27. Gelosi
Quel baciò durò più a lungo di quanto mi aspettassi. Fu lui a separarsi, perché io ero ancora sconcertata dal fatto che non riuscissi a muovermi e che quel che mi stava facendo... mi stava bene.
Ci guardammo per qualche secondo, entrambi senza parole e col volto che ancora non registrava cos'era appena accaduto. Lui ritrovò per primo la parola e mi punzecchiò - "Non te l'ho strappata mica via, la lingua mhhmhhmhh..." - quella strana risata che faceva di tanto in tanto mi dava i brividi. Era... graffiante, roca. Eppure quando smetteva di ridere sentivo che quel formicolio dietro la schiena voleva ritornare. Mi piaceva.
Credo proprio che arrossii a quel commento, e mi voltai dall'altro lato per non dargli altre soddisfazioni - "Sta attento, che altrimenti te la strappo io".
"E questa è tutta la gentilezza che il mio angelo ha da offrirmi? Ahahah!" - ribattè tutto felice.
"Bada bene che sono qui in veste di demone... non angelo!" - precisai fintamente infastidita e, calmato il rossore tornai a guardarlo - "Devi comportarti bene ed essere innocente, se proprio se vuoi uno!".
"Allora non ho speranze" - mi disse facendomi spalluccie, ma continuando a sorridere.
"Ecco" - vittoriosa, tornai a lavar via il resto dell'inchiostro dal mio corpo... ma niente mi distraeva dal pensare alle sue labbra sulle mie. Stavo per passarci sopra la lingua... ma il suo sguardo fisso su di me mi bloccò in tempo.
"Accidenti!".
Dopo qualche altro minuto perso a fissarmi, Murdoc si alzò e portò la mano alla mensola in alto. Arricciò le dita un paio di volte mentre faceva vagare a destra e sinistra l'arto, scegliendo finalmente una bottiglia colorata di bianco con venature rosse e marroncine.
Me la porse dicendomi - "Usa questo per i capelli".
Non esitai e presi il flacone dalla sua mano. Lo aprii e come prima cosa lo portai al naso... vaniglia.
"Deve piacergli davvero tanto... o pensa che piaccia a me?".
Me ne versai un po' sulla mano e, approfittando del fatto che si fosse allontanato per cacciare i miei vestiti da quella busta trasparente, mi misi a lavarmi i capelli. Ne approfittai anche per leccarmi le labbra, in verità...
Quando finii, lui aveva già disposto tutto il completo sul mobiletto. Non so da dove, spuntarono fuori due nuovi pezzi di biancheria intima, stavolta bianca e nera. Ma sempre in pizzo.
Lui era poggiato con la schiena al lavandino e sorrideva malizioso, aspettando che mettessi piede fuori dalla vasca. Riaccesi i fuochi infernali e le piastrelle bianche del bagno si illuminarono di verde. Gli occhi di Murdoc brillavano stupefatti a quello spettacolo. La sua pelle quasi si mimetizzava con l'ambiente. Uscii dalla vasca e tesi la mano verso l'asciugamano che reggeva tra le braccia, troppo rapito dalle fiamme sguizzanti anche solo per passarmelo. Si riprese in tempo per porgermelo e io aprii un piccolo varco nel muro di fiamme per afferrarlo. Me lo avvolsi intorno al mio corpo per asciugarmi e una volta fatto, sempre con gli occhi fissi sulle fiamme, mi passò la biancheria.
La cosa quasi mi rendeva gelosa. Sembrava più interessato a quel potere che a me...
Una volta vestita, feci dissolvere le fiamme e lui rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, scuotendo la testa solo quando i nostri occhi si incrociarono.
"Ti piacciono davvero così tanto?" - gli feci questa domanda mentre mi avvicinavo al bancone con indifferenza per controllare i vestiti. Ciò che mi diede quella volta era ben diverso dal primo outfit: una sorta di uniforme da marinaretta nera con bordi e fiocchetto rosso, con un pantaloncino cortissimo e un top da indossare da sotto all'uniforme stessa. Per finire, delle calze di stoffa nere, alte e ben strette che si fermavano sopra la coscia. "Dati i colori posso continuare ad usare le scarpette di Noodle... ma vanno pulite" - pensai - "A quanto pare gli piace questo accoppiamento di colori...".
"Uh... io..." - balbettò in risposta alla mia domanda - "S-Sì. Non sono male, ecco".
Pft. Tutte scuse.
Indossai pantaloncino e top senza rivolgergli lo sguardo - "Sembra ti piaccia più quel che faccio, che altro" - dissi freddamente.
Lo vidi voltarsi nella mia direzione e piazzare una mano sul bancone - "Ma non è vero! Insomma sì, quella roba che fai è una gran ficata ma- ma... ma...".
"Appunto" - rincarai la dose di indifferenza e indossai la gonna e le calze alte. La gonna era corta e copriva il pantaloncino alla perfezione, lasciando intravedere quel poco di pelle che li distanziava dalle calze. Qualsiasi movimento avessi fatto, nessuno mi avrebbe sbirciato sotto la gonna. Mi chinai a prendere il telo da bagno di prima e lo usai per tamponarmi i capelli.
"Dai" - improvvisamente la voce di Murdoc si fece ansiosa, preoccupata, come quella di prima - "Stai sempre parlando con un fanatico e miscredente della Chiesa, che ti aspettavi, che non lo adorassi?".
"Beh... non ha tutti i torti! Ma io sono gelosa lo stesso!".
Appena lo realizzai, arrossii. In quel momento ero di spalle e per fortuna lui non lo notò.
"E poi mi pare lo avessimo già appurato..." - la voce cambiò ancora, assunse un tono più sicuro, come quello di un ladro che riesce a trovarsi un alibi - "A te piacciono quelli come me~".
La sentenza mi fece traboccare - "E piantala!" - gli lanciai l'ascigamano zuppo in viso - "Solo perché non sei uno stinco di santo e la cosa mi attrae malsanamente non significa che devi sfruttare la situazione! Io posso fare lo stessa medesima cosa e ti assicuro che se lo facessi io, te ne pentiresti amaramente!".
Si levò in fretta l'asciugamano dalla faccia per potermi guardare negli occhi mentre gli rivolgevo quelle parole. La mia era una minaccia bella e buona, ma lui reagì con una risata roca e divertita - "Ahahah! Ah sì? E come? O potente punitrice?".
Con i capelli umidi mi avvicinai a lui e gli spinsi l'indice contro il petto con forza, guardandolo minaccioso dal basso verso l'alto - "Potrei fartici bruciare in quelle fiamme, chissà... ma forse ti farebbe piacere. Magari potrei farti bruciate solo i capelli... così sembreresti davvero un bel cetriolo liscio come il sedere di un infante! Ahahah!... O magari... ti proibirei di fare quello che hai fatto prima" - detto questo, mi voltai verso lo specchio e ripresi i codini per legarmi i capelli. Mi accorsi solo allora della presenza di un frontino nella busta che conteneva i vestiti... non ci pensai su troppo ed indossai anche quello, lasciando cadere sul mio volto solo due ciocche laterali.
Lui sbuffò e finalmente lo disse, in tono annoiato - "Tutto questo solo perché sei gelosa di quelle fiammelle verdi?".
"G-Gelosa io di un potere che mi appartiene per metà? Non ha senso!" - risposi indispettita.
In un certo senso il potere non era mio. Lo sarebbe stato fino a che quel sigillo fosse rimasto sulla mia pelle, all'altezza del cuore. Ma ci aveva preso in pieno. Così gli servii la stessa medicina.
"Quello geloso qui sei tu! Devo ricordarti la scenata che hai fatto per qualche sguardo di troppo del povero 2D?" - mi pettinavo qualche ciocca di capelli con un pettine che era abbandonato lì sul lavandino, mentre vedevo con la coda dell'occhio il cambiamento d'umore repentino in Murdoc.
"Ma se ti mangiava con gli occhi! Ho tutte le ragioni per esserlo!".
"Ma per favore!".
"Quel belloccio attira da sempre il pubblico femminile, non mi sorprenderei se tu ti innamorassi di lui e quell'allocco facesse lo stesso con te! Un mese fa trattava l'attaccapanni nel mio studio come se fosse la donna della sua vita, non so se mi spiego!".
"Attaccapanni?".
Lui iniziò di nuovo a perdere le staffe - "È ingiusto!" - iniziò ad agitare anche le braccia e con i piedi non stava fermo - "Lui attira tutti e uno come me deve accontentarsi di- di niente! Devo cercarmele da solo le cose! E non è mai facile! Gli basta fissare una ragazza con quei suoi abissi infiniti - (ad "abissi infiniti", congiunse le mani sotto una guancia, imitando una vocina stridula da donna affascinata) - per un'oretta o due e BAM è vero amore! Ma fatemi uno stracazzo di favore!" - i piedi iniziarono a portarlo su e giù per il bagno nel tentativo di scaricare la tensione.
Se io ero gelosa di una cosa come un'abilità che non mi apparteneva, lui lo era per colpa di qualcosa di reale e tangibile. Di quel poverello di Stuart.
"L'ho visto arrossire un paio di volte in effetti... ma nel periodo in cui siamo stati lontani da Murdoc lui non mi ha dato alcun segnale che... che ci volesse provare, ecco" - riflettei mentre i miei occhi seguivano l'irrequieto uomo verde. Mi decisi a tranquillizzarlo.
Acconciai i miei capelli ancora un po' umidi come prima, due codini flosci sul petto, e lo raggiunsi. Lo afferrai per le spalle e lo guardai dritto negli occhi - "Calmati" - mormorai.
"E come?! Sono geloso!" - lo ammise con una certa acidità, mista a consapevolezza.
"Lo so. E lo sono anch'io del mio potere che sembra attrarti più di me! Possiamo smetterla ora?" - pensai che forse, confidandogli apertamente quel dettaglio, si sarebbe convinto a calmarsi.
Di fatto, sembrò funzionare. Il suo sguardo da furioso si fece stanco e dispiaciuto, le spalle da tese si abbassarono e il broncio contrariato divenne mogio - "Okay" - sussurrò in risposta.
"Pensaci bene..." - continuai io - "Sei stato chiuso nel faro per giorni... e io sono qui. Secondo te D non ci avrebbe provato? Beh, io ti dico che non ha fiatato o alzato un dito, quindi puoi star tranquillo. Mi trova solo carina, credo... chissà, magari anche Russel pensa la stessa cosa".
La sua espressione iniziò di nuovo a cambiare - "cattivo segno" - così mi spiegai meglio.
"Quello che voglio dire è che... che per ora mi interessi tu. Non loro. E-E loro sanno che... beh...".
"Sanno cosa?" - domandò improvvisamente curioso.
"Sanno del primo bacio, nello studio" - mi affrettai a rispondere - "Sanno, e stanno alla larga. Quindi non devi preoccuparti. Non mi porteranno via da te. Per me ci sei tu".
Ancora non ci credevo di star facendo certe promesse ad un essere umano.
"Sono un angelo, dannazione! Perché illudo in questo modo sia me stessa che gli altri?!"
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