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E poi il mare...

Quando la mattina mi svegliai ero ancora abbracciata alla mia sorellina. Era molto presto, la sveglia segnava le 6:00, ma mi alzai lo stesso, avevo bisogno di andare in un posto.
Avevo bisogno di respirare e conoscevo un unico luogo dove riuscire a farlo ancora.

Uscii di casa senza far rumore e una volta sull'autobus mi tolsi lo zaino dalle spalle per prendere le mie immancabili compagne di viaggio.
Le mie cuffie.
Non riuscivo proprio a stare senza di loro, mi permettevano, almeno per un po', di ascoltare note in grado di portarmi in un altro mondo. Il mio. Lontano da tutto e da tutti.

Quel giorno però quando presi le cuffie trovai incastrato tra i fili un foglio bianco ripiegato. Cercai di sciogliere il piccolo nodo per poterlo prendere e quando finalmente ci riuscii e aprii il foglio qualcosa cadde a terra.
Mi abbassai per vedere cosa fosse e trovai vicino ai miei piedi un piccolo ciondolo a forma di A.
Era molto bello, in argento e la lettera era formata da piccoli brillantini.
Mi affrettai a leggere il biglietto...

Vorrei tanto vedere i tuoi occhi tristi tornare a sorridere, quando lo fanno è luce quella che mostrano.
E tu sei bella quando sorridi e non te ne accorgi.
Sei bella Alexandria.
Non dimenticarlo.

Non era firmato e non potei fare a meno di pensare a chi potesse avermi scritto quelle parole.
Riccardo fu il primo nome che mi venne in mente.In fondo lui mi aveva scritto un messaggio stupendo, magari il giorno che avevamo parlato l'aveva messo nel mio zaino per farmelo trovare.
Chi altro avrebbe potuto scrivermi parole così?
Insomma io bella non lo sono mai stata, o almeno non mi ci sono mai sentita. Come poteva invece qualcuno vedermi così?

Non nascondo però che leggere quelle
parole mi aveva fatto, anche se solo per un attimo, muovere le labbra in una piccola smorfia, quasi come a voler sorridere davvero.
Presi il ciondolo e lo legai al bracciale d'argento che avevo al polso. Era stato il regalo di mamma e papà per il mio compleanno, sembrava quasi che il ciondolo fosse stato preso apposta per completarlo.

Quando arrivai sulla spiaggia chiusi gli occhi e presi un grandissimo respiro.
Ogni volta mi sembrava di mancare da troppo tempo.
Mi sedetti sulla sabbia e lasciai che il sole mi scaldasse il viso. Era una sensazione bellissima. Io, il mare e il silenzio rotto solo dal rumore delle onde.

Improvvisamente, anche se ero con gli occhi chiusi, mi accorsi che qualcuno si era messo davanti a me, non sentivo più il calore del sole.
"Ehi levati da davanti, non lo vedi che mi dai fastidio?" dissi seccata.
"Scusami non volevo" rispose una voce che non mi era nuova e si scostò di lato.
Quando alzai gli occhi incontrai i suoi, azzurri come i miei, illuminati dalla luce del sole che li rendeva se possibili ancora più belli, ancora più chiari, ancora più veri.
Mi attraversò di nuovo lo stesso brivido che provai quando incrociai il suo sguardo a scuola.

"Ciao Alexandria, io sono Matteo" e allungò la sua mano verso di me che titubante gliela strinsi.
Aveva una stretta forte, sicura e il contatto con la sua mano mi provocò un altro brivido.
Abbassai gli occhi, non riuscivo davvero a sostenere il suo sguardo fisso su di me.
"Allora cosa ci fai così presto e tutta sola qui alla spiaggia?"
"Potrei chiedere la stessa cosa a te. Cosa ci fai così presto e tutto solo alla spiaggia?"
Lui sorrise, si sedette accanto a me e volse lo sguardo verso l'orizzonte.
"Mi piace venire qui presto perché non c'è nessuno, si respira tranquillità. Poi il mare di questo periodo è ancora una tavola limpida e bellissima da ammirare, con il suo orizzonte lontano mi fa credere che ci sia qualcosa lì che non possiamo vedere, ma che ci aspetta e solo andando avanti potremo scoprirla."
Andare avanti, scoprire, io non sentivo più tutta questa voglia di fare nessuna delle due cose...

"Ora tocca a te. Cosa ci fai qui?" mi chiese.
"Il mare è l'unico posto dove sento di poter respirare. Mi ricorda mio padre, venivo spesso qui con lui e ora ogni volta che arrivo mi sembra di sentirlo più vicino" risposi sincera, sorprendendo anche me stessa.
Non avevo ancora parlato di lui con nessuno eppure in quel momento le parole uscirono da sole. Forse avevo bisogno di farlo o forse volevo farlo.
"Io credo che tuo padre ti starà accanto sempre, lui vive in te, nel ricordo che sempre ti accompagnerà." Le sue parole mi ricordarono tanto quelle del professore ed un piccolo sorriso mi venne spontaneo. Forse padre e figlio non erano poi così diversi in fondo.
"Ok ora togliti le scarpe e andiamo." disse ad un tratto Matteo iniziando a togliersi le scarpe.
"Ma cosa facciamo?" dissi imitandolo.
"Ci facciamo bagnare dal mare" si diresse verso la riva ed io dietro di lui.

Appena una piccola onda arrivò ai miei piedi rabbrividii, l'acqua era freddissima, ma era sempre una sensazione piacevole farsi accarezzare dal mare.
All'improvviso sentii degli schizzi, era Matteo che tirava calci nell'acqua per bagnarmi.
"Ma che fai? Mi bagno così" dissi infastidita.
"Come siamo delicate, è solo acqua" iniziò a ridere prendendomi in giro. Senza pensarci due volte cominciai a tentare di schizzarlo non solo usando i piedi, ma anche le mani. Lui prese a correre per la spiaggia ed io ad inseguirlo.
Lui tentava di bagnare me ed io lui, sembravamo due bambini che si fanno i dispetti e per la prima volta dopo mesi mi stavo divertendo.

Ad un certo punto Matteo si fermò e mi fissò.
Il suo sguardo era strano.
"Stai ridendo Alexandria" e mi sorrise, ma di un sorriso che le gambe un po' me le fecero tremare.
"Si mi sto divertendo, non succede da tanto" lui continuò a guardarmi.
"Che c'è?" chiesi.
"Nulla" ma intanto di guardarmi non smise e forse non volevo neanche che lo facesse.
"Anche tu stai ridendo ed ero arrivata a credere non sapessi farlo"
"Anche io mi sto divertendo e sarai sorpresa nel sapere che so ridere. Lo faccio spesso" disse divertito.
"Io ti ho visto sempre così serio"
"Tu hai visto solo la superficie, c'è molto altro che non hai visto perché io non lo mostro, ma non vuol dire che ne sia privo."
Aveva ragione, l'avevo guardato per tanto tempo, ma il vero Matteo io non l'avevo conosciuto.

"È ora di andare adesso.
Vieni, andiamo con il mio motorino"
Con i piedi ancora bagnati e i vestiti a cui era toccata la stessa sorte ci dirigemmo verso il suo motorino. Cercammo di toglierci la sabbia nel miglior modo possibile e prima di salire in moto Matteo mi diede la sua felpa.
"Tieni, mettila"
"E tu come fai?" Chiesi.
"Tranquilla, io sto bene così."
Allungai la mano per prenderla, ma Matteo mi prese il polso guardando il mio bracciale.
"Cosa c'è? Non ti piace?" domandai.
"No è molto bello" rispose invece.
"Allora perché lo guardi così?"
"Niente solo che mi piace, tutto qui" e mi sembrò di vederlo sorridere. Ebbi come l'impressione fosse compiaciuto o forse era solo contento. Iniziai a pensare potesse essere stato lui a regalarmi il ciondolo, però era strano, perché non dirmelo?
"Ehi! Ti sei incantata? Dai sbrigati, altrimenti faremo tardi."
Lasciai in sospeso quel pensiero e
misi la felpa, ma ci navigavo dentro. Matteo rise di nuovo.
"Sei davvero buffa"
"Non è colpa mia, sei tu che sei troppo alto"
"Certo ora il problema è la mia di altezza. Dai su, sali e tieniti forte"

Feci come mi aveva detto e lui iniziò a correre come un matto, o almeno a me sembrò così. Lo strinsi forte come mi aveva detto e mi sentii bene con la mia testa appoggiata sulla sua schiena.
Dopo tempo ebbi la sensazione di poter tornare finalmente a respirare davvero.

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