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Canon - a Star Wars Story

Canon - a Star Wars Story: Il potere del «Perché Sì»
di SimoneFar

Quando si parla di Canon non si intende niente che riguardi il processo creativo relativo a una storia o il modo in cui essa viene realizzata.

Quando si parla di Canon si intende la strategia con cui un'entità, proprietaria di un marchio, gestisce tutto il materiale prodotto intorno a quel marchio e controlla ciò che entra a far parte della narrazione «ufficiale» e può quindi essere riferita anche in narrazioni successive, nonché tutelata da eventuali contraddizioni introdotte da altri prodotti.

In realtà, quando si parla di Canon si parla principalmente di Star Wars perché il termine, storicamente, cominciò a essere usato per questa saga, da poco dopo il rilascio dei film originali e quindi molto prima che l'intero pianeta avesse la fregola per le continuity stringenti, i cross-references e gli universi estesi.

Ci sono due motivi precisi per cui si cominciò ad aver bisogno di un Canon, parlando di Star Wars, subito a valle dell'uscita del primo film (1977). Essendo stato un vero e proprio game-changer nel mondo dell'intrattenimento anche tutto quello che uscì a corollario ebbe una rilevanza particolare, tanto da essere degno di essere ricordato ancor oggi.
Poi (parlando dell'epoca pre-Disney) Star Wars individuava in George Lucas l'unico depositario assoluto della Verità.

Lucas, narra la leggenda, al di là di quanto mostrò nella trilogia originale, aveva definito nel dettaglio tutti i nomi, le ambientazioni e le biografie di qualsiasi personaggio incrociato dai protagonisti. Era l'unico a poter dare l'imprimatur di Canon a qualcosa che fosse prodotto a partire dalla trilogia originale. Per rendere le cose divertenti non lo fece mai. Di contro, quello che prese ufficialmente/ufficiosamente nome di «Expanded Universe» divenne un'entità narrativa a sé, ferocemente agguerrita.

Kiss me, stupid!

Cerchiamo di entrare nell'ottica del 1977. A quel tempo il concetto di «brand» non era sentito come oggi. Potevi anche possedere il controllo sul marchio Star Wars, ma se Star Wars era un film a te interessava usarlo per fare i film. Era abbastanza usuale, quindi, lasciare in concessione il marchio ad altri per tutto quello che non riguardava i film. E il controllo che avevi su questi altri era limitato, ma a te andava bene così perché, ribadiamolo, ti interessava solo fare film.

Un altro aspetto di Star Wars che ai tempi era sconvolgente era il fatto che il film prometteva un seguito già nel momento in cui si concludeva. Un seguito che sarebbe uscito solo nel 1980, quindi tre anni dopo. Dovete dunque pensare a questi due momenti storici come a due piastre di condensatore in mezzo a cui si sviluppò una vera e propria tempesta di elettricità creativa, sia perché commercialmente molto vantaggiosa, sia perché ispirata a un universo che aveva aperto la mente a un'intera generazione.

Sia la dimostrazione che la situazione non fosse assolutamente sotto controllo il fatto che, nel 1978, uscì «La Gemma di Kaiburr» con tutte le benedizioni della dirigenza di Star Wars, in cui Luke e Leia intessevano esplicitamente una relazione sentimentale (si sarebbe scoperto che erano fratelli solo nell'Impero Colpisce Ancora). Il libro doveva essere un ripiego nel caso Star Wars non avesse successo al cinema, ma comunque è solo il più eclatante dei casi in cui l'idea ufficiale (Canon) di Lucas andò esplicitamente in conflitto con qualcos'altro di pubblicato attorno al brand.

Arrivati nel 1983 alla chiusa della saga con Il Ritorno dello Jedi il desiderio di raccontare dell'universo Star Wars era ben di là da spegnersi. Vero, la storia, coi suoi tre capitoli, era completamente conclusa, ma Lucas stesso già allora alimentava il suo mito raccontando delle TRE trilogie, nominando esplicitamente Star Wars come episodio QUATTRO e in generale lasciando capire che c'era ancora molto, moltissimo da dire.

Eppure per Episode I si sarebbe dovuto aspettare il 1999, sedici anni in cui successe realmente di tutto.

Rebel Assault

Sono proprio quei sedici anni a testimoniare il fatto che Star Wars era qualcosa di diverso e senza precedenti. Sedici anni in cui niente alimentò la narrazione principale, quella cinematografica, ma in cui il brand dilagò nell'immaginario collettivo. È innegabile che in nessun momento l'universo di Star Wars è passato in secondo piano nei decenni tra gli anni 80 e il 2000. Tutte le generazioni nate e cresciute in quegli anni hanno sempre avuto ben presente cosa l'universo di Star Wars fosse e quanto fosse vivace e vivo. Sedici anni in cui il mito rimase acceso sulla scorta di sole tre pellicole.

George Lucas, cinematograficamente, si dedicò sostanzialmente solo ad altro (perché ci dimenticheremo senza rimorso la saga degli Ewoks). Lasciato il seggiolino della regia, come produttore divenne fautore di altri clamorosi successi (tipo, beh, Indiana Jones, presente?) che però non avevano niente a che fare con le spade laser o gli alieni (no, ho detto CHE NON PARLEREMO degli Ewoks).
Dall'altro lato, però, dalla LucasFilm che aveva prodotto Star Wars, nacque la LucasArts (1982), una casa di produzione che doveva dedicarsi a uno dei mercati emergenti più promettenti dell'epoca: quello dei videogiochi. Nonostante la casa produttrice riuscì a produrre capolavori originali, in questo campo fu subito ovvio quanto prezioso potesse essere l'universo di Star Wars.

Inizialmente, dal punto di vista narrativo, i game designer ci andarono piuttosto piano, producendo principalmente riduzioni videoludiche dei capitoli originali della saga (tie-in) o simulatori di combattimenti spaziali senza alcuna velleità di arricchire la storia. Con l'andare avanti degli anni, però ci furono anche narrazioni che provarono a riprendere in mano le fila della vicenda originale.

L'innocuo brand di Dark Forces, uno sparatutto basato su una side-story della della saga principale, gemmò alcuni seguiti incentrati sui JEDI (i Jedi Knight) che rappresentarono un timido tentativo di narrare cosa era restato dell'Impero dopo la fine de Il ritorno dello Jedi. In questa saga si può reincontrare un maturo e saggio Luke Skywalker, felicemente a capo della nuova accademia Jedi fondata su Yavin.

Nel 2008, anche sull'onda dell'uscita della seconda trilogia, venne pubblicata la saga «The Force Unleashed» che sostanzialmente si impegnò in una riscrittura (piuttosto... ehm... muscolare) del finale della saga originale, in cui le sorti della galassia vengono messe in mano al Jedi Starkiller, sopravvissuto all'epurazione dell'Ordine 66.

Infine, abbastanza rilevante, la saga RPG di Knights of Old Republic che va molto indietro nel passato dei Jedi disegnando un mondo molto stimolante in cui fanno la loro comparsa interi imperi retti dal lato chiaro come anche dal lato oscuro della forza.

Tutto questo materiale è nato sotto il marchio della LucasArts. Sotto molti punti di vista, possiamo dire che sia stato prodotto con la benedizione di George Lucas in persona, detentore della Verità. Cosa di tutto questo è considerato Canon? Un bel niente. Perché? Perché sì.

Zahn shot first

Visto che tra i lettori di questo articolo ci sono molti autori di fanfiction è inutile che stia a spiegare come, Lucas o non Lucas, fosse fortissimo il desiderio di raccontare cosa fosse successo dopo. Dopo la distruzione della seconda Morte Nera, dopo la morte dell'imperatore, dopo il trionfo di Luke Skywalker.

George Lucas, anche nell'apatia che contraddistinse i 16 anni tra Episode VI e Episode I, aveva già reso noto che quel terreno gli interessava poco e che lui avrebbe lavorato, se mai avesse trovato modo di lavorarci, sul prima.

Questo aprì la strada a un autore in particolare, Timothy Zahn, che tra il 1991 e il 1993 fece uscire la cosiddetta Trilogia di Thrawn, in cui il Grandammiraglio Thrawn guida la riscossa di ciò che resta dell'Impero, mettendo in pericolo la nascente nuova repubblica.

Per anni, anche successivamente all'uscita della seconda trilogia, molti fan hanno sempre fatto riferimento a questa storia come «seguito» del Ritorno dello Jedi anche perché, nonostante fosse una serie di romanzi, gli veniva riconosciuta una certa «dignità», abbastanza per entrare nella narrazione ufficiale. È dunque divenuta Canon? Assolutamente no.

È vero che, quando la Disney rilevò il brand da Lucas e annunciò la terza trilogia, in molti indicarono l'opera di Zahn come il materiale da cui si sarebbe partiti e ci sono stati sicuramente fan che rimasero delusi quando gli sceneggiatori agirono brutalmente di ruspa su quanto era stato ingegnato per mettere in piedi il sostanziale «reboot» dato dal Primo Ordine. Nonostante ciò non possiamo dire che vi furono reali scorrettezze in quello che accadde. Zahn non era Canon, Lucas non l'aveva mai dichiarato tale, ignorarlo era assolutamente un diritto della casa di produzione.

Canon o non Canon, non esiste Expanded Universe

Già George Lucas, avviando il progetto della seconda trilogia, allentò le redini del Canon e permise la produzione di opere che potessero ufficialmente entrare a far parte dell'universo narrativo di Star Wars. Lo fece sia in ottica strettamente promozionale, con la produzione della serie d'animazione Clone Wars di Tartakovskij, sia successivamente con un ulteriore progetto Clone Wars in CG. Questo secondo progetto, tra l'altro, è consigliatissimo, perché arricchisce veramente il mondo Star Wars di tanti dettagli che la seconda trilogia non tocca e che rendono l'universo narrativo in cui è innestata un po' più robusto di quanto la storia della caduta di Anakin abbia potuto mostrare.

Ci sono molte chicche, per un fan pignolo, in Clone Wars, ma mi piace fare riferimento a una, sebbene compaia nell'ultima, stanca stagione prodotta da Netflix. In uno degli ultimi episodi Yoda, in viaggio verso una maggiore illuminazione Jedi, incontra il fantasma di Darth Bane. Darth Bane è da considerarsi Canon sebbene in nessuno dei sei film sia mai citato. Infatti è uno dei tanti personaggi tratteggiati da Lucas per il background della sua opera, ma mai esplicitamente nominato. È il «fondatore» dei Sith, nella forma in cui li vediamo da Palpatine in giù, in particolare il creatore della «regola del due». I fan avvelenati hanno sempre saputo di lui, ma prima del momento in cui compare in Clone Wars è impossibile sapere della sua esistenza, facendo riferimento alla sola narrazione ufficiale.

Il Canon «implicito», quello cioè formato da cose che Lucas si è appuntato a margine delle sceneggiature dei film, ma che non sono state inserite direttamente nelle pellicole, è un'altra delle peculiarità affascinanti del mondo di Star Wars, assolutamente introvabile altrove.

Il passaggio del brand alla Disney, invece, sancì la fine dell'Expanded Universe. La Disney, da subito, dichiarò di voler espanderselo lei, l'universo. In un'epoca molto più avvezza ad amoreggiare con la continuity non aveva senso lasciare pezzi della timeline in mano a cani sciolti. Da quel dì, tutto quello che esce con marchio Star Wars è da considerarsi Canon, si è ufficialmente nell'epoca della Grande Egemonia.

Però... però... beh, si sa che le idee sono dure a morire. Ecco perciò quindi che Rebels, altra serie in CG ambientata prima di Episode IV, nel momento in cui deve dare ai suoi eroi un villain importante, scomoda proprio quel Grandammiraglio Thrawn creato da Zahn, trasformando ufficialmente un personaggio Expanded in un personaggio Canon.

Solo un sith vive di assoluti

Questa lunga cavalcata attraverso la Storia, dal mio punto di vista, serve a raccontare come il concetto di Canon non possa essere interpretato come una legge universale e inviolabile e che solo universi narrativi ciclopici come Star Wars ne hanno realmente bisogno.

È vero invece che, in generale, le storie, finché sono vive, non possono che impegnarsi a sfuggire dalle gabbie che si impone loro per continuare a perpetrarsi e svilupparsi secondo la fantasia dei loro autori.

***

E voi, quanto ne sapete sul Canon della saga che fatto la storia? Cosa vorreste assolutamente sapere?

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