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4. Il legionario

Mi ridestai dai miei pensieri e notai che Lucius e Seline stavano ancora parlando, nonostante io mi fossi perso un pezzo del discorso.

Il vampiro Anziano si aggiustò la giacca e poi mi fissò stranito.

«Randhal, mi avevi detto che il giovane vampiro era abbastanza chiacchierone, non ha ancora detto una parola» mormorò stranito, passando lo sguardo scuro da me all'Antico.

«Portavo semplicemente rispetto a qualcuno di più potente e saggio di me, Signor Lucius» dissi, prima che lo sciupafemmine non morto potesse replicare.

«Va bene solo Lucius, hai qualche domanda? Perché se non è cosi ho già un incarico per te; magari superando quest' ultima prova potrai entrare a far parte della Società.»

«Solo una: quanto siete antico, se posso chiedere?» domandai, schiavo della curiosità e affascinato dal modo di fare così austero di Lucius.

Randhal tossì e Seline sorrise, anche se cercò di evitare di farsi vedere.

«Vedila così: siamo entrambi italiani, io ho servito come legionario sotto Gaio Giulio Cesare e tu no.» sentenziò con una specie di sorriso.

Era la prima volta che aveva accennato a un'espressione facciale.
Rimasi sbalordito, ero tremendamente colpito da quella rivelazione. Avrei avuto così tante domande da fargli.
Aveva vissuto ogni epoca umana possibile, tranne la preistoria ed era ancora lì di fronte a me nel XXI secolo. Quanta conoscenza poteva avere quell'essere? Quanto poteva essere potente?
Sapevo che vi erano altri come lui, tutto ciò che sapevo del sovrannaturale fino a quel preciso istante era stato effimero.

La Bloodmoon Society era qualcosa di misterioso, sconosciuto e segreto, ma probabilmente era la punta dell'Iceberg di tutti gli arcani dietro la razza vampirica.
Cosa c'era davvero là fuori? Perché Lucius voleva me?

«Come posso aiutarvi? Voi siete sicuram-» ma lui alzò una mano chiudendo gli occhi, così smisi di parlare.

«Non darmi del voi, non essere così datato. Inoltre ogni impero ha il suo esercito, i suoi agenti, i suoi soldati, le sue pedine. Funziona così da quando io cammino su questa Terra. Tutti svolgono il proprio ruolo e io ne ho uno per te»

«Ti ascolto, se posso aiutare la nostra razza lo farò» accettai, cercando di sostenere lo sguardo serio e austero del legionario romano.

«Potrai contare sul supporto di Seline e Randhal per questo incarico, ma dovrete fare in modo che tutto vada secondo i piani» continuò Lucius, unendo le dita delle mani e poggiando i gomiti sulla scrivania di legno pregiato.

Volevo porre così tante domande al legionario, soprattutto se la sua stirpe fosse stata la prima vera linea di sangue dei vampiri oppure no.

«Ho bisogno che tu vada a Los Angeles, un contatto della Società ti darà tutti i dettagli. Abbiamo bisogno di qualcuno che non sia nostro affiliato, che non risulti membro della nostra cerchia ristretta. Tu hai le qualità per essere uno di noi, ma ufficialmente non lo sei...» sentenziò Lucius, poggiando i palmi sulla scrivania.

Poteva sembrare una bestemmia, ma mi ricordarono più o meno le parole di Micheal Salvatori, negli anni 40, quando mi reclutò nella Mafia.

New York

Gennaio 1942

Il pub era piccolo e lo stavo osservando dall'altra parte della strada mentre Rob fumava un sigaro.
Il cielo era grigio e nell'aria si poteva sentire l'odore della pioggia che sarebbe arrivata da un momento all'altro.

Mi aggiustai l'impermeabile grigio e la cravatta dello stesso colore, indossata sopra una camicia bianca come la neve.
Era un' occasione importante e il gessato color ardesia avrebbe fatto la sua sporca figura. L'incontro con Micheal Salvatori avrebbe potuto portare nuove avventure a me al mio amico e non volevo sprecare quell' opportunità.

«Ci è andata di culo nel salvare quel tizio l'altra settimana, chi avrebbe mai pensato che fosse un gangster» mormorò il mio amico, anche lui vestito di tutto punto ma con una scala di colori tendenti dal marrone al beige.

«Tu sei sempre contro gli omicidi o mi sono perso qualcosa? Qui stai parlando della Mafia...» risposi burbero e, mentre continuavo a passeggiare nervosamente avanti e indietro, buttavo sempre l'occhio dall'altra parte della strada.

Una folata di vento mi investì mentre le automobili passavano e a tratti interrompevano la mia visuale sul locale dove sarei dovuto entrare.

Chiusi per qualche istante gli occhi e poi inspirai profondamente, infine mi guardai la punta delle scarpe lucide.

«Sono criminali incalliti che ammazzano altri criminali incalliti, se faranno del male a persone innocenti li fermerò. E spero tu faccia lo stesso» ribatté, trattenendo il fumo per poi farlo uscire dalla bocca in una densa nube che ricordava le grigie nuvole sopra di noi.

«Sono qui per fare soldi e permettermi qualche vizio in più. Insomma, dovremmo vivere per sempre, se tutto va bene. Godiamoci più avventure possibili» dissi, alzando la testa e stringendomi nelle spalle, pronto ad attraversare la strada.

Alcune piccole pozzanghere erano disseminate sul tratto che mi separava dal locale, avrei fatto bene a evitarle.

«Fai attenzione, in ogni caso ti guardo le spalle» concluse Rob, portandosi ancora il sigaro alla bocca con fare serio.

«Senza te al mio fianco non sarei mai entrato lì dentro» affermai, dandogli una pacca sulla spalla per poi incamminarmi verso il locale.

Il rumore delle scarpe che battevano sul cemento della strada era quasi più assordante di quello del traffico e degli schiamazzi cittadini.

Varcai la soglia del pub e una ragazza con un accento italiano mi accolse con un sorriso.

«Buonasera signore, sono Rose, dove vuole accomodarsi?» disse la giovane con tono gentile.

«Ho un appuntamento con il Signor Salvatori...» mormorai a voce bassa e fare serio.

La ragazza si morse istintivamente il labbro preoccupata, per poi ricomporsi.

«Sì! Le trovo subito il tavolo adatto» si congedò, prima che potessi replicare.

Mi guardai intorno per qualche istante; il locale era irlandese ed era strano che un italiano avesse progettato il nostro incontro lì.

Una donna corpulenta e formosa stava dietro il bancone, visibilmente alticcia, ma il suo modo di fare mi fece sorridere, nonostante la tensione del momento.

Notai Rose parlare con un tizio dai capelli rossi che sembrava lavorare lì; sicuramente c'era qualcosa tra loro perché si guardavano in maniera molto complice.

Poco dopo la giovane venne verso di me invitandomi a seguirla.

«Sei italiana come me? Che ci fai in un locale irlandese?» le domandai mentre prendevo posto aspettando di ordinare.

«La storia è molto lunga, potrei scrivere un libro a riguardo!» rispose ridacchiando.

«Forse un giorno ne scriverò anch' io uno sulla mia vita, mi hai dato una bella idea» le dissi con un sorriso spontaneo.

«La vita di tutti noi potrebbe essere un libro, ognuno potrebbe scriverlo a modo suo» sentenziò Rose, prendendo un vassoio lì vicino in attesa della mia ordinazione.

«Ti ruberò questa frase, sappilo!» la informai, indicandola con un dito.

«Se farà successo col suo libro allora si ricordi di me! Cosa le porto?».

«Due dita di Bourborn mentre aspetto il Signor Salvatori»

Dopo la chiacchierata con Rose passò poco tempo arrivò Micheal.

Il Boss sembrava un uomo ordinario: aveva la pancia, i baffetti, occhi piccoli e neri, così come i suoi capelli tirati all'indietro.
Non c'era nulla di particolare nel suo aspetto eppure era lui che aveva le redini della vita degli abitanti del quartiere sotto il suo comando.

«Vedi, la nostra famiglia è qualcosa che non posso spiegarti a parole, devi viverla. Ma ti offro quest'opportunità. Un' offerta che difficilmente puoi rifiutare. Tu sei italiano, sei coraggioso, ti sei comportato in maniera onorevole con il mio picciotto l'altra notte. Mi sembri uno che conosce il rispetto, fai poche domande e non si sa una minchia del tuo passato. Sei uno che sa coprire le tracce e che sicuramente ha già ammazzato qualcuno prima dell'altra sera.»

Fissai negli occhi il Boss e pensai intensamente solo tre parole.

"Se solo sapessi"

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