Portami via
Minuti, ore, non so quanto tempo passai lì, distesa sulla sabbia a guardare il cielo che non vedevo, coperto da nuvole grigie e dalla pioggia che incessante cadeva sul mio viso continuando a bagnarmi. Avevo freddo, tremavo, sentivo l'acqua entrarmi dentro le ossa, sapevo di dovermi alzare e per un attimo ci provai davvero, ma non riuscii a muovermi, non ne avevo la forza e lasciai stare, mi arresi, tanto che senso avrebbe avuto? Perché mi sarei dovuta alzare? Non avevo più nessuno accanto a me, a nessuno sarebbe importato se fossi scomparsa, magari inghiottita dalle acque scure del mare in tempesta.
Restai lì in attesa, pensai che presto tutto sarebbe finito, che papà sarebbe arrivato e mi avrebbe portata via con sé, mi avrebbe portata lontana da tutto questo dolore e presto non sarei più stata sola, ci sarebbe stato lui accanto a me e questa volta per sempre. Lentamente chiusi gli occhi e mi sembrò di vederlo davvero il volto sorridente di papà che mi fissava con i suoi occhi pieni di dolcezza e amore, sperai davvero che fosse venuto per me, ma fu un attimo ed il suo sorriso svanì, vidi delle lacrime scendere dai suoi occhi, allungai una mano nell'aria convinta di poterlo raggiungere, ma non fu così.
Non capii fino a quando un nome non iniziò a farsi spazio tra i miei pensieri. Elena, la mia piccola sorellina, la mia luce nel buio, lei era il mio nessuno, lei aveva bisogno di me, aveva bisogno che io le stessi accanto, a lei sarebbe importato se io fossi scomparsa, avrebbe sofferto e sarebbe stata sola, il suo sorriso si sarebbe spento di nuovo, proprio come quello di papà aveva fatto poco prima, i suoi occhi si sarebbero riempiti di lacrime che nessuno avrebbe mai asciugato. Non potevo andarmene via, era questo che papà voleva dirmi, non dovevo arrendermi, dovevo lottare per Elena, la mia vita non poteva portarsela via nessuno, dovevo essere più forte, per lei, per me e anche per papà, lui non avrebbe voluto questo, lui avrebbe voluto vederci vivere.
Piena di quella nuova consapevolezza cercai di aprire gli occhi, cercai di alzarmi, ma riuscii a muovermi appena, questa volta mi impegnai, ma era tutto così maledettamente difficile, sentivo il corpo pesante, il freddo non mi dava tregua e iniziai a sperare che qualcuno mi trovasse, che qualcuno mi aiutasse, tentai di aprire la bocca, ma quello che uscii fu un lamento quasi impercettibile. Volevo tornare a casa, ma temevo non sarei riuscita a farlo, iniziai a piangere ancora, pregai qualcuno mi trovasse e mi portasse via, ma nessuno sembrava sentirmi. Cercai di tenere gli occhi aperti, ma non ci riuscii per molto e fu di nuovo il volto di mio padre quello che vidi, sorrideva di nuovo, pensai che lo avrei deluso, che non ero così forte come lui aveva sempre creduto e presto la sua immagine sarebbe svanita, ma non successe.
Il suo volto restò lì, continuava a sorridere, cercai di concentrarmi su di lui e quando sentii delle voci mi sembrò di sognare, ma quest'ultime si fecero sempre più vicine, così provai ad aprire gli occhi e la prima cosa che vidi furono due grandi occhi azzurri che mi fissavano terrorizzati e due braccia forti che tentavano di alzarmi e stringermi.
"Alexandria, mi senti? Alexandria?" Mi prese il volto tra le mani e finalmente lo vidi davvero, Matteo, il mio Matteo era lì, era tornato, mi aveva trovata e ora mi avrebbe portata via, al sicuro accanto a lui.
"Ma...Ma...Matteo" balbettai appena "Alexandria, si sono io, non ti preoccupare ora ti porto via di qui" lo sentii stringermi forte e gridare: " Claudio, vieni, l'ho trovata, è qui. Avanti sbrigati, è gelata, sta tremando, fai presto."
Dopo pochi minuti mi accorsi che qualcuno tentava di avvolgermi in una coperta: "Dai Matteo, dobbiamo portarla al caldo, aiutami a prenderla in braccio."
"No lo faccio io" e con una mano mi circondò le spalle, mentre con l'altra mi prese le gambe e si sollevò portandomi con lui, io mi strinsi al suo corpo con le poche forze che mi erano rimaste, appoggiai la testa alla sua spalla e chiusi gli occhi. "Alexandria non ti lascerò più sola, ora mi occuperò io di te" mi sussurrò Matteo e anche se sfinita, ero felice. Stare tra le sue braccia era una delle più belle sensazioni potessi provare, mi sentivo protetta.
Quante volte lo avevo sognato questo momento? E finalmente si era avverato, lui era lì con me ed era quella la cosa più importante.
Qualche ora dopo mi svegliai in un letto, non sapevo dove fossi, mi guardai intorno e vidi solo delle pareti bianche, avevo un ago infilato nel braccio, seguii con lo sguardo il piccolo tubicino che da lì partiva e arrivava ad un flebo che portava un liquido trasparente dentro il mio corpo. Ero in ospedale, ma non vedevo nessuno accanto a me, temetti di essermi immaginata tutto, ma all'improvviso la porta della stanza si aprì e lo vidi. Matteo era lì, era vero e ad ogni passo che faceva per avvicinarsi il mio cuore rispondeva battendo sempre più veloce.
Si sedette sul letto accanto a me e strinse la sua mano nella mia, mi fissava con quei suoi pozzi azzurri e io gli buttai le braccia al collo, mi era mancato così tanto, non potevo credere fosse lì. Lo strinsi ancora più forte per paura che presto sarebbe andavo via di nuovo. Lui mi avvolse con le sue braccia, inspirai per sentire il suo profumo così da non dimenticarlo più e fu in quel momento che tornai a respirare davvero, lui era l'ossigeno che per troppo tempo mi era mancato.
"Mi dispiace tanto, sono stata così stupida, ti prego perdonami" dissi mentre gli occhi iniziarono a bagnarsi di nuovo, Matteo si scostò appena da me per guardarmi e appoggiò la sua fronte alla mia: "Alexandria tu stai bene, è questa l'unica cosa importante ora."
"No, io ti ho allontanato, ti ho spinto ad andare via, ma dentro di me ho sempre saputo tu fossi sincero, ho avuto solo paura, ti ho fatto del male e mi dispiace, ma sappi che non c'è stato un solo giorno in cui tu non mi sia mancato" dissi, volevo solo che mi perdonasse, volevo che sapesse quanto fossi stata stupida, ma avrei rimediato, gli avrei dimostrato quanto contasse per me.
"Alexandria, io non sono andato via per causa tua, ma per qualcosa da cui sono scappato per tanto tempo e giuro che te lo spiegherò, ma non ora, ora sei tu la cosa più importante. Ho avuto così paura, ho temuto che non ti avrei trovata" e mi strinse più forte. "Se c'era qualcuno che poteva trovarmi, quello eri tu" e restammo stretti, fronte contro fronte a fissarci per dei minuti interminabili, il suo sguardo era come lo ricordavo, dolce e profondo, pieno di cose da scoprire, ed io avevo intenzione di non perdermene nessuna.
"Credo di amarti anche io" la sua voce mi colpì inaspettata. Quelle parole erano la risposta che tanto avevo aspettato e mi entrarono dentro, mi si tatuarono sulla pelle, arrivarono al cuore pronte a non andarsene più. Portai le mani sul volto di Matteo, mi avvicinai piano e lo baciai. Fu un bacio lento, dolce, pieno di un amore appena nato e ancora da vivere, uno di quelli che non vogliono finire, uno di quelli che ti fanno dimenticare anche come si fa a respirare. Quando le nostre bocche si schiusero e le nostre lingue si sfiorarono sentii i brividi correre lungo la mia schiena, le mani di Matteo dalle spalle scesero piano lungo le mie braccia e iniziarono ad accarezzarmi la pancia e poi la schiena. Quando le nostre lingue si intrecciarono iniziando a muoversi come non aspettassero altro, il tocco delle mani di Matteo si fece più deciso e un calore nuovo si fece spazio dentro di me, lo strinsi più forte per sentirlo più vicino, ma ad un certo punto Matteo si staccò dalla mie labbra e con il respiro ancora affannato disse: "Forse è meglio se ci fermiamo qui" e le nostre labbra si incurvarono in un sorriso di quelli che non hanno bisogno di parole.
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