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Sogni infranti...

Correvo e mi ricordo che non sapevo neanche dove stessi andando, correvo e basta, volevo solo andare lontano. Era incredibile. La sera prima avevo vissuto quello che sembrava un sogno, ero contenta come non succedeva da tanto, ero riuscita per un attimo a non sentire più quel dolore che mi opprimeva, mi ero sentita quasi più leggera, mi ero sentita bene. E invece avrei dovuto saperlo, avrei dovuto immaginarlo che i sogni prima o poi finiscono, prima o poi arriva il momento di svegliarsi, solo che non pensavo potesse fare così male vedere un sogno infrangersi sulla realtà. Ci avevo sperato, ci avevo creduto in quegli occhi maledetti, invece avevano solo saputo prendermi in giro, avevano solo saputo appoggiarsi sul corpo di un'altra ragazza, abbagliando anche lei magari. Che stupida ero stata, un'ingenua che si  era lasciata baciare, un'illusa che in quel bacio aveva visto l'inizio di un sentimento a cui ancora non sapeva dare un nome e a cui sperava lo avrebbero dato insieme. Invece ero sola, di nuovo, con il respiro affannato per la corsa e le lacrime che di smettere di uscire non ne volevano sapere, le odiavo perché io non volevo piangere, non più.

Nella mia corsa solitaria non mi accorsi che qualcuno mi aveva seguita, lo capii solo quando mi sentii tirare per un braccio. Mi voltai e mi trovai davanti Riccardo, ritrassi il braccio in malo modo. "Che cosa vuoi? Lasciami in pace" dissi furente.
"Alexandria a me dispiace per tutto quello che è successo, ma volevo solo che tu ti rendessi conto di chi avevi davanti"  non riuscii a crederci, dicevano tutti di essere dispiaciuti per me, la povera piccola ingenua Alexandria, che rabbia mi facevano.
"Ti dispiaceva così tanto che non hai perso tempo ad infierire con quella stupida foto sul cellulare." 
"Matteo si stava prendendo gioco di te, non potevo lasciarglielo fare" rispose alterato anche lui ora.
"Certo, peccato che voi due eravate amici, chi mi dice non eravate d'accordo per prendermi in giro? Magari stasera vi andrete a fare pure una risata alla mie spalle."  Matteo e Riccardo erano stati sempre appiccicati, come il latte ed il caffè, ora voleva farmi credere che lui non sapeva nulla.

"Non è così, io sapevo che voleva prenderti in giro e ho solo cercato di farti aprire gli occhi. Saremo anche amici, ma  non l'avrei mai appoggiato in questa cosa. Non gli avrei permesso di ferirti così." 
Certo invece con quella foto pensava di farmi felice. 
"Senti non vado fiero del modo con cui ti ho mostrato chi fosse davvero Matteo, ma credimi l'ho fatto per te." Ma che caro!
"Io non ti ho chiesto niente. Potevi dirmelo e basta, senza questi stupidi giochetti da bambini." Mi voltai per andarmene, ma lui mi prese di nuovo per il polso e mi attirò a sé avvolgendomi in un abbraccio, cercai di allontanarlo, ma smisi quasi subito. Non mi preoccupai più di capire se Riccardo mentisse o meno, ero stanca, stanca di illudermi, stanca di correre, stanca di pensare, stanca di discutere, stanca di soffrire e mi lasciai andare al pianto  tra le sue braccia, sperando che quelle lacrime potessero portarsi via tutto e riportare indietro la me di mesi prima. La me spensierata.
L' Alexandria che mi mancava.

Non so quanto tempo restai tra le braccia di Riccardo a piangere, so solo che di sfogarmi ne avevo bisogno, così lo feci e quando lui mi chiese se poteva accompagnarmi a casa non gli dissi di no. Ci incamminammo a piedi e nessuno dei due aprì bocca, in realtà non volevo stare sola per questo accettai, non sapevo bene cosa dire e mi limitai ad osservarlo. Era serio, i capelli che gli coprivano gli occhi e le sue mani non facevano altro che muoversi, le apriva e chiudeva, sembrava irrequieto, chissà cosa pensava davvero. Questo suo modo di fare sempre spavaldo, sicuro, mi aveva fatto sempre sospettare che in realtà lui nascondesse qualcosa, che non fosse quello che voleva sembrare, ma cosa potevo saperne io? Matteo mi era sembrato pulito, trasparente ed invece non lo era, pensai che forse anche su Riccardo stavo sbagliando.
Improvvisamente si decise a rompere il silenzio che si era creato, mi guardò e accennando un sorriso mi disse: "Non lo hai tolto." 
Lì per lì non capii, poi lui mi prese il polso e mi ricordai del ciondolo, non ci avevo più pensato, in realtà non mi ricordavo neanche di averlo ancora, non sapevo perché non lo avevo tolto. Rimasi in silenzio non sapendo bene cosa rispondere e mi limitai ad annuire, in realtà forse anche quel ciondolo mi ricordava Matteo e  quanto avrei voluto fosse stato lui a regalarmelo. Che cosa stupida da pensare...

Arrivati davanti casa Riccardo si piegò per darmi un bacio sulla guancia, lo lasciai fare, in fondo non era con lui che ero arrabbiata, non era lui che aveva fatto la scritta, non era lui che aveva baciato un' altra ragazza, non era lui ad avermi irrimediabilmente delusa.
Riccardo stava per dire qualcosa quando la voce di mia madre lo precedette.
"Alexandria dov'eri? Ti ho cercata per tutta la mattina."
"Scusa mamma, sono tornata a piedi."
"So che è successo, mi hanno chiamata da scuola. Forza vieni dentro" disse aprendo il portone del palazzo di casa.
Salutai in fretta Riccardo e mi avviai sopra con mamma, era silenziosa, non riuscii a capire se fosse arrabbiata o meno.

Una volta a casa mamma posò le sue cose sul divano, mi guardò e mi disse: "Ascoltami bene, non voglio che frequenti più quel Matteo, uno che fa una cosa così non sa cosa sia il rispetto per i sentimenti altrui, per il dolore altrui. Per fortuna la scuola penserà a dargli la giusta punizione, forse verrà sospeso."
Sospeso? Credo avrei dovuto essere sollevata nel sentire quelle parole, ma non fu così, sentii una stretta al cuore. Come potevo dopo tutto quello che mi aveva fatto?
"Hai capito Alexandria?" mi riprese mia madre.
"Si" dissi quasi sussurrando.
Mia madre annuì con la testa e andò in camera sua ed io feci altrettanto chiudendomi la porta alle spalle. Mi sedetti ai piedi del letto, presi il mio diario e iniziai a scrivere ancora...

Ciao papà, avrei tanto voluto scriverti che le cose vanno meglio, che io mi sento meglio, ma purtroppo non è così. Mi ero solo illusa che le cose potessero cambiare, avevo creduto  fosse arrivato qualcuno in grado di ridare vita ai miei occhi, qualcuno che potesse farmi conoscere quel sentimento che vedevo nel tuo sguardo quando osservavi la mamma, ma non è stato così. Le mie sensazioni, le mie emozioni, mi hanno tradita, mi hanno fatta avvicinare a chi ha fatto finta di provare quello che provavo io. Mi dispiace papà, mi dispiace perché così ho permesso a questo qualcuno di offendere te, la persona per me più importante. E mi dispiace, mi dispiace di provare quello che provo, perché so che non dovrei, non più almeno....
E io non lo so come fare, non lo so come fare a non sentirmi più come mi sento e se tu fossi qui te lo chiederei come si fa a cancellare qualcuno dalla testa e soprattutto dal cuore.
E mi sembra di sentirla la tua voce ora che mi dice di chiedere alla mamma, ma io non so più  neanche se le interessa quello che provo. Io non so più niente....

Mentre i miei pensieri prendevano forma sulla carta, sentii il trillo del mio cellulare, lo presi e lessi il messaggio...

Alexandria io devo vederti, devo parlare con te e spiegarmi, devo farti capire che non ho mai voluto ferirti.
Ti prego dammene la possibilità. Ti aspetto alla nostra spiaggia, davanti al nostro mare domani pomeriggio. Matteo.

Strinsi con rabbia il cellulare tra le mani, come poteva pretendere di incontrarmi dopo quello che aveva fatto. Non potevo andare, non volevo andare, non potevo permettergli di prendermi in giro ancora. Eppure mentre tutto nella testa mi diceva di non farlo, il cuore mi sussurrava altro. Ma come poteva farlo? Non seppi darmi una risposta...

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