10. Il primo amore non si scorda mai
Firenze, Italia
Febbraio 1871
La situazione con Teresa era piuttosto complicata: dovevo accettare il fatto che lei non avesse occhi solo per me, ma allo stesso tempo non avrei mai rinunciato a quella ragazza.
Nicola non avrebbe mai accettato questa cosa al posto mio, ma io ero più furbo di lui; era meglio avere Teresa così che non averla affatto.
Quella sera avevamo appuntamento e mi ero già organizzato per uscire di nascosto per raggiungerla al luogo stabilito.
Speravo in cuor mio che non si vedesse nello stesso posto anche con Nicola, perché mi avrebbe dato parecchio fastidio come cosa.
Al calar del sole ero pronto per il nostro appuntamento e avevo chiesto ai miei genitori di non essere disturbato perché stavo studiando delle cose che mio padre voleva che imparassi.
Sapevo che era quello che voleva per me, fare finta di accontentarlo era la cosa migliore e mi permetteva di avere un paio d'ore solo per me.
Ero uscito dalla finestra, era stato piuttosto facile.
Teresa era radiosa come sempre, indossava un vestito elegante color oro con delle balze argentate. Quando venne verso di me, rimasi per qualche attimo in silenzio a guardarla, perdendomi nei suoi occhi scuri.
«Ho qualcosa che non va?» mi chiese, preoccupata.
«No... è che a volte rimango incantato a guardarti» mormorai, sentendomi avvampare.
Mi schiarii la voce e mi sistemai la giacca in un gesto quasi meccanico per allentare la tensione.
Ci baciammo e le posai mani sui fianchi, incontrando le sue labbra lentamente e godendomi quel momento.
«Hai preso una decisione?» chiesi speranzoso.
La nostra situazione era complicata, non era solo mia e la cosa non so per quanto tempo sarebbe potuta ancora andare avanti.
«No. Tengo a entrambi e non riesco a stare senza uno di voi» rispose, guardando a terra.
«Pensi lui sospetti qualcosa?» domandai preoccupato.
«Non credo; quando siamo tutti e tre insieme solitamente cerco di non dare impressioni sbagliate»
«Non so quanto ancora posso resistere... forse dovrei tornare a farmi da parte» mormorai con tono grave.
Non volevo farlo davvero, ma forse dirglielo poteva cambiare qualcosa.
Era palese che non avrei mai rinunciato a Teresa, ma Nicola forse lo avrebbe fatto scoprendo tutto.
Iniziavo a pensare che forse dirglielo sarebbe stata la mossa vincente, tuttavia non potevo sapere la reazione di Teresa.
Avrei potuto perdere quello che avevamo ed ero sicuro fosse migliore di ciò che c'era tra lei e Nicola.
«No! Non pensarci neanche per scherzo!» mi ammutolì, prendendomi le mani e avvicinando ancora il viso al mio.
«Ti vorrei solo per me. Lui è comunque un mio amico ... mi hai messo in una situazione scomoda» blaterai, accarezzandole una guancia.
«Per amore ho visto dire e fare tante cose. Molte delle quali neanche lo puoi immaginarle, questa è solo una delle tante che farai nella vita. Farai molto di peggio, un giorno penserai a queste mie parole. Che sia per me o per un'altra donna» mi parlò con una strana dolcezza e chiuse gli occhi posando ancora le labbra morbide sulle mie.
Fu un bacio passionale, travolgente e pieno di sentimento.
Il tempo sembrò fermarsi perché quando riaprii gli occhi era come se fossi disorientato.
«Ho solo una domanda, poi ti prometto che mi godrò la nostra serata senza fare altri quesiti scomodi.»
«Prometti che sarà l'ultimo discorso tediante, voglio passare bene il tempo che abbiamo a disposizione.»
«Hai la mia parola di nobiluomo.»
«Allora, poni questa fatidica domanda.»
«Ti sei concessa a Nicola?»
Rimase seria per un bel po', prima di scoppiare a ridere, scuotendo la testa.
«Se mi concederò a uno di voi sarà perché ho preso la mia decisione» rispose, tornando seria.
Mantenni la mia parola e passammo il resto del tempo a parlare e amoreggiare nell'oscurità di quel giardino.
La parte più brutta fu quando la dovetti salutare, perché era sempre doloroso; sapevo che nei giorni successivi sarebbe stata con un'altra persona.
Che avrei dovuto fingere con Nicola.
Ma le parole di mio padre mi continuavano a ricordare che sarebbe stata solo questione di tempo prima che Nicola mi pugnalasse alle spalle, era meglio che lo facessi io.
«Quando ti rivedrò?» le domandai, stringendole le mani e baciandole il collo.
«Puoi sempre vedermi. Basta che chiudi gli occhi e pensi al tempo che abbiamo trascorso insieme. Nessuno può rubarti i ricordi.»
Furono le ultime parole che mi disse, seguite da un lungo bacio che mi trasmise diverse emozioni contrastanti.
Gioia e tristezza si mischiarono in una maniera che non sapevo descrivere con le parole.
Era come se lo sapessi.
Quella fu l'ultima volta che vidi Teresa, quelle furono le ultime parole che mi disse e quello anche il nostro bacio d'addio.
Maggio 1871
Erano passati diversi mesi e ormai non riuscivo più a tenermi tutto dentro, dovevo fare domande su Teresa a costo di sembrare sospetto, ormai non m' importava più.
Nicola pareva avvilito a quella noiosa festa per la nobiltà e a dire la verità lo ero anch'io.
Non avevo la minima intenzione di stare attaccato a Federica Marchesi anche se i miei insistevano perché le parlassi e stavano iniziando a diventare assillanti.
Stavo pensando a un'altra ragazza ed ero sicuro che il mio amico fosse nella stessa situazione, lui però non poteva sapere quanto realmente i nostri umori fossero simili.
«Dovresti approfondire il tuo rapporto con Federica, è una bella ragazza!» affermò Nicola quando mi misi vicino a lui.
Era da solo sulla grande balconata di Villa Marchesi e guardava il cielo scuro assorto nei suoi pensieri.
«Per quello che mi riguarda è tutta tua, non mi fa molto simpatia» risposi, secco, poggiando i palmi sul balcone di fronte a noi.
«Non dirmi così, o potrei farci un pensierino.»
«Mi toglieresti da un impiccio.»
«Non rubo mica le donne agli amici!»
Ridacchiammo a quel battibecco, ma poi mi feci serio.
«Non ho più visto Teresa, hai per caso sue notizie?» domandai, restando vago e allentandomi il colletto della camicia.
«No, è sparita nel nulla. Non so che fine abbia fatto e sono molto preoccupato...» rispose lui con tono triste.
Rimasi paralizzato a quelle parole e iniziai a fissare un punto davanti a me senza riuscire ad elaborare una reazione a ciò che mi aveva detto . Fece male come una coltellata al petto.
«Stai bene? Che ti prende?» mi scosse, afferrandomi a un braccio.
Senza volerlo lo scacciai malamente.
«Avresti dovuto stare più attento, passavate molto tempo insieme. Spero non le sia successo qualcosa» mormorai, burbero.
«Cosa diavolo vorresti dire?» sibilò, guardandomi torvo.
«Niente. Ti ho solo fatto una domanda, non ti scaldare» sussurrai, indietreggiando appena.
Cercai di congedarmi con una scusa, ma Nicola mi afferrò per un braccio.
«Tu... te la facevi con lei alle mie spalle?» chiese in maniera diretta.
«Ma che dici? Anche se mi pare che tu la cosa me l'abbia detta un po' tardi per reclamare qualcosa, potevi essere subito chiaro con me.» Andai sulla difensiva.
Avevo tante cose dentro da diversi mesi, in quel preciso momento raggiunsi il mio punto di rottura, il vaso di pandora era stato rotto e non vi sarebbe stato rimedio.
«Tu! Miserabile figlio di puttana!» ringhiò e mi prese per il bavero facendomi impattare contro l'ampia vetrata alle nostre spalle.
«Ha parlato il figlio di un infame doppiogiochista e traditore» risposi, cercando di togliermi le sue mani di dosso.
Nicola mi scaraventò a terra e si mise sopra di me alzando un pugno pronto a colpirmi.
Misi una mano sulla sua faccia premendogli il pollice nell'occhio, lui urlò e rimase in ginocchio dolorante, portandosi una mano sul viso.
Ora era il mio turno di colpirlo, tuttavia il suo bicipite impattò contro le mie parti basse e così anch'io crollai in ginocchio dopo quel colpo meschino che mi aveva rifilato.
Da quella posizione iniziamo a prenderci a pugni in maniera scoordinata e goffa fino a quando non ci divisero.
Dopo averci richiamati all'ordine, ci fu una litigata tra i nostri padri e io e miei genitori lasciammo la festa. L'ultima scena che vidi fu quel coglione farsi medicare da Federica Marchesi come un cane ferito.
La nostra amicizia finì quella sera.
Una volta a casa, mio padre mi fece una ramanzina e cercai di spiegargli cosa fosse successo.
Le sue parole, però, le compresi sono moltissimi anni dopo, quando morii, scoprendo l'esistenza dei vampiri.
«Non dovevi fare quel casino per quella ragazza. Non la vedrai mai più. Ha preso una nave ed è andata via. Ha lasciato Firenze per sempre con i suoi genitori, mettiti l'anima in pace. L'ho vista salpare alle prime luci dell'alba alcune settimane fa»
Così si congedò quella notte.
Teresa era una vampira, mio padre un cacciatore... e l'aveva bruciata viva.
Ci pensai solo quasi due secoli dopo, riprovando per un'altra persona le brezza della prima cotta.
Il primo amore non si scorda mai e forse quel primo amore fu proprio per una vampira.
A volte il fato era dannatamente macabro e sarcastico.
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