7.1
Sabato 28 aprile 2018
La Cate veniva a scuola e forse, a forza di dirglielo, veramente stava iniziando a ignorare chi faceva ancora il simpatico, o si ostinava a fare meme residui fuori tempo massimo.
L'Ale la abbracciava continuamente, la teneva per un braccio, si sedeva appiccicata a lei cercando continuamente il contatto fisico, le parlava di cose di cui non sapevo niente avvicinandosi fronte a fronte, le dava i baci sulle guance quando si incontravano alla mattina e quando si lasciavano il pomeriggio. Forse sembravo invidioso, forse geloso, l'Ale una volta mi aveva detto «Lo faccio perchè rientri nel suo corpo, e capisca che il suo corpo può dare anche sensazioni positive, l'ho letto su internet» quasi a giustificare il suo atteggiamento, ed io avevo sorriso e non avevo ribattuto.
Al cesso delle terze avevo personalmente attaccato un bell'adesivo della Thrashers sulla scritta del lesboshow, in fondo che fosse vero o meno che loro fossero qualcosa di più che amiche, la cosa per me stava scivolando quasi in secondo piano.
Venerdì 4 maggio 2018
«Vieni a vederla domenica a Ravenna?».
Vocale del mio incubo. Era partita una serie di vocali assurda.
«Gioco la mattina, siamo in meridione a Bellaria».
«E puoi anche non andarci».
«Certo, e posso anche condirmi con la salsa barbecue perchè il mister mi metterà sulla griglia e mi mangerà al sangue».
«Fai uno sforzo».
«Ne ho già fatti molti».
«Appunto, uno in più cosa vuoi che sia».
«Ale, sei sdrenante, a che ora sono 'ste cazzo di gare?».
«Tipo dalle otto alle sedici credo, non sa quando va in vasca, è in base alle batterie, credo. Non ho mai nuotato».
«Per forza, stai a galla da sola per quanto sei stronza a mettermi nel mezzo».
«Perchè le servi, fidati».
L'ultima volta che avevo fatto finta di avere un problema fisico per non giocare una partita di calcio era stato come minimo cinque anni prima, forse sei, avevo detto che avevo il mal di pancia per non giocare una partita là nella bassa ravennate perchè mi facevano schifo gli spogliatoi. Alla fine mi era venuto veramente a forza di rimuginare perchè non mi ero sentito onesto. Per il calcio sono sempre stato molto più onesto che per le tipe, e credo sia una norma universale tra i maschi.
Venerdì invece avevo riannodato il filo della disonestà, in uno scatto su palla lunga mi ero fermato, buttato per terra e tenuto il polpaccio.
«Mister ha tirato di brutto».
Si vedeva che avrebbe voluto dire settanta bestemmie, due le avevo dette io per togliergli un po' di tensione. Diversi compagni avevano fatto capannello attorno a me, e questo aveva aumentato il mio ego da attore.
«Ma dove ha tirato?».
Avevo passato i successivi cinque minuti ad infiocchettarla che Neymar spostati proprio. Ghiaccio istantaneo, sguardi preoccupati, Mister che immediatamente cambia le squadre della partitella con l'evidente intento di trovare un undici presentabile per domenica mattina. Io avevo passato tutto il tempo a chiedermi perchè lo facevo, perchè tradivo il calcio per una cosa così banale, senza un minimo di ritorno, solo così, perchè leservifidati.
Per fare le cose fatte bene avevo persino fatto due storie su #maledettacontrattura in cui accusavo vari bellariesi di avermi gufato e promettevo schiaffi la mattina di sabato a scuola a tutti quelli che abitavano oltre il Rubicone.
Che poi, anche solo presentarsi la domenica mattina a quell'orario era stato qualcosa di inconcepibile per me, che lo facevo di mala voglia persino quando si trattava di far trasferte con la squadra, e comunque mai così presto.
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