17. L'impresa non è andarci, ma convincere qualcuno ad andarci ~ 😇
Arrivò la domenica. Avevo il giorno libero e un piano da mettere in atto. Dopo che Murdoc si trovò d'accordo con la mia proposta mi sentii ancora più in dovere di presentarmi a casa del resto dei Gorillaz. Loro non si sarebbero ricordati di me... per 2D, Noodle e Russel sarei stata solo una sconosciuta, magari l'ennesima fan appiccicosa, perdutamente innamorata di un musicista senza scrupoli. 2D riceveva sempre le maggior parte delle attenzioni femminili, mentre a Murdoc toccava il resto: vecchiette che si credevano ancora nel fiore degli anni, ragazzine troppo stupide e piccole e probabilmente - in sua opinione - senza il senso dell'olfatto. Ora aveva me e la consa non gli interessava poi tanto come un tempo... ma il fatto che fosse inferiore a Stuart in qualcosa dove lui si sentiva di eccellere, gli bruciava. Murdoc puzzava, è vero, e lo ammetteva lui stesso. A me non interessava, mi piaceva lo stesso... ma il mio naso si ribellava ugualmente. Fu per questo che gli portai qualche bomboletta di Glade per coprire il fetore della sua cella. A lui fece piacere. Quando Shaun glielo faceva notare, invece, andava su tutte le furie. E io ridevo come una stupida perché sapevo che lo faceva apposta per farmi divertire.
In quella mattina piacevolmente nuvolosa dato il caldo, decisi di usare uno skateboard che avevo da poco acquistato invece dell'auto. Avendo dei soldi e una vita da sperimentare, provavo qualsiasi cosa purché fosse nuova. Avevo fatto un po' di pratica nel tempo libero oltre ad andare alla scuola di ballo e devo dire che giostrare il mio equilibrio su quel modello tanto particolare fu una passeggiata. Era quel tipo di skateboard con solo due ruote, una per estremità, e il dondolarmi per avanzare sull'asfalto in qualche modo mi rasserenava. Il rischio di finire addosso a qualcuno era sempre dietro l'angolo, ma in quegli attimi fuggenti non mi sembrava un problema poi tanto grande. Avevo altri pensieri per la testa. Murdoc mi aveva dato l'indirizzo dei nuovi Kong Studios, un edificio fatto su misura per la band nei meandri di Londra. Più mi avvicinavo e più sentivo il cuore iniziare a battermi forte, l'eco di quei piccoli tonfi disperdersi nel mio stomaco e nella gola facendomi tremare come una foglia al vento. Avevo paura. E se non avesse accettato? E se non mi avessero nemmeno fatta entrare? Cercare di spiegar loro che già mi conoscevano sarebbe stato un errore perché non avrebbero mai potuto ricordarsi di me. Gabriele era stato chiaro al riguardo. Murdoc era stata un'eccezione bella e buona.
Indosso avevo degli shorts bianchi, scarpette del medesimo colore e un top giallo. I capelli, tanto per cambiare e per sentirli fluttuare nel vento, li portavo sciolti. Tra una svolta e l'altra arrivai davanti ai New Kong Studios nel giro di un'oretta, dopo aver attraversato strade trafficate, incroci ingorgati di veicoli e stradine poco frequentate. Scesi dalla tavola e la presi sottobraccio, per poi avvicinarmi al portone e controllare il citofono. Il modello riportava più pulsanti da premere, ma il nome di ogni piano riportava "NEW K. S." A quanto pare l'intero edificio era di loro proprietà. Bussai, attendendo quei brevi istanti come se fossero anni. Una voce profonda, accento americano, rispose «Sì? Chi è?». La riconobbi subito... era la voce di Russel.
Panico. Non sapevo come attaccare il discorso «Ahm... salve».
«Non ci serve niente! E sotto questo tetto vivono buddisti, shintoisti e cristiani!» mi interruppe Russel con ferma schiettezza.
«No no no! Non sono qui per vedere cose o proporvi religioni... devo parlare con i Gorillaz. Con voi» dissi in tono serio, annotando a mente che non aveva incluso "satanisti" nella lista. Russel fece una pausa, poi mi chiese «Cosa vuole allora?».
«V-Vorrei parlare con Noodle... è una cosa importante. Dico davvero. Non sono qui per avere autografi o altro... ho bisogno di lei» risposi con tono implorante ma composto. Russel fece un verso di riflessione, un "hmm" e poi si decise ad aprire il cancello «La trovi in garage» e posò la cornetta. Spinsi il portone ed entrai. Quello che doveva essere l'ingresso era abbastanza cupo, ma nella penombra riuscii a vedere un cartello sul muro che indicava un ascensore. Premetti il bottone e una volta nella stretta stanza, schiacciai il tasto che portava la scritta "GARAGE". Ebbi una sorta di déjà-vu mentre ero in piedi in quelle quattro mura... mi sembrava di essere tornata in quello stretto buco di ascensore che era su Plastic Beach. Meno di dieci secondi bastarono a farmi viaggiare indietro nel tempo, a quando la band mi sorrideva e suonava le sue canzoni con una nostalgia che dicevano di voler dissipare, con quel sentimento agguerrito di voler tornare a splendere e ad illuminare i cuori e le menti dei loro fan. Forse quei sentimenti c'erano ancora... ma per loro non erano mai stati condivisi con la sottoscritta. La porta si aprii sul garage, dove vi erano diverse macchine parcheggiate e una parete ricoperta da attrezzi per la manutenzione dei motori. Sotto una jeep - quella jeep - vidi delle gambe, sottili ma in qualche modo vibranti di un'energia non indifferente. L'ascensore emise una sorta di campanellino quando le porte si aprirono, così quelle gambe che ebbi modo di intravedere rivelarono presto chi era a manovrarle: un viso annerito scivolò da sotto la jeep, il dorso poggiato su una tavola con delle ruote, gli occhi a mandorla sospettosi ma scintillanti spiccavano in quel volto buio. La ragazza si alzò in piedi e si pulì la faccia con uno straccio che le pendeva dal passante degli shorts, poi se lo rimise alla vita e avvicinandosi a me, mi chiese «E tu chi saresti? Che ci fai qui?». Era diffidente, chiaramente.
«Russel mi ha fatto entrare... a-avrei bisogno di parlarti» dissi. Noodle si grattò la testa lasciando cadere della fuliggine nera dai suoi capelli «E di cosa? E... com'è che ti chiami?». Giusto, avrei dovuto prima dirle che non ero lì in quanto fan ma... in quanto dolce metà ritrovata del bassista che avevano escluso dalla band? "No... meglio formulare per bene questo passo", pensai.
«Mi chiamo Cheryl Reeves. Sono una vostra fan e... beh, non sono qui per autografi o cavolate del genere. Sono qui per una cosa seria, che vi riguarda da vicino, e ho bisogno che tu - Noodle - mi ascolti attentamente» scandii quelle parole con calma e decisione, cosa che sembrò far focalizzare l'attenzione dell'asiatica su di me. Misi una mano nella borsetta a tracolla che mi ero portata dietro, tirandone fuori un foglio stropicciato. Su un lato c'erano delle parole crociate e vari scarabocchi, sull'altro invece delle parole che Murdoc voleva che Noodle leggesse. Aprii il foglio per bene e glielo porsi, ricavandone una faccia confusa da parte di lei. «È da parte di Murdoc. Non farti domande su che rapporto io abbia con lui... c'è qualcosa che non va in tutta questa faccenda. Murdoc è stato sbattuto in prigione ingiustamente e ti sta chiedendo aiuto. Non per farlo evadere, ma per provare la sua innocenza. È riuscito ad ottenere le coordinate del nascondiglio di El Mierda - il vero colpevole - e siccome non può andarci di persona, ha pensato a te. Ripone fiducia nelle tue capacità e in quel che tu rappresenti per lui. Sono venuta fin qui per dirti tutto questo per conto suo. E spero mi darai una risposta». terminai il discorso e rimasi col fiato sospeso, mentre Noodle analizzava il testo sul pezzo di carta. Conoscendola, capii che un minimo - per i primi righi - era allarmata... ma non era abbastanza per la tipa tosta che era diventata in quei dieci anni. Il suo carattere si era fatto più forte, era diventata una donna determinata, che non si arrendeva mai. Ma da quel che leggevo con i suoi occhi, semrbava essersi arresa con Murdoc da tempo.
«Che c'è scritto qui?» mi domandò improvvisamente, spezzando il filo dei miei pensieri. Mi si avvicinò e si mise di fianco a me per indicarmi con la mano un po' sporca uno scarabocchio. Sembravano delle parole cancellate da un confuso e instabile tratto di pennarello. «Non lo so...» mormorai strizzando lo sguardo sulla scritta poco leggibile «Qualcosa... soul...» azzardai riconoscendo quelle poche lettere sotto al secondo tratto di pennarello che copriva la scritta. Noodle alzò il foglio, cercando di vedere se il neon che illuminava il garage potesse esserle d'aiuto «Sembra... "Mierda soul harvester" ... hmmm...» la giovane donna si fece pensierosa, ed abbassò il foglio per guardarlo con più attenzione. All'improvviso si voltò verso di me con aria civettuola, come se non volesse che qualcuno la sentisse «Questa parola... "soul" non mi convince, sai?» e qui si rigirò il foglio tra le mani, guardando anche l'altro lato «Murdoc fa spesso scarabocchi simili quando ha in mente qualcosa... e nessuno si rivela mai fuori luogo. Certo, a parte i cazzetti che fa agli angoli delle pagine» mi parve di vedere un piccolo sorriso sulle sue labbra, come una smorfia piccola e timida nascosta ad un angolo della bocca «Se ha scritto questo, significa che c'è sicuramente qualcosa sotto. E ti dirò anche un'altra cosa... ultimamente 2D è parecchio strano. Non sembra più lui... come se qualcosa lo avesse cambiato... dall'interno, non so se mi spiego». La vidi spostare la sua attenzione sulle coordinate che Murdoc aveva annotato in alto sul foglio «Dove sarebbe questo nascondiglio?». Quella domanda mi fece sentire già più leggera.
«In Argentina... Patagonia, per essere precisi» risposi subito. Lei annuì e si mise a piegare il foglio, facendo combaciare i lati alla perfezione «Okay... ci andrò. Ma non lo faccio per Murdoc, sappilo. Sono preoccupata per 2D... ed e meglio andare sul sicuro quando si tratta di, beh, sia l'uno che l'altro» si mise il foglietto nella tasca posteriore degli shorts e si posò la mano sul fianco sinistro «Mi hai detto di non fare domande sul come tu faccia a conoscere Murdoc... ma il fatto che tu avessi un foglio con sopra la sua calligrafia mi fa pensare che tu lo conosca di persona. E che tu vada a trovarlo in prigione. Come hai detto di chiamarti?». Il suo volto si fece di nuovo sospettoso, quasi accusatorio, e io dovetti farmi forza per non distogliere lo sguardo dai suoi occhi scuri e a mandorla. «Cheryl... Cheryl Reeves» risposi.
«Cheryl... mi suona familiare. Ora che ci penso, la tua faccia non mi è nemmeno tanto nuova... sarai venuta a qualche nostro concerto, immagino» ipotizzò lei, facendomi immergere nel dubbio. Avrei dovuto citarle quella volta a Margate? C'era qualche pericolo che le cose sarebbero andate storte se ne avessi parlato?
«Beh sì... una volta feci la fila per gli autografi. È probabile che mi abbiate vista. Ma con tutte le persone che incontrate ogni giorno, dubito vi ricordereste proprio di me haha!» risposi restando sul vago, aggiungendo una risatina nervosa che per me rappresentò una valvola di sfogo, per lei una semplice reazione ad un fatto più che naturale. «Bene allora... Cheryl. Mi recherò in Argentina per scovare questo El Mierda e vedere se ha qualcosa a che fare con 2D... o Murdoc. In ogni caso ti farò sapere... così che tu possa riferirlo a tu sai chi. Ci stai?».
Annuii immediatamente, sentendomi decisamente più leggera. Io e Noodle ci scambiammo i numeri di cellulare e poi mi accompagnò nell'atrio al piano superiore. La salutai con un cenno della mano mentre lei rientrava in ascensore per salire al secondo piano, a giudicare dal numero che apparve sul quadrante digitale. Uscii dalla palazzina, prendendo un bel respiro di aria fresca che mi parve più pulita di quanto in realtà non fosse. Ce l'avevo fatta. Noodle ci avrebbe aiutati a scagionare Murdoc! Ero sorridente, sollevata, mi sentivo quasi come 2D al finale di Do Ya Thing - ammesso che si sentisse così - e con un'improvvisa scarica di adrenalina feci un balzo per sorvolare quei pochi gradini che mi dividevano dall'asfalto. Nel momento preciso in cui atterrai seguita dalla mia chioma del colore simile al platino sotto i raggi del sole, catturai con la coda dell'occhio una figura che mi era appena passata accanto. Mi voltai subito vedendo in cima agli scalini, davanti al portone del palazzo con delle chiavi in mano, Ace D. Copular, l'uomo verdognolo che aveva preso il posto di Murdoc. Portava un paio di occhiali da sole a punta, dei jeans color sabbia, scarpe nere abbastanza anonime e una semplice t-shirt bianca a giro-maniche. Mi stava dando le spalle, ma la sua testa era rivolta di profilo e riuscivo chiaramente a vedere il suo occhio dalla sclera rosa puntato su di me, così come per quel suo sorriso affilato contornato da labbra color salvia. Mi guardò per quei brevi istanti, si voltò, girò la chiave nella serratura ed entrò lasciandomi là fuori senza dir nulla.
[N.d.A]
Ho ascoltato questa canzone per tipo due mesi quest'estate e niente, beccatevela e SSSH. Avete notato le canzoni nei capitoli precedenti? (Non tutti ne hanno una) Beh, se ve le siete perse scorrete i capitoli e provate ad ascoltarle pensando a cosa accade nel capitolo! Tra qualche capitolo arriverà una delle mie preferite u.u non vi spoilero nulla, ma vi dico questo: SEMBRA FATTA APPOSTA PER ME HAHAHA e io sono piacevolmente allarmata dalla cosa :,D
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