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13. Ali grigie

Lauren mi guardava torva mentre ero vicino al letto dove era stesa Seline.
Con la scusa che fosse ubriaca l'avevo riportata nella nostra suite, il portiere visto l'ora tarda non aveva fatto domande.

Era stato difficile nascondere le nostre ferite, ma a quanto pareva aveva funzionato.

«Quindi sapevi che non mi avresti ammazzata?» chiese seccata la bionda.

«Quel pugnale rispediva i demoni nel Parallelo, quindi era tutto calcolato!» le sorrisi, soddisfatto.

«Ti prenderò a calci nel culo un altro giorno, ma lo farò. Mi hai comunque liberato da quel coso infernale dopo cinque secoli, quindi ci andrò piano.» Lauren incrociò le braccia sotto al seno e alzò le spalle.

«Ti ho però privato dei tuoi poteri, e morirai come i vampiri normali. Anche se ormai sei una Master quindi direi che sei messa bene lo stesso a livello di forza sovrannaturale.»

«Rob mi ha tenuto testa, la magia angelica dentro di lui è molto potente.»

«Ho notato una strana vibrazione mistica quando mi colpiva. Mi ha ricordato molto il primo incontro avuto con Seline...»

Presi la mano della cacciatrice sperando si svegliasse presto.

«Scopriremo il collegamento tra questi due poteri, allora. Spero di liberare Rob da questa magia che lo controlla, non posso vederlo così succube di quei bastardi» ringhiò la vampira.

«Non e soggiogato. Gli avranno fatto il lavaggio del cervello, ma non è controllato da nessuna magia. Non è cosi debole da farsi comandare con dei trucchetti mentali, crede in quello che sta facendo» risposi, dispiaciuto.

«Non voglio credere che sia così. Io so perfettamente chi è! Ma-»

«Lo conosco dal 1800, so quello che dico. Quello è Rob, è fermamente convinto nella missione angelica. Quello sguardo determinato, il sentimento che metteva nelle parole. Quando è concentrato su un obiettivo lui è cosi» la interruppi bruscamente.

«Promettimi che troveremo un modo per farlo rinsavire» mi supplicò la vampira.

«Non voglio combatterlo, Lauren. Ma la Società è in guerra e io devo riuscire a portare più esseri sovrannaturali possibili dalla nostra parte, è l'unico modo per fermare gli Angeli.»

«La Società, giusto. Ti dissi tempo fa di starci alla larga, eri stato d'accordo con me all'epoca.»

«Seline ha cambiato tutto. O meglio, a Chicago eri stata vaga, come il tuo solito. Se ti eri scomodata dovevo darti ascolto, pensavo semplicemente quello. Poi la Società mi ha fatto sentire parte di qualcosa di più grande. Voglio aiutarli a difendere i vampiri, non mi è mai dispiaciuto il vampirismo, l'ho sempre preferito all'umanità.»

«Ma Rob non l'ha mai pensata così.»

«Già, ed è per questo che il mio migliore amico si è trasformato nella mia nemesi. Non è la prima volta che mi succede, ma è come se una parte di te si staccasse e volesse combatterti. Dovrai occupartene tu, Lauren, sei sempre stata il suo punto di riferimento.»

La vampira si chiuse in un lungo silenzio.

«Non voglio che voi combattiate, quindi accetto di occuparmi della questione, non lo faccio per la Società o per te, ma per lui e soprattutto per me stessa» sentenziò, solenne.

Seline sembrò lentamente riprendere conoscenza e le strinsi la mano.

«Vi lascio soli ... goditi la ricompensa dell'eroe» mormorò maliziosa Lauren, andando verso l'uscita.

«Non credo, io e lei non abbiamo quel tipo di rapporto. Ma a proposito di relazioni: Rafael ti porge i suoi saluti e spera che tu stia bene.»

«Io mi auguro che passerà molto tempo prima che abbia una risposta da me o da te, lui è in un posto dove nessuno dei due vorrebbe finire.»

Seline si massaggiò il collo mentre Lauren lasciava la stanza.

«Non ho ancora capito chi è quella o perché mi stai tenendo la mano, è inquietante» mormorò, un po' stordita.

«Sei tornata a tutti gli effetti!» risposi, ridendo.

«Non basta un lurido vampiro ad ammazzarmi, ho la pelle dura.»

«Sorvolo l'offesa alla mia nobile razza, a proposito della tua pellaccia... credo che sia l'ora che tu mi dica la vera origine dei tuoi poteri sovrannaturali.»

«Certe cose non si chiedono a una signora» brontolò, mettendosi le mani tra i capelli scuri.

Le porsi dell'acqua, lei l'accettò volentieri e si dissetò.

«Ho alcune domande da farti. Credo che ormai sia giusto che io sappia la tua storia, ormai è a tempo che combattiamo fianco a fianco» le dissi, inclinando la testa di lato.

Ci fu un lungo silenzio e quando finì di bere sospirò.

«Va bene, come vuoi. Durante l'epoca degli ultimi faraoni egizi capitò che nel Parallelo un Angelo e una demone si innamorarono. La cosa era molto strana e unica, quelle due razze si odiavano, ma combattendo ogni giorno nel Purgatorio qualcosa li unì in maniera pericolosa» narrò Seline.

«Tu sei il frutto di quell'unione» mormorai, pensieroso.

La cacciatrice annuì.

«Per una volta Angeli e Demoni decisero di agire con diplomazia, nessuno voleva cedere sulla questione; la mia uccisione poteva scatenare rivolte e guerre ben peggiori di quelle in atto. Decisero di mandarmi sulla Terra, strappandomi ai miei genitori. Sono cresciuta con gli egizi, tra faraoni e piramidi. Una volta che fui abbastanza cresciuta, vennero inviati sulla Terra due delegati a spiegarmi chi fossi davvero e quale sarebbe stato il mio compito. Accettai di dispensare giustizia divina utilizzando i miei poteri. Pian piano la mia nomea crebbe e da allora vengo cercata e mi vengono posti dei casi da giudicare» sentenziò seria.

«La tua storia e quella di Markoos si somigliano, ma tu hai scelto di essere giusta e non ti sei fatta consumare dall'odio.»

«Credo sia per questo che non abbiamo mai cercato di ostacolarci o di entrare in guerra, nonostante i secoli condivisi. Se non mi avesse raccontato la sua storia lo avrei ucciso. Credo che lui abbia notato i poteri che combattevano dentro di me e che allora, durante lo scontro, si sia trovato per una volta simile a qualcuno. Sapevo il male che poteva fare, ma non volevo uccidere qualcuno così simile a me.»

Pensai che se lei avesse fermato l'ibrido la mia vita sarebbe stata diversa, tuttavia come potevo giudicare qualcuno che si era sempre sentito speciale e maledetto allo stesso tempo?

«Ora Markoos non è più una minaccia, quel che fatto è fatto. Sono lieto che tu stia bene e che mi abbia raccontato qualcosa di te» le dissi, poggiando la mano sulla sua.

Stranamente lei la strinse e mi guardò sorridente.

I suoi occhi brillarono simultaneamente di blu e rosso.

«Grazie per avermi ascoltata, non mi ero sbagliata su di te.»

«Cosa vorresti dire? I tuoi occhi...»

«Lo scoprirai.»

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