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Martedì 5 dicembre 2017
«Simo ha detto che stasera forse ci manda una sorpresa»
Le sorprese ce le mandavamo su una cartella di Google Drive: sempre la stessa, sempre accessibile. Non la svuotavamo mai, rimaneva lì con tutti i vecchi contenuti, in caso potesse servire, in caso ci venisse voglia di usarla. Metti mai, una botta di nostalgia.
«Era ora che mandasse qualcosa, va a sbafo da mesi»
«Parli te? Comunque ha detto che si metterà in pari con la sorpresa»
«Meglio»
Era entrata la prof di diritto squillando "Ragazziiii, ho corretto i compiti, adesso ve li consegno, mi raccomando guardate bene dove avete sbagliato! Ricordatevi che la legge non ammette ignoranzaaaa". Avevo tenuto in mano il compito scocciatissimo trattenendo le bestemmie che avevo solo pensato.
«Cioè, io non so, giochiamo tutto il pomeriggio alla play poi io prendo sei e mezzo e te otto»
«E mezzo compito te l'ho passato io»
Ecco, questo intendevo riguardo Mattia, quella capacità di sembrare sempre fancazzista, pronto a fare qualsiasi cosa non fosse studiare. Nel pomeriggio di cui parlavamo, avevamo giocato con la play ma poi in un rimorso da studenti consapevoli avevamo deciso di studiare un po' salvo finire con lui che faceva le dirette su Insta alla ricerca dei cuoricini delle tipe.
Mattia, i cuoricini, le dirette. Avevo partecipato alla fine pure io. Ogni cuoricino che ci arrivava vedevo girare il contatore dei voti a ribasso: din din din, da otto a sette, da sette a sei, da sei a sei meno, cinque e mezzo, cinque più, cinque, cinque meno. Ma tutti quegli "amoriiii" e "Belli loro" avevano anestetizzato la mia coscienza. Alla fine avevo accettato quattro amicizie e avevo preso diversi like alle foto dell'estate prima, quelle in spiaggia in posa plastica, tipo quella col racchettone sul pacco, agli slowmotion delle rovesciate sulla sabbia, eccetera.
La sera a casa, preso da un lieve rimorso, avevo anche provato a riaprire il libro e studiare seriamente, ma mi ballava tutto davanti ed avevo chiuso. Ed il risultato che lo avevo davanti, quel sei e mezzo era comunque accettabile.
Il mister ci aveva torchiato ed il martedì in fondo era così, metteteci pure che era pur sempre dicembre, otterrete una squadra che torna negli spogliatoi spezzata e bisognosa di una doccia calda, dopo l'allenamento Simo si era messa in spalla la borsa e ci aveva lasciato dicendo "Vado a casa e carico". Tempo di arrivare e smistare magliette e calzini con mia mamma già alle calcagna, poi il suo messaggio:
fatto
Avevo aperto la cartella, e non avevo avuto dubbi che non fossi l'unico ad essere collegato. La cartella recitava "Gaia Caselli 2003" e prima ancora di pensare a chi fosse avevo aperto, e mi aveva preso bene: il buon Simo si era impegnato, era riuscito a farsi dare varie foto delle tette più un paio del culo seppur ancora mutandato. Le tette erano eccellenti sebbene di una che non arrivava ai quindici, il culo si lasciava guardare e forse se avesse avuto un cellulare migliore le foto avrebbero avuto una resa ben diversa.
Lei sorrideva in tutte anche se un po' sforzata, forse era a disagio, chi lo sa, forse voleva venire bene e sembrare carina, sembrare figa, chi lo sa bene cosa passa nella testa delle tipe quando si mettono davanti a un obbiettivo.
Poi avevo pensato a chi cazzo fosse Gaia Caselli perchè Simo conosceva anche gente del fuorese. Non l'avevo trovata nella mia memoria e men che meno nella rubrica, e su Instagram probabilmente aveva uno di quei nomi assurdi per cui era impossibile da rintracciare, cosìavevo mandato un vocale direttamente al mio socio.
«Oh Pyrex, ma chi cazzo è? Dammi qualche indizio, il nome non mi dice nulla»
Mr. Pyrex era diventato il suo soprannome da un annetto e mezzo, da quando aveva iniziato a vestirsi da capo a piedi Pyrex, dal lunedì alla domenica. Pyrex era uno che per certi versi ammancava di fantasia, così approfittando del fatto che gli piaceva la marca, aveva iniziato a comprare compulsivamente, continuando per tutto l'inverno poi la marea era calata, ma il soprannome gli era rimasto.
«Ma dai era quella che quando andavamo al canalino a Milano Marittima ci veniva a dire che non si potevano fare i tuffi»
«Ma chi? Quella che veniva al campo scuola?»
«Bravo! Vedo che un po' di sangue nel cervello ti è rimasto»
Sorpreso, avevo ripensato a quella ragazzetta dall'aria supponente che con voce troppo acuta ci rimproverava del fatto che facevamo qualcosa di illegale. Si, diceva proprio illegale calcando sulla parola, come se stessimo rubando i regali dei bambini dell'orfanotrofio, quando in realtà semplicemente ci tuffavamo in un canalino emissario delle saline tanto per fare i ragazzini temerari.
La ragazzina con la treccia era cambiata, nelle forme anche se il viso continuava ad essere quello sano ed ambrato di tre estati prima.
«Porca troia ma lei ce l'ho tra le amiche con un nome della stramminchia tipo JulzAsuna Salutandonio! Ma 'ste tette giuro, giuro! Non gliele ho mai viste»
«Be' Danielì, sono il mago delle tette»
Senza mezzi termini, aveva ragione. Aveva la capacità di farsi dare foto delle tette da ragazze che le tette non le mettevano nemmeno per vanità su Insta. Come un cane da tartufi le scovava guardando le foto o individuandole in giro e poi risalendo ai loro profili, le contattava, ci messaggiava, anche settimane senza mollare la presa, e poi semplicemente ci riusciva. Era lento, ma tenace, e soprattutto applicava la norma del non dire niente di quello che stava escogitando per aumentare la sorpresa, gli piaceva fare quello che stupiva esplodendo dal suo silenzio come un fuoco artificiale.
Avevo avuto l'impulso di andare a dare un'occhiata al profilo della Giulia, storie normali, foto un po' in posa per i marciapiedi del centro di Milano Marittima che si preparava al Natale. Ci avrei quasi messaggiato se non fosse per la stanchezza che mi era presa, mi ero limitato a masturbarmi lietamente sulle foto, ripromettendomi di contattarla magari l'indomani.
All'epoca, sempre per la norma del non dire niente non lo sapevo ma Mattia aveva puntato un paio di tipe fresche fresche di Alberghiero, delle primine che della sezione B che avevano piacevolmente sviluppato.
Dai cognomi dovevano essere bielorusse o ucraine o qualcosa del genere, avevano occhi glaciali e labbra piene, e tette che ce n'era anche per fare le donatrici di organi per le più sfortunate, per il resto erano relativamente ordinarie. Mattia era partito nella sua missione facendo l'amicone con Francesco, che era qualcosa come il suo secondo cugino ma soprattutto era compagno di classe delle sue punte. Mattia lo aveva sempre cagato poco per la differenza di interessi e anche di età se vogliamo, ma siccome ora tornava utile, aveva riallacciato i rapporti e più di una volta il mio caro compagno di banco era sparito alla ricerca di questo suo parente improvvisamente ritrovato.
Le tipe avevano i loro lati notevoli, ma il passaggio dal mondo delle medie a quello delle superiori le aveva tolte dal loro regno incantato: alle medie sono tutte capaci di fare le principesse, basta un po' di abbronzatura magari con due lampade pagate fuori stagione, un po' di tette cresciute prima delle tue compagne, o qualche centimetro di gamba. Il resto lo faceva un po' di trucco fatto al volo mentre la mamma è distratta dalle stories che si sta guardando su Insta.
Alle superiori per loro era diverso, erano l'ultimo anello della catena alimentare, erano wannabe star che potevano solo guardare e sperare: di diventare più alte, più snelle, più poppute, meno infantili nei tratti. Erano in un guado in cui il loro pubblico di riferimento era in gran parte rimasto alle medie, il restante era andato in altre scuole, e dei quattro o cinque compagni sfigati che si erano portati dalla terza la metà voleva diventare pusher al più presto e l'altra metà improvvisamente guardava le più grandi e capiva la differenza tra una vera figa e semplicemente la meno peggio delle scuole medie.
Che guaio quando non sei più ammirata, e di contro non sei nemmeno detestata, quando ti scompaiono pure le haters, che ora detestano altre in altre scuole. Non hai più quella stampella del disprezzo per chi ti odia invidiandoti, non puoi sentirti più superiore a loro, perchè sei in un posto dove il sentimento che ti viene riservato, l'unico, è l'indifferenza.
All'ennesima fuga per cercare il suo cuginetto ormai adorato, avevo chiesto energicamente spiegazioni, e lui aveva spiegato la situazione.
«Ok ma a che punto sei?»
«Le seguo e mi seguono, e fin qui ci siamo»
«Hai voglia Matti, fai prima a vincere Masterchef»
«Non rompermi il cazzo, ogni cosa a suo tempo. Oggi dopo la doccia ci chatto un po', tanto a casa non c'è nessuno e posso fare come mi pare almeno fino alle otto»
Quello per lui significava stare tranquillamente in slip di Gucci a farsi le dirette e vedere cosa succedeva. Da quel punto di vista non aveva remore. A differenza di Simone che usava la tenacia e le parole per ottenere quanto voleva, Mattia spiattellava il fisico sotto il naso delle tipe: era un'ala, asciutta, non particolarmente alta ma seduto in poltroncina chi notava la sua altezza? Le tipe vedevano gli addominali che lui illuminava sempre da sotto per accentuarli, lo sguardo furbo, e se chiedevano per prime lui aveva pochi problemi a regalare altre immagini di lui, diciamo più intime.
Mattia non aveva tardato molto a riuscire almeno parzialmente nell'impresa di avere una foto di una di 'ste tipe, nuda in bagno con mano sulle tette, la foto era presa così dall'alto che più giù delle tette la cosa diventava confusa anche perchè le mele occupavano già da sole un sacco di posto. Con Francesco si era più volte visto in bagno su al secondo piano per fare un po' il punto della situazione, cercando di trovare un modo per avere più informazioni sulle ragazze, spronarlo a fargli bene da ponte, per una manovra avvolgente nei confronti di quella che ancora non mollava niente.
Francesco era un ragazzino ma non era completamente sprovveduto, cercava qualcosa come contropartita al suo lavoro e Mattia ancora non era stato chiaro su cosa voleva mettere sul piatto: del nostro gruppo non voleva parlare, ma nello stesso tempo trovava il parente disponibile e, diciamo così, sulla nostra stessa lunghezza d'onda.
Ripensandoci ora, più volte in quei giorni Mattia aveva parlato del nostro gruppo come di qualcosa di vagamente stagnante, che aveva bisogno di una ventata di freschezza. Forse cercava consenso per allargarlo, di questo non posso essere sicuro, ma io e soprattutto Pyrex da quell'orecchio proprio non ci sentivamo.
Il fatto è che a sua volta Francesco, in un'altra prima, aveva una punta che si portava dietro dalle scuole medie, ma non era mai stato bravo in lusinghe, battute e inviti che erano la base delle relazioni da sviluppare attraverso i social network, e lo si vedeva dal suo profilo instagram ancora pieno di foto dei suoi record ai giochi tipo Fortnite, istantanee di posti dove andava a fare skate e di campi larghi fatti prima di entrare allo stadio a vedere la Juve.
Beh, almeno a squadre di calcio ci capiva qualcosa.
Lunedi 11 dicembre 2017
«E la Caterina, nella classe di mia sorella, come la vedi?»
«Soda ma bimbetta»
«Cioè?»
«Che non fa vedere mai niente perché non sa manco di averlo. Pensa ancora agli unicorni. Come in seconda media»
Ecco, quello era il punto. Francesco stava appresso a Caterina dalle medie, e se lui era timido, lei era completamente in un altro mondo. Il ragazzo però aveva visto la possibilità di avvicinarsi a quel suo pallino attraverso quella specie di cugino. Francesco però, per vicinanza a Mattia, aveva assimilato il suo modo di vedere il genere femminile: non più ragazze da intortare e magari portare fuori e magari prima o poi, forse e chissà, limonare o che altro, ma distributori di immagini, più o meno interessanti, intriganti, eccitanti.
Il sunto della situazione era questo, potete ben capire che non ancora arrivati ai quindici anni, se vostro cugino maggiore vi spiega la scaletta delle priorità con una ragazza, voi ci credete, e Mattia aveva spiegato
1) Messaggiarsi
2) Fotografarsi
3) Videochiamarsi screenshottando che non si sa mai
4) Proseguire se ne senti la necessità
Francesco quindi, parlando della Cate, a Mattia aveva fatto una domanda che gli era apparsa ovvia:
«Dai vuol dire che di lei non hai niente? Niente di niente?»
«Che fai sfotti?»
«No, no, pensavo...»
«Mi stai sfidando?»
«No»
«Questa mi puzza di provocazione, o sbaglio? Stai ritrattando solo perché hai capito che hai perso in partenza»
«Non sto ritrattando»
«Allora cosa scommettiamo?»
«Non voglio scommettere»
«Che ci scommettiamo, tette, culo?»
Francesco aveva capito che si era infilato in un vicolo cieco, tutto quello che poteva fare era uscirne quanto meno con la nomea di uno che sa stare al gioco.
«Tette libere»
«E tu cosa metti sul piatto»
«Cazzo ne so quando andiamo al mac pago io»
Francesco gli aveva riso in faccia, buttando sul piatto improvvisamente tutta la distanza che passava tra un quattordicenne e un sedicenne.
«Certo, io ti procuro delle foto di quella su cui ti fai i viaggi appiccicosi e te mi fai una cambiale per un panino smerdato che incasserò chissà come e chissà quando. Sei proprio un fesso se pensi che io possa accettare a questi termini»
«E allora cosa posso mai mettere sul piatto?»
Francesco improvvisamente si era illuminato.
«Ho un'ottima idea, in cambio mandami le tette di nostra cugina»
«Mia sorella?! E come te le procuro?!»
«Metti la gopro in bagno, al posto di farti i video da wannabe pro skater ad Aquaria»
Aquaria era un parco acquatico chiuso ormai da quindici anni, Francesco ogni tanto ci passava i pomeriggi con qualche suo amico a farsi i filmati mentre con gli skate scendevano le rampe in disuso. Era un po' come quando noi facevamo i filmati saltando dentro al famoso canalino, inseguiti dagli strepiti della Caselli.
Francesco era stato molto dubbioso, ma la sua era una situazione veramente pessima. Aveva scarse possibilità di uscire vivo tirando in ballo anche la sorella, sangue del suo sangue, ma alla fine si era arreso.
«Ok ci provo, ma prima devono arrivare le foto di Caterina, sei tu che hai scommesso e mia sorella è una questione troppo incasinata per sbrigarmela in poco»
«Onesto. Scommessa facile facile»
Il problema, per me, era che Caterina, che abitava di fianco a casa mia, con i suoi modi così posati, con l'aria della ragazzina iper-perbene, mi faceva letteralmente uscire di testa come nessuna presunta instagrammer del circondario.
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