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Chapter 37 - Frozen

Nella foto: Douglas Withmoore

Quella mattina Annie si era svegliata presto e si sentiva estremamente positiva, sarebbe partita la sera con Jason per un fine settimana romantico e rilassante, il primo viaggio vero da quando ne avesse memoria. Sembrava un'altra vita il periodo in cui era stata felice e spensierata, negli ultimi anni aveva dato anima e corpo nel suo negozio, per risanare i debiti e rimettersi in pari. Finalmente poteva avere l'accasione di rimediare anche alla sua vita, aveva intenzione di finire tutti gli ordini in anticipo in modo da poter partire senza nulla in sospeso.

Quando la ragazza arrivò davanti alla pasticceria le ci volle un momento prima di capire cosa stesse succedendo, fissò l'edificio senza che le immagini suggerissero alla sua mente alcun pensiero. Poi finalmente quello spettacolo raggelante raggiunse la sua coscienza, il negozio era distrutto. La vetrina sfondata, l'interno totalmente vandalizzato e bruciato, le ginocchia della ragazza tremarono così tanto che dovette sedersi a terra per continuare a fissare quello spettacolo raccapricciante. Chi poteva aver mai fatto una cosa del genere? Come avrebbe potuto rimediare? Era tutto perduto.

Tirò fuori il cellulare dalla borsa con le mani ancora tremanti, compose il numero di Konnor e attese che la voce del ragazzo giungesse al suo orecchio.

- Annie! Come va? Ti serve una mano? –

- Konnor ... ti prego – sussurrò con un filo di voce – vieni ... presto, il negozio ... il ... -

Il gelo calò fra i due, il rosso aveva capito cosa poteva essere successo e questo lo fece tremare di rabbia.

- Sono al DOM, vuoi che venga lì? – Chiese con amarezza.

- No ... io ... devo allontanarmi, ti raggiungo – rispose quella quasi singhiozzando.


Quando la ragazza varco la soglia del ristorante trovò i suoi amici tutti lì, Konnor le corse incontro e l'abbracciò forte, lei ricambiò la stretta, nascondendo il suo volto nella spalla dell'amico.

- E' tutto distrutto ... chi può aver mai fatto una cosa del genere? – Domandò lei a nessuno in particolare con una nota di disperazione nella voce.

Ci fu uno scambio di sguardi desolati fra i ragazzi, Skull non riusciva neanche a guardare nella direzione della ragazza, doveva essere colpa sua, questo era l'ennesimo messaggio, nessun innocente sarebbe stato risparmiato. Annie aveva messo ogni penny in quell'attività e adesso c'era il nulla, solo polvere e macerie.

- Forse dei ladri – disse Konnor alla fine, raccogliendo tutte le forze che possedeva per esclamare quell'ennesima bugia.

- Ma che ladri farebbero una cosa del genere? Non hanno preso solo i soldi, hanno distrutto tutto quanto! – la voce della ragazza era straziata.

Prima che chiunque altro potesse dire un sola parola l'attenzione di tutti fu catturata da un rumore all'ingresso del ristorante, dalla porta apparve la figura magra di Harley che si diresse verso di loro con passo frettoloso.

- Sono passato alla pasticceria! Stai bene? – chiese.

Konnor non seppe dire se il tono del ragazzo fosse davvero spiacente o preoccupato ma di certo era interessato ad attirare l'attenzione di Annie. Lei si voltò a guardarlo e accennò un sì con la testa, il moro si avvicinò ancora sfiorandole un braccio.

- Temevo fossi lì dentro, che fossi ferita – Disse il ragazzo accarezzandola.

- Sto ... bene ... - replicò lei leggermente frastornata mentre gli occhi grigi del suo ex la fissavano magnetici – devo andare al bagno ... -

Quando la ragazza fu abbastanza lontana nel gruppo scese un cupo silenzio e gli sguardi severi vagavano nei volti dei ragazzi, fu ancora una volta il rosso a parlare per primo.

- Spero che siate soddisfatti! – esclamò rivolto a Harley e Skull – il frutto delle vostre stronzate è questo ... chi credete che sia stato? –

- Troveremo una soluzione – intervenne il capo – le daremo noi i soldi –

- E con quale scusa? Come facciamo a possedere centinaia di sterline? Hai idea di quanto serva per ricomprare attrezzature e rimettere a nuovo il posto? Se non ricordo male sei stato tu a volerle mentire su come viviamo – gli fece notare Konnor.

- Forse l'assicurazione ... -

- Assicurazione? Ma sei idiota? – lo interruppe – lei non ha una fottuta assicurazione, è riuscita a uscire dai debiti da qualche mese, sta racimolando qualcosa per se stessa da meno di un mese! Le abbiamo rovinato la vita –

I gemelli non dissero una sola parola, fissavano gli amici sempre più arrabbiati e capivano perfettamente che se non si fosse trovata una soluzione quella faccenda li avrebbe annientati.

- Posso pensarci io a lei – disse Harley a un tratto.

- Tu devi starne fuori, tutta questa faccenda di merda è colpa tua – ringhiò Konnor.

- Sai quello che dovremmo fare? Ecco mi sembra il momento giusto per dirlo! Dovremmo consegnarti e chiudere questa storia! Il tuo culo infame non vale tutta questa sofferenza, chi è con me? – chiese Skull.

Calò il silenzio sul gruppo, il capo non capì cosa stesse accadendo se non quando si voltò alle sue spalle e trovò la figura di Annie impietrita a poca distanza. Il volto della ragazza era cereo e fissava tutti con un espressione fra lo sgomento e il disgusto.

- Di che state parlando? –

Altro silenzio, nessuno fiatava, Skull sembrava essere diventato minuscolo sotto lo sguardo della ragazza.

- Cosa c'entrate voi con il mio negozio? – Domandò nuovamente irritata.

- Una questione fra bande dolcezza ... - fu Harley a rispondere.

- Bande? –

- Non hanno smesso, nessuno di noi lo ha fatto – continuò il moro – hanno scelto di mentirti perché era più semplice. –

- Cristo, chiudi la bocca – ringhiò Konnor.

- Perché? – esclamò Annie – perché deve tacere? Nessuno qui ha la decenza di dirmi cosa succede tranne lui e volete farlo tacere? Mi avete mentito per anni, non è così? Sono solo una sciocca ragazza di campagna che potete prendere per il culo –

- Annie per favore, non è ... –

- E com'è? – Chiese interrompendolo – dimmi com'è Konnor! Le vostre stronzate illegali mi hanno appena rovinato l'esistenza, spiegami quello che non capisco! –

- E' colpa nostra – disse Skull – ce ne assumiamo la responsablità, pagheremo i costi della ristrutturazione –

- Con quali soldi? Quelli fatti con la cocaina? Ammazzando la gente, rubando, condannando alla dipendenza delle persone? Dovrei accettare i soldi guadagnati con le azioni più vili che esistano? Oh no grazie, rifiuto l'offerta! –

La ragazza mosse un passo verso la porta, Konnor provò a dire altro ma lei lo fermò inchiodandolo con uno sguardo feroce.

- Quale altra meschinità avete in mente? Harley ... lo consegnerete a quella gente? Farete ammazzare il vostro amico? Dio mi sembrate degli sconosciuti inquietanti – mormorò.

- No, nessuno farà ammazzare Harley – disse Konnor a mezza voce – le cose non avrebbero mai dovuto prendere questa piega, hanno messo in pericolo gente innocente -

Lei distolse lo sguardo - Ero l'unica a non sapere? –

- Avremmo chiuso fra qualche mese , non era per sempre, lo sai per cosa l'ho fatto – mormorò lui triste.

- Rispondi, ero l'unica? –

- Sì ... -

- Sai non mi stupisco di loro, sono troppo egoisti per vedere al di fuori di loro stessi ma credevo che tu fossi diverso, che fossi davvero mio amico –

La ragazza non aggiunse altro, si diresse fuori dal locale senza che nessuno provasse a fermarla e sparì dalla vista di tutti, diretta ad affrontare la catastrofe che le si era presentata davanti.

Avava chiamato la polizia e denunciato l'accaduto, non aveva potuto fornire la descrizione di nessuno e visto che non possedeva un'assicurazione le spese sarebbero state a suo carico.

Fissava il palazzo con aria sconfitta, come avrebbe fatto a sobarcarsi un altro mutuo? Una parte di sé aveva la risposta, doveva rinunciare, chiudere con questo sogno infantile e trovare un altro lavoro, magari alle dipendenze di qualcuno.

Mentre cercava di rimettere in ordine fra i cocci della pasticceria sentì un rumore provenire dalle sue spalle, voltandosi notò la figura longilinea e familiare di Harley avanzare a tentoni fra i vetri rotti.

- Questo posto sembra un cimitero di speranze – disse a mò di saluto.

Quella scosse la testa – non farmi perdere tempo, se sei qui per infastidirmi non sono dell'uomore –

- Sai che io non te lo avrei mai nascosto, vero? – Domandò.

- Sì e per quanto detesti ammetterlo sei sempre stato fin troppo onesto con certe faccende – replicò la ragazza.

Lui prese una scopa e cominciò a darle una mano a pulire – questo casino è anche colpa mia, voglio aiutarti, lo sai che per me non esiste nessuno di più importante di te –

- Ho chiuso con te e con loro, lasciatemi in pace. Ho chiuso anche con questa dannata pasticceria – ringhiò – dovrei andarmene da questa città maledetta, da quando sono qui succedono solo casini –

- La ragazza che amo non si arrende mai – mormorò il moro.

- La ragazza che ami è morta –

Annie non fece in tempo a continuare la frase, il corpo di Harley si era catapultato su di lei e senza che potesse muoversi si ritrovò le labbra del ragazzo contro le sue. I baci di Harley, per un attimo si accorse quanto le erano mancati, così dolci e delicati, nonostante che nulla di quel tipo potesse lasciare indere che potesse baciare così. Sentì le braccia del ragazzo avvolgerla e in qualche modo, dentro di sé, lei si sentiva meglio, come se le avesse restituito un po' di speranza.

- Non devi dire cose del genere- disse il moro – tu sei la mia regina e ti rimetterai in sesto. Ho dei soldi da parte –

- Non voglio quei soldi, sono stata chiara – replicò la ragazza distogliendo lo sguardo.

- Non sono della banda ... sono ... di prima - calò il silenzio per un momento e i due si fissarono negli occhi – li avevo messi da parte , un fondo speciale per l'eroina ma tu sei più importante, anche se non sono molti è qualcosa da cui puoi ripartire –

- Cosa vuoi in cambio? – Chiese la ragazza tremante – tu non fai mai nulla per nulla –

Quello rise – per te si, non ho mai voluto nient'altro che il tuo amore Annie, anche se l'ho sprecato spesso. Tutto quello che ho ti appartiene, anche se non tornerai mai più ad amarmi, lasciami vivere nell'ossessione che ho per te. È tutto quello che mi resta di una vita che ho sprecato –

La ragazza poggiò la testa sulla spalla del moro in un gesto che riportò entrambi a un passato tanto lontano che a stento sembrava accaduto.

- Allora grazie - 


- E' tutta questione di equilibrio, Kat! - Marcus l'aveva aiutata a montare sulla tavola da surf trattenendola appena per i fianchi - prova qui, l'acqua è bassa -

Era tutta questione di equilibrio, non soltanto il surf, Kat trovò che quella frase potesse essere applicata anche alla sua vita. Aveva trascorso la giornata in casa, non voleva ammetterlo ma dentro di sé doveva star aspettando l'arrivo di Douglas, le aveva detto che sarebbe passato non appena si fosse liberato, ma poi era scattata in piedi e aveva deciso di scendere in spiaggia. Era meglio evitare i tipi come lui, aveva già commesso troppi errori in quegli ultimi mesi, ritrovarsi in una situazione scomoda con Douglas avrebbe soltanto complicato le cose. Eppure non riusciva a smettere di pensarci, le lezioni di surf la stavano tenendo occupata ma non abbastanza da impedirle di chiedersi se ci fosse una sorta di interesse in lui o se, invece, si fosse soltanto voluto dimostrare gentile. Poi c'era stata quella discussione con sua madre, voleva che Kat tornasse a casa e prendesse di nuovo in mano le redini della sua vita, ma lei tremava al solo pensiero di dover rimettere piede a Kensington, sotto le occhiate critiche e cattive della gente.

- Brava, divarica un po' le gambe ... perfetto. La vedi la prossima onda? -

Kat annuì, che cosa ci sarebbe stato di male nel rimanere lì un altro po'? C'erano delle scuole prestigiose anche lì, poteva richiedere un trasferimento, ma era davvero quello che voleva? Yoru le mancava da impazzire, non poteva semplicemente svanire e poi sua madre ...

- Ma guarda un po' chi si diletta con la tavola! Chi lo avrebbe mai detto! -

La voce bassa e divertita di Douglas le fece perdere per un attimo quell'equilibrio precario che aveva raggiunto, Kat ebbe soltanto il tempo di vederlo lì, sorridente e rilassato sulla riva, prima di cadere poco elegantemente in acqua.

- Non volevo farti perdere la concentrazione - Le disse non appena la vide venire fuori, non poteva fare a meno di osservare le fantastiche forme della ragazza, ancora più evidenti nella tuta scura da surf che indossava

- Che diavolo ci fai qui? - Chiese la mora, fissandolo a sua volta. Era vestito fin troppo bene per la spiaggia, sembrava appena uscito dal lavoro in realtà.

- Sono venuto a cercarti, Sophie mi ha detto che ti avrei trovato qui -

Kat scosse la testa - Sto prendendo delle lezioni ... - Disse fissando adesso Marcus

- Rimandale, ti avevo detto che sarei passato a trovarti, ho fatto i salti mortali per andar via da lavoro un po' prima. Ti porto a prendere qualcosa nel mio locale -

- Hai un locale? -

- Più di uno - Rispose candidamente il ragazzo, poi si rivolse all''istruttore - Marcus, giusto? Ti dispiace se te la porto via? -

L'altro fece spallucce - Nessun problema, mi dirai tu quando vuoi riprenderle, va bene? -

Kat annui - Scusami -

Non poteva nascondere di aver desiderato quel cambio di scenario, ma aspettare l'arrivo di un uomo a casa era mortificante, le piaceva l'idea che fosse Douglas a rincorrerla un po'. Lui era affascinante come sempre, i raggi di quel sole ormai morente illuminavano i suoi capelli chiari, facendo notare a Kat delle sfumature che con il buio della notte non era riuscita a vedere. Era piuttosto abbronzato per i canoni inglesi, ecco perché la camicia bianca che indossava gli donava così tanto, aveva tirato su le maniche fino agli avambracci che Kat trovò particolarmente sexy, sodi e muscolosi com'erano.

- Emh, dovrei andare a cambiarmi - Disse Kat, portandosi le mani sui capelli bagnati e incasinati dall'acqua salata dell'Oceano

- Che ti importa, mi fai sfigurare anche così - Commentò quello lanciandole un'occhiata lievemente maliziosa

- Beh, almeno lasciami recuperare i miei vestiti - Si diressero insieme verso la sua sdraio, sentiva lo sguardo di Douglas scandagliarla da parte a parte mentre tirava giù la zip della sua tuta da surf, rivelando il costume piuttosto succinto che portava sotto, cercò di non ridere, poteva quasi immaginare che tipo di pensieri stesse facendo Douglas in quel momento.

- Urgo immediatamente di qualcosa di freddo da bere - Gli fece eco lui, scostando soltanto in quel momento gli occhi dal corpo della ragazza. Doveva evitare di far emergere così prepotentemente la sua voglia, ma era piuttosto complicato con Kat che si spogliava e poi rivestiva davanti ai suoi occhi ... Gould non sbagliava un colpo, Douglas riusciva benissimo a capire cosa avesse trovato in lei. Dopotutto era un bastardo ma con degli ottimi gusti in fatto di donne.

- Possiamo andare - Comunicò Kat, recuperando la sua borsa, il costume era ancora umido sotto il vestitino leggero che aveva messo, per quel giorno avrebbe lasciato perdere qualsiasi commento sul suo outfit incommentabile, dopotutto era con Douglas Withmoore, bastava lui a farla risplendere. L'auto del giorno era una bellissima BMW serie 3 cabrio nera, Douglas passò una mano sulla vernice come avrebbe fatto sul corpo di una bellissima donna

- Questa è la mia piccola, sono così geloso che solitamente non ammetto passeggeri, soprattutto nessuno reduce da un bel bagno in acqua ma per te chiuderò un occhio -

- Oh, allora devo ritenermi fortunata - Commentò Kat, ridendo appena - e cosa ti porta ad essere così gentile? Vuoi ancora farti perdonare per le angherie passate? -

Douglas aprì le labbra in un sorriso misterioso che avrebbe potuto voler dire tutto o niente - In parte sì, in realtà ho proprio un debole per le belle ragazze inglesi ... -

- Che strano, la tua ragazza non è dominicana? - Kat era partita all'attacco, sapeva bene chi era Irina Ferrer e intendeva sondare il terreno - lo avrei giurato!

Quello rise appena, scuotendo la testa, erano già arrivati a quel punto? - Perché dobbiamo parlare di Irina? I miei complimenti vengono dal cuore, sono puri e non vogliono lasciar intendere nulla -

- Oh, immagino ... - Ribatté Kat con un sorriso candido sul viso - quindi se io adesso ci provassi con te tu ti tiresteri indietro? -

- Non ho detto niente del genere - Commentò il ragazzo, ancora divertito - noi siamo abbastanza aperti mentalmente da sapere che la monogamia non è nient'altro che una stupida e bigotta costrizione che la nostra società vuole passarci per pura normalità. Pensaci, sin da bambini veniamo bombardati dall'idea che avere più partner allo stesso tempo sia qualcosa di peccaminoso, l'idea del tradimento ci accompagna sin dalla più tenera età come se fosse un peccato trovare qualcosa di bello in più di una persona ... -

Kat era rimasta a bocca aperta - E' proprio un modo straordinario di giustificare le tue scappatelle, Douglas Withmoore - Ed ecco che ne aveva beccato un altro, sembrava quasi che avesse una sorta di radar per i ragazzi problematici, ma non credeva che il suo ex vicino potesse arrivare a tanto.

- Non le giustifico perché non ne ho bisogno. In realtà non mi sono ancora trovato davanti ad una vera e propria tentazione fino a questo momento, ma se dovesse succedere sarebbe soltanto un processo naturale -

- E scommetto che lei è d'accordo! - Commentò la ragazza con un pizzico di ironia nella voce. Chi sarebbe così pazza da pensarla in quel modo?

- Irina è un'attrice di fama, Kat. Viaggia per il mondo ogni giorno, per l'esatteza non ci vediamo da un mese ormai, se c'è una donna che mi capisce è lei. Sai anche tu come funziona con noi, qualsiasi cosa accada io e lei eviteremo che sia uno scandalo -

- Oh, sì ... li conosco bene gli scandali io - Ammise la ragazza, mordendosi il labbro subito dopo. Più cercava di non pensarci più lo faceva, ecco perché aveva accettato di uscire con Douglas, aveva bisogno di una scusa qualsiasi per farsi un giro, conoscere nuova gente e smetterla di ossessionarsi su quanto era successo, doveva ammettere che non se la stava cavando bene.

- Come sta Shane Gould? -

Quella domanda inaspettata la colse di sorpresa - Lo conosci? -

Douglas annuì - Certo, da piccoli abbiamo frequentato parecchi club insieme, ricordo con poco affetto anche il caro Chad, c'era una certa rivalità tra di noi, tutta colpa delle nostre famiglie che non si sopportano! - Poi rise - e poi ero un bambino dispettoso lo sai anche tu. Dicevano che è in riabilitazione dopo lo scandalo delle foto -

- Non lo so, non l'ho più sentito - Disse Kat con un tono gelido. Parlare di Shane faceva male, era ancora una delle poche cose al mondo che le faceva perdere le staffe.

- Dannazione, è una famiglia problematica quella. Suo fratello ha combinato un bel casino e anche Shane sta ricalcando le sue orme -

- Non mi importa, dobbiamo proprio parlare dei Gould? - Commentò secca la ragazza, Douglas fischiò

- Accidenti, ti ha fatto proprio incazzare -

- Ha mandato al diavolo la mia reputazione, è tutta colpa sua ... - Non era così, anche lei sentiva di aver completamente perso il cervello, come aveva potuto fidarsi di uno come Shane? - sono soltanto una stupida.

- No, non credo proprio, Kat. Sei rimasta imbrigliata in una relazione che non ti andava più, come vedi ancora una volta è stata la società a mandarti in rovina. Dimmi un po', credi che le cose sarebbero andate così se fosse stato Wright a tradirti con un'altra? - Douglas rise appena - certo che no, gli uomini possono tutto, avere molte donne ci rende dei playboy agli occhi della gente, mentre le donne sono soltanto delle poco di buono... è il sistema che non va. Hai soltanto agito con leggerezza, ma non devi fartene una colpa, capita a tutti di sbagliare.-

C'era della sincerità nel suo tono, Kat era sorpresa - Wright non meritava niente del genere, lui è sempre stato sincero con me, ma adesso ... adesso provo soltanto disprezzo per lui -

- Lo credo bene, nessuno dovrebbe arrivare a tanto in nome della vendetta. Un detto diceva che bisogna temere l'ira di un buono ed è veramente così. Eppure ti dico che devi tornare indietro, Kat ... devi riprenderti il tuo posto, tu non appartieni a questo mondo, lo sai -

Era così, per quanto stesse cercando di ambientarsi in California si sentiva spesso e volentieri come estraniata, voleva bene a suo padre, anche Sophie si era rivelata una persona migliore di quanto avesse mai potuto immaginare, eppure stava male lì.

- Quanta saggezza, Douglas Withmoore ... - Kat scosse la testa

- Torna a casa con me, Kat. Partirò tra pochi giorni, torneremo a Londra insieme e nessuno oserà dire nulla. Devi riprenderti ciò che è tuo e quello che fanno le donne come te, uno scandalo dovrebbe soltanto renderti più forte. -

- A scuola mi sento come soffocare, ho perso tutto, Douglas. Il modo in cui mi fissano ... - Kat era disgustata, pensare al suo ultimo giorno a scuola le faceva venire la nausea - ho capito che perfino quelle che reputavo mie amiche non vedevano l'ora di vedermi cadere. -

- Perché ti hanno sempre invidiata, ma non puoi dargliela vinta, Kat. Hai avuto del tempo per leccarti le ferite, ma rimani comunque una leonessa, da quel che ricordo di te non ti piaceva arrenderti, neanche da bambina. -

Era vero, la sua caparbietà l'aveva portata ovunque - Dimmi che ci penserai, questa è un'opportunità che non capiterà più. Sarò il tuo accompagnatore alle feste, ti assicuro che nessuno oserà pronunciarsi più su di te, mai più. -

- Voglio tornare da Yoru - Ammise Kat, portandosi le mani sul volto, aveva bisogno della sua amica - ho perso il suo compleanno, l'ho lasciata da sola, in mezzo a quella gente che odia, sono scappata via di notte come una ladra, come se avessi ucciso qualcuno e mi sono lasciata divorare dai sensi di colpa, ma non posso più continuare così ... impazzirei se lo facessi -

- Bene, allora è deciso. Giovedì torniamo a casa. - Douglas la guardò dritta in volto, gli occhi verdi del ragazzo sembravano smeraldo liquido sotto i raggi caldi di quel sole ormai sul punto di lasciare il posto alla luna. Automaticamente anche Kat sorrise appena, era così che sarebbe dovuta andare, lo sapeva anche lei, ma fino a quel momento non aveva ancora trovato il coraggio di compiere quel passo finale.

- Grazie, Douglas - Sussurrò lei mentre la sua mano veniva ricoperta da quella del ragazzo, quel tocco le diede subito una grande sicurezza, in quel momento ne aveva terribilmente bisogno.


- Maryse, prepara la mia valigia, per favore - Shane aveva parlato con il suo solito tono imperioso, diede una bella grattatina sulla testa di Jessicah mentre gli occhi della donna si posavano su di lei, sospettosi

- Signorino, posso chiederle che cosa deve farci? -

- No - Rispose seccamente lui prima di sorridere appena - questa reclusione forzata mi ha stancato, tesoro. Ho bisogno di vedere il mondo! -

La donna si portò una mano sul volto - Non credo sia una buona idea, sua madre ... -

- Si fotta mia madre! E poi non ti pago per sentire le tue opinioni - Shane stava cominciando a perdere quello strano buonumore con il quale si era stranamente svegliato - non lascerò la città, va bene? Questo vi fa stare più sereni? Adesso per favore posso avere la mia valigia? -

L'infermiera non aggiunse altro, sapeva che quella era una battaglia persa in partenza - Quanto pensa che mancherà? -

- Chi può dirlo! - Rispose quello con un tono misterioso e divertito. Stare chiuso lì dentro lo stava facendo letteralmente impazzire, neanche le visite del suo amico Alexander lo avevano salvato da quella noia mortale, adesso stava meglio e rimanere lì non era più un'opzione, doveva muoversi, uscire, fare qualcosa e smetterla di pensare ai suoi fottuti bisogni.

- Le ricordo che deve presentarsi per il prelievo ogni settimana, sua madre è stata chiara e se non lo facesse -

- Bla, bla, bla - La interruppe il ragazzo, sfinito - lo so, va bene? Lo so! Occupatevi di Jessicah, non posso portarla dove dovrò andare. -

La donna annuì seppure con una certa riluttanza - Allora faccia buon viaggio, signor Gould -

Il ragazzo le dedicò il suo miglior sorriso angelico, poi prese la valigia ormai pronta e lasciò la sua suite. Non era il caso di usare l'ingresso principale nonostante la maggior parte dei paparazzi avesse ormai sloggiato, erano stanchi di quegli appostamenti che non sembravano portare a niente, così usò l'uscita secondaria e in men che non si dica montò sul taxi che lo stava attendendo. Aveva fatto seguire Konnor a casa la prima volta che ci aveva avuto a che fare, era importante sapere fino a quanto avesse potuto fare affidamento sul suo nuovo spacciatore, così adesso aveva il suo indirizzo. Era stanco di quella vita, delle continue pressioni e visita da parte di Gemma, perfino suo padre aveva alzato il telefono per chiamarlo di tanto in tanto ... che evento unico! Aveva bisogno di passare il fine settimana da qualche altra parte che non fosse Kensington, poi sarebbe dovuto tornare in quella disgustosa scuola dove a quanto pare non erano riusciti a liberarsi di lui. Kensington non aveva senso senza Kathleen Westwood e lei era lontana, così presa dall'odio e dal rancore da essere sparita. Lo detestava e lui era così stanco di far squillare quel telefono, lei non avrebbe risposto, doveva iniziare a farsene una ragione! Voleva solo svagarsi, pensare ad altro, ma era così difficile farlo senza i suoi soliti rimedi che contemplavano droghe e massicce dosi di alcol ... era come una nave senza timone, non aveva idea di cosa fare del resto della sua vita.

Il quartiere in cui viveva il caro Konnor faceva schifo, era nella zona industriale di Chelsea e Shane storse il naso nel constatarlo, pagò l'autista e si diresse verso quel grosso edificio di cemento in mattoni rossi, uguale a tutti gli altri che si ergevano nelle vicinanze. Era lì che viveva il suo amico evidentemente, Shane lanciò un'occhiataccia alla gente che lo fissava, che avevano da guardare? Probabilmente i suoi vestiti costosissimi e del tutto fuori luogo.

- Sono i meno cari che ho trovato nell'armadio - Precisò rivolgendosi a quella gente che subito distolse lo sguardo, alla fine entrò all'interno del palazzo e scoprì che Konnor viveva all'ultimo piano in quel dannato condominio che a quanto pare era privo di ascensore.

- Ma scherziamo? - Shane rise, incredulo ma alla fine si mise in cammino.

Quando il ragazzo aprì la porta rimase un attimo perplesso, chiaramente non si aspettava quel genere di visita, ancora di più lo confuse vedere la valigia di Shane, appoggiata ai piedi dell'altro.

- Buongiorno, caro Konnor! Sono venuto a rallegrarti la giornata! - Disse il moro sorridendo in modo angelico ma che Konnor trovò parecchio inquietante - Posso? - Non aspettò una risposta, oltrepassò il padrone di casa ed entrò nella stanza.

- Emh, Shane? Ma che ci fai qui? Q-questa valigia -

- Te l'ho detto cosa ci faccio! Ti rallegro la giornata. Ho deciso di cambiare aria per un po', mi offri qualcosa da bere adesso? -

Il rosso era ancora più confuso - Quando intendi rallegrarmi la giornata -

- Sì, ho deciso che abuserò per un po' della tua ospitalità, se non ti dispiace. Mi piacerebbe vedere come vivono quelli come te - Continuò Shane, imperterrito

- Quelli come me? - Konnor era perplesso - ma ... -

- Questa è tutta casa tua? E' grande quanto la mia stanza da letto al Bulgari, che cosa strana - Shane rise, sembrava su di giri - allora? Gradirei una tazza di té dal momento che non posso bere niente di alcolico. Con un goccio di latte. Fingerò che sia la cosa più deliziosa che abbia mai bevuto, patetico vero? -

- Uh, adesso capisco perché sei così suonato ... - Più del solito, avrebbe voluto aggiungere il rosso, ma era ancora troppo stranito da quella presenza inquietante per essere anche sagace - senti, non ho una stanza degli ospiti, io non credo che rimanere qui sia una buona idea -

- Non c'è problema! Dormiremo insieme - Lo interruppe l'altro, nel frattempo stava analizzando la stanza con grande attenzione, di tanto in tanto corrugava la fronte - ma ti trovi bene qui? -

- Certo, è casa mia ... -

- Hai una strana concezione di casa! - Shane rise forte, mentre l'altro portava gli occhi al cielo, aveva talmente tanti problemi nella sua vita che uno Shane in quelle condizioni avrebbe soltanto peggiorato le cose - dove posso lasciare i miei vestiti? -

- Mettili in camera da letto, lì sul soppalco - Konnor aveva ceduto definitivamente ormai - Yoru sa che sei qui? -

- No, perchè dovrebbe? Nessuno sa che sono qui! - Disse Shane con un bel sorriso stampato sul viso - allora questo té? Fa un freddo cane qui dentro, dove sono i riscaldamenti? -

- Shane, questo non è il Bulgari - Gli fece presente il rosso

- Credimi, me ne sono accorto - Commentò il ragazzo, la stanza da letto in questione era decisamente stretta, ma quanto meno era fornita di un letto matrimoniale - emh, l'armadio? -

- Dietro la tenda - Disse ad alta voce il ragazzo dal piano inferiore - quanto zucchero vuoi? -

- Tieni i vestiti dietro una tenda? - Shane era sconvolto - come fai a vivere senza un armadio? -

- Shane ... posa quei dannati vestiti e smettila di fare domande - Ringhiò l'altro, stava già iniziando a perdere la pazienza - ma poi potevi anche prendere un altro posto -

- No, io voglio stare con te, voglio studiarti, voglio godere della vita semplice che conduci e capire cos'è che mi manca per essere appagato e felice come qualsiasi altro essere umano -

Era pazzo, pazzo da legare, pensò Konnor, mentre riempiva le due tazze di té e portava gli occhi al cielo. Che cosa aveva fatto per meritarsi questo? Perché qualcuno voleva punirlo in quel modo?

- Oh, non hai una vasca ... - C'era una grande delusione nella voce del Gould, nel frattempo aveva già finito di fare il giro della casa e si apprestava a tornare nel salotto che era anche una cucina - Konnor, nessuno dovrebbe vivere in queste condizioni di vita. Lasciatelo dire. -

- Shane? Giuro che se non ci dai un taglio ti butto fuori, va bene? Bevi il tuo té! -

- Non hai dei biscotti da accompagnamento? - Chiese immediatamente l'altro, una volta seduto al tavolo da cucina più strano che avesse mai visto - e questo dove l'hai preso? Sembra finto -

- Ikea - Ringhiò Konnor, fulminandolo con lo sguardo - niente che tu possa capire comunque. Tieni i tuoi biscotti -

Shane si ritrovò a ridere - Sono in una confezione - Gli fece notare il moro guardandoli con attenzione, poi se ne portò uno alla bocca, non sembrava affatto soddisfatto

- Sì, si comprano al supermercato. Sai, la gente normale va a farci la spesa lì -

- Oh ... - Era confuso ma anche divertito adesso - ecco perché sanno di stantio. Hanno glutine? -

- Non lo so, Shane, non ne ho idea e sinceramente non mi importa. Tra poco devo uscire, posso lasciarti qui da solo o proverai ad accendere i fornelli e mi farai esplodere la casa? -

L'altro rise - Vengo con te ovviamente. Te l'ho detto che voglio vedere come vivi, portami in giro, fammi vedere Chelsea! -

- Oh mio Dio - Il rosso aveva già mal di testa ed erano soltanto le undici del mattino - non puoi uscire con quei vestiti, sembri venuto fuori da una passerella di moda, non sono per niente adatti alla vita di città. -

- Bene, portami a fare shopping allora! - Shane era allegro come un bambino alla vigilia di natale, faceva veramente paura

- Ok, ma se vuoi veramente vivere come me dovrai farcela con meno di cinquanta sterline al giorno, facciamo quaranta -

- Che cosa? - Shane era sconvolto - ma devo comprare dei vestiti e -

- So io dove portarti, faremo grandi affari - Stavolta fu il turno del rosso di godersi la faccia sconvolta dell'amico, Shane voleva la guerra? Bene, l'avrebbe avuta. 

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