20. Murdoc
"Che?" - Murdoc mi guardò abbastanza stupito ed incredulo - "Me? Non c'è niente da dire sul sottoscritto".
"Io invece credo di sì" - ribattei - "Raccontami la tua storia, voglio sapere chi sei".
"Murdoc Faust Niccals, bassista dei Gorillaz, fine. Non c'è altro che valga la pena far sapere".
"Ed invece ti sbagli!" - insistetti, guardandolo decisa negli occhi - "Voglio conoscere il tuo perché, ma non posso se non ti apri con me!".
Quel suo sguardo sbalordito non accennava a scomparire - "A-Aprirmi?! Hai bevuto acqua di mare o cosa?! Non ci ricaveresti niente di buono! Sarebbe solo inutile!!".
"Ti prego" - lo interruppi, guardandolo seria - "Voglio sapere".
I suoi occhi si fecero irrequieti. Iniziò a rivolgere lo sguardo ovunque nella stanza, fino a che la pressione non si fece piú alta e si alzò da dove era seduto, per camminare nervosamente su e giù, a destra e sinistra, sbuffando e passandosi le mani tra i capelli come un pazzo.
Davvero parlare di sé gli era così difficile? 2D mi aveva spiegato che questo genere di cose, ovvero raccontare della propria vita, era normale per loro, siccome avevano fatto spesso interviste e scritto addirittura un libro sulla loro vita. Io però non potevo di certo mettermi a cercare questo libro o le loro interviste sui giornali o non so che altro, quindi dovevo per forza optare per questa strada, sentirlo da Murdoc in persona.
In quello stato però, temevo sarebbe scappato via o peggio ancora, esploso in rabbia e frustrazione. Dovevo calmarlo.
"Murdoc" - iniziai col chiamare il suo nome, mentre scendeva dalla barca.
"Uff ... cosa? Cosa c'è?!" - fermò il suo camminare nervoso e mi guardò.
Senza alcuna esitazione, mi avvicinai a lui e lo presi per le braccia, puntando i miei occhi nei suoi. Inizialmente sembrava confuso, ma lasciò dietro di sé qualunque pensiero avesse e si calmò emanando un unico, grande sospiro.
"Tranquillo ... okay? Lo hai fatto per il mondo intero più di una volta, quindi perché non solo per me, qui e ora?" - gli sorrisi dolcemente, cercando di infondergli sicurezza.
Si morse il labbro, alquanto indeciso. Si era scompigliato i capelli e aveva l'occhio sinistro coperto da una ciocca scura, lasciando scoperto quello destro, un grande occhio vivido e lucido.
"Va bene, va bene ..." - si convinse e sposto solo dopo lo sguardo sulle nostre braccia, le mie braccia che cingevano dolcemente le sue. Le lasciai andare subito dopo, nascondendo le mie dietro la schiena.
"Ma prima!" - andò a recuperare quella bottiglia lasciata aperta, decisamente rum, e tornò a sedersi nella barchetta a metà. Lo raggiunsi e mi risistemai accanto a lui.
"Allora ..." - non aveva nemmeno cominciato, che bevve un abbondante sorso di rum - "Da che comincio?".
In effetti, era un'ottima domanda.
"Uhm ..." - ci riflettei su per un po', poi domandai - "Dove sei nato ... per esempio?".
"Beh ... sono nato a Stoke-on-Trent, Inghilterra ... su un cassonetto della spazzatura. Ai tempi non era un bel posto in cui vivere" - affermò pulendosi la bocca con la manica nera del suo maglioncino.
Su un cassonetto dell'immondizia?! Nel mio piccolo speravo fosse sarcastico... ma era chiaro che non stesse scherzando e non volli infierire troppo sulla questione, così passai avanti - "Ai tempi?" - ribattei.
"Si ... sono nato nel 66" lì ... 6 giugno del 1966".
"Una data che è tutta un programma ahah ..." - ammisi ridendo a bassa voce, seguita da un ridolino a labbra serrate di Murdoc - "Mhmh, già ...".
Continuò subito dopo - "Sin da piccolo non avevo... una bella vita: non ho conosciuto mia madre, semplicemente fui abbandonato davanti alla porta di casa del mio vecchio. Appena feci l'eta per poter imparare a parlare e camminare quel bastardo di mio padre cominciò a sfruttarmi in ogni maniera possibile. Mi faceva cantare per soldi davanti a degli ubriachi ogni sera nel pub nel quale puntualmente andava a divertirsi. Il ricavato ovviamente non era per me, ma unicamente per lui. Avevo anche un fratello, ma ora non ho idea di che fine abbia fatto. Anche lui non perdeva occasione per sfruttarmi e pestarmi, come mio padre del resto. È stato il responsabile di due delle mie otto fratture al naso. Pensa, prima l'avevo come quello di mio padre e cazzo se faceva schifo. Nel giro di pochi anni ero già un poco di buono. Avevo capito come girava il mondo e cosa fare per passarla liscia in ogni situazione, come fregare i polli e vivere alla grande. Un misantropo all'età di soli 13 anni. Finivo continuamente in prigione per uscirne giorni, settimane o mesi dopo. Solo la musica mi salvava, ora che ci penso. Mi convinsi a formare una band, la migliore al mondo, ed ho fatto anche qualche patto col demonio per questo" - arrivato a quel punto del racconto, lo fermai.
"Come? Col demonio?" - non credo si riferisse al fatto che mi aveva evocata, aveva detto qualche, dopotutto.
Mi guardò per un attimo, titubante, poi rispose velocemente - "Mi sono fatto dare il mio basso da Satana promettendogli la mia anima, semmai la mia band fosse diventata la più famosa al mondo! Ho anche cambiato nome da Alphonce a Faust!".
"Coooosa?!" - mi alzai di scatti, per poi impietrirmi sul posto - "TU hai fatto un patto con SATANA?! Il grande capo!? Ma sei impazzito?!".
"Beh si .. ahahah!!" - mi rispose lui, come se nulla fosse.
"Cioè, fammi capire! Mi hai evocata quando già avevi un patto in sospeso con SATANA?!".
"Esattamente! Ma l'anima per ora è ancora mia! Quindi posso farci quello che voglio no? Gli ho promesso che gliel'avrei data solo nel caso la mia band fosse diventata la più famosa al mondo, cosa che, guarda un po', ancora deve avvenire! Non ci vedo nulla di male nel prometterla in cambio di cose che molto probabilmente non avverranno per quanto ci speri! Che poi, pensaci bene!" - mi prese per le braccia e mi tirò verso di sé. Mi fece tornare seduta accanto a lui.
"Il mio è un sogno un po' impossibile, ne sono sempre stato consapevole. E sono testardo e superbo di natura, lo ammetto. Quindi ho sempre continuato a lottare per quel mio unico sogno: essere riconosciuto da tutti come il miglior bassista del mondo, della migliore band in assoluto. Semmai avverassi quel sogno non mi resterebbe più nulla da sognare, non credi?".
Restai ancora più sbalordita e sorpresa di prima. Un tale discorso usciva dritto dalla sua bocca, lì, davanti ai miei occhi. Murdoc Alphon- Faust Niccals non era così per scelta. Erano state le circostanze, le persone che avrebbero dovuto trattarlo con riguardo in quanto famiglia, ad averlo reso il furbo misantropo menefreghista che era oggi. Era colpa del mondo, non sua.
Quel suo discorso mi fece tornare i nervi saldi, mi calmai sentendo quelle parole. Aveva più o meno idea di quello che faceva, almeno.
"Forse hai ragione" - ammisi sfoderando un piccolo sorriso.
"Credo sia stata l'infanzia a distruggermi ancor prima di cominciare a vivere sul serio..." dopo quell'affermazione abbassò lo sguardo, tornando ad intristirsi come prima.
Spostai gli occhi nella sua stessa direzione e mi accorsi che stringeva ancora le mie braccia tra le sue. Non riuscivo a muoverle. Lasciò andare il mio braccio destro, per concentrarsi sulla mia mano sinistra. Mi prese delicatamente per il polso e alzò entrambe le mani, la mia e la sua, all'altezza dei nostri visi. Guardava incuriosito la mia mano, come se cercasse qualcosa su di essa. Iniziai ad arrossire per quel comportamento improvviso, non sapevo cosa aspettarmi. Poi finalmente parlò, dicendo in tono scherzoso - "Hai delle mani minuscole... è ovvio che non sai suonare il basso".
"C-Come?" - gli chiesi distrattamente. Quel suo sguardo accigliato mi aveva totalmente catturata. Nel provare ad immaginare cosa stesse pensando, ero finita col perdermi nei suoi occhi.
"Mani piccole bimba, non puoi suonare" - ripeté conciso.
"Ma ... ma non è vero! So che se i pianisti hanno mani piccole possono riscrivere la musica in modo da adattarla alle loro mani, non si potrebbe fare anche con il basso?" - ribattei improvvisamente, ripescando da non so quale pozzo di memoria quel fatto riguardante i pianisti. Lui si fece una grossa risata e mi rispose sorridendo - "Anche se fosse possibile, non ci riusciresti comunque! Ahahah!~".
Il fatto che potessi suonare o no il basso non poteva importarmi più di tanto. Era poco rilevante. In quell'attimo sfuggente mi importava solo di una cosa. Qualcosa che forse nessuno aveva mai visto. Qualcosa di raro ed incredibile. Di sincero.
Murdoc stava sorridendo. E non solo. C'era qualcosa di diverso nella sua anima.
Nella sua anima completamente nera apparì un piccolo, minuscolo, puntino bianco.
Credo che quel puntino fossi io.
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