21. Scelta
La risata più dolce che abbia mai sentito. Sincera e cristallina. Lo guardavo sbalordita anche dopo che aveva smesso di ridere, e lui di rimando mi guardava perplesso.
"Cosa?" - domandò alzando un sopracciglio - "Guarda che scherzavo, qualche nota ti riesce ... discretamente!".
Non sapevo come rispondergli. Ero troppo distratta, nella mia testa si ripeteva come un eco il suono della sua voce che rideva armoniosa.
"Ehm ... si, okay, grazie ..." - farfugliai cose a caso senza badarci troppo e lui in cambio mi rivolse uno dei suoi sorrisi maliziosi.
"Cosa stai guardando? ~" - avvicinò il suo volto al mio, facendomi indietreggiare di qualche centimetro - "O ... a cosa stai pensando? ~".
Quella sua faccia troppo vicina alla mia mi faceva arrossire. Anche se l'alito di rum e tabacco era percettibile, i miei sensi erano concentrati sui suoi occhi e le sue labbra. Inizialmente rimasi come immobile, pensando a cosa farne della sua faccia quasi appiccicata alla mia, e lui approfittava di quel tempo perso per farsi sempre più vicino.
"Ma insomma! Che mi prende?! Sono io quella con l'autocontrollo! Contegno! Tieni a bada questo stupido!".
Ormai era vicinissimo. Ma in volto non aveva piú la stessa espressione di prima, anzi, sembrava quasi essersi incantato. Gli occhi erano più calmi e rilassati, le sue labbra schiuse ed immobili.
"Vuole ... baciarmi ancora?".
Me ne resi conto solo dopo, quando ormai mi ero avvicinata piano verso di lui e avevo già unito le mie labbra con le sue. Stava aspettando la mia scelta. Quello fu il secondo bacio che ci demmo nell'arco di, quanto, una settimana e pochi giorni di più? Il primo era stato fugace, forse uno scherzo. Ma questo era diverso. Si staccò da me giusto dopo qualche secondo, guardandomi con la stessa espressione imbambolata di prima.
"Senti uh ... Fatua" - inizió lui, guardandomi titubante - "Avrei la stessa richiesta dell'ultima volta, ti va se ... uhm".
"C-Cosa? Non ho capito ..." - quel bacio mi aveva leggermente stordita, non per l'intensità ovviamente, ma per le circostanze, il modo in cui quel chi me l'aveva dato.
"Si uh, insomma ... dormi qui con me" - ribatté lui più deciso, facendo riapparire quella sua espressione un po' maliziosa, probabilmente per non mostrare quel suo lato molle che si stava scoprendo.
"Oh ... si, certo ..." - mormorai inizialmente, ma dopo una seconda riflessione, gli dissi - "Ma solo se domani andrai a chiedere scusa agli altri!".
Murdoc spalancò gli occhi, cadendo di nuovo nel panico - "No che n-non- ..." - ma lo fermai seduta stante.
Gli presi il volto con entrambe le mani, avvicinandolo di nuovo al mio - "Va tutto bene ..." - gli carezzai gli zigomi con i pollici, mentre lo guardavo dritto neglio occhi - "Chiederai loro scusa, e vedrai che saranno più che felici di sentirtelo dire, manchi a tutti ... hanno bisogno di te" - quelle parole di conforto mi uscirono come un sussurro, flebile e gentile.
In risposta Murdoc annuì deciso per poi abbassare lo sguardo. Allontanai le mani dal suo viso e cercai di incrociare il mio sguardo col suo. Inizialmente non voleva alzare gli occhi e la cosa mi faceva un po' ridere, si era intimidito tutto ad un tratto per chissà cosa. Prese un sorso di rum e senza dir nulla si distese nella barca, facendomi cenno con la mano sui cuscini di stendermi accanto a lui. Feci come indicatomi: mi sistemai accanto a lui, faccia faccia. Il suo sguardo era curioso ma assonnato. Mi squadrava la parte superiore del corpo, dalla vita in su. Si soffermò sul mio petto per qualche secondo per poi guardarmi negli occhi.
"A cosa sta pensando? Che vuole fare?!"
Non che avessi paura ovviamente. Avrei potuto scaraventarlo di fuori, nel freddo oceano, se solo avessi voluto. Dopotutto non era la prima volta che accadeva.
"Di che colore hai detto che erano prima, i tuoi occhi?" - domandò concentrato sulle mie iridi.
"Rosa ..." - risposi, ma la domanda era abbastanza strana fatta da lui in quel momento - "Perché?".
"Nah, niente ..." - sembrò voler tenere la vera risposta per sé.
Si sistemò un cuscino sotto la testa e si tirò addosso la coperta maltrattata che aveva alle spalle. Inaspettatamente poi, la distese anche su di me. La cosa era alquanto carina, lo ammetto, qualunque fossero le sue intenzioni a me ignote. Ma non potei fare a meno di ridere un po' per quel gesto.
"Ahahah ...".
"Cosa" - mi domandò improvvisamente sveglio e serio - "Che ridi".
"Niente niente ... è che il freddo non lo percepisco, cioè, lo sento, ma non mi causa brividi o altro".
"Quindi - in teoria - la coperta non ti serve" - ribatté lui schiettamente.
Io risposi dandogli conferma - "Beh ... no".
Emise un grugnito offeso e con un unico scatto tirò dalla sua parte la stoffa che mi copriva e si voltò dall'altro lato, dandomi le spalle.
"Ahahah!" - mi si formò un largo sorriso sul volto assistendo a quella sua reazione - "Dai, non fare così!" - lo abbracciai istintivamente da dietro, avvolgendo le mie braccia intorno a lui ed intrecciandole sul suo petto - "Ho freddo! Dammi un po' di coperta ahah!".
Non so da dove uscisse quel mio lato giocoso e spensierato, fatto stava che mi venne tutto così ... naturale, da non farci nemmeno caso. Fu il gesto di Murdoc a farmi cambiare atteggiamento: mi prese una mano, la destra per essere precisi, e la strinse forte nella sua, sottile e a tratti callosa.
"Murdoc?" - chiamai il suo nome e provai ad affacciarmi dal suo lato, ma nulla, non riuscii a guardarlo in viso. Strinse più forte la mia mano e rimase in silenzio per non so quanto tempo.
Dopo quel lasso temporale che sembrava non finire mai, disse con voce assonnata - "Sai ... saresti stata più carina con gli occhi azzurri ... e bionda ... pallida come l'avorio ...".
Non sapevo cosa volesse insinuare con quell'osservazione. Sta di fatto che iniziai a sentirlo russare e non insistetti sulla questione. Passai la notte a quel modo, avvinghiata alla sua schiena e lui aggrappato alla mia mano.
Riflettei, e molti ricordi mi tornarono alla mente. Non era la prima volta che rimanevo in una situazione come quella.
La prima volta fu con lui.
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