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Cap. IV Fino alla morte Parte I

Qualche volta mi era capitato di essere trasportata da Clio. Grazie alla velocità e alla potenza muscolare delle sue gambe riusciva a spiccare salti in grado di coprire distanze considerevoli. Ma non mi era mai accaduto di gettarmi con lei da un'altezza simile a quella che stavo per affrontare con Blue.

Con un Animus la fiducia era tutto: se avessi vacillato ne avrebbe risentito anche il nostro rapporto ed era proprio un rischio che avrei dovuto scongiurare, visto lo scontro imminente con uno Speculo.

Dopo essermi stretta forte a lui chiusi gli occhi. – Vai! – gli ordinai.

Le sue braccia mi cinsero in modo tanto saldo che mi parve di avere il corpo schiacciato in una pressa. – Sì.

Avvertii le sue ginocchia flettersi e poi mi ritrovai a schizzare con lui verso l'alto come da un tappeto elastico o da un trampolino. Il mio stomaco parve fare una capriola e ribaltarsi mentre ci avvitavamo su noi stessi in un moto discendente, precipitando in caduta libera per almeno venti metri.

Toccammo terra dopo una manciata di secondi senza che comprendessi come Blue fosse riuscito a cadere dritto, pur continuando a tenermi sollevata. Tuttavia in passato avevo visto il modo in cui Clio saltava, eseguendo delle torsioni simili a quelle dei gatti per poter atterrare in piedi, quindi immaginai che la tecnica utilizzata fosse più o meno la stessa.

Sperimentarla sulla mia pelle fu un piccolo shock, ma in fondo ero una Danzatrice del Sangue: ero abituata a ben altro!

Quando l'Animus mi mise giù restai ferma qualche secondo per far sì che il mondo smettesse di girarmi intorno. Una volta certa di aver riacquistato l'equilibrio, spostai lo sguardo sull'ambiente circostante e notai la ragnatela di crepe che si diramavano sull'asfalto dal punto in cui i piedi di Blue avevano toccato il suolo.

Nel momento in cui le orecchie smisero di fischiarmi avvertii le urla della gente in strada che correva a rifugiarsi nei negozi. I passanti ci avevano messo un po' a capire che cosa stava accadendo, ma i telegiornali avevano parlato talmente tanto del recente attacco di uno Speculo che ormai quasi tutti conoscevano nei minimi dettagli quali erano le fasi di un'infestazione. E cercavano un modo per mettersi in salvo.

– Vieni con me! – ordinai a Blue, avviandomi lungo una strada secondaria che sboccava su quella principale. Per manifestarsi gli Speculi avevano bisogno di spazio; anche per questo fino a quel momento non avevano preferito i luoghi fortemente urbanizzati.

Passammo quasi correndo davanti al supermercato Sabeco, poi costeggiammo una piccola area verde con una fontana da cui già da un po' non zampillava più l'acqua.

Mi domandavo ancora cosa avesse spinto gli Speculi a infestare città in cui vivevano centinaia di migliaia di persone.

– Avverti qualcosa, Animus? – domandai al mio compagno, mentre giungevamo sulla strada principale.

Mi resi conto con un po' d'imbarazzo che, malgrado il panico, la gente che incrociavamo ci lanciava occhiate perplesse. D'altronde io indossavo le pantofole e i pantaloni del pigiama con gli elefantini rosa, mentre Blue emanava un'aura eccessivamente sexy con indosso solo un paio di jeans attillati e i capelli che ancora grondavano acqua.

Dovevamo essere ben strani insieme.

Lui rispose alla mia domanda indicando un punto davanti a sé. – Laggiù.

Levando lo sguardo lo vidi: un vortice di fumo grigio che avanzava increspando l'aria immobile. Anche questo, come lo Speculo comparso in piazza del Pilar, era gigantesco.

Blue mi guardò, aspettando un mio cenno d'assenso, e io annuii mentre mi posizionavo a ridosso della vetrina di un negozio di ottica.

L'Animus cominciò a correre facendomi stupire del modo rapido in cui si muoveva. D'altro canto anche il vortice era piuttosto veloce e fluido nei movimenti: non avevo mai visto uno Speculo con quelle caratteristiche ed era probabile che Blue stesse reagendo di conseguenza.

La mano destra prese a formicolarmi, così abbassai un istante gli occhi sul palmo tatuato. Quando li rialzai mi resi conto che Animus e Speculo erano troppo distanti da me perché potessi usare con efficacia la Danza del Sangue.

Dannazione!

Staccai le spalle dalla vetrina del negozio e corsi verso Blue, che schivava colpi di fruste d'aria gettandosi a terra e rotolando continuamente ai lati dello Speculo, catturandone l'attenzione.

Mi fermai ansante nel bel mezzo della strada, evitando per un pelo un'auto solitaria che correva a una velocità inusitata suonando forsennatamente il clacson.

L'essenza nebbiosa dello Speculo si stava ormai dissolvendo, mostrando il corpo del gigante dallo stesso volto quasi efebico di Blue, un volto distorto dagli occhi ciechi e dalla bocca spalancata in modo innaturale.

Se già sotto forma di vortice era parso più pericoloso dei comuni mostri, adesso che si manifestava nel suo aspetto materiale capii che avrebbe potuto essere un avversario davvero temibile.

Mi concentrai sulla mano destra e, affinché il mio sangue potesse danzare nell'aria, eseguii una delle brevi coreografie che mi consentivano di controllare la spirale tatuata in modo estremamente preciso e fluente. Di solito giravo su me stessa, assecondando il movimento rotatorio della spirale per dare al sangue uno slancio maggiore, ma stavolta aggiunsi un calcio sottolineato dalla torsione del busto, un po' come nella capoeira afro-brasiliana.

Per un paio di secondi la mia mano disegnò una scia scarlatta tutt'intorno al mio corpo, poi, quando stesi in avanti il braccio, la scia si tramutò in un insieme di dardi che colpirono Blue alla schiena.

A quel contatto lo vidi tremare, come in preda alle convulsioni febbrili, e staccarsi di qualche centimetro da terra mentre la sua pelle pareva assorbire il mio sangue.

Avanzando lentamente, mentre il serpente scarlatto che aveva preso vita scivolandomi via dal palmo svolgeva le proprie spire, mi concentrai sul tatuaggio.

Come da copione, lo Speculo aveva spalancato le fauci per ingoiare Blue e, quando lo fece, ruotai il polso con uno scatto, rendendo più celere l'avvitamento della spirale sul mio palmo.

Avvertii una sorta di vuoto nello stomaco che andava riempiendosi rapido e mi piegai su me stessa, lottando contro la nausea. Sembrava che il mio sangue non dovesse bastare: benché evocato, il Golem tardava a comparire e le mascelle dello Speculo erano impegnate a tentare di masticare Blue.

Più sangue! Ne serve di più!

Ruotai di nuovo il polso, sentendo la spirale tatuata girare su se stessa a una velocità tale che il sangue fluì in maniera quasi incontrollata. Fu come se mi avessero colpito violentemente alle gambe: finii in ginocchio senza forze mentre un gigante di ferro emergeva dalla bocca del mostro.

Lo Speculo però lo liberò dalla morsa delle proprie mascelle prima di poter ricevere un danno mortale e si tirò indietro emettendo un urlo stridulo.

Lottando per respirare, con il sudore che m'imperlava le tempie, provai a rialzarmi, riuscendo a stare in piedi a fatica.

Il Golem di Blue era magnifico, esattamente come l'avevo visto la prima volta. L'armatura metallica luccicava sotto la luce dei lampioni e i glifi emergevano su quella superficie levigata come se stessero scrivendo la storia dello scontro in tempo reale.

Le sue enormi mani si schiacciarono contro il petto dello Speculo imprimendogli una spinta che mandò la creatura gambe all'aria. La terra tremò, facendomi quasi perdere l'equilibrio, e la luce emessa dai lampioni divenne intermittente.

Lo Speculo si rialzò quasi subito, il corpo mostruoso che era un gigantesco fascio di muscoli percorsi da un'evidente tensione. Quando Blue gli fu di nuovo addosso, oppose resistenza intrecciando le proprie dita a quelle del Golem, che prese ad avanzare ciecamente, spingendolo con una forza inarrestabile.

Il mostro puntò i piedi, ma anche così il gigante di ferro riuscì ad avanzare mentre l'altro lasciava solchi profondi nell'asfalto.

Le luci dei lampioni continuavano ad accendersi e a spegnersi, impazzite. Se ci fosse stato un black-out e fossimo piombati nel buio per me sarebbe stato un grosso problema.

I miei occhi si spostarono di nuovo dai voli delle falene intorno a quei bagliori danzanti allo Speculo spinto da Blue.

Alle sue spalle la strada curvava e due edifici si stagliavano alti sullo sfondo, sempre più vicini al mostro.

Oh, no! Maledizione!

Diedi uno strattone al laccio di sangue che partiva dalla mia mano destra e finiva sulla schiena del Golem, poi gridai a Blue con quanto fiato avevo in gola di fermarsi.

– Ci sono dei palazzi residenziali dietro lo Speculo! – lo avvertii. – Lo manderai dritto contro quegli edifici!

Il Golem apparve a un tratto rallentato nei movimenti; un grido di protesta si levò dalla sua gola. E suonò come il latrato di cani infernali.

– Distruggilo subito! – gli intimai. – Non giocare con lui! Annientalo!

Il gigante di ferro liberò una mano unita a quella dello Speculo per premerla contro la faccia della creatura, poi le dita cominciarono a stringersi.

Io ero sempre più stanca: non ero abituata a essere priva di una quantità di sangue pari a quella che stavo usando per Blue e la testa cominciava a girarmi, la vista ad appannarsi.

Il freddo m'intorpidì braccia e gambe mentre mi rendevo conto che stavo per crollare.

Stavo così male che non mi accorsi subito del dolore, ma poi lo sentii esplodere nella parte sinistra dell'addome, proprio sotto la gabbia toracica. Mi voltai, riuscendo a incrociare lo sguardo di un uomo dal cranio rasato completamente coperto di glifi simili a quelli del Golem di Blue.

Lo sconosciuto impugnava una strana spada che sembrava percorsa da vene incandescenti e la sua punta era...

Rossa...

Quando abbassai lo sguardo sul mio corpo notai la macchia di sangue che si andava allargando sulla felpa. Sollevai con uno scatto gli occhi proprio mentre l'uomo vibrava un altro colpo con quella sua strana arma.

Stavolta non gli concessi di ferirmi di nuovo: la mia mano sinistra scattò in avanti e la spirale tatuata si avvitò su se stessa in senso antiorario in un modo così rapido che l'uomo non ebbe il tempo di urlare. Il sangue fuoriuscì copioso dalla bocca, dal naso, dalle orecchie... persino dagli occhi. E non si fermò finché non fui certa che il misterioso sconosciuto non fosse più in grado di nuocermi.

Solo a quel punto tornai a guardare il Golem e lo Speculo, ormai all'apice della lotta. Il mostro era in ginocchio e il gigante di ferro torreggiava su di lui, le dita conficcate nelle sue tempie.

– Blue, – mormorai, – distruggilo...

Quando vidi la creatura tramutarsi nuovamente in fumo e l'Emisfero ridursi a una piccola luce opaca nel cielo mi lasciai cadere in ginocchio; il nastro di sangue che vibrava nell'aria si tramutò in minuscole sfere liquide che piovvero di colpo a terra.

Il Golem urlò nel momento in cui venne a mancargli tanto bruscamente il supporto del mio sangue e il ferro, invece di tramutarsi in sabbia come accadeva di solito, si sciolse diventando una poltiglia bruna che lasciò Blue a boccheggiare sull'asfalto.

Con un gemito sentii la spirale tatuata sulla mano destra invertire il movimento e avvolgersi celermente su se stessa. Prese a risucchiare tutto il sangue che avevo usato nella Danza e quello che usciva dalla ferita all'addome. Se si fosse trattato di una vite conficcata nella mano forse non avrei sofferto così, ma dovevo fare presto o sarei morta dissanguata.

Anche se mi era sembrato che fosse passata un'eternità dal momento in cui lo Speculo aveva fatto la sua comparsa, in realtà tutto si era consumato velocemente.

Troppo velocemente. I miei tatuaggi non si erano mai animati e poi quietati in modo tanto rapido.

Mi sdraiai sulla strada con il respiro che tendeva a condensarsi nel freddo della sera. Avendo recuperato tutto il mio sangue non mi sentivo più tanto debole, ma il dolore all'addome si faceva sentire.

Girai il viso per guardare l'uomo steso a terra, a circa un metro da me. Aveva gli occhi sbarrati e non si muoveva, la strana spada ancora stretta nella sua mano aveva smesso di brillare.

Quando una figura coperta di un fluido scuro si piegò su di me sobbalzai. Il liquido mi gocciolò su una guancia mentre mi voltavo per incrociare gli occhi di un azzurro intenso che emergevano da quella poltiglia bruna.

– M-mi dispiace – farfugliai, come con le labbra anestetizzate. – Mi dispiace di averti sottratto il mio sangue così all'improvviso. È stato doloroso, vero?

Blue mi rispose con un'altra domanda: – Perché non ti alzi?

– Non lo so – dissi, in tutta onestà. – Non ci riesco. Ho troppo dolore.

Controllare il sangue significava anche far sparire le eventuali lesioni che provocavano le emorragie. Era così che funzionava. E poi il mio corpo – o quello di chi aveva sperimentato il potere della mia mano sinistra – tornava perfettamente sano e integro, come se nulla fosse mai accaduto.

Ma quella sera la ferita all'addome continuava a pulsare, anche se il mio tatuaggio destro bloccava la fuoriuscita del sangue.

– Quell'uomo... – biascicai. – La sua spada...

Cominciavo a essere confusa. Chi era quello sconosciuto? Perché mi aveva aggredito con quell'arma che sembrava in qualche modo contrastare il mio potere? E i glifi tatuati sul suo cranio...

Blue lanciò uno sguardo verso l'uomo a terra, poi mi tirò su sollevandomi e tenendomi tra le braccia. – È ancora vivo. Riesco ad avvertire il suo battito cardiaco e la frequenza del respiro.

Mentre gli passavo le braccia intorno al collo sussultai di nuovo. – Sono sollevata – sospirai. – Non ho mai ucciso nessuno...

Nessuno? – Il suo sguardo mi trapassò, freddo, e il mio pensiero andò a Clio.

– Nessuno che avesse un'anima.

Lo fissai cercando di capire quanto sapesse, ma lui continuava a osservarmi senza lasciar trasparire alcun indizio. Avvicinai una mano al suo viso e gliela passai sulle guance; riuscii a pulirgliele sommariamente dal fluido che nascondeva in parte la sua espressione.

– Per favore, avvicinati a quell'uomo, Blue – dissi poi, rassegnandomi a non avere risposte.

Lui obbedì, ma pareva contrariato. – Non è logico. Dovrei portarti in ospedale.

– Solo un momento – cercai di rassicurarlo, ignorando come potevo il dolore all'addome. – Ti prego, guarda i tatuaggi sulla sua pelle. Sono simili ai simboli del tuo Golem, non è così?

– È così.

– Riesci a capire cosa c'è scritto?

L'Animus strinse gli occhi e mosse le labbra, pur senza emettere suono. Mi parve che stesse leggendo tra sé e sé i glifi, ma all'improvviso i suoi denti si serrarono e l'uomo a terra riprese conoscenza: alzò leggermente il capo, mostrando il volto imbrattato di sangue, e si rivolse a noi in una lingua che non compresi.

Mi colpirono il suo tono feroce e il modo in cui aveva preso a sussultare, poi si tirò su. In un attimo riuscì a raggiungere la spada, che aveva ricominciato a brillare.

D'istinto allungai verso di lui la mano sinistra, ma prima che potessi agire lo sconosciuto cacciò un urlo e strinse la lama tra le mani. Un'alta fiamma si sprigionò dall'arma, avvolgendolo in un'unica vampata che lo ridusse in cenere in meno di un istante, lasciandomi sconvolta a fissare ciò che restava di lui: un mucchietto di braci che sprigionavano qualche scintilla sull'asfalto scuro.

In quel momento sentii l'ululato dei mezzi di soccorso e, ancora ammutolita per lo stupore, mi resi conto che Blue aveva girato la schiena ai resti del mio aggressore e si stava dirigendo verso l'ambulanza che era spuntata sulla strada.

– Dimmi che cosa significavano quei glifi, Animus! – gli intimai, mentre il veicolo si fermava a pochi metri da noi e due paramedici ne scendevano portandosi dietro una barella.

Lui si fermò, premendo la fronte contro la mia. – La tua temperatura corporea sta scendendo – m'informò. – Risparmia le forze o collasserai.

Non mi lasciò il tempo di protestare perché i paramedici ci furono vicini in un attimo. Blue mi depose sulla barella mentre cercavo di non perderlo di vista, ma non fu necessario sforzarmi troppo perché mi stette accanto nell'ambulanza e poi mentre mi ricoveravano d'urgenza.

Malgrado gli dicessi a un certo punto di starsene buono ad aspettare, ci vollero quattro uomini del personale e due della sicurezza per staccarlo da me. Alcuni di quegli sventurati rimediarono dei nasi rotti e qualche costola incrinata prima che Blue si convincesse, su mio reiterato ordine, a immobilizzarsi.

Non ci furono conseguenze spiacevoli per lui solo perché rivelai che non era un essere umano ma un Animus, lo stesso Animus grazie al quale lo Speculo e l'Emisfero che erano comparsi erano stati distrutti. E, a quel punto, dovetti spiegare che io ero la sua Danzatrice del Sangue.

Dopo quanto accaduto, comunque, non avrei più potuto nasconderlo. Jorge aveva ragione: ero nata Danzatrice e non avrei mai potuto essere qualcos'altro.


La diagnosi dei medici fu che la spada del misterioso individuo che mi aveva aggredito alle spalle aveva lacerato la milza. Poiché non avevo perso neppure una goccia di sangue le mie condizioni non apparivano critiche, tuttavia quando mi chiesero di non usare più la Danza e la mia spirale tatuata si fermò, la situazione cambiò improvvisamente.

Mi sottoposero a un intervento chirurgico per riparare la lesione e fu solo per un caso fortunato che riuscirono a non asportarmi la milza.

La convalescenza fu meno lunga del previsto grazie ai valori dell'emocromo, da subito nella norma.

Josefa veniva ad affacciarsi di tanto in tanto quando si trovava in reparto e un paio di volte vennero a farmi visita anche Magdalena e Jorge. Benché tentassi di strappare a quest'ultimo informazioni su Blue o sullo sconosciuto che mi aveva ferito, l'uomo era abile ad aggirare sempre l'argomento.

– Lo sai che i due giorni sono passati, vero? – diceva invece, sornione, sfiorandosi i capelli neri tirati tutti indietro e impomatati. – Quando starai meglio scommetto che firmerai il foglio che ti ho consegnato.

Lanciava uno sguardo a Blue, immobile accanto al mio letto come un fedele cane da guardia, poi mi sorrideva in modo irritante. Sapeva che avevo preso la mia decisione e aspettava solo il momento di sentirmi dire che aveva avuto sempre ragione lui.

Sarei tornata in servizio come messaggera perché non c'era altro che potessi fare. Ero una Danzatrice del Sangue e come tale avevo dei doveri.

"I Danzatori sono nati per servire l'umanità" mi avevano insegnato durante i sei mesi di addestramento. "E gli Animus sono stati creati per servire i Danzatori".

Ormai la presenza di Blue era diventata una costante. Quando mi annoiavo gli insegnavo a giocare a carte, gli chiedevo di leggermi qualche rivista o lo mandavo a prendermi di nascosto qualche snack dal distributore automatico.

Quando invece avevo voglia di riposare e di non pensare a niente, era così immobile e silenzioso che era facile dimenticarmi di lui. Persino la mia compagna di stanza, anche se all'inizio aveva faticato all'idea di vederlo giorno e notte in camera, poi non aveva fatto storie. In fondo un Animus non era che un essere artificiale, un automa di carne e sangue discreto e servizievole.

Durante tutto il periodo della mia degenza in ospedale Blue si comportò sempre in maniera impeccabile, come se fosse stato il mio Animus da sempre: eseguiva tutte le mie istruzioni e non dava mai problemi. Sarebbe stato perfetto se avesse risposto anche alle mie domande.

La notte prima che mi dimettessero, mi svegliai di soprassalto in un bagno di sudore. Avevo avuto i soliti incubi che rievocavano la strage di Xaghra e probabilmente avevo anche gridato.

Nella stanza però tutto era immobile e silenzioso, la mia compagna continuava a dormire e nel corridoio non si sentivano neppure i passi degli infermieri di turno.

La luce della falce di luna, proveniente dalla finestra con le tapparelle abbassate a metà, illuminava in parte il mio letto.

Blue, in piedi accanto al comodino con i miei effetti personali, mi fissava immobile, le braccia lungo i fianchi.

Allungai la mano per prendere una bottiglia d'acqua e bevvi numerosi sorsi per sedare l'improvvisa sete che mi bruciava la gola.

– Hai avuto ancora quegli incubi... – mormorò d'un tratto l'Animus. – Hai pianto.

Io lanciai uno sguardo alla mia compagna di stanza addormentata, poi gli feci cenno di avvicinarsi e, quando riuscii a prendergli una mano, lo tirai affinché sedesse sul letto di fronte a me.

Lo osservai mentre si sistemava con la gamba destra poggiata a terra e la sinistra piegata sul letto.

Appena ne avevo avuto la possibilità avevo chiesto a Josefa di aiutarlo a ripulirsi e di portargli qualche cambio da casa, visto che mi aveva accompagnato in ospedale indossando solo un paio di jeans. Per di più, era completamente ricoperto di quella sostanza vischiosa che gli si era come incollata addosso quando il Golem era scomparso.

E adesso indossava una maglia nera, con inserti di rete dello stesso colore all'altezza del petto, sopra dei pantaloni strappati in corrispondenza delle cosce. Forse tra gli indumenti più sobri del suo scandaloso guardaroba.

Quando tesi una mano per accarezzargli una guancia la trovai un po' ruvida e la mia carezza si trasformò in un buffetto scherzoso. – Domani, non appena saremo a casa, potrai prenderti meglio cura di te – dissi a bassa voce per non disturbare la donna che dormiva nel letto accanto al mio.

Mentre lui mi guardava sbattendo le ciglia, pensai a ciò che avrei voluto dirgli e alla fine scostai la mano dal suo viso facendomela ricadere nel grembo.

– Eravamo in un hotel di Xaghra, a Gozo. Alcuni messaggeri della mia squadra – ricordai, deglutendo, – erano già morti quando ho trovato il mio Animus. Non capisco cosa sia successo, quella notte. Non l'ho mai capito... Lei, il mio Animus... si chiamava Clio. – Mi fermai un istante, studiando la sua espressione. – Ho dovuto eliminarla. Ma tu questo già lo sai, non è così?

Lui annuì. I suoi occhi blu mi parvero risucchiare tutto il buio della notte. – Sono stato informato.

– Però vuoi che ti racconti com'è andata. – La mia fu un'affermazione alla quale non reagì. Restò inespressivo anche quando le mie mani corsero di nuovo al suo volto per avvicinarlo al mio.

Il suo respiro sulle mie labbra continuava a essere regolare, come se nulla potesse turbarlo, tuttavia la sua pelle mi parve insolitamente fredda.

– Te lo dirò – proseguii, liberandogli la fronte dai capelli che gli stavano scivolando sugli occhi. – Se sarai ufficialmente il mio Animus è giusto che tu lo sappia. Com'è giusto che io sappia qualcosa in più di te, se diverrò ufficialmente la tua Danzatrice... qualcosa che sul tuo fascicolo è stato cancellato o che magari non è mai stato scritto.

– Qualcosa... – ripeté, strizzando le palpebre.

Gli lasciai andare il viso e infilai la mano sotto la manica della sua maglia attillata. Le mie dita gli percorsero tutto l'avambraccio fino all'incavo del gomito come se avessi potuto leggervi chissà quale verità. – Queste scarificazioni, per esempio... chi te le ha fatte?

Era l'ennesimo tentativo che facevo per ottenere delle risposte, ma lui restò in silenzio. Di nuovo.

Andò avanti così per diverso tempo. Io facevo domande e Blue taceva.

Alla fine ero talmente esasperata che mi gettai a pancia in giù sul letto, nascondendo il viso nel cuscino. – D'accordo, ho capito. Adesso vattene. – Gli diedi un piccolo calcio per farlo alzare dal letto. – Torna nel tuo angoletto e lasciami dormire.

Quando percepii il materasso che molleggiava lievemente pensai che mi avesse dato retta, ma un istante dopo lo sentii piegarsi su di me. Il suo petto era schiacciato contro la mia schiena e la sua bocca mi sfiorava l'orecchio.

– I glifi sul metallo del mio Golem e quelli dell'uomo che ha cercato di ucciderti – sussurrò, – appartengono alla lingua dei Creatori.

Accolsi stupita la sua improvvisa dichiarazione: stava rispondendo spontaneamente a una delle mie domande!

Mi girai rapida verso di lui socchiudendo gli occhi quando i suoi capelli mi lambirono il viso. – Eppure il mio aggressore non era né un Animus né un Creatore – considerai. – Che cosa c'era scritto sulla pelle di quell'uomo?

– Tre sole parole ripetute.

– Quali?

Le sue dita mi toccarono le labbra con delicatezza, seguendone il contorno, poi la sua bocca fu quasi sulla mia per rivelarmi, in un soffio: – Fino alla morte.

Buongiorno e buona domenica! (Avete visto il nuovo divisore a tema "Golem's Breath"? La generosa @TheLittleOnion ha voluto darmi una mano creando un separatore per i miei spazi autrice e ne sono davvero felice! Grazie mille, Onion *-* P.S. Vi ho già detto che, tra l'altro, ha scritto una dolcissima trilogia sugli angeli? Date uno sguardo al suo profilo 😉).

Finalmente abbiamo visto Shanti e Blue combattere insieme contro uno Speculo.

Se fosse per me metterei scene di combattimenti dappertutto, ma temo sempre di annoiare! E voi? Vi siete annoiati? Quali scene preferite? D'azione, romantiche, dialogate...?

Comunque, per tornare alla storia, diciamo che non è stato facile per la ragazza gestire un Golem come quello di Blue, soprattutto per la grande quantità di sangue necessaria per poterlo nutrire. E poi ci si è messo anche l'uomo misterioso con gli stessi glifi dell'Animus tatuati sul cranio. Perché mai avrà aggredito Shanti?

Dopo l'accaduto la nostra Danzatrice ha deciso di tornare a essere una messaggera, ma il suo cruccio più grande è quello di non poter ottenere informazioni sul suo nuovo Animus, che deve nascondere non pochi segreti.

Ormai in procinto di essere dimessa dall'ospedale, Shanti dovrà affrontare la sua nuova vita che non si prospetta affatto facile. La presenza di Blue l'aiuterà a lasciarsi il passato alle spalle o le complicherà ulteriormente l'esistenza?

Come pensate che possa evolversi il rapporto tra i due?

Aspetto i vostri commenti e le vostre ipotesi!

Alla prossima settimana <3

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