Ricominciare
Alexandria
Erano passati due giorni da quando ero uscita dall'ospedale e finalmente dopo tanto tempo potevo dire di sentirmi bene.
Con mamma le cose andavano molto meglio, adesso era attenta e premurosa con me come una volta. Quel giorno che uscii dall'ospedale e tornai a casa mi fece sedere sul divano e mi ordinò di non muovermi di lì. Aveva messo in ordine la mia stanza, aveva cucinato gli gnocchi che io adoravo fin da quando ero piccola e restò con me tutto il pomeriggio. Parlammo di Vanessa e di Riccardo, le raccontai tutto quello che era successo in soli due mesi, di come quei due mi avessero ferita e quasi affondata. Le dissi com' ero arrivata fino alla spiaggia quello stupido giorno della foto a scuola, di come mi fossi sentita sola e persa.
Lei non disse nulla e mi ascoltò fino a quando le lacrime non le rigarono le guance, mi strinse forte e mi promise che da quel momento in avanti non mi sarei più dovuta preoccupare di nulla, avrebbe pensato lei a noi come era giusto che fosse e che io avrei dovuto vivere semplicemente la mia età.
Ovviamente mi chiese di raccontargli di Matteo, questo ragazzo occhi cielo che aveva conquistato il mio cuore.
E io le raccontai di come quello sguardo che ci scambiammo a scuola non segnò l'inizio dell'anno, ma il nostro inizio. Le dissi del ciondolo con l'iniziale del mio nome che lui mi regalò, di quel giorno in spiaggia e della mia voglia di tornare a sorridere da quel momento in avanti, della festa, del nostro ballo e anche del nostro primo bacio, di come quella sera mi tremarono le ginocchia e mi mancò il respiro.
Ci fu un attimo di silenzio tra noi, mamma sembrò cercare le parole adatte per parlarmi, credevo che mi avrebbe detto di stare lontana da Matteo, non so perché ma sembrava starle antipatico. Invece lei mi sorprese e mi disse che sapeva Matteo fosse un bravo ragazzo, e che lui le ricordava tanto papà alla sua età. Riservato, chiuso, scontroso all'apparenza ma con un cuore fragile dentro.
Mi raccontò di come anche lei fu letteralmente catturata dallo sguardo di papà e dai suoi occhi, sapevano di verità mi disse, proprio come quelli di Matteo. E con il tempo era diventata brava a leggerli quegli occhi, a vederci dentro tutto l'amore che papà provava per lei. E guardandomi mi disse che era lo stesso amore che vedeva negli occhi di Matteo tutte le volte che mi guardava.
Mia madre mi lasciò spiazzata con quelle parole e non feci altro che ripensarci mentre il mattino dopo aspettavo che Matteo passasse a prendermi. Chissà se anche io e lui come mamma e papà saremmo stati in grado di farlo crescere con noi questo amore oppure qualcosa prima o poi ci avrebbe diviso.
Quando Matteo arrivò e mi guardò con quei suoi occhi cielo smisi di pensare e buttandomi tra le sue braccia decisi che io questo amore lo volevo vivere e basta e che del domani me ne sarei preoccupata quando sarebbe arrivato.
Con Matteo andammo a scuola, alla fine era riuscito a convincermi che dovevo tornare il prima possibile. Non aveva senso aspettare, io non avevo fatto nulla di male e dovevo dimostrare che non mi importava nulla di quei quattro stupidi.
Avrei camminato a testa alta e Matteo sarebbe stato accanto a me.
Arrivati all'ingresso vidi Vanessa uscire dal portone con i suoi genitori.
Lei si fermò davanti a me con lo sguardo mortificato.
Era stata sospesa da scuola così come Riccardo e Alissa.
Alla fine era stata proprio lei a raccontare di come aveva aiutato Riccardo con la scritta sul muro prima e la foto poi.
Mia madre insieme al professore di italiano si erano battuti per far riammettere Matteo e sospendere loro e così successe.
Il nonno e la mamma di Riccardo promisero di fare ferro e fuoco per difenderlo, ma il preside non si era lasciato intimorire, anzi gli disse che se lui era diventato così, guardandoli non aveva dubbi su quale fosse stato il motivo.
I genitori di Vanessa invece decisero che lei avrebbe frequentato un' altra scuola, volevano tenerla il più lontano possibile da lì e da Riccardo.
"Mi dispiace tanto Alexandria" mi disse Vanessa guardando a terra.
"È un po' tardi per dispiacersi" le risposi io seccata.
"Lo so. Ma dovevo dirtelo lo stesso. Mi dispiace di aver rovinato la nostra amicizia per qualcuno che mi ha solo usata" e alzò lo sguardo sul mio finalmente. Era dispiaciuta davvero, i suoi occhi erano pieni di lacrime, ma credo fosse più per aver capito di essere stata ingannata che per altro.
"Te l'avevo detto, ma tu hai voluto credere a qualcosa che non c'era e sacrificare la tua amicizia con me per questo"
"Volevo semplicemente qualcuno che tenesse a me come Matteo tiene a te. Sono stata invidiosa e ho sbagliato"
Finalmente si era decisa ad essere sincera almeno con sé stessa.
"Si lo sei stata e non credo di voler più avere a che fare con una persona come te" dissi dura. Poteva essere dispiaciuta quanto voleva, ma non potevo passare sopra a quello che aveva fatto. Lei non era mai stata mia amica, non davvero almeno, e in quei giorni l' avevo capito.
"Lo so, ma mi auguro che un giorno tu possa perdonarmi"
"Me lo auguro anche io, ma questo non cambierà le cose. Addio Vanessa" e prendendo la mano di Matteo la oltrepassai, lasciandomi alle spalle non solo lei, ma tutto quello che di brutto era successo in quest'ultimo periodo.
Una volta dentro la scuola, notai gli occhi di tutti puntati su di me. Mi sentivo a disagio ma non gli diedi importanza. Non più.
Matteo mi strinse la mano più forte, mi trascinò fino al centro del corridoio dove c'era più confusione. Ci stavano guardando tutti.
Si fermò, mi sorrise e si avvicinò piano fino a fare scontrare le mie labbra con le sue.
E come tutte le volte che i nostri respiri si fondevano in uno, il cuore iniziò a correre veloce, le gambe a tremare ed il respiro a mancare.
Matteo aveva la capacità di farmi dimenticare tutto quello che mi stava attorno. E lì, in quel corridoio, non c'erano gli altri ragazzi e i loro occhi fissi su di noi, c'eravamo solo io e lui.
C'erano le nostre mani intrecciate, le nostre bocche unite, le nostre lingue a cercarsi ed il nostro amore a trovarci.
Quando poi quella sera tornai a casa trovai le pizze sul tavolo del salotto e mamma ed Elena sedute sul divano con indosso la maglietta rossonera.
Le guardai stranita e Elena iniziò a gridare: "Ale, Ale, stasera c'è la partita e possiamo mangiare e vederla qui tutte e tre insieme come una volta"
Guardai mamma sorpresa.
"Che c'è?" disse lei "era una tradizione di famiglia, è arrivato il momento di riprenderla" sorrise con gli occhi lucidi e corsi ad abbracciarla. Lo stava facendo per noi, per me e anche per papà, stava riprendendo a vivere e a far rivivere la nostra famiglia come lui avrebbe voluto.
Andai di corsa in camera a prendere la mia maglietta, la trovai sul letto stirata che mi stava aspettando. Era stata sicuramente la mamma, l'aveva lavata per l'occasione visto che era da mesi che non l'avevo più toccata.
La indossai con un sorriso che non voleva finire più. Mi erano mancati questi miei colori. Il rosso come la passione ed il nero come il cielo di notte sopra lo stadio, fermo lì ad osservare uno spettacolo che non sarà mai uguale.
Raggiunsi mamma ed Elena giusto in tempo per l'inizio della partita.
Ovviamente la mia sorellina si mise in mezzo tra me e mamma e ad ogni azione andata male, ad ogni fischio dell'arbitro per me ingiusto, ci arrabbiavamo tutte e tre e iniziavamo a parlare contro la televisione, come se l'arbitro o i giocatori potessero sentirci davvero.
Ad un certo punto Elena si era fissata con il fuori gioco, voleva capire a tutti i costi come funzionasse, così mamma prese il vasetto di maionese, quello dei peperoni e in mezzo ai due, a formare una riga perfetta, mise quello del ketckup.
"Vedi Elena, la maionese e i peperoni sono i difensori mentre il ketckup è l'attaccante. Quando il vasetto di ketckup è più avanti rispetto agli altri due allora c'è fuori gioco, se invece sono tutti e tre sulla stessa linea allora non c'è. Vedi è facile."
Elena fissò con area perplessa i tre vasetti e alla fine disse: "Allora se così stanno le cose da domani mangerò solo il ketckup. Non mi piacciono i difensori e quindi non voglio più mangiare né la maionese né i peperoni."
Io e mamma ci guardammo un istante e poi scoppiammo a ridere.
"Ma che ho detto?" disse Elena mettendo su quel suo musetto adorabile.
Non ebbi il tempo di risponderle che il Milan finalmente segnò un gol, così tirai un urlo, mi alzai dal divano e lo stesso fecero mamma ed Elena, ci abbracciammo tutte e tre gridando di gioia e saltellando come delle bimbe.
Fu davvero una serata bellissima e divertente, il Milan aveva vinto e decidemmo di dormire tutte e tre insieme nel lettone e mentre Elena era in bagno con la mamma decisi di fare qualcosa di cui ormai non potevo più fare a meno...
(La canzone da qui se volete)
Ciao papà, sono passati alcuni giorni dall'ultima volta che ti ho scritto, ma oggi lo faccio con il sorriso pronto a dipingermi il volto.
Sto bene papà, e oggi è vero.
Matteo è entrato nel mio cuore e credo che non se ne andrà tanto presto, ed io non potrei essere più felice. Lui è tutto quello che sognavo quando da piccola mi immaginavo il mio bel principe. Anzi ti devo dire che è anche meglio. Il mio Matteo è molto più bello dei principi delle favole. Lui è la mia realtà che incontra la mia fantasia. Lo amo tanto papà e non so dove questo amore mi porterà, ma so che qualsiasi direzione prenderà io la seguirò, perché non voglio perderlo, non ora che l'ho trovato.
La mamma dice che lui le ricorda te. Sono sicura che tu però non saresti tanto d'accordo e faresti di tutto per trovargli chissà quali strani difetti.
La mamma è stata fortunata ad incontrare te e mi auguro che la sua fortuna possa essere anche la mia.
Sai papà credo che stasera nel guardarci sarai stato orgoglioso di noi, abbiamo ripreso la nostra tradizione più bella. E devo dirti che ogni volta che guardavo il lato del divano dove eri solito sederti, mi sembrava di vederti lì a sorridere con noi, con le tue espressioni buffe e i tuoi occhi sconcertati nel sentirci urlare per ogni gol fatto.
Stasera è stato il nostro ricominciare ed in realtà anche se lo so che tu non ci sei, dentro di noi, tu, ci sarai per sempre.
Posai il diario sotto il cuscino e quando Elena e la mamma tornarono nella stanza misero al lettore mp3 la nostra canzone e con le cuffie, abbracciate strette, ci addormentammo al suono di quelle note meravigliose...
"A te che sei, semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore"
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