Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Matteo

Matteo

Alexandria, quel nome mi aveva cambiato completamente da quando ci inciampai per sbaglio nei corridoi della scuola. I suoi occhi erano così azzurri che ti ci potevi specchiare dentro, erano puliti, trasparenti, luminosi e da quando li incrociai non riuscii a  smettere  un solo momento di cercarli. Mi erano entrati dentro per non andarsene più.

Per molto tempo la osservai da lontano Alexandria, era una ragazza semplice, si truccava poco, raramente l'avevo vista indossare tacchi, gonne troppo corte o vestiti che più che coprire scoprivano, come facevano la maggior parte delle ragazze che mi giravano intorno. Non che la cosa mi dispiacesse, ma erano tutte così preoccupate di apparire belle ai miei occhi, di poter dire di essere state con Matteo Rossi, quello figo della terza C. E ammetto che con qualcuna di loro mi sono anche divertito, ma niente di più che qualche uscita e un'attrazione da bruciare al più presto, che a parte un piacere momentaneo nessun segno del suo passaggio mi ha lasciato addosso.

Alexandria però era diversa, era timida, più di una volta la trovai a guardarmi da lontano e ogni volta che incrociava il mio sguardo distoglieva il suo arrossendo. Era così spontanea, non riusciva a nascondere nulla di quello che sentiva, i suoi bellissimi occhi la tradivano sempre. Era buffa a volte. Mi ricordo una sera, alla festa Patronale, mentre giocava con sua sorella a rincorrersi, cadde rovinosamente per terra, credo non sapesse neanche lei come. Le piaceva divertirsi e alle giostre sembrava una bimba nel paese dei balocchi, suo padre comprava sempre per sua sorella e anche per lei delle caramelle gommose e insieme si divertivano a mangiarle. Era così vera la mia Alexandria.

Quando suo padre morì la vidi spegnersi piano, il suo sorriso era scomparso e la luce che avevo sempre visto nei suoi occhi se ne stava andando.  Mi faceva rabbia vederla così fragile, sola e persa, volevo che tornasse la ragazza di prima e mi sarei preso a pugni per quanto tempo avevo perso senza aver avuto il coraggio di aprirmi a lei. Ma io sono sempre stato troppo riservato, ho tenuto a debita distanza le persone, ho sempre avuto troppo rabbia dentro e forse, una come lei, non me la meritavo.
Ma quando quel mese di settembre tornati a scuola la vidi, ci guardammo e glielo lessi negli occhi il suo dolore, il suo smarrimento, quell'aiuto silenzioso che stava chiedendo. E decisi che dovevo esserci, che volevo esserci per lei.

E non gliel'ho detto che quel giorno sulla spiaggia anche io sorrisi davvero dopo tanto senza pensare a nulla, vivendo la spensieratezza che la nostra età comporta. Lei non lo sapeva che quando mi ha stretto sul motorino, un brivido ha percorso la mia schiena, che quel ciondolo che le ho regalato l'ho scelto pensando al suo sorriso e che sulla pista da ballo quel nostro bacio mi ha fatto battere il cuore come nessuna era riuscita a fare mai. 
È stato terribile per me vederla quel giorno sulla spiaggia stesa sotto la pioggia, avevo paura fosse morta. Ero terrorizzato e quando lei mi ha sentito, solo allora il mio cuore è ripartito.

Io non volevo  e non potevo perderla e per colpa di Riccardo invece stava quasi per succedere.
Quel ragazzo è stato mio amico fin da quando eravamo piccoli. Siamo cresciuti insieme, era l'unico a sapere la verità su di me, su mio padre e su Claudio.  Ma al liceo qualcosa è cambiato, era sempre in competizione con me su tutto. Popolarità a scuola, ragazze, feste, ma a me di questo non è mai importato un cavolo. Lui lo sapeva e ha tentato di portarmi via Alexandria, usando qualcosa che sapeva avrebbe fatto male ad entrambi. Ha giocato con il mio dolore e con il suo solo per sfida, per ripicca e ci era quasi riuscito ad allontanarci, ma alla fine la sua vera natura si era rivelata, ed io sapevo che Alexandria prima o poi è da me che sarebbe tornata.

Non credevo però che  Riccardo si sarebbe spinto così oltre, aveva  approfittato della mia assenza per fare quello che voleva, convinto ormai avesse vinto, ma appena  accortosi che così non era, si era comportato rivelando la persona meschina che era. Aveva fatto in modo che la mia Alexandria venisse umiliata, derisa e ferita con l'aiuto di quelle quattro galline e di Vanessa,  che stupida quella ragazza, si era convinta di un sentimento che non sarebbe mai esistito.

Quel giorno in ospedale non riuscii a trattenermi dall'uscire da quella maledetta stanza, non potevo sopportare di vedere Alexandria in quel modo, ce l'aveva scritta in faccia la vergogna per quello  che era successo. Ma non era lei a dover provare quella sensazione, qualcun altro si sarebbe dovuto vergognare. Ribollivo di rabbia anche per non essere stato presente ed evitare quanto successe e senza pensarci troppo era da  Riccardo che i miei passi mi avevano condotto.
Sicuramente non era la cosa giusta da fare, ma onestamente non me ne importava niente, dovevo sfogarmi e lui meritava tutta la mia rabbia. 
Lo trovai al campetto di calcio con gli altri ragazzi, nonostante fosse stato sospeso era tranquillo, con quel sorriso stampato sul viso che presto gli avrei tolto. Tanto il suo caro nonnino lo avrebbe aiutato, ma la soddisfazione di spaccargli i denti nessuno me l'avrebbe tolta.

Mi avvicinai come una furia e senza neanche dargli il tempo di pensare gli tirai un pugno in pieno viso. Riccardo si piegò su sé stesso portandosi le mani al volto, quando alzò la testa del sangue gli stava scendendo dal naso, non persi tempo e lo colpii di nuovo con un pugno, questa volta allo stomaco, lui mosse qualche passo indietro barcollando e con un ghigno disse: "Eccolo qui il bel cavaliere. Sei venuto a vendicare la principessina? Certo che è davvero ben fornita" e iniziò a ridere di nuovo.  Non ci vidi più e tornai a colpirlo con più forza, questa volta lui rispose con un pugno che mi colpì in pieno petto. Cazzo se faceva male, ma non mi importava. Mi avventai ancora contro di lui e iniziammo a spingerci a vicenda finché gli tirai un altro pugno allo stomaco, lui si piegò ancora e mentre stavo per colpirlo di nuovo sentii qualcuno tirarmi un calcio alla gamba, barcollai, quasi caddi e quando questo ragazzo che non avevo mai visto mi spinse, a terra ci finii sul serio. Feci per alzarmi, ma il tipo alto più o meno un metro e novanta capelli corti neri e spalle troppo larghe, mi tirò un calcio che mi spinse a terra di nuovo. Cercai di alzarmi ancora, ma ricevetti un calcio allo stomaco. Mi mancò il respiro per un attimo, ma non ebbi il tempo di far nulla che sentii solo altri calci colpirmi dappertutto, alla pancia alle gambe, alle braccia e la voce di Riccardo che soddisfatto diceva: "Visto Matteo, alla fine sono riuscito a piegarti. Dimmi cosa si prova a perdere? Fa male vero?" 

E faceva male sul serio, cercai di parare i colpi ma arrivavano da tutte le parti, cercai di alzarmi ma non ci riuscii. Riccardo ed il suo amico si stavano divertendo ed io ero qui a prenderle, di nuovo inerme, di nuovo impotente come quando ero un bambino e papà riempì di botte mamma. Non era cambiato un cazzo di niente da allora.
"Che c'è Matteo? Tutto questo ti ricorda qualcosa? Sei un debole, proprio come lo era tua madre quando tuo padre l'ha picchiata, come pensi di poter difendere la tua cara Alexandria?" 
E ancora calci. Questa volta aveva ragione, le stavo prendendo come un ragazzino e non riuscivo a reagire, ero steso a terra e  con le mani tentai di fermare i calci, ma  erano più forti di me, erano sempre tutti più forti di me. Come cavolo pensavo di poter difendere chi amavo così?

"Basta. Che diavolo state facendo? Lasciatelo" la voce di Claudio mi raggiunse da lontano.
I calci si fermarono, cercai di mettermi seduto e quando vidi Claudio tenere fermo il ragazzo che aveva aiutato Riccardo, cercai lui con lo sguardo e quando lo vidi scomparve tutto. Mi alzai senza sentire più il dolore dei calci, mi faceva male tutto, il mio viso era sporco di sangue ma non importava. Solo Riccardo davanti a me.
Mi avventai su di lui ancora, lo spinsi con tutta la forza che avevo in corpo, gli tirai uno pugno allo stomaco e lui cadde a terra, non mi fermai e iniziai a tirargli calci, come lui ed il suo amico avevano fatto fino a poco fa con me.

"Io non sono un debole, ero piccolo allora, ma ora posso difendere chi amo" e continuai a sfogarmi su Riccardo.
Io non ero un debole, ero un bambino, non potevo difendermi, papà non doveva prendersela con me e mamma, non doveva. Non avrebbe dovuto guidare ubriaco e investire Laura.  Non sarebbe dovuto morire lasciando cadere su di noi le sue colpe. Era un vigliacco.
"Matteo, Matteo basta. Fermati" Claudio mi afferrò per le spalle e con fatica tentò di allontanarmi da Riccardo.
"Non sei un debole, io lo so e anche tu. Non hai bisogno di questo. Basta. Tu non sei come loro"
No io non ero come loro, non ero come lui, non me la prendevo con chi non poteva difendersi, non l'avevo mai fatto. E mi fermai.
Mi allontanai da Riccardo, mi liberai dalla presa di Claudio e iniziai a correre.

Io non ero un debole. Non più. Eppure, mentre correvo, sentii le mie guance bagnarsi come quando ero solo un bambino.....

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro