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Cravings in the night

Izuku si irrigidì, il suo respiro si fece improvvisamente più corto, e ricordi nitidi di ciò che aveva vissuto nel bosco tornarono a martellargli nella mente.

Rivide quei denti affilati che si erano avvicinati alla sua pelle, le mani forti che l'avevano trattenuto contro l'albero, la sensazione della sua stessa vulnerabilità. Era reale? Oppure era stato solo un gioco della sua mente, un incubo generato dalla notte e dalla stanchezza?

Ma come riuscire a spiegare quella sensazione viscerale, quel terrore profondo che tornava se i loro sguardi si incrociavano?

La stanza intorno a lui sembrò chiudersi, e le voci allegre dei suoi amici divennero ovattate, come se un velo di angoscia gli avesse coperto l'udito. Izuku distolse lo sguardo da Katsuki, cercando di concentrarsi sugli altri, ma ovunque guardasse, sentiva ancora addosso quegli occhi predatori, come se quella presenza bestiale fosse sempre lì, a un passo da lui.

Con un sorriso forzato, cercò di mescolarsi agli amici, di ascoltare le conversazioni e lasciarsi coinvolgere dall'atmosfera festosa, mettendosi a sua volta il costume che aveva portato: un lenzuolo che lo copriva dalle spalle fino ai piedi, logoro e sbrindellato, macchiato in più punti da sangue finto, ma l'angoscia non accennava a svanire. Ogni volta che si voltava, trovava lo sguardo di Katsuki che lo seguiva da lontano, quel sorriso che pareva conoscere un segreto che nessun altro poteva immaginare.

Izuku si avvicinò, esasperato da quella sensazione opprimente, al tavolo del buffet, cercando di concentrarsi sul cibo per calmare i nervi. Dopo tutto, era affamato - aveva una fame da lupi, in realtà - e il desiderio di riempirsi lo stomaco lo aveva colpito improvvisamente e in modo quasi insaziabile, forse per lo sfinimento provato dopo ciò che credeva di aver vissuto. Si riempì il piatto con tartine salate e cibi dalla forma dubbia e vagamente terrorizzante, nella speranza che masticare potesse aiutare a dissipare l'agitazione che sentiva ancora dentro, a scacciare quelle immagini inquietanti che continuavano a riaffiorare da dietro le palpebre.

Mentre era intento a scegliere tra il vassoio con i dolci, percepì una presenza accanto a sé e sentì un brivido correre lungo la schiena. Sollevò lentamente la testa e voltò lo sguardo, notando Katsuki che si allungava a prendere una tartina, la mano tanto vicino alla sua che bastava davvero poco per sfiorarsi.

«Tutto solo, Deku?». Il suo tono era allusivo, ma solo Izuku poteva coglierne il vero significato e tutta quella vicinanza inaspettata e improvvisa lo fece sobbalzare, quasi da far cadere il piatto colmo che aveva tra le mani. Alzò lentamente lo sguardo e incontrò gli occhi rossi e taglienti di Katsuki, così vicini che sembrava potesse leggere nei suoi pensieri. Lo sguardo che il biondo gli lanciò era indagatore, divertito, e la sua bocca portava quel solito sorrisetto tagliente, come se sapesse esattamente cosa gli stesse passando nella mente e Izuku si affrettò a distogliere lo sguardo, riportandolo sulla tavola imbandita, cercando di concentrarsi nuovamente sul suo piatto o sulle conversazioni e le risate che captava tutto attorno.

«Ho una fame da lupi... Tu no?», continuò Katsuki, con un tono vagamente malizioso. Izuku sentì il peso di quelle parole insinuarsi sotto la pelle, un vago eco di ciò che aveva provato nel bosco. La mente tornò a quel momento, a come lui stesso si era sentito privo di difese, e a come la belva l'aveva fatto sentire intrappolato e succube, a ogni sguardo e parola.

«No-no!», sembrò squittire il giovane e Katsuki gli sorrise, mentre, con un movimento apparentemente casuale, gli posò una mano sull'avambraccio.

Quel semplice tocco, leggero ma fermo, ebbe un effetto sorprendente su di lui: sentì che dalla presa di Katsuki partiva come una scossa calda che gli attraversava le ossa, una sensazione troppo intensa per essere del tutto casuale e frutto solo della sua immaginazione.

Tentò di nascondere la propria reazione, ma il suo corpo gli rispondeva tradendo un nervosismo che non riusciva a controllare, scaldandolo dall'interno tanto da tingerli le guance di una spruzzata di rosso.

«Pensavo di vederti arrivare prima...», aggiunse Katsuki, facendo salire la mano lungo il braccio di Izuku con un tocco che sembrava casuale, ma che invece risvegliò in lui una sensazione profonda e quasi dolorosa. «Non ti sarai mica perso nel bosco come il tuo solito, vero?».

Izuku deglutì, cercando di mantenere la calma: «C-c'è stato... un pi-iccolo ritardo.», rispose, abbassando lo sguardo e cercando di concentrarsi di nuovo sul suo cibo. Sentiva l'eco della voce di Katsuki risuonare nelle orecchie, come se gli ricordasse a ogni parola il tempo trascorso in quella foresta. Era così vicino da poter sentire il suo respiro caldo e regolare.

«Un ritardo? Mmmh... Probabilmente hai seguito la strada più sicura...», mormorò Katsuki, inclinando la testa e osservandolo con un sorriso predatorio, gli occhi che brillavano di divertimento. «Ma a volte...», aggiunse, chinandosi leggermente verso di lui: «...è più interessante perdersi. Ti porta... a scoprire nuove cose su di te...»

Izuku si sentì quasi inchiodato sul posto, il respiro improvvisamente bloccato nel petto.

Le sue parole richiamavano senza ombra di dubbio l'esperienza che Izuku aveva avuto, o pensava di aver avuto, tra gli alberi. La sua voce era leggera, ma c'era qualcosa di famelico in quella calma, in quel sorriso. In quella sua voce morbida, quasi dolce, che Izuku però avvertiva come un'ombra incombente di potere che lo turbava più di quanto volesse ammettere.

«Non mi sono...perso. Ho... Lavorato fino a tardi! So-sono arrivato il prima possibile!», si giustificò, come se quello fosse un interrogatorio e lui fosse il suo aguzzino. E un po' lo era, in effetti.

Lo era stato per buona parte della sua adolescenza.

E, come non aveva capito davvero come quella parte della sua vita fatta di botte e soprusi fosse iniziata, così non aveva neppure compreso come fosse finita tutta d'un tratto.

Katsuki gli diede un piccolo colpetto sul vassoio, distogliendolo dai pensieri. «Cerca di non far cadere tutto. Sarebbe un peccato...», disse, con quel tono basso e sarcastico che lo contraddistingueva.

Le parole erano semplici, ma la voce di Katsuki era intrisa di una sfumatura ambigua, un sussurro che sembrava racchiudere un doppio significato.

Izuku arrossì ancora, cercando di evitare lo sguardo di Katsuki, ma ogni volta che si spostava anche solo di un centimetro, sembrava che Katsuki lo seguisse, mantenendo quella vicinanza che gli faceva sentire la pelle accaldata. Katsuki si avvicinò ancora, appena un po', ma abbastanza da poter sussurrare a Izuku senza che nessun altro potesse sentire, come se leggesse nel suo turbamento, rivolgendogli un sorrisetto complice mentre riempiva un bicchiere con del vino e glielo porgeva: «Sicuro che vada tutto bene? Mi sembra che tu sia un po'... scosso.», disse, con quel tono basso e profondo che sembrava riservato solo a lui

Izuku deglutì, cercando di ritrovare la voce. «N-no... sto bene, da-avvero!», balbettò, cercando di distogliere lo sguardo e concentrarsi su altro, ma Katsuki si sporse ancora di più, il suo sguardo come un predatore che non mollava la presa.

Sentì il cuore battere più forte, la mente confusa da una miscela di emozioni che non riusciva a interpretare per davvero, perché non poteva essere reale, continuava a ripetersi, mentre i suoi occhi di smeraldo continuavano a scrutare quel viso fin troppo conosciuto; doveva essere solo il frutto della sua immaginazione... Eppure, ogni parola che Katsuki sussurrava, ogni allusione, ogni suo sguardo... riportavano a galla quei frammenti viscerali, quel susseguirsi di immagini che non riusciva a spiegarsi e che lo scuotevano nel profondo.

Così provò a mantenere la calma, ma ogni parola sembrava una lama che scavava nel ricordo di quell'incontro nel bosco.

Forse la mente gli giocava brutti scherzi, confondendo e sfumando i confini tra la realtà presente e ciò che aveva immaginato (o forse vissuto davvero).

E, anche adesso, in mezzo alla luce e al calore della festa, sentiva ancora addosso quel senso di vulnerabilità e di resa incondizionata che lo aveva attraversato come una scossa.

Quel sorriso, quel tono, quella vicinanza... risvegliavano in lui qualcosa che lo metteva ancora più a disagio del sapere il suo amico/nemico tanto vicino.

Katsuki gli girava intorno, lo osservava con lo sguardo attento e calcolatore, come un predatore con la sua preda, attento a ogni singolo movimento, anche ai respiri che Izuku tentava di regolare invano.

«Sai, ti vedo.», continuò il biondo, avvicinandosi al suo orecchio con quel tono basso e seducente, mentre gli sfiorava la spalla e il braccio, facendolo vibrare fino nel profondo. «È inutile lottare contro il proprio destino.»

Così restò in silenzio per un attimo, incerto se rispondere o semplicemente lasciar perdere. «De-Destino? Di cosa sta-ai parlando Kacchan?», e prima che potesse allontanarsi, Katsuki gli posò una mano sul polso, il tocco caldo che si ancorava alla sua pelle come se avesse davvero il potere di trattenerlo. «Credevo di avertelo già detto, Izuku.», mormorò, abbassando la voce a un sussurro che solo lui poteva sentire, caldo, quasi bollente contro il suo orecchio: «A volte è inutile scappare.».

Izuku sentì il cuore accelerare, il battito divenne irregolare, come se fosse diviso tra il desiderio di fuggire a gambe levate e quello di lasciarsi andare contro il petto saldo che ora gli sbarrava la strada. Percepiva il suo calore come se fosse davanti al focolare e cercò di mascherare il rossore che gli colorava le guance, di mettere a tacere quella strana sensazione di essere di nuovo una preda inerme e si sforzò di guardare Katsuki negli occhi, sperando di trovare in lui un'ombra di normalità, ma tutto ciò che vide fu quel sorriso enigmatico, quel misto di sfida e complicità che lo disorientava sempre più.

Non rispose, cercando di soffocare la risposta che la sua mente gli suggeriva, quella parte di lui che voleva reagire ma che non riusciva a fare altro che restare immobile, preso nel giogo di quella voce suadente. Si aggrappò al piatto come se fosse il suo unico appiglio di salvezza.

Cercava di rimanere calmo, di nascondere l'effetto che quelle parole e quel tocco avevano su di lui, ma il suo corpo sembrava rispondere contro la sua volontà, e Katsuki se ne accorgeva.

Katsuki non era intenzionato a lasciargli il polso e, con un movimento deciso, lo attirò con sé, allontanandolo dal tavolo del buffet, facendogli lanciare malamente il piattino con le tartine sulla tavola, rovesciando quel mezzo bicchiere di vino che gli aveva addirittura offerto.

Il biondo gli si avvicinò al volto, inspirando a pieni polmoni l'odore che sprigionava, un misto di umido, di paura e desiderio nascosto, incastrando gli occhi cremisi nei suoi, prima di sorridergli. «Non puoi nascondermi quello che provi.», continuò Katsuki, con un tono vagamente divertito.

Izuku sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, staccarsi, ma l'intensità di quella voce, la vicinanza di Katsuki, lo tenevano intrappolato, come se tutto il resto fosse scomparso. Attorno a loro la festa sembrava dissolversi in un sussurro lontano, come un sogno sbiadito. C'era solo Katsuki, che con la sua presenza riempiva ogni spazio.

Izuku, incapace di resistere a quella tensione che lo stava divorando dall'interno, si lasciò trascinare con una naturalezza disarmante, mentre Katsuki si allontanava verso un'altra stanza della baita, lasciando il brusio della festa alle spalle, come se non fossero mai stati lì.

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