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Laura

Alexandria

Il treno arrivò puntuale, erano trascorse in fretta le due ore di viaggio e le avevo passate tutte stretta tra le braccia di Matteo. Non c'era più paura né ansia, solo un po' di agitazione e di curiosità verso una donna mai conosciuta, ma così importante per Matteo e la sua famiglia.

Appena scesi dal vagone ci incamminammo per raggiungere l'uscita, ma mentre stavamo camminando vidi una donna, alla fine del binario, salutare con la mano verso la nostra direzione. La guardai un istante, aveva dei lunghi capelli ricci rossi che le cadevano dolci sulle spalle per arrivare fino a metà schiena, era alta, forse raggiungeva il metro e settanta, non portava i tacchi, era molto semplice, indossava dei jeans blu, scarpe da tennis e dal cappotto rosso lasciato aperto si  intravedeva un maglione bianco e blu.
Il viso non era truccato quasi per nulla, aveva solo un filo di matita nera e un po' di mascara che le facevano risaltare gli occhi di un colore verde intenso, sembravano due gemme e ti trasmettevano luce e calore al solo guardarli. Aveva la bocca aperta a disegnarle un bellissimo sorriso sulle labbra e quando vidi Matteo ricambiare il sorriso capii che lei doveva essere Laura.

Quando arrivammo vicini lei abbracciò subito la madre di Matteo e anche lui, con un affetto che si riserva alle persone importanti, quelle che non vedi da tanto ma che hanno un posto speciale nel cuore, quelle che anche se non avete lo stesso sangue sono la tua famiglia.
Mi sentii in imbarazzo per un momento, ma poi Matteo mi prese la mano e mi presentò: "Laura lei è la mia ragazza, Alexandria"
Lei mi guardò un istante e poi mi porse la mano senza mai smettere di sorridermi.
"Ciao Alexandria, è davvero un piacere poterti conoscere di persona, ho sentito parlare parecchio di te" disse lanciando uno sguardo complice a Matteo.
"Laura...." la rimproverò lui imbarazzato come me in quel momento.
"Che c'è? È vero no? Mi hai detto che era bellissima e non mentivi"
Io guardai Matteo ma lui non rispose, si passò una mano tra i ricci neri imbarazzato come poche volte lo avevo visto, mi venne quasi da sorridere.
"Certo che passano  i mesi ma tu resti sempre lo stesso, ragazzo sicuro di sé fuori, ma dolce dentro"
"Ok Laura, abbiamo capito il concetto, direi che può bastare così"
Lei e la madre di Matteo si misero a ridere vedendo lui in difficoltà e a dirla tutta fece rilassare anche me, così iniziai a ridere con loro.
"Ma che brave, ridete pure di un ragazzo in difficoltà"
Mi avvicinai alla sua guancia e gli dissi: "Povero amore, trattato male da noi donne"
Lui mi lanciò uno sguardo divertito
"Tu me la pagherai, cara la mia Alexandria"
"Sto morendo di paura" risposi ancora più divertita di prima.
"Forza andiamo a casa che c'è una cenetta che aspetta solo noi per essere mangiata, non vorremo mica stare tutta la sera in stazione" e insieme a Laura raggiungemmo la macchina.

Come primo impatto era stato piacevole, l'agitazione iniziale scomparve quasi subito grazie alle battute di Laura e al nostro sorridere tutti insieme, chissà forse lo aveva fatto apposta per me che sembravo una statuina di ghiaccio.
Era stata carina e si era dimostrata da subito simpatica e affettuosa. Durante il tragitto in macchina mi fece molte domande, sulla scuola, sul viaggio in Australia che avremmo fatto in estate io e Matteo, si era interessata anche della mia vita chiedendomi di Elena e mi aveva detto che anche lei come me era tifosa del Milan. Ecco questa cosa me la rese se possibile ancora più simpatica.
Non mi fece invece domande su papà o l'incidente, lei più di altri poteva sapere quanto fosse difficile parlare di un dolore così, sospettavo che sapesse comunque tutto, immaginai che Matteo qualcosa le avesse detto e sinceramente non mi dava fastidio per nulla. Sapevo quanto lei fosse importante per lui e vedendoli insieme ne ebbi la conferma.
In macchina si punzecchiavano, lui le diceva di non farmi troppe domande, lei che voleva solo conoscermi meglio e quando si azzardò a chiedermi com'era stato il nostro primo vero appuntamento lui la sgridò subito e le disse che quello di certo non glielo avremmo detto.
Era divertente guardarli e la madre di Matteo doveva pensarla esattamente come me perché non smetteva di osservarli e ridere, glielo lessi nello sguardo di come fosse felice che tra Laura e Matteo si fosse instaurato questo legame, quasi fraterno, credo che in fondo lei lo avesse sempre sperato.

Arrivati a casa di Laura, notai che viveva in una di quelle villette a schiera con tante case uguali una accanto all'altra.
Esternamente  erano tutte pitturate di un blu che dava subito nell'occhio, era una cooperativa per cui si entrava da un unico cancello.
Appena dentro, la porta di casa si aprì e uscì un uomo sulla quarantina con capelli neri, ma con qualche ciocca  bianca e gli occhi marroni, doveva superare di certo il metro e novanta perché feci davvero fatica a guardarlo in volto talmente era alto.
Era Luca, il marito di Laura. Erano sposati da sette anni, così mi aveva raccontato Matteo, si erano conosciuti in ospedale dove lui faceva l'infermiere e Laura fisioterapia.
Quando loro si incontrarono erano passati due anni dall'incidente e dopo il coma Laura stava tentando di "rimettersi a nuovo" come diceva lei.
Accanto a Luca c'era loro figlio, Alessandro, aveva cinque anni e aveva i capelli neri come il papà e gli occhi verdi proprio come la mamma, mi ricordo' tantissimo Matteo da piccolo.

"Ale, vieni, hai visto che Matteo è tornato a trovarci? Vieni a salutare"
Lui corse incontro alla madre e si lasciò abbracciare e coccolare prima da lei e poi anche dalla madre di Matteo. Sì vedeva che gli voleva bene e non poteva essere altrimenti visto che lei lo aveva visto nascere e crescere.
Dopo aver preso le valigie ed una busta in macchina anche Matteo si avvicinò ed io con lui.
Alessandro lo osservava un pochino contrariato
"Avevi detto che saresti venuto a trovarmi presto invece sono passati tantiiiii mesi" era adorabile con la fronte tutta corrucciata.
"Lo so, ma purtroppo non sono riuscito a venire prima, ma ho portato con me qualcosa per farmi perdonare"
Gli porse la busta e aiutò Alessandro ad aprirla
"Wooooooww" esclamò entusiasta "mi hai regalato proprio la macchina che piaceva a me, una Ferrari tutta rossa. Ora potrò giocarci e guidarla come voglio con il telecomando"
"Visto? Era proprio come la volevi tu. Sono perdonato adesso?"
Il bambino assunse un'espressione pensierosa, poi mi guardò e gli rispose: "Se mi presenti lei si" e sorrise, anzi tutti sorrisero a ben vedere.
"Così piccolo e già con le idee molto chiare. Stai attento Matteo" disse ridendo la signora Rossi.
"Tutto suo padre" si intromise Laura
"Che vuoi dire?" si avvicinò Luca "Niente, solo che anche te eri un rubacuori già da piccolo"
"Beh questo rubacuori ormai è in pensione, ho scelto dove e con chi stare" fece un occhiolino alla moglie e lei gli lasciò un bacio leggero sulle labbra.
Io mi abbassai sulle ginocchia e allungai una mano verso Alessandro
"Ciao Ale, io mi chiamo Alexandria"
"Ti chiami come me" e fece un grande sorriso.
"Sì, abbiamo proprio un bellissimo nome noi"
Lui mi guardò e annuì.
"Te lo posso dare un bacino Alessandria?" il suo pronunciare la S al posto della X mi fece sorridere.
"Certo che puoi"
Sì avvicinò e mi diede un piccolo bacio sulla guancia, era di una dolcezza disarmante.
"Ehi piccolo ometto, ora non ci allarghiamo troppo" scherzò Matteo facendo il finto infastidito.
"Guarda che lo so che è la tua innamorata" e a quelle parole non potemmo fare a meno che ridere tutti insieme.

La serata trascorse in totale serenità, cenammo tra ricordi e risate, Laura e Luca ci raccontarono della prima volta che si erano conosciuti.
Lei era talmente arrabbiata quel giorno appena uscita da fisioterapia che gli sbatté addosso senza neanche scusarsi e lo mandò a quel paese. Lui la rincorse fino a fuori perché le erano cadute le chiavi nello  scontro-incontro e lei gli diede del pazzo molestatore continuando ad urlargli contro in mezzo alla strada, lui tentò di calmarla ma con scarsi successi finché Laura non scoppiò a piangere. Sembrerebbe quasi una storia divertente ed un po' lo era anche perché loro ridevano nel raccontarla, ma Laura ebbe quella reazione perché era stanca, erano due anni che non faceva altro che entrare ed uscire dall'ospedale e non c'è la faceva più. Quel giorno poi era particolare per lei, erano passati due anni esatti dall'incidente e purtroppo quella notte continuava a tormentarla ancora.
Ma quel pomeriggio di dicembre quando incontrò Luca qualcosa cambiò, lui la riportò dentro e lei come un fiume in piena lasciò uscire tutte le parole che le erano rimaste dentro, gli  raccontò tutto in un solo pomeriggio, l'incidente, il coma, la riabilitazione, la sua stanchezza, la sua rabbia, tutto. Si sorprese lei per prima di come fosse riuscita a raccontare tutto ad un estraneo, ma ne aveva bisogno e forse a volte è più facile raccontarsi con chi di noi non sa nulla piuttosto che con chi sa e ti guarda in modo compassionevole, che ti vede come una malata, una persona da compatire, e non succede per male, nessuno lo fa  apposta, ma succede e fa male ed io lo sapevo bene.
Dopo quel giorno Laura notò che ogni pomeriggio quando lei andava a fisioterapia Luca era lì, scoprì che era un infermiere e lavorava lì, ma questo non spiegava perché facesse di tutto per incontrarla ogni giorno. Poi un pomeriggio lui le chiese di uscire e da allora non si sono lasciati più.

Era stato molto bello sentirli parlare ed ancora di più osservare i loro sguardi complici, il loro modo di prendersi per mano nel ricordare momenti passati ma per loro indelebili, si percepiva l'amore che li univa.
Guardai Matteo per un istante e lo vidi irrigidirsi un po' quando Laura fece riferimento  all'incidente, così gli presi la mano e la strinsi nella mia, sapevo che il passato non avrebbe mai smesso di fare male, ma era passato e lui e Laura l'avevano capito, ne ebbi la conferma quando lei guardandolo disse che era felice e lui sorrise rilassandosi.

Era stata una bella serata, io e Matteo passammo la maggior parte del tempo a giocare con Alessandro e la sua nuova macchinina telecomandata, quel bambino era instancabile e a detta di Luca e Laura io avevo fatto colpo visto che di solito lui non parlava così tanto, invece quella sera mi fece fare il tour della casa e mi mostrò tutti i giochi che aveva, così come i pupazzi con i quali dormiva, fu davvero divertente e poi mi ricordava tanto mia sorella Elena, piccolo ma sveglio, affettuoso e giocherellone.

Lui, Laura e Luca erano una famiglia meravigliosa, lei aveva sofferto tanto ma si era rialzata, il dolore le aveva lasciato dei segni addosso che mai se ne sarebbero andati, ma lei era riuscita ad essere più forte, non si era lasciata andare mai, aveva lottato contro la stanchezza, la rabbia ed il rancore finché un giorno la vita che tanto le aveva tolto, proprio lì nel suo posto più buio, le ha fatto incontrare la persona che era diventata il suo compagno, il suo complice, il suo migliore amico, suo marito ed il padre di suo figlio.
Io l'avevo osservata Laura e a guardarla, se Matteo non me l'avesse detto, mai avrei sospettato che dietro il suo sorriso ci fosse un passato così doloroso.
La cosa che mi aveva più colpita di lei era proprio il sorriso, che non l'aveva abbandonata mai, era raggiante si vedeva, amava la vita e nel suo sguardo non c'era traccia di risentimento neanche quando aveva accennato al suo incidente, anzi si era subito preoccupata di sorridere e rassicurare Matteo con il suo dirgli che stava bene, che era felice.
Era riuscita a trasformare quello che le era successo nella sua forza e lo aveva fatto perdonando e poi accogliendo prima la madre di Matteo e poi anche lui, si era legata a loro, li aveva resi parte della sua vita, della sua famiglia e loro avevano fatto altrettanto, si erano aiutati e sostenuti a vicenda, cercando insieme di andare oltre i segni che quella notte  di quattordici anni prima aveva tatuato addosso a ciascuno di loro.

Mi ero trovata più volte durante quella sera a pensare a quanto coraggio dovesse aver avuto Laura,  e più la osservavo e più mi domandavo se la mia rabbia, il rancore, il dolore sarei riuscita a lasciarmeli alle spalle oppure se avrebbero finito per impedirmi di vivere la mia vita come desideravo. In particolare avevo paura che potessero farmi allontanare da Matteo, ero spaventata all'idea che un giorno mi avrebbero potuto portare via l'amore.
Io non volevo accadesse e iniziai a pensare che se Laura, che aveva sofferto più di me, c'era riuscita, forse anche io potevo farlo. Forse anche io avrei potuto provare a perdonare, ad andare oltre i segni che una notte non troppo lontana mi aveva tatuato addosso.
Ma io ero capace di perdonare?
Io volevo perdonare?
Sapevo già la risposta ma forse non ero ancora pronta a sentirla.

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