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Killing butterflies

Le giornate si erano allungate negli ultimi tempi, ormai la primavera era arrivata con il suo profumo di erba fresca e la sua aria frizzantina. Anche le persone avevano cominciato a scendere più spesso in strada, affollando la piazza centrale di Bret-y-Avon. La notte era ancora scura, ma veniva sempre illuminata da una marea lattiginosa e tante piccole lucciole australi, per non parlare dei locali che avevano cominciato a esporre lanterne e neon per i grandi gruppi che si sedevano nelle verande apparecchiate.

Lo "Shattered Night", un locale da dove fuoriusciva una chiara luce rossa, era, come sempre, il più frequentato: ragazze stipate in gonne troppo corte e strette, ridevano tra di loro in attesa di essere notate, mentre i maschi, con le loro sigarette in mano, le osservavano desiderosi di accettare le loro avance.

Newt, anche lui in fila, era uno dei pochi che non si interessava agli atteggiamenti di quelle che definiva oche e che, quindi, lo innervosivano.

Forse però era anche un po' causa sua, lui si innervosiva troppo in fretta e troppo facilmente, era esattamente quello che potrebbe essere definito una testa calda, sempre in mezzo a litigi e risse, dalle quali usciva immancabilmente con qualche ferita, ma mai quante ne aveva lasciate al suo avversario.

Quella sera, però sembrava che la fortuna avesse messo il ragazzo al muro con la sua figura alta e possente.

La gente aveva cominciato a spostarsi dalla coda con una velocità spaventosa, come se qualcuno avesse provocato il panico generale e le persone tentassero di trovare una via di fuga da quel pericolo sconosciuto: ragazzi prendevano per mano le proprie fidanzate e si dileguavano, quelli dentro si affacciavano dalle vetrine interessati allo spettacolo che presto si sarebbe scatenato fuori.

Dal fondo della via coperta dagli archi neogotici si potevano notare diverse figure maschili che si avvicinavano aprendo la folla come Mosè davanti al Mar Rosso.

Newt invece se ne stava lì, come attirato dal pericolo che incombeva sempre di più su di lui, incosciente della pericolosità di quei tipi.

- E' il gruppo di Victor il Castratore

- Dicono che nessuno si può avvicinare a lui o finisce molto male

- Ho sentito che una volta ha picchiato un ragazzo tanto da mandarlo in ospedale per mesi, solo perché gli interessava la sua fidanzata.

Di cose ne aveva sentite su quell'elemento, ma mai così grosse e stupide: era impossibile che una persona potesse essere così vuota mentalmente e così aggressiva.

- Hey tu, pulce, hai intenzione di stare ancora lì molto? - finalmente Newt si trovava davanti al "temibile" Victor.

In effetti il tipo non sembrava proprio la persona più amichevole sulla terra con i suoi capelli di un biondo sporco e gli occhi color gelo, per non parlare della stazza mastodontica e una cicatrice sul viso fatta chissà in quale rissa.

- Sono in fila prima di entrare come tutti.

La folla, che aveva iniziato a trattenere il respiro quando aveva sentito Victor fare quella domanda, ora aveva emesso un verso di stupore misto a paura per il malcapitato.

- Però ora ci sono io, quindi devi farmi passare.

- E perché? Mettiti in fila come tutti.

La gente era allibita: o il ragazzo era cintura nera di Judo oppure aveva voglia di suicidarsi e quindi si stava scavando la fossa da solo.

- Cosa?! Te lo dico un'ultima volta, solo perché oggi mi sento clemente: levati!

- No, aspetta come tutti.

Adesso erano tutti certi: il tipo aveva istinti suicida, avrebbe dovuto maledire il suo temperamento testardo. Era proprio quello che aveva pensato Newt quando si era sentito sollevato di peso e trascinato fino al centro della piazza.

Le pietruzze fredde facevano male sotto le sue mani che ora poggiavano a terra per sostenere il corpo stordito dal colpo che il Castratore gli aveva piazzato dritto sul naso.

Sanguinava, ma non aveva paura di affrontarlo, in fretta il ragazzo si era alzato e aveva dato un pugno dritto nello stomaco dell'energumeno, che si era piegato su sé stesso, ma rialzato ancora più nervoso con altrettanta velocità.

- Tu mi stai sfidando, insetto - aveva accompagnato quella frase con un calcio sul fianco di Newt, che aveva restituito prendendolo sullo stinco. Dopo diversi colpi, senza che uno prevalesse sull'altro, Victor aveva piantato una ginocchiata in pancia all'altro, che era caduto stremato. Da quella posizione di potere, l'animale non aveva intenzione di lasciare stare il ragazzo, ma aveva anzi cominciato ad aggredirlo con più forza: calci, ginocchiate, pugni. Non voleva farlo rialzare per nessuna ragione.

Newt se ne stava rannicchiato a terra, arrotolato su sé stesso per attutire i colpi che si facevano sempre più forti e cattivi. Tremava, sobbalzava come una gazzella pronta a morire tra le fauci di un leone. Aveva paura, tanta paura, di non sentire più nulla da lì a pochi istanti, neanche la brezza leggera che bruciava sulle ferite create dai sassolini della piazza.

Poi tutto finì.

I calci smisero di rompere le ossa di Newt, i pugni terminarono di rendere viola il suo viso, ma nuove voci tutte intorno cominciarono ad alzarsi nella notte primaverile.

- State indietro! Forza, andate via, non c'è nulla da vedere - una voce femminile stava cercando di scacciare con la sua acutezza tutti i curiosi che avevano circondato la piazza senza però fare nulla per la vittima.

Newt aveva sentito una presenza su di lui, delicata e calda: -S-stai bene?

Dagli occhi annebbiati riusciva a distinguere con poca chiarezza la sagoma di un ragazzo poco più piccolo di lui, mentre alle sue spalle poteva osservare un giovane bruno trattenere per le braccia quel mostro di Victor e un adolescente biondo che accompagnava un agente della polizia sul luogo del "delitto".

- Non troppo, non riesco molto ad alzarmi - la voce era rotta, usciva dalla gola come un rantolo soffocato.

- Stai tranquillo, adesso non ti succederà più nulla, quel tipo sarà consegnato alle autorità.

- Dan! Dimmi che il ragazzo è vigile, se è svenuto, potrebbe essere un brutto segno...- era la voce femminile di prima, che ora sembrava sinceramente preoccupata.

- Sì, sì, è vigile, ma non riesce ad alzarsi.

- Non importa, appena Spierre e Leo avranno finito lo aiuteremo a spostarsi per raggiungere il pronto soccorso, potrebbe avere qualcosa di rotto.

- Sono certo di avere qualcosa di rotto - aveva risposto Newt, cercando di sdrammatizzare la situazione.

- Ci siamo, ci siamo, dobbiamo portare il ragazzo da un medico - aveva parlato il moro, che subito lo aveva aiutato a sedersi.

- Certo che te e Prim pensate proprio le stesse cose: lo ha appena detto anche lei - aveva ridacchiato Dan, seguito dal biondo.

- Piantatela entrambi e date una mano a Spierre - aveva tuonato la ragazza, che sembrava non voler assolutamente scherzare in quel momento.

Con calma, a piccolissimi passi, il gruppo si era alzato e aveva caricato Newt su un'Alfa Romeo Mito, dirigendosi al pronto soccorso Santa Sofia.

La sala d'aspetto, con il suo bianco antisettico, era illuminata da una fila lunghissima di neon che riflettevano sui muri pallidi e sulle figure posate a intermittenza sulle sedie blu.

Non c'era moltissima gente, solo un bambino che si lamentava del mal di pancia tra le braccia della madre e una donna con un occhio nero e lividi per il corpo accompagnata da un compagno troppo preoccupato.

- Sedetelo lì, io vado a parlare con un'infermiera, a colpo d'occhio il ragazzo è il più grave qui- aveva detto quello che sembrava essere Leo.

Newt con l'aiuto degli altri, si era poggiato su una delle sedie libere in attesa di essere visitato, e dopo secondi di silenzio aveva esordito dicendo: -Ragazzi, non so davvero come ringraziarvi. Non sapete neanche chi io sia e mi state aiutando senza pensieri.

- Hey, chissene frega se non ci conosciamo, eri in pericolo e la cosa giusta è aiutarti finché non starai bene - aveva risposto Prim.

- Grazie...Comunque io sono Newt.

-Piacere Newt, noi siamo Prim, Spierre, suo fratello Dan e il ragazzo che sta parlando ora con l'infermiera è Leo. Oh, sta tornando.

- Buone notizie, tra cinque minuti ti verranno a visitare. Noi cosa facciamo? Lo aspettiamo, vero?

- Sì, certo - aveva detto Spierre.

- Non lo dovete fare...

- Vero, ma lo VOGLIAMO fare - aveva sentenziato Prim.

La tipa sembrava davvero autoritaria nonostante il viso angelico.

- Allora grazie ancora.

- Venga pure - li aveva interrotti l'infermiera con fare gentile.

Dentro lo avevano visitato completamente e gli avevano trovato un braccio rotto, una distorsione della caviglia e diverse abrasioni per tutto il viso, nulla che non si potesse curare con qualche giorno di riposo. In mezzora avevano fatto tutto e lo avevano dimesso con un appuntamento il giorno seguente per mettere il gesso al braccio.

Fuori, nel corridoio, lo aspettavano Leo ed Dan, che avevano interrotto le loro fitte chiacchiere per dargli una mano a raggiungere gli altri due fuori, che si stavano godendo una sigaretta sotto la luna primaverile.

- Che ti hanno detto? - aveva chiesto Spierre schiacciando il mozzicone sotto un piede.

-Caviglia distorta, abrasioni un po' ovunque e il braccio destro rotto...Meno male che sono mancino - aveva riso il ferito - Comunque domani devo tornare per farmi mettere il gesso, il ché è un problema, entrambi i miei genitori sono via...

- Non vedo quale sia il problema, ti accompagno io!

- Spierre, grazie, ma non voglio approfittarmi della tua gentilezza.

- Ma piantala, adesso ti accompagniamo tutti a casa e domani alle 9 sarò da te.

- Ok...

- Newt! Stai bene tesoro mio? - la signora Walker era, come sempre, in piedi a quell'ora. Il suo orologio biologico le permetteva di dormire poche ore ed essere perfettamente fresca e riposata la mattina seguente.

- Sì mamma, scusami se ti ho avvisato così tardi, ma il mio cellulare era letteralmente da buttare via e ho dovuto usare quello di uno dei ragazzi che mi ha aiutato.

- Mi fa piacere sapere che sia ancora della gente civile al mondo e non animali come quel coso che ti ha ridotto così. Cosa ti hanno detto al pronto soccorso?

-Caviglia distorta, abrasioni un po' ovunque e il braccio destro rotto. Domani devo andare a mettere il gesso e visto che voi non ci siete, Spierre, uno dei ragazzi, si è offerto di darmi un passaggio.

- Ma che carino! Da una parte mi fa piacere che, stavolta, una rissa ti abbia fatto incontrare qualcuno così amichevole. E magari ti ha fatto passare anche la voglia di metterti in casini per un po'...

- Sì, mamma, assolutamente.

- Dai, prendi questo antidolorifico e fila a letto, domani ti devi alzare presto.

- Grazie, e notte mamma.

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