Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 7

Bussai alla porta di casa Clark ed aspettai che qualcuno venisse ad aprire. Sentii il rumore di passi pesanti avvicinarsi all'ingresso e lo schioccare delle varie serrature; infine, dallo spiraglio creatosi fra il muro e la porta, apparve un volto cinereo segnato da occhiaie così profonde da inghiottire gli occhi di un azzurro spento, quasi color del fumo.

«Oh» esalò il signor Clark e, prima che dicesse altro, passarono secondi carichi di tristezza ed imbarazzo.

«Entrate prego» disse con voce distaccata ed aprì completamente la porta, in modo da farci entrare in casa; quindi la chiuse dietro di noi.
Io mi girai e lo abbracciai. In principio sembrò preso in contropiede ma subito ricambiò l'abbraccio.
Non dissi nulla. In queste situazione i "mi dispiace" non servono a granché.
Ciò che bisogna fare è farsi capire nel silenzio, il silenzio ed i gesti sono la chiave per aiutare coloro che hanno subito una perdita.
Quando mi staccai notai per un istante che una lacrima era riuscita a scendere lungo la sua guancia, prima che il signor Clark la asciugasse col dorso della mano e si girasse verso mia madre, la quale aveva già la mano protesa in avanti per stringergliela e fare le consuete condoglianze fra adulti.
Eravamo solo in corridoio, ma già lì era affollato da gente afflitta. Facendomi spazio fra i corpi delle persone lì presenti, andai in cerca della mia migliore amica.

Dopo aver setacciato il piano terra decisi di salire al primo piano e la prima stanza a cui andai a bussare fu la camera da letto di Liz.  
Non sentii alcun rumore provenire dal suo interno, ma decisi lo stesso di aprire la porta. Sbirciai dentro e con questa prima occhiata non vidi niente, poi però mi accorsi di una figura femminile accovacciata accanto al letto. Avvicinandomi con cautela mi andai a sedere proprio accanto a Liz, che subito appoggiò la sua testa sulla mia spalla. Io le andai a circondare la vita col braccio ed appoggiai a mia volta il capo sul suo.
Passarono minuti prima che Liz aprisse bocca.

«Mio padre è a pezzi» mormorò con voce roca, causata dal troppo pianto.

«Ma lo sono anch'io» aggiunse ed altre lacrime seguirono questa frase. L'unica cosa che potei fare fu stringerla ancora più forte e darle un bacio sulla fronte.

«Non ci posso credere: un minuto prima stava bene, sembrava addirittura sul punto di riprendersi, è quello dopo...». Non finì la frase, non ce n'era bisogno.

Io non sapevo cosa dire. Non sapevo se parlare oppure no. Non sapevo se avesse bisogno di una distrazione o di stare sola. In ogni caso fu lei a decidere di cosa avesse bisogno.

«Voglio uscire» decretò e, senza preavviso, si alzò di scatto e per questo dovette appoggiarsi all'anta dell'armadio per non cadere dalla storditaggine.

«Dovevo giusto andare a fare un giro per i negozi per comprarmi qualcosa di carino per domani» proposi e lei mi guardò accennando un sorriso di riconoscenza.

Così ci alzammo e andammo entrambe al piano di sotto, dove trovammo mia madre dopo una ricerca di almeno cinque minuti fra le dozzine di persone presenti.
Le chiedemmo se ci avrebbe potuto dare un passaggio in centro per poi venirci a prendere più tardi. Lei acconsentì e pure i genitori di Liz dissero che era una buona idea se la loro figlia si fosse distratta.
Salimmo così in auto e durante il viaggio nessuno parlò, in sottofondo c'erano canzoni anni 'Ottanta che odiavo.
Io e Liz guardavamo fuori dal finestrino, entrambe con il palmo della mano a sostenere il capo ed i capelli raccolti in una treccia scomposta posata su una spalla. Sembravamo come le due parti di uno specchio: una era quella viva e l'altra quella che ripeteva i movimenti. In quel momento era difficile capire però chi stesse dettando le regole, le cose da fare.
Io ero immersa con lo sguardo nel paesaggio al di fuori della macchina, prati ricoperti da una coperta di foglie secche, alberi semi spogli, i quali si stavano raffreddando per le improvvise raffiche di vento che arrivavano senza preavviso.
Al contrario Liz guardava la strada, il suo colore così spento e grigio da farla assomigliare ad un enorme tomba di pietra.

Non mi accorsi quando arrivammo in centro di esserci fermate; fu mia madre a richiamarci dai nostri profondi pensieri.

«Ragazze, siamo arrivate» ci informò. Io scesi dalla macchina dopo averle lasciato un bacio sulla guancia ed averla ringraziata.

«Chiamami quando avete finito» mi ricordò un ultima volta prima di ripartire.

«Bene. Adesso sono nelle tue mani» dissi a Liz e le mostrai scherzosamente i miei polsi in modo che mi potesse ammanettare. Riuscii a strapparle una risata e questo mi scaldò un po' il cuore.
Ci incamminammo verso il centro dove, ne ero certa, avrei passato le ore successive a provare almeno un capo per ogni negozio che avremmo incontrato.

    .•°*°•.•°*°•.•°*°•.

«Prova questa gonna». Erano almeno due ore che uscivo ed entravo in camerini diversi, sulle braccia sorreggevo sempre una montagna di vestiti che mi coprivano la visuale. Ovviamente, non vedendoci, finivo sempre con l'inciampare su una sporgenza del pavimento, facendo cadere con me i vestiti, ed ora tutti i commessi mi guardavano malissimo. 
Inoltre ero esausta e ancora non avevo trovato ciò che stavo cercando o meglio, ciò che Liz stava cercando per me.

Mi infilai una gonna che aveva un colore mai visto prima: tra il giallo ed il blu, non avrei saprei come esprimerlo.
Uscii dal camerino e decisi che quella sarebbe stata l'ultima volta che sarei rientrata per provare qualcosa. Avrei dato un'ultima possibilità a Liz, dopodiché saremmo tornate a casa e mi sarei arrangiata con quello che avevo.

«Prova questi». Mi allungò una semplice gonna a vita alta rosso mattone ed una maglietta bianca molto corta e ricamata nella parte frontale.

«Sono gli ultimi che provo», la avvisai.

«Certo che saranno gli ultimi. Sono sicura che siano quelli giusti». Non seppi per quale motivo, ma le credetti.

Non mi guardai allo specchio mentre mi cambiavo. Preferivo che la prima a giudicare fosse la mia migliore amica.

«Ora sì che ci siamo». Liz mi guardava con un sorriso soddisfatto.

Mi stavo per girare verso lo specchio curiosa di vedere come stavo, ma lei mi bloccò.

«Non girarti. Mancano gli ultimi accessori». Si girò e andò a recuperare dei braccialetti molto carini. Me li infilò e fece qualche passo indietro prima di annuire e darmi il consenso di girarmi.

«Ecco. Ora sei perfetta».

Quando mi girai non credetti ai miei occhi. Feci alcuni giri su me stessa con un sorriso incerto. La gonna stava alta ma la maglia era talmente corta da lasciare scoperta una porzione di pelle sopra l'ombelico.
Feci per tirare un po' più su la gonna quando le mani di Liz mi fermarono.

«Non ci provare. Hai una bella pancia, la devi mettere in mostra» mi rimproverò.

«Ma...».

«Niente ma. Non avere paura di mostrarti agli altri. Devi essere più sicura di te stessa». Come se fosse facile. Avevo le guance talmente rosse da sembrare essere state spalmate di sugo al pomodoro. Non volevo neanche pensare all'indomani altrimenti avrei cominciato a sudare e non avrei più trovato il coraggio di comprare quei vestiti e di indossarli alla festa.

«Troverai così tanti ragazzi carini che ti correranno dietro da avere l'imbarazzo della scelta». Io feci ruotare gli occhi e la guardai con uno sguardo tra la disperazione ed il divertimento.
A proposito di ragazzi però c'era una cosa su cui avevo bisogno di un chiarimento.

«Liz, posso chiederti una cosa?», la guardai dritto negli occhi mentre lei annuiva e si sedeva sulla poltrona che aveva accanto.

«Perché non mi hai parlato di Trenton?» le chiesi con dolcezza, o almeno cercando di non sembrare troppo aggressiva.

Sospirò e abbassò la testa. «Come l'hai saputo?» chiese, ma prima che io potessi parlare fu lei a darsi la risposta.

«Rodney». Io sorrisi, pensando a quanto quel ragazzo facesse fatica a mantenere un segreto.

«Comunque non c'è niente da dire. Tanto domani non ci vengo alla festa», cercò di sorprendermi dicendo ciò, di sviare la conversazione su un'altra questione.

«Liz non tergiversare. L'avevo già capito che alla festa non ci saresti venuta, altrimenti ti saresti comprata anche tu qualcosa», mentii ma lei non se ne accorse perché prese a mordersi il labbro inferiore sapendo che non avrei ceduto fin quando non mi avesse detto la verità.

«Quindi», mi riagganciai al discorso di prima, «mi vuoi spiegare cos'è questa storia?». Forse lo dissi con un tono scontroso perché Liz abbassò il capo.

Mi accovacciai davanti a lei con le mani sulle sue ginocchia e aspettai che fosse lei a parlare.

«Non volevo che lo venissi a sapere perché so che saresti rimasta delusa da me».

«Liz, io...».

«Lasciami finire, ok?», io tirai un profondo respiro ed annuii.

«L'ho fatto per ripicca verso Thomas. Lo so che non dovrei abbassarmi a questo livello, però mi ha fatto soffrire». Sapeva che non sopportavo le persone vendicative, ma in quel momento non avevo lo stomaco che mi si contorceva per il disgusto, piuttosto era per non aver mai compreso appieno quanto dolore avesse provato per il tradimento fattole da Thomas.

«Ascoltami, avresti tutto -e intendo proprio tutto- il mio appoggio se pensassi che la cosa potrebbe funzionare. Ma siccome so che ad un imbecille come Thomas non interessa il fatto che tu ti stia facendo il suo amico, ti dico che è meglio per te lasciar perdere», le spiegai con sicurezza.

«Ciò che potrebbe amareggiarlo sarebbe il fatto di vederti veramente felice con qualcuno che ami» terminai, speranzosa di aver centrato il punto.

«Hai ragione. Non ne vale la pena». Mi abbracciò ringraziandomi.

«Domani davvero non potrai venire?», le chiesi cercando di non far trapelare il mio dispiacere.

«No. Passerò la giornata con i miei genitori».

Lo capivo, avrei fatto anch'io la stessa cosa, ma speravo avesse in qualche modo capito che non sarei riuscita a farcela a restare da sola tutta la serata -perché ne ero sicura che prima o poi Rodney mi avrebbe abbandonato- che sarei finita col tornare a casa a piedi.

«Vedrai che te la caverai anche senza di me», disse ed io la strinsi più forte cercando di prepararmi mentalmente e psicologicamente alla giornata successiva.
Sarebbe di certo stata una serata imprevedibile come un viaggio nel territorio nemico, dovevi sempre guardarti le spalle e muoverti con cautela, senza commettere alcun passo falso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro