38. Plastic Dream
A questo punto immagino sia palese cosa successe in camera di Murdoc... non c'è bisogno che ve lo descriva. Lascio a voi il compito di immaginarvelo con solo tre magiche paroline: libidine, cowgirl, tre.
E ho detto tutto.
Quando ci svegliammo, eravamo un totale disastro. Capelli scompigliati, lenzuola attorcigliate attorno ai piedi e vestiti appesi ai mobili o sparsi per terra. Non fate quelle facce... forse voi non ve ne sarete resi conto, ma anche Murdoc aveva e ha un certo charm... riesce sempre a trovare un modo, anche solo un dettaglio, per convincerti che è il momento giusto. E lui con me ce l'ha fatta alla grande... tre volte. Il che non è poco. Da quel giorno non riuscivamo più a separarci: eravamo sempre insieme, parlavamo di qualsiasi cosa ci passasse per la mente... ma non delle cose serie, come la mia immortalità o il fatto che presto avrei dovuto confrontarmi con un Esecutore. Quello che stavamo vivendo era in tutto e per tutto un sogno, l'incanto prima della tragedia. Pregavo con tutta me stessa che avvenisse il giorno dopo e quando al mattino mi risvegliavo accanto a lui, mi veniva da piangere perché sentivo quella sensazione strisciante incombere nell'ombra, che veniva rimandata all'alba successiva. Volevo che arrivasse in fretta, così che non avrei più dovuto sopportare il peso dell'attesa, ma volevo anche che non arrivasse mai. Quel sogno che stavo vivendo, così vero e allo stesso tempo fittizio, quasi fatto di plastica, durasse il più a lungo possibile.
Erano passate almeno due settimane. Ormai sentivo vicino quel momento. Perché ci stavano mettendo tanto? Cos'era, una tortura fatta su misura per me? Per rendere l'addio ancora più doloroso? Quel giorno ero completamente distratta, non sembravo io. Tenevo lo sguardo fisso verso il mare, spostandolo di tanto in tanto sulla costa a destra o a sinistra. Da dove sarebbero potuti arrivare? Come potevo saperlo in anticipo? Dovevo essere pronta, dovevo tenermi pronta per qualsiasi cos-
"Chay?" - la voce rauca di Murdoc distolse il mio sguardo dall'orizzonte bluastro. Si era addormentato sulla riva in mia compagnia, ma da come mi stava guardando doveva essere sveglio da un po' e per tutto il tempo non aveva fatto altro che guardarmi mentre giravo la testa come un gufo.
"Hey... ben svegliato. Fatto un buon pisolino?" - non esitai a fargli la prima domanda che mi passasse per la testa pur di distrarlo, ma la smorfia con cui mi rispose fece crollare la mia maschera.
"So a che stai pensando, bimba-" - iniziò lui, ma io lo interruppi di proposito. Come poteva essere così tranquillo in tempi come quelli? Qualcosa di terribile sarebbe potuto accadere da un momento all'altro e lui riusciva addirittura a dormirci sopra.
"Come fai a fregartene?" - accusai schiettamente - "Nel caso te ne fossi dimenticato, tutti i presenti su quest'isola sono in pericolo! Non ti sei domandato perché non ci abbiano ancora attaccati? È sospetto! Qualcosa non va! E tu dormi!" - gesticolavo mentre enunciavo ogni mia singola preoccupazione, e finalmente vidi qualche cambiamento nella sua espressione calma e rilassata. Da steso con le braccia dietro la testa, si alzò e mi guardò dritto negli occhi.
"Me ne rendo conto, Chay, non sai quanto. Ci penso anche io, almeno 72 volte al giorno - ho fatto una media - ma cosa posso mai fare? La mie uniche armi sono quella lattina che somiglia a Noodle nello scantinato e la spada d'oro di qualche settimana fa, più di così non posso tenermi pronto" - con mia sorpresa, mi strinse le mani nelle sue, piacevolmente calde - "Quel che mi resta da fare e che voglio fare, è godermi il tempo che mi rimane con te".
Il tempo che mi rimane... parlava come se stesse andando al patibolo. Anche io stavo inconsciamente facendo lo stesso, e me ne resi conto solo quando il suo sguardo lucido si inchiodò nel mio. Non sapevo se me la sarei effettivamente cavata o meno contro l'Esecutore... ma mai come prima di quegli attimi, desiderai che si fosse fatto vivo. Volevo cancellare tutta l'ansia di quelle settimane: se proprio dovevo andarmene, lo avrei fatto tenendo a mente tutti quei bei ricordi che mi ero creata. Ma il vero problema erano gli altri. Senza di me, li avrebbero sicuramente fatti fuori. Solo un aiuto dall'altro avrebbe potuto salvarci tutti, anche se a caro prezzo. Conoscevo il loro modo di fare e c'era sempre qualcosa che ti portavano via. Il sole stava lentamente calando oltre l'orizzonte, la luce iniziava a mancare ma l'edificio alle nostre spalle attivò il sistema d'illuminazione automatica e subito le luci delle stanze vuote si accesero, compreso il faro che in quel momento, era sorvegliato da 2D. Noodle era nella casetta e di lì a poco, si sentì un profumino di pesce e verdure saltate in padella. Doveva star preparando la cena. Era l'ennesima serata perfetta, se non fosse stato per le ricorrenti sensazioni di ansia e terrore che tutti noi ci portavamo chiusi dentro come una bestia irrequieta. Restai lì insieme a Murdoc fino a che la voce di Noodle non ci richiamò in casa. 2D era sceso dal faro e stava per raggiungerci, Murdoc si era alzato ed io al suo seguito. Non avevo detto una parola da quel piccolo discorso e lui sembrava in parte dispiaciuto e in parte sollevato. Sapeva che se avessi risposto, saremmo finiti col litigare e io non volevo passare del tempo utile lontano da lui. Ormai la luna a forma di C, arcuata perfettamente, splendeva nel buio della sera ed insieme al faro illuminava Plastic Beach, un piccolo pezzo di spazzatura nell'oceano. La mia piccola oasi.
Fu una questione di istanti, brevi come il battito d'ali di una farfalla. Il mio sguardo era fisso negli occhi di Murdoc, davanti a me, malinconicamente sorridente. Il suo sorriso sparì nel momento in cui una figura rossa, ardente come la lava, apparì alle mie spalle, riflessa nelle sue orbite spalancate. Era giunto il momento peggiore nel migliore dei modi. Era venuto a rovinare tutto. Come temevo, stavano aspettando il momento opportuno. Aspettavano che vacillassi, che dimostrassi quanto fragile e indegna di entrambi i titoli io fossi. La figura sembrò divampare in mille direzioni, ma io non mi voltai. Non c'erano grida, e non c'era tempo. C'era solo il fuoco, e poi... nulla.
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