara una certa azione, sia giusta che sbagliata, essere necessaria. Nella prima, sostiene che bisogna sempre universalizzare le proprie azioni. La terza, sostanzialmente, ripete la prima puntualizzando quella che è l'autonomia della volontà e che ognuno è sia suddito che re di se stesso," la ragazza fece una pausa, fermando anche la sua camminata. Si sistemò poco distante da Lauren, puntando il dito ad indicare i due blocchi di marmo dove erano incise le due formule. "Quella che manca, dice di rispettare quella dignità umana che si trova in te e negli altri, evitando di ridurre il prossimo a un semplice mezzo del tuo egoismo e delle tue passioni."

"Beh, adesso penso che sia abbastanza ovvio il perché l'abbia portata via. Il nostro assassino non ha intenzione di rispettare nessuna dignità."

Camila si lasciò scappare un sospiro rumoroso, abbassando di poco la testa a fissare il pavimento. I suoi occhi fissavano un punto, ma la sua mente si riempiva di domande e supposizioni. Quando rialzò la testa, pronta a condividere uno dei sui tanti pensieri, vide passare John nel corridoio, il quale camminava a passo rapito con uno scatolone in mano. "John!" chiamò a gran voce, sentendo l'Agente fermarsi e ritornare indietro.

"Sì?" chiese lui, che trasalì e per poco non fece cadere ciò che aveva in mano quando sentì chiamare il suo nome.

"Qui manca qualcosa. Una scritta, forse," puntò il dito verso il buco e l'Agente annuì.

"Sì, probabilmente è stato l'assassino a portarla via, visto che le due guardie qui fuori hanno detto che c'era e c'è sempre stata. È una cosa che abbiamo notato anche noi, stiamo aspettando i video delle telecamere." spiegò l'Agente.

Camila piegò la testa da un lato, ascoltando le sue parole. "Manca altro?" chiese una volta che l'Agente finì il suo discorso.

"No, Detective. Nient'altro. Abbiamo finito l'inventario poco prima del vostro arrivo," rispose il ragazzo velocemente, scuotendo la testa.

"Va bene John, puoi andare, grazie." disse Camila, con un piccolo cenno della mano. L'Agente si congedò, sparendo poi nel corridoio da dove era venuto. "Che ne dici," continuò la ragazza, stavolta rivolta verso Lauren. "Andiamo anche noi?"

Alla risposta affermativa della sua collega, le due Detective si incamminarono verso la porta dell'edificio, pronte a raggiungere le loro auto e recarsi al Distretto.

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