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Capitolo 23

Quel giorno faceva particolarmente freddo, il vento soffiava talmente forte, da far spalancare le finestre arrugginite e la pioggia, che cadeva ininterrottamente, colpiva il terreno con una tale forza, da sembrare grandine; guardando il cielo, Alexis avrebbe detto che fosse inverno, ma ricordava che poco tempo prima, quando ancora si trovava a Primrose, era primavera.
Il Sole sembrava congelato, avvolto da uno spesso strato di nuvole e pioggia e circondato da un enorme alone bianco; le gocce di pioggia correvano veloci lungo i vetri colorati della stanza di Alexis e seguivano un percorso tutto curve e spirali che terminava, inevitabilmente, quando incontravano la fredda pietra grigia che circondava le pareti del castello.

Cassandra, quella mattina, aveva fatto visita alla giovane strega più presto del solito e, sopra al pesante vestito di velluto nero, le aveva fatto indossare un lungo mantello grigio affinché non sentisse freddo; inutile dire, che le aveva espressamente vietato di girare a piedi nudi ed era rimasta ad osservarla mentre indossava i suoi stivali di pelle nera.
Alexis non era riuscita a trattenersi dal dire che, quel giorno, i suoi abiti erano perfettamente abbinati al tempo; solo i suoi lunghi capelli rossi, lasciati sciolti sulle spalle e tenuti fermi da alcuni fermagli dorati, ravvivavano il triste colore del vestito.

<<Buongiorno>> la porta si spalancò e Jake si fermò sulla soglia, lo sguardo stanco e teso. Anche il ragazzo, nonostante fosse abituato al clima freddo e piovoso, aveva indossato, sopra alla sua solita giacca di cuoio, un mantello nero con alcune decorazioni dorate lungo i bordi.
Il ragazzo si avvicinò lentamente ad Alexis, permettendole di osservare, più da vicino, le occhiaie viola dipinte sotto i suoi occhi color rubino.
<<Tutto bene?>> 
<<Sì... niente di cui preoccuparsi... sei pronta?>> la ragazza lo guardò attenta, pronta a cogliere la minima variazione sul suo viso, ma Jake rimase impassibile.
<<Ok, andiamo>> i due abbandonarono la stanza della ragazza e cominciarono a percorrere i corridoi del castello.

<<Cosa facciamo oggi?>> Jake sembrò rianimarsi e perse un po' della tensione che aveva mostrato al suo arrivo.
<<Ormai hai sbloccato le tue capacità quindi sei in grado di fare qualsiasi incantesimo di base... penso che ti farò provare vari incantesimi e domani cominceremo con qualcosa di più difficile>> Alexis annuì pensierosa e rivolse lo sguardo verso l'esterno; un lampo aveva appena rischiarato il cielo nero e la piazza del mercato, solitamente gremita di gente, era vuota e desolata.
<<Alexis>> la ragazza si voltò verso Jake e si accorse che il suo sguardo infuocato vagava da un lato all'altro del corridoio.
<<Dimmi>>
<<Terminato l'allenamento, andremo da Balder>>
<<Oh>> la giovane strega rimase piacevolmente sorpresa da quella notizia; era da un po' che non vedeva l'anziano mago e le dispiaceva davvero molto: le aveva fatto un'ottima impressione e sembrava una persona cordiale e sincera.
<<Come mai?>> Jake sospirò e mosse una mano per far aprire l'entrata segreta del giardino.
<<E' arrivato il momento di raccontarti la verità, tutta la verità>>

*****

I due ragazzi si stavano incamminando verso l'abitazione di Balder; Jake camminava rigido e teso, lo sguardo fisso sul sentiero acciottolato e i capelli pregni d'acqua che gli ricadevano sugli occhi offuscandogli la vista.
Alexis, d'altro canto, gli trotterellava dietro, felice come non mai: i suoi passi erano veloci e decisi, gli occhi risplendevano di un verde accesso e le labbra erano piegate in un sorriso soddisfatto.
Dopo le parole di Jake, quella giornata, incredibilmente scura e triste, si era trasformata in un giorno magnifico: era riuscita a svolgere perfettamente ogni singolo incantesimo che Jake le aveva proposto e, con stupore di entrambi, aveva perfino dato più potenza ad incantesimi normalissimi trasformandoli in qualcosa di eccezionale.
Sentiva la magia scorrere nelle sue vene al posto del sangue ed era una cosa fantastica, quasi come se una tessera del puzzle si fosse finalmente incastrata nel posto giusto.
Inoltre, il fatto che avrebbe finalmente scoperto tutta la storia riguardante la questione "prescelta" non aveva fatto altro che incrementare la sua gioia; del resto, anche quella storia sarebbe stata utile per completare il puzzle: chi era davvero lei? Qual era il suo ruolo in tutta quella faccenda? 

Jake bussò alla porta di Balder e l'uomo si presentò sulla soglia; indossava una lunga tunica verde ed un mantello nero e il suo viso, diversamente dal solito, non dimostrava il minimo accenno di gioia: i capelli bianchi sembravano più arruffati del solito e gli occhi scuri erano spenti.
<<Oh, ragazzi... entrate, forza>> si scostò dall'ingresso in modo da lasciarli entrare e richiuse la porta alle sue spalle.
Jake indicò ad Alexis una sedia su cui sedersi e ne prese un'altra che posizionò lì accanto.
Balder, con un vassoio pieno di tazzine di porcellana ed una teiera, comparve dalle cucina e, dopo aver poggiato il tutto sul tavolo, si sedette di fronte ai ragazzi; con un cenno della mano,  asciugò i loro vestiti e riempì le tre tazzine.
<<Avevo giusto preparato un po' di tè... ci vuole proprio qualcosa di caldo nelle giornate come questa>> Alexis sorrise e lo ringraziò.
<<Jake ti ha già parlato del perché siamo qua?>> l'uomo fece un piccolo sorriso e lanciò un'occhiata divertita al ragazzo.
<<Sì, me lo ha detto, anche sé... ahimè... questa è stata un mia decisione>> la ragazza lo guardò sorpresa, ma poi annuì; in quel momento, non le interessava sapere di chi fosse stata l'idea, voleva solo venire a conoscenza della vera storia della prescelta.
<<Beh... quindi... immagino che ora possiamo cominciare, no?>> per la prima volta in quella giornata, Jake scoppiò a ridere di fronte alle parole della strega e incitò Balder a cominciare.
<<Certo, mia cara, ma devi prestare attenzione ad ogni singola parola del mio racconto e devi memorizzare tutto quello che credi possa essere importante... chiaro?>> la ragazza annuì e si sistemò meglio sulla sedia, pronta a conoscere una nuova parte di sé.

<<Migliaia di anni fa, Gold Feather, Primrose e Icy Oak non erano ancora dei villaggi: il concetto di villaggio era ancora qualcosa di confuso e lontano, troppo complicato per le tribù nomadi che popolavano la zona.
Gli uomini erano organizzati in clan e chiunque volesse entrare a far parte di una tribù doveva sottoporsi ad alcuni riti di purezza, abilità, forza e coraggio: solo se li superava, veniva nominato membro del clan.
Quello più grande ed importante era quello della "Piuma dorata" o, come lo chiamavano gli anziani, "K'uk'umel"; il capo tribù, Totec, partecipava a tutti i riti di iniziazione e, insieme alla moglie, decideva chi fosse degno di entrare nel sacro clan K'uk'umel.
I nomadi che si sottoponevano ai riti erano molti e, in poco tempo, la tribù di Totec divenne immensa: centinaia di uomini forti e coraggiosi e di donne devote e dedite alla cura dei figli.
<<Un giorno, però, Totec fu colto di sorpresa mentre era a caccia e venne ucciso da Suqta, capo di un'altra tribù, quella della "Quercia ghiacciata" o "Nukuch".
Suqta era un uomo senza cuore, terribile e spietato, al suo passaggio lasciava solo polvere ed ombra.
Il clan di Totec fu straziato dalla sua perdita, la moglie si suicidò, molti se ne andarono con la speranza di dimenticare il terribile accaduto e chi scelse di rimanere fu profondamente segnato dalla scomparsa di un uomo che, non solo era il capo del loro clan, ma anche un loro amico. Poco lontano dall'insediamento della tribù K'uk'umel, Suqta cominciò a cercare nuovi alleati e il clan Nukuch divenne ancora più potete di quello della Piuma dorata.
<<Inutile dire che, ben presto, Suqta creò un vero e proprio esercito con il compito di sterminare tutti gli abitanti della regione, così da espandersi e conquistare sempre più territori.
Tutte le terre toccate dall'esercito del clan della Quercia ghiacciata divennero ben presto un ammasso di cenere e cadaveri in decomposizione; si trasformarono in lande desolate dove nessuno osava passare se non gli stessi soldati.
Per far fronte allo spietato nemico, il clan K'uk'umel e il clan Uchbenlool, chiamato anche "Primula rara", si unirono e due stregoni, uno per ogni clan, crearono un potentissimo incantesimo: ed è qui che ha inizio la storia che ti riguarda>>

Mille anni prima

La notte era più buia che mai, la Luna piena splendeva alta nel cielo e sembrava rivolgere un sorriso compassionevole agli uomini che si affaccendavano nella radura tra il clan della Piuma dorata e quello della Primula rara.
Centinaia di rapaci volavano da un albero all'altro come in cerca del posto migliore per osservare l'evento.
Un enorme fuoco era stato acceso nel centro della radura e, tutt'intorno, erano state poste alcune grosse pietre, in modo da formare un cerchio attorno al fuoco; alcuni di questi massi erano stati dipinti con colori minerali e vegetali in modo da tracciare i bordi di uno spicchio di luna e, sugli stessi, erano stati disegnati simboli relativi alla nascita, alla forza, alla magia e alla speranza.
Ai lati opposti della circonferenza, erano situati due stregoni: Kwaranqa e Muluq; il primo era un anziano mago del clan K'uk'umel: indossava una veste fatta con pelle di capra e tinta con pigmenti purpurei, i suoi capelli erano neri come la notte e lisci come la superficie di un fiume nei giorni senza vento, la pelle era segnata dal sole e dall'età e gli occhi erano marroni come la terra bagnata; sulla sua guancia sinistra era stato dipinto un simbolo che significava vita.
L'altro mago era del clan Uchbenlool, indossava una larga tunica fatta con pelle di cervo e dei bracciali di bronzo, i suoi lunghi capelli bianchi erano stati intrecciati e fermati con dei fermagli di ferro, gli occhi chiari, come quelli di un cieco, scrutavano le fiamme come per leggerci delle parole; quando le palpebre si abbassavano, comparivano delle grinze sul suo viso vecchio, ma non stanco; sulla sua guancia destra era stato dipinto un simbolo che significava distruzione.

<<Asharat! Attenzione!>> Kwaranqa richiamò il silenzio e decine di uomini e donne si sedettero in cerchio attorno al fuoco, un passo più indietro rispetto agli stregoni, poi, fu la volta dei bambini che, sussurrando per non rompere il silenzio, si sedettero attorno agli adulti; infine, l'ultimo cerchio, quello più grande, fu formato da alcuni soldati.
<<Guerrieri! Pacifici!>> sia i primi, sia i secondi, emisero urla di gioia, poi, tornò il silenzio <<oggi, è un giorno speciale: Asteret, la nuova regina, ha avuto un bambino e, su questo bambino, sarà posto un importante incantesimo>> Kwaranqa si interruppe e la parola fu presa da Muluq.
<<Abatir, tavèh! Miei cari, grazie a questo incantesimo, tutti i discendenti reali  saranno dotati di poteri speciali e gli verrà tramandato un potentissimo incantesimo, realizzato apposta per distruggere il clan di Suqta>> le urla di gioia esplosero nuovamente distruggendo il silenzio notturno.
<<Asharat! Silenzio... la Luna è alta nel cielo, è arrivato il momento di cominciare il rito>>

Silenzio, in tutta la valle regnava solo silenzio, un silenzio che andava a preannunciare qualcosa di grande, qualcosa che avrebbe cambiato la storia di quegli uomini.
<<Dihar, cominciamo>> Kwaranqa e Muluq si posizionarono dietro alla circonferenza delimitata dalle pietre e sollevarono le mani come a voler abbracciare il fuoco davanti a loro.
I due stregoni si lanciarono un'occhiata attraverso le alte fiamme e, poi, le loro voci profonde si confusero in una nenia cantilenante che risuonò in tutta la piana.
<<Aihisì, athir makahbà, ruokur manermut traleret...>> il fuoco cominciò ad agitarsi, le fiamme si ingrossarono, si alzarono, si esibirono danzando e formando migliaia di lingue appuntite che sembravano desiderose di incendiare il cielo; la legna alla base del falò continuava a bruciare senza mai esaurirsi, la cenere si alzava trasportata dalle fiamme e volava leggera sopra alle teste degli spettatori.
<<Mitihar garaumì, lasrat maret kihiti...>> all'improvviso, alcune fiamme si staccarono dal resto del fuoco e, volteggiando alte nel cielo, raggiunsero l'ultimo anello, quello dei soldati, e si posizionarono esattamente dietro di loro; poi, anche queste cominciarono a crescere fino a superare i tre metri di altezza e si unirono alle fiamme del fuoco centrale generando così un guscio infuocato attorno agli astanti.
Per alcuni minuti, i due stregoni restarono in silenzio, in tutta la pianura, si sentiva solo il crepitare della bolla di fuoco.
Poi, Kwaranqa e Muluq ruotarono attorno alle rocce dipinte fino a raggiungere le due punte dello spicchio di Luna; il mago del clan della Piuma dorata poggiò la mano sulla guancia sinistra, proprio sopra al disegno che ricordava un fiore a dieci punte e che, nella loro tradizione, significava vita.
Nello stesso momento, Muluq, lo stregone della tribù della Primula rara, posò la mano sulla sua guancia destra, sul disegno simile al teschio di un bue che, nella sua tradizione, significava morte e distruzione.
<<Kihatar marì sashtatar malener, kivah lasgar maret athir>> il loro viso cominciò a brillare esattamente nel punto dove era stato posto il disegno e anche le incisioni fatte nelle pietre si accesero di una viva luce rossa.
I colori dei massi dipinti si assorbirono, lo spicchio lunare scomparve e rimasero solo i disegni che sembravano essere stati incisi con il fuoco vivo.
<<Garatè ninhoarsì>> nella loro lingua, quella frase significava: "portate il bambino"; era arrivato il momento più importante della cerimonia.

Da una tenda, posta nelle vicinanze del luogo della cerimonia, uscì una donna: i suoi capelli erano marroni e lisci come la seta, i suoi occhi neri brillavano come pietre preziose e, sul suo viso giovane, erano stati dipinti alcuni simboli: su entrambi gli zigomi, aveva un fiore a dieci punte da cui partivano lunghi rami che salivano verso le tempie e raggiungevano il centro della fronte dove, formando un complesso intreccio, si univano.
Gli occhi erano stati truccati con alcuni pigmenti naturali e i capelli profumati con speciali olii vegetali; indossava un lungo abito fatto di pelle di capra e una spessa cintura di cuoio.
Il suo nome era Asteret, lei era la nuova regina.
Tra le braccia, teneva un piccolo bambino, era avvolto in una moltitudine di stracci e aveva gli stessi occhi scuri della madre: aveva un solo giorno di vita.

La donna avanzò a passo deciso verso il guscio di fuoco e salutò con un sorriso i membri del suo clan; riuscì ad attraversare la parete infuocata senza scottarsi e percorse a testa alta la strada che la separava dai due stregoni.
Quando li raggiunse, Kwaranqa e Muluq abbandonarono le loro postazioni e presero una piccolo ciotola di corno che era posata accanto ad una delle grandi pietre; essa conteneva una mistura di sangue, olio, erbe e alcuni ingredienti speciali: una primula secca che era appartenuta al fondatore del clan Uchbenlool e una piuma di falco ricoperta d'oro che era invece appartenuta al capo della tribù K'uk'umel.
Kwaranqa incendiò il contenuto della ciotola e, quando anche l'ultimo pezzo d'oro fuse, intinse un dito nella mistura e disegnò i due simboli di vita e morte sulle morbide guance del bambino.

A quel punto, Kwaranqa e Muluq tornarono accanto al fuoco per concludere l'incantesimo.
<<Abatir, tavèh... ghikiya moritur dishtah i nis yatereh ghikimi>> il guscio di fuoco sparì e il grande falò si spense; per qualche secondo, gli uomini della Piuma dorata e della Primula rara rimasero immersi nel buio.
La Luna sembrava aver assunto una tonalità rossastra e le stelle erano scomparse; poi, alcuni piccoli fuochi si accesero attorno all'ultimo cerchio di uomini e anche il piccolo falò accanto ai due stregoni tornò a bruciare.
Kwaranqa e Muluq si sorrisero compiaciuti.

Le loro parole significavano: "Attenzione, miei cari... questo è il primo prescelto e non sarà l'ultimo".

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