21. Honi soit qui mal y pense ~ 😇
Eravamo inseguiti giusto da un paio di fan sulla strada verso casa, ma Murdoc riuscì a seminarli senza troppi problemi visto che sembrava conoscere ogni scorciatoia, anche quelle dei vicoli più stretti e per nulla frequentati. Gli diedi tutte le indicazioni necessarie per arrivare all'appartamento dove abitavo e finalmente fummo soli nel piccolo cubicolo dell'ascensore. Pensandoci, se avessi aspettato quel minuto in più non mi sarei fatta male nello scendere le scale.
«Come mai zoppichi? Che ti è successo?» mi domandò il bassista non appena la porta dell'ascensore di chiuse.
«Sono inciampata scendendo le scale... appena ho ascoltato il messaggio in segreteria sono corsa in strada per cercarti convinta che tu stessi ancora cercando me» risposi distrattamente guardandolo negli occhi, genuinamente felice di poterlo rivedere e soprattutto toccare senza le sbarre a dividerci.
«Ci avevi visto giusto piccola... non mi sono fermato un attimo. Il prefisso di casa tua era il mio unico indizio e ho cercato in questa zona per ore, ma alla fine sei stata tu a trovare me. Che brava» mi diede un bacio sulla fronte accaldata, cosa che mi fece percepire le sue labbra come due sottili stringhe di ghiaccio.
Una volta aperto l'ascensore tirai fuori le chiavi dalla tasca e aprii l'uscio di casa per lui mentre ancora mi reggeva tra le sue braccia. Entrò, e dopo essersi guardato attorno, chiuse la porta con una spinta di tallone e mi distese sul divano. Mi tolsi il cellulare dalla tasca visto che da seduta mi fava fastidio nei pantaloni - ormai li fanno sempre più utili, ma sempre meno comodi - e lo lasciai sul tavolino da caffè davanti a me. Murdoc notò lo schermo rotto e senza esitazione lo prese tra le sue mani.
«Come hai fatto a conciarlo così? Non dirmi che...».
«Sì, è caduto insieme a me per le scale...».
Cercavo di non darlo a vedere, ma dentro stavo morendo dalla voglia di sapere la verità. Ero sopraffatta dallo sfinimento, dalla sensazione di averlo riabbracciato dopo mesi di astinenza, dopo aver creduto che fosse morto e andato via per sempre. Se prima ero furiosa perché mi aveva mentito, ora ero panetto di burro tra le sue mani. Sospirò mentre reggeva il mio cellulare in un palmo della mano e con una vena di amarezza lo ripose sul tavolino, per poi guardare me. Doveva aver letto i mille dubbi che mi attraversavano la mente solo guardandomi negli occhi.
«Io... io non ti merito Cheryl» disse.
Rimasi in silenzio. Volevo che continuasse.
«Noodle mi ha detto che ti ha telefonata quando... quando me ne sono andato. Quel che ti ha detto è la verità, ma allo stesso tempo è anche una bugia. Vedi, quando mi rinchiusero in prigione sapevo bene di essere stato arrestato per una cazzata, ma non volevo che la gente si rendesse conto per l'ennesima volta che fossi un completo idiota. Mentre ero dentro i fan avevano cominciato a far teorie, ad auto-convincersi che io fossi innocente, qualunque fosse stato il mio crimine. In prigione intanto giravano strane voci e leggende su questo criminale orribile e depravato, questo El Mierda... così ho utilizzato le dicerie per creare una storia tutta mia dove ero davvero innocente, dove per una volta Murdoc Niccals era solo vittima degli eventi. Ero convinto che El Mierda non esistesse, che fosse semplicemente frutto della fantasia di qualche avanzo di galera. Ma quando scoprii che quel tizio esisteva davvero e che tu eri stata licenziata, decisi di evadere. Noodle era in pericolo - anche se in fondo sapevo che se la sarebbe cavata - e soprattutto, tu non eri più al mio fianco. Non ho resistito... e sono scappato. Non sapevo che mi avrebbero scarcerato quel giorno, altrimenti avrei aspettato... no, che dico, me ne sarei fottuto e sarei corso prima a salvare Noodle, e poi avrei raggiunto te. Dopo aver preso il primo aereo per la Patagonia ho raggiunto le coordinate in groppa ad uno yak e fortunatamente a destinazione c'era ancora Noodle, al sicuro in quella che era la spa di un criminale ormai in pensione. Avendo passato una settimana al freddo, Noodle ha pensato bene di farmi trascorrere qualche altro giorno lì per potermi "riprendere" a livello termico e soprattutto, dirle tutta la verità, oltre che a prolungare la sua meritata vacanza per averle fatto fare tutta quella strada per nulla. Poi siamo tornati e abbiamo messo a posto diverse cose col notaio e la mia eredità, per questo ho tardato a contattarti».
Non riuscivo ancora a capacitarmene. Era evaso in un acqua-park di letame per poter salvare Noodle e rivedere me... come potevo essere arrabbiata con lui? Non ero sicura che fosse la verità, per quanto ne sapessi poteva starmi mentendo ancora. Ma non m'importava più perché era lì con me. Era vivo. Era tutto quel che desideravo. Murdoc abbassò lo sguardo sulle sue mani giunte, avambracci poggiati sulle ginocchia. Se ne stava ricurvo sul bordo del divano con le mie gambe dietro di sé.
«So bene di averti raccontato una grossa balla Cheryl. L'ho raccontata a tutti. Alla mia "famiglia", ai miei fan... e a te. Non meriti un bugiardo come me nella tua vita. Non meriti di soffrire così per il primo stronzo verde che ti capita a tiro. Ci ho riflettuto sopra in queste settimane e... credo che staresti meglio senza di me, in fondo».
Conoscevo quel tono di voce, stava per piangere. Ma non glielo avrei permesso, così come non gli avrei permesso di abbandonarmi.
«Ti sono per caso finite delle feci nel cervello?» gli dissi in tono sarcastico, attirando il suo sguardo stupito e lucido «Azzardati a lasciarmi e ti farò pentire di avermi conosciuta per il resto dei tuoi giorni» continuai, sfoderando uno dei miei sorrisi a metà tra la malizia e dolcezza. «Ti ho aspettato tanto Murdoc, ti ho aspettato anche quando tutti erano convinti che fossi morto... quindi smettila di fare il drammatico e fatti perdonare. Me lo devi, dopo la paura che mi hai messo con la tua scomparsa, a partire da quel messaggio d'addio... a proposito. Come hai fatto a sopravvivere a tutti quei liquami?».
Si era incantato a guardarmi, per questo quando mi fermai e gli posi quella domanda lui mormorò un «Ah...» e distolse lo sguardo da me per strofinarsi gli occhi con le dita. «È una storia assai strana, se non incredibile. Dopo che ti ho inviato quel messaggio devo essere svenuto, ma credo che qualcuno mi abbia salvato dal mare di merda in cui mi trovavo, e in stato di semi-coscienza devo averlo anche visto. Non lo ricordo bene ma...» si mise una mano nella tasca interna della giacca in pelle e ne tirò fuori un foglietto stropicciato «L'ho disegnato prima che me ne dimenticassi. Ecco, guarda tu stessa». Mi passò il foglietto.
«Wow... e che sarà mai? ... O chi?» commentai dopo un'attenta analisti dello sketch. Non sapevo se fosse un pessimo disegnatore o se l'immagine nella sua mente fosse davvero così distorta come riportata su carta, ma devo ammettere che mi intrigò parecchio quella figura.
«Non ne ho idea...» gli consegnai il foglietto e lui se lo rimise nella tasca sul petto «Ma spero di vederci chiaro prima o poi. Se non fosse stato per questa... cosa o persona, probabilmente non sarei qui con te».
Il silenzio cadde di nuovo, ma stavolta era meno carico di paure e insicurezze. I rumori della città che venivano dall'esterno erano forti, ma non abbastanza da impedirmi di immaginare Murdoc mugolare come un cucciolo in cerca di attenzioni, seppur non mi stesse di nuovo guardando. Mossi il piede - notando che la il dolore per la storta mi era anche passato - e mi tolsi la scarpa con l'altro, solo per accarezzarlo dal basso della schiena fin sotto la nuca con la punta dell'alluce. Lui si voltò con aria piacevolmente confusa.
«Vieni qui, stupido».
Non se lo fece ripetere due volte e si fiondò su di me per potermi baciare con tutta la passione e la foga di cui era capace. Naturalmente feci lo stesso anche io. Mi era mancato troppo... avevo bisogno di sentirlo vicino a me, pelle contro pelle. Con ancora i vestiti addosso sentivo le sue mani perlustrare ogni centimetro del mio corpo, insinuarsi sotto la stoffa per potermi accarezzare con una lascivia repressa. Anche io non ero da meno, avevo ormai deciso di aggrapparmi a lui con braccia e gambe allacciate intorno al suo collo e ai suoi fianchi. Dal bacio passò a dedicarsi al mio collo per farmi ricordare quanto mi piacesse quella bollente umidità sulla pelle, e lo sentii sogghignare quando mi misi a ridere per il piacevole solletico che mi stava procurando. Scendeva sempre più in basso con quella coda di fuoco e ben presto arrivò a togliermi qualsiasi indumento stessi indossando sulla parte superiore del mio corpo. Avevamo entrambi il fiato mozzato dalla forte passione che ci stava trascinando, ma la fiamma della libido pareva non essersi spenta in Murdoc neanche a dieci anni di distanza, e senza che me ne accorgessi iniziò a ricoprirmi il petto di saliva senza dimenticare un solo centimetro della mia pelle. Tra le gambe sentivo crescere la sua eccitazione insieme alla mia, avevo bisogno di sentirlo più vicino, di averlo. Provai a mormorare il suo nome un paio di volte nonostante l'eccitazione mi stesse dando alla testa, facendo uscire dalla mia bocca più gemiti e mugolii che vere e proprie parole. Quando finalmente arrivò per lui il momento di passare alla "fase successiva", alzò il capo verso di me: i capelli in disordine, la lunga lingua di fuori connessa alla mia carne da un filo di saliva, lo sguardo assente ma concentrato altrove... quel breve silenzio ci permise di comunicare solo con gli occhi e senza troppi giri di parole eravamo già in camera da letto, nudi, pronti a tutto.
Murdoc riprese a baciarmi il collo - stavolta con più "raffinatezza" di prima - sussurrandomi «È arrivato il momento di recuperare il tempo perso~». Non potei fare a meno di sorridere a quell'affermazione. Il tono in cui si rivolgeva a me dicendomi le cose più sconce nelle maniere più sporche, il modo in cui mi guardava tra una sensuale brutalità e la promessa della più dolce delle estasi, le sue mani animate dalla lussuria sulla mia carne... ero un ammasso di spasmi e gemiti alla sua mercé. Ad occhi chiusi sentivo riverberi disseminarsi in tutto il mio corpo ad ogni ad ogni bacio, ogni morso, ogni spinta; mi sentivo come il suo basso quando veniva suonato, governata da una maestria superba, da un'abilità senza pari e confini. Ogni tocco era una nota che usciva dritta dalla mia bocca e che rimbalzava sulle pareti della stanza insieme a quelle di lui, creando un'eufonia di ansimi, grida e gemiti.
Indubbiamente una delle notti più belle, movimentate e meno solitarie che avessi passato negli ultimi dieci anni. E non sarebbe stata l'ultima.
[N.d.A.]
Ahhh AMO QUESTA CANZONE qwq
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro