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IX

Essere cuochi non significava solo saper cucinare o riprodurre delle ricette. Significava anche riconoscere i sapori, gli odori, creare.

Inventare qualcosa che gli altri non avevano ancora pensato, qualcosa di unico. Il nuovo piatto doveva avere un equilibrio perfetto tra gli ingredienti, che anche se fosse sembrato troppo dolce, avrebbe avuto un retrogusto amaro che i clienti avrebbero apprezzato.

Tutti i cuochi erano attorno a me, che spiegavo e mostravo il nuovo piatto. Ci avevo messo giorni ad idearlo, a creare il perfetto equilibrio, a cercare le dosi giuste, il sapore perfetto. Tutti, in quel momento, pendevano dalle mie labbra, domandandosi, probabilmente, il perché di un ingrediente o il perché di quella determinata misura. Impazienti di assaggiare e magari imparare a cucinare.

"Si spennella con l'uovo, si praticano dei tagli in superficie per la cottura e si mette in forno per 30 minuti a 180°, poi cuocere per altri 5 minuti a 200°. Ecco così poi pronto un Filetto alla Wellington"

Gary fu il primo ad assaggiare quel nuovo secondo, chiudendo gli occhi per assaporarlo meglio. Dopo aver ingoiato, stette per qualche secondo in silenzio.

"Mi piace il sapore delle castagne e dei funghi insieme, che accompagnano il filetto. Complimenti, un altro piatto da aggiungere al menu" nella cucina mi fecero un applauso, che mi portò a sorridere felice per questo passo in più, per poter avere, per la prima volta, un menu tutto mio. Qualcosa di più vicino per avere la famosa Stella Michelin.

Gli altri cuochi presero un pezzo del filetto, mentre io mi dirigevo verso il mio ufficio per poter prendere una bustina per il mal di testa.

"Wow, non credevo avessi così tanta importanza qui dentro" disse sarcastica Sierra, con i piedi poggiati sulla mia scrivania. La guardai male, intimandole con lo sguardo di toglierli da lì, ma lei m'ignorò liberamente.

"Sono lo chef. Sono importante" replicai, prendendo un bicchiere d'acqua e la bustina dal cassetto del tavolo.

"Quante arie che ti dai. Comunque, non mi aspettavo creassi anche piatti, sono stupita. Devo dire che mi stava anche venendo l'acquolina" bevvi in un solo sorso dal bicchiere, sedendomi per aspettare quei pochi minuti in cui la testa avrebbe smesso di martellarmi. "Marlene aveva più l'acquolina per te che per il filetto" continuò con sguardo malizioso, mentre io sospirai, alzando gli occhi al cielo.

"Smettila, perché continui con questa storia?"

"Perché hai diciotto anni e non hai contatti umani, voglio solo aprirti gli occhi al mondo, tutto qui"

"Non ne ho bisogno. Mi va bene essere come sono"

"Rimani come sei, nessuno ti dice di cambiare, solo restare qui e non viverti la vita come dovresti, rischierà solo di farti pentire un giorno"

Rimasi in silenzio, non avendo voglia di discutere con lei. Non avevo mai sopportato gli impiccioni ed in quel momento mi trovavo davanti la più grande della storia.

"Non hai altro da fare? Tipo guardarti qualche serie tv, stalkerare Chase Ortiz o lasciare semplicemente il mio ristorante e non tornare?" mormorai ormai nervoso, perché quella ragazza sapeva portarmi all'esasperazione.

"Ho diverse serie in sospeso ma sto aspettando i nuovi episodi, se li vedessi mano mano, mi salirebbe l'ansia e non riuscirei a dormire. Un giorno sarai felice di non vedermi per un po' perché dovrò recuperare e stare tranquillamente male per la fine. E Chase é a casa con una finta influenza, l'ho sentito oggi da un suo amico. Avrei voluto fargli da infermiera, anche se per finta" scossi la testa esasperato, vedendo il suo sguardo sognante all'idea di lei in veste di infermiera solo per lui.

Uscii dall'ufficio, scontrandomi con Marlene, alla quale chiesi subito scusa.

"Scusami tu. Mi sono preoccupata, volevo vedere se stessi bene. Hai comunque una faccia esasperata" mi sorrise imbarazzata la bionda ed io apprezzai il suo gesto gentile.

"Sto bene, ho solo preso qualcosa per la testa. E sono esasperato dal fatto che mi ritrovo continuamente una ragazza invadente nel mio ufficio"

Marlene annuì, sorridendomi, portandomi anche a domandare se fosse vero ciò che diceva Sierra.

"Forse ha una cotta per te"

"Nah, é solo che non sa cosa fare nella vita e viene qui a dare fastidio. Si diverte tremendamente a vedermi esasperato. Hai provato il filetto?"

"Sì e mi é piaciuto tantissimo. Volevo anche farti i miei complimenti" mi sorrise dolcemente ed io osservai un attimo il suo viso. Non potevo dire che Marlene fosse una brutta ragazza, anzi era molto bella, solo che non potevo e volevo perdere tempo in queste cose, quando c'era qualcosa di molto più grande ad attendermi.

"Grazie. Vogliamo tornare di là?" le chiesi, vedendola poi annuire. Mi avvicinai alla postazione di Gary, che mi teneva d'occhio.

"Tu e Marlene? Quando ti dico 'cercati una ragazza bella', non intendo una che proviene dalla tua stessa cucina. Intendo una con cui non finiresti a parlare di cucina, ma che ti faccia svagare con qualsiasi cosa. Perché non vuoi ammettere che ho ragione?"
"Perché tu e Sierra vi siete messi in testa questa cosa? Io sto benissimo così, non ho bisogno di nessuno"

"Non fare lo stesso errore di tuo padre, Adrian. Non crederti superiore a qualcosa più grande di tutti. Tutti hanno bisogno di qualcuno, basta solo trovarlo" smisi di ascoltare Gary, concentrandomi soltanto sul preparato davanti a me.

Sapevo di non aver bisogno di nessuno.

***

"Adrian? Adrian, ci sei?" Jared mi richiamò, facendomi scuotere la testa per risvegliarmi. Mi passai una mano sul volto, cercando di non mostrare i segni di sonno e stanchezza, ma sapevo che era impossibile.

"Ti stavo ascoltando" mormorai insicuro, con il mal di testa peggio di un dopo sbornia.

"Cosa stavo dicendo allora? Tutto questo lavoro non ti fa bene, Ad. Chiama tuo padre e digli che non ce la fai e che hai bisogno di vivere la tua vita" mi alzai di scatto, sentendo per l'ennesima volta quelle parole.

"So io di cosa ho bisogno, non ho bisogno di nessuno che mi dica cosa fare. Ho sopportato tutto questo per anni ed io ce la posso fare. Non mollerò un bel niente. Non é il lavoro che mi stressa, ma tutti voi attorno che credete di sapere quale sia il mio bene" sbottai tremendamente frustrato, chiudendo gli occhi e portandomi una mano ai capelli. In un attimo, presi tutte le mie cose, dirigendomi verso l'uscita di scuola, incontrando nel mentre Sierra ed Agnes.

"Adrian, ma cosa-"

"Lasciami stare" dissi, camminando velocemente lontano da tutti. 

HOLAAAA

Sapevo che sarebbe capitato il ritardo, prima o poi. Però ehi, sono riuscita subito ad aggiornare.

So che probabilmente i capitoli di Adrian sono noiosi, ma è questa la sua vita: scuola-lavoro-casa. Ci sarà una svolta, ma non è ancora il momento. Anche per me è difficile scrivere i suoi capitoli perché non voglio essere ripetitiva, soprattutto sulla questione del "fatti una vita". Lo sto mandando all'esasperazione, siamo quaso vicini alla sua svolta.

Due cose: i piatti che crea o prepara Adrian li prenderò dai libri di Benedetta Parodi, lo ammetto. Io non so manco come si cucina la pasta, figuriamoci.

La Stella Michelin è l'obiettivo di Adrian ma ho letto che è una cosa europea, in America solo a San Francisco e a New York. Ovviamente ci deve essere sempre un intoppo nelle cose che penso, facciamo finta che anche a Seattle esista, in fondo è una storia inventata. Al massimo, dopo aver finito di scriverla tutta, cambierò la città.

Vi ringrazio per le letture, i voti e i commenti, spero che continuerete così. Per qualsiasi curiosità su questa o altre storie che scrivo, potete contattarmi. 

Alla prossima,
Kisses

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